Favolacce, recensione del film dei Fratelli D’Innocenzo
Dai registi di 'La terra dell'abbastanza', una favola nera premiata al Festival di Berlino che vede tra i protagonisti Elio Germano.
di Matilde Capozio / 20.05.2020 Voto: 7/10
"C'era una volta, in un regno lontano lontano…" è così che di solito iniziano le favole che siamo abituati ad ascoltare da bambini; è invece in un quartiere periferico di Roma, durante una calda estate, che si svolge Favolacce, il nuovo film dei fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo, che è stato presentato alla 70esima edizione della Berlinale, dove ha vinto l'Orso d'argento per la sceneggiatura, prima di uscire da noi direttamente in digitale, a causa della chiusura delle sale.
Il film racconta la quotidianità di un piccolo gruppo di famiglie, genitori e i loro figli preadolescenti, una comunità in cui la vita scorre apparentemente monotona e tranquilla, ma che sotto la superficie nasconde un profondo disagio e malessere pronti a deflagrare da un momento all'altro.
I fratelli D'Innocenzo, che avevano già riscosso ampi consensi con il loro esordio, La terra dell'abbastanza, con questo secondo film compiono un deciso passo verso un vero e proprio cinema d'autore, dove la forma è imprescindibile dal contenuto. In questa fiaba dark tutto è sospeso tra un realismo crudo e brutale e un'atmosfera quasi surreale, trasfigurata, a partire dall'ambientazione: un luogo che, benché abbia una precisa collocazione geografica, risulta al tempo stesso fuori dallo spazio e dal tempo, una sorta di bolla a sé stante, a cui il resto della società arriva come richiamo esterno, ma non sempre facilmente raggiungibile. È un luogo che diventa a tutti gli effetti un personaggio del film, dove un'immagine, un oggetto, una festa nascondono un lato oscuro, che ne ribalta il significato, sotto l'aspetto allegro e colorato.
Al centro di queste Favolacce c'è anche il rapporto tra i bambini e gli adulti, questi ultimi osservati, nei loro difetti, debolezze e perversioni, dagli occhi dei loro figli, due mondi che spesso non riescono a comunicare, incomprensibili l'uno all'altro, ciascuno regolato dalle proprie leggi e abitudini.
I registi realizzano così un'opera insolita, dall'impianto frammentario, che a una trama sottile accompagna un elaborato stile di regia, alternando primissimi piani sui volti degli attori a scene in campo lungo, quasi a osservare i personaggi di nascosto, o anche lasciando del tutto l'azione fuori campo; lavorano in sottrazione, a volte quasi troppo, mettendo da parte alcuni personaggi o nel caso del diario-voce narrante che fa da filo conduttore al film. Il volto più noto del cast è quello di Elio Germano, ma sono ben scelti e utilizzati tutti gli attori, compresi gli interpreti più giovani.
Favolacce è un film che colpisce dal punto di vista narrativo e da quello visivo, confezionato con maestria che mostra uno sguardo originale e conferma i fratelli D'Innocenzo come giovani autori da tenere d'occhio.