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Equals, la recensione

Equals, in concorso a Venezia 72, è un film delicato e intimista, una storia d'amore moderna e d'impatto, con due attori protagonisti in parte.

Equals, ultimo film del regista statunitense Drake Doremus (Like Crazy), è presentato in concorso alla 72a edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. La pellicola vede protagonisti Kristen Stewart e Nicholas Hoult, accompagnati dai due più esperti attori Guy Pearce e Jacki Weaver. La storia è simile a molte pellicole viste già sul grande schermo, soprattutto negli ultimi anni, periodo in cui i mondi distopici, i futuri utopici e gli uomini che annullano le proprie emozioni sono quasi all'ordine del giorno. Gli esseri umani sono come macchina, non provano più alcun tipo di sentimento, vengono gestiti attraverso regole severe e controllati in maniera ossessiva.

Quando qualcuno di loro inizia a mostrare strani segni di squilibrio che lo distolgono dai propri compiti e dalla propria vita sempre uguale, vengono subito controllati e riconosciuti come malati. E' l'inizio di un cambiamento che li porterà all'ultimo stadio, il quarto, dal quale non c'è via d'uscita se non quella di essere condotti in un istituto. In un mondo di questo tipo due ragazzi, Silas (Nicholas Hoult) e Nia (Kristen Stewart), entrambi malati e quindi capaci di provare di nuovo emozioni, si innamorano. Questo sentimento proibito li porterà a dover affrontare una situazione più grande di loro.

Confrontarsi con una storia di questo tipo non è certo semplice, soprattutto dopo l'onda inarrestabile di saghe come Hunger Games o Insurgent, tutto può risultare già visto o poco originale. Doremus ci prova utilizzando un approccio diverso, più autoriale e intimista. Non realizza certo un film capolavoro ma nel suo piccolo crea un'opera piacevole, semplice, una storia d'amore trattata in maniera delicata tra due anime impaurite che si incontrano e insieme cercano di aiutarsi, di capirsi e di vivere provando un qualcosa a loro sconosciuto in precedenza ma del quale non riescono più a fare a meno. I due protagonisti sono molto in parte e il regista sceglie di focalizzare molto l'attenzione su piccoli dettagli del viso, su brevi movimenti del corpo efficaci e d'impatto. L'utilizzo della musica è fondamentale perchè quando è utilizzata la sua presenza si sente eccome, sempre in modo appositamente invadente, a volte troppo ma in altri casi efficace strumento per sottolineare la drammaticità soprattutto interiore della situazione.

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