E all’improvviso arriva l’amore, recensione del film di Rebecca Miller
Peter Dinklage, Anne Hathaway e Marisa Tomei sono gli interpreti principali di una commedia agrodolce sentimentale popolata da personaggi bizzarri e sopra le righe, tutti alla ricerca dell'amore nella New York contemporanea.
di Matilde Capozio / 21.01.2024 Voto: 6/10
Dopo la presentazione in anteprima al Festival di Berlino nel 2023, ora è disponibile da noi sulle principali piattaforme di video on demand il film E all’improvviso arriva l’amore (in originale She came to me), una commedia agrodolce sentimentale e corale che intreccia le vicende di un piccolo gruppo di personaggi: la storia è ambientata a New York, dove Steven Lauddem (Peter Dinklage) è un compositore di opera lirica da tempo in crisi creativa, sposato con Patricia (Anne Hathaway), una psichiatra con la quale la passione coniugale sembra decisamente estinta; un giorno è proprio su esortazione della moglie che Steven va a fare una passeggiata in cerca di ispirazione ed è così che, rifugiatosi a bere in un bar, fa la conoscenza di Katrina (Marisa Tomei), capitano di un rimorchiatore, decisa a sedurlo e che diventa così, suo malgrado, la musa per il nuovo lavoro del compositore.
Nel frattempo Julian (Evan Ellison), il figlio adolescente che Patricia ha avuto dal suo primo marito, è molto innamorato della sua ragazza Tereza (Harlow Jane), figlia di una donna immigrata dall’Europa dell’est (Joanna Kulig, la protagonista del premiatissimo dramma polacco Cold war), che lavora come donna delle pulizie, ma la relazione tra i due giovani non viene vista tanto di buon occhio dal patrigno (Brian D’Arcy James) della ragazza.
Peripezie sentimentali in una New York culturalmente vivace e variegata
E all’improvviso arriva l’amore è sceneggiato e diretto da Rebecca Miller, regista, scrittrice e attrice, (figlia del leggendario commediografo Arthur Miller), che torna a dirigere un lungometraggio di finzione a otto anni da Il piano di Maggie-A cosa servono gli uomini (2015) con Greta Gerwig ed Ethan Hawke; come in quel film, ci troviamo nuovamente in uno scenario newyorchese, popolato da personaggi spesso bizzarramente eccentrici, sopra le righe, dalle aspirazioni artistiche o intellettuali, in un crocevia di diverse influenze sociali, culturali e anche religiose, in cui alle famiglie di stampo altoborghese e radical chic si contrappongono le abitazioni più modeste in cui risiedono immigrati in cerca di una possibilità e di un futuro migliore per i propri figli, o personaggi che vantano la loro mancanza di studi universitari ma compensati da mestieri con una maggiore retribuzione.
È un film insolito e curioso, non di facile definizione e già questo, in un panorama cinematografico spesso costituito da idee trite e riciclate, può essere visto come un punto a suo favore; se infatti inizialmente la sceneggiatura potrebbe sembrare avviarsi su binari più convenzionali nel racconto di una coppia in crisi matrimoniale e l’incontro con una terza persona che scompiglia le carte, ben presto il film va a imboccare altre strade, anche se poi purtroppo il problema è che non sembra sempre del tutto convinto di quale percorso privilegiare e in alcuni punti appare un po’ smarrito sulla direzione da seguire.
Di fondo si potrebbe dire che la trama mette a confronto diverse vicende e peripezie sentimentali e quindi modi differenti di vivere l’amore e i rapporti di coppia: da un lato ci sono gli adulti, talvolta ingabbiati in unioni più atte a dare un senso di solidità, sicurezza e tranquillità, che mosse da una passione forte; dall’altro i giovani, decisi a seguire il proprio cuore nonostante le difficoltà, pronti a superare ostacoli che ai loro occhi sono irrisori o facilmente superabili, con una voglia di contribuire al cambiamento che non riguarda solo loro stessi, ma si allarga anche al resto del mondo che li circonda.
Una trama dallo sviluppo ondivago che si riannoda nel finale
Questi binari narrativi, però, vanno a intrecciarsi al meglio solo sul finale, con la trama che in alcuni punti si ingolfa e si fa più incerta, e parallelamente anche il disegno e lo sviluppo dei personaggi non è sempre fluido e perfettamente compiuto, anche se la regista e sceneggiatrice può contare su un cast di lusso: il ruolo di Peter Dinklage resta sostanzialmente coerente, in uno di quei personaggi malinconici che sembra gli si addicano, anche se quindi vagamente prevedibile, mentre Anne Hathaway offre un’interpretazione intensa e complessa in un ruolo che poteva essere molto difficile e a rischio di risultare troppo respingente, e a cui lei invece riesce a infondere umanità e sfaccettature, anche se nell’ultima parte è forse parzialmente penalizzata da una svolta troppo brusca ed esagerata; altro ruolo centrale almeno sulla carta è quello di Marisa Tomei, a partire dal nome degno di un uragano quasi a indicare la forza con cui è pronta a travolgere il prossimo, così come il fatto di presentarsi da subito come una donna che, così si autodefinisce lei stessa, soffre di dipendenza dal romanticismo: una descrizione, però, che poi non viene sufficientemente riempita ed elaborata, e il suo personaggio rischia in più punti di avvicinarsi troppo a una macchietta, restando sopra le righe; una parte interessante tocca a Brian D’Arcy James, che sotto l’aria apparentemente solida e affidabile rivela in realtà degli accenti molto disturbanti, in mezzo a personaggi le cui nevrosi sembrano sempre, in realtà, rivolte a danneggiare più che altro se stessi, e forse proprio per questo la sceneggiatura sembra indecisa con lui se mantenersi su un tono leggero e sdrammatizzare, o caricare sugli aspetti più drammatici.
E all’improvviso arriva l’amore è quindi un film dall’impianto narrativo bizzarro e parzialmente fragile: chi si aspettasse una tipica rom-com potrebbe rimanere invece piacevolmente stupito, o parzialmente deluso, a seconda dei gusti, nel trovare un’opera dallo spirito più surreale e paradossale, che sta fra il cinema europeo, l’opera, Shakespeare e Bruce Springsteen (autore del brano inedito che si ascolta sui titoli di coda); la storia punta più che altro su uno sguardo affettuoso e comprensivo nei confronti dei suoi protagonisti i quali, ciascuno a suo modo, cercano di trovare e perseguire l’amore innanzitutto nei confronti di se stessi, e il cui messaggio potrebbe essere dunque quello di provare ad arrendersi e abbandonarsi a ciò che ci fa stare bene, senza aver paura di vivere le proprie passioni, accettando e inglobando le reciproche differenze.