'Dumbo', il nuovo film di Tim Burton, è una pellicola che punta al cuore di uno spettatore aperto e non prevenuto, che si fa forte di grandissime interpretazioni e di un protagonista assolutamente adorabile
Nel 1941 arrivò nei cinema un film d'animazione destinato a rimanere nel cuore di moltissimi spettatori con l'alone oscuro di una tristezza sotterranea che gli venne sempre associata: più della tristezza legata alla morte della madre di Bambi e quasi doloroso quanto la morte di Mufasa de Il Re Leone, Dumbo è diventato famoso proprio per questo suo carattere malinconico, sfortunato e a tratti triste. Allo stesso tempo, però, è stato il film d'animazione che ha tormentato l'infanzia di molti anche per la famosa sequenza degli elefanti rosa.
Dumbo, sin dall'inizio, è stato un personaggio messo al bando, un personaggio allontanato e disprezzato per ciò che lo rendeva diverso. Con questo background alle spalle era quasi impensabile che il regista dei freak Tim Burton non subisse il fascino di una storia come questa, scegliendola come trampolino di lancio per il suo film in Live Action in arrivo al cinema il prossimo 27 Marzo. Ma Tim Burton non è uno a cui, semplicemente, piace fare remake. Il regista ha preso il film del 1941 e la storia illustrata, originale, del 1939 per la firma di Helen Aberson e Harold Pearl e ha scelto di fare una sorta di sequel.
Max Medici (Danny DeVito), proprietario di un circo, ha finalmente trovato un'attrazione che può aiutarlo a far fronte al brutto periodo che ha attraversato: l'uomo ha infatti acquistato un elefante asiatico incinta e sta già facendo i conti su quanto potrà guadagnare da una possibile vendita. Intanto due bambini, Milly Farrier (Nico Parker) e Joe Farrier (Finley Hobbins) si sono presi cura del circo sin dala morte della madre. Il padre Holt (Colin Farrell), che faceva parte di un numero in coppia con la defunta compagna, fatica a riconoscere i propri figli, soprattutto per colpa del trauma derivante dalla perdita di un braccio durante la guerra. Quando arriva il momento del parto dell'elegante, Max rimane molto deluso nel vedere che il cucciolo ha delle orecchie estremamente grandi, quasi fuori dal normale. Holt viene allora incaricato di prendersi cura dell'animale e di trovargli un posto all'interno del numero clownesco del circo. Da qui partiranno tutta una serie di eventi, tragedie e incomprensioni che porteranno Dumbo e gli uomini che gli ruotano intorno in una lunga giostra di avventure.
Probabilmente basta leggere la trama del film per rendersi conto di quanti elementi cari al cinema di Tim Burton ci siano: non solo la presenza di un protagonista freak e stra-ordinario, ma anche la tristezza di bambini che hanno perso i genitori o la natura stessa del circo, fatta per creature che non hanno nulla di ordinario. Sebbene non si possa puntare all'effetto sorpresa o alla costruzione di un climax in questa versione di Dumbo, è chiaro l'intento di Tim Burton di infondere una propria traccia nella storia. Il film non sembra costruito per sorprendere o per portare al suo regista un numero crescente di applausi: la scelta è quella di percorrere la via delle emozioni, concentrandosi più sui sentimenti dei personaggi che sulle loro azioni, che sono tutte più o meno facilmente intuibili. Il risultato è una pellicola che, pur coi suoi difetti, punta dritta al cuore di uno spettatore che non si è barricato dietro alcun pregiudizio o facile critica e che invece si lascia liberamente guidare da qualcosa che non ha a che fare con la razionalità, ma con la magia fragile di un racconto di rivincita e riscatto. Una storia – come molte di quelle a cui ci ha abituato il regista di Burbank – in cui a fare la differenza nella storia di un "diverso" non è tanto l'attenzione che gli viene conferita da una platea di "normali" semplicemente (e momentaneamente) curiosi, quanto piuttosto la lealtà costruita nel cuore di chi ha voluto vedere oltre il velo della diversità e dell'emarginazione. Era così per Edward e Kim di Edward mani di forbice, così per Barnabas Collins e Vittoria in Dark Shadows o per tutti i ragazzi di Miss Peregrine che non volevano altro che un luogo in cui sentirsi accettati.
Il cinema di Tim Burton è un cinema che porta il proprio marchio di fabbrica non solo per le sfumature dark con cui vengono confezionati o per la scelta di concentrarsi sugli emarginati; il vero punto focale dei film di Tim Burton – e in questo Dumbo non fa differenza – è la scelta di raccontare la magia dell'esperienza e raccontarla nel modo più realistico possibile, anche accettando che la magia così come le favole possono essere mendaci e, di certo, non sono infallibili. In questo lavoro di racconto e immersione in Dumbo Tim Burton è senz'altro aiutato dal cast che ha scelto per dare vita ai personaggi umani a cui tanta poca importanza era stata data nel film d'animazione originale. Su tutti un applauso a Eva Green, sempre più in grado di calamitare lo sguardo del pubblico, in un'interpretazione davvero da applausi a scena aperta.
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