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Doppio passo, recensione del film con Giulio Beranek

'Doppio passo' è il film di Lorenzo Borghini in arrivo al cinema il 12 ottobre: una pellicola amara e non scontata che vale la visione

Uscirà in sala il prossimo 12 ottobre Doppio passopellicola firmata da Lorenzo Borghini e scritto dallo stesso metteur en scene insieme a Cosimo Calamini. Esordio alla regia di un’opera di finzione, Doppio passo è un film costruito su una tensione sotterranea e crescente, che sorprende proprio per la sua capacità di sorprendere lo spettatore, di portarlo dove non immagina, almeno non all’inizio. Doppio passo si apre in uno spogliatoio, dove la squadra del Carrarese Calcio sta festeggiando il passaggio in serie B. È uno di quei momenti che danno senso a un’intera carriera, un momento fatto per essere ricordato e accarezzato nei momenti di nostalgia e debolezza. E nessuno è più felice del capitano Claudio (Giulio Beranek), che all’obiettivo raggiunto con la squadra è impegnato anche in quello di aprire un ristorante con sua moglie (Valeria Bilello), utilizzando i risparmi di una vita. Sembra, dunque, un momento d’oro, dove i sogni sono destinati a diventare realtà. Ma la realtà è un’altra cosa: la realtà entra a gamba tesa in area di rigore. Con difficoltà a trovare i soldi che gli mancano per fare l’offerta sull’immobile scelto per aprire il ristorante, Claudio accetta un prestito da un amico, con la consapevolezza che il suo lavoro in squadra gli permetterà di estinguerlo in brevissimo tempo. Ma quando la squadra non gli rinnova il contratto, per il capitano inizierà un vero e proprio incubo.

Doppio passo, tra recitazione e tensione

La prima cosa che va detta su Doppio passo è che si tratta di un film che si poggia quasi interamente sulle spalle del suo protagonista. Il lungometraggio, con la sua fotografia fredda e i primi piani invadenti, è una pellicola che quasi cerca di virare ai toni del documentario o, almeno, della docu-fiction. Era dunque necessario che fosse trainato da un interprete che fosse in grado di restituire allo spettatore la sensazione di discesa negli inferi senza strafare, senza usare toni troppo drammatici che avrebbero svelato l’artificio della recitazione. Giulio Beranek riesce benissimo in questo compito e la sua recitazione, sempre misurata, attenta e reale è uno dei punti di forza del film. Come accade anche nel film, l’interprete è un trascinatore, un attore che riesce a catalizzare lo sguardo e che con carisma ti porta in un lungometraggio che si allontana sempre più velocemente dai campi di calcio per raccontare in realtà una generazione di chi ha tanti sogni, ma poche possibilità di realizzarli. Una generazione determinata dalla propria precarietà, costretta a reinventarsi ogni giorno pur di rimanere a galla con un po’ di dignità. Ed è la dignità che il Claudio di Beranek cerca: anche quando è costretto a chiedere favori, quando la sua carta risulta respinta, quando si rende conto che il suo sogno di continuare a correre sui campi di calcio si scontra con persone e personaggi che vedono solo numeri e statistiche e non guardano affatto all’individuo. Doppio passo va in quella direzione: persino il titolo sembra suggerirlo. Da una parte c’è l’energia nelle gambe di Claudio, il suo bisogno di essere ancora riconosciuto per il suo ruolo di Capitano, mito e idolo del luogo. Dall’altra c’è quella della società, che divora tutto ciò che incontra sulla sua strada e non si premura di anche solo osservare come la sua marcia spinga molti disperati a finire nel gorgo delle scelte sbagliate. Sbagliatissime.

Doppio passo non è un film d’azione, non è un film in cui accade molto, in termini meramente action. Eppure, è allo stesso tempo un film pieno, un film pieno di eventi, di quegli eventi che sono in grado di modificare ogni cosa, persino il percorso esistenziale di un uomo che pensava di sapere perfettamente chi fosse. E qui rientra in campo il titolo, Doppio passo. Per chi masticasse poco la terminologia calcistica, il doppio passo è una forma di dribbling, che si basa sulla capacità del giocatore di fare una finta per poi cambiare passo e scattare in avanti in velocità. Ma nel film il Capitano non è colui che fa la finta, ma è colui che la subisce. Colui che non la vede arrivare e si lascia superare da chi lo affronta, lasciandolo indietro. Lasciandolo a terra, con la sensazione di aver perso. Il sapore amaro della sconfitta è un sentimento che percorre tutto il film, che fa aleggiare sull’ottima regia di Lorenzo Borghini uno strano senso di predestinazione, come se sapessi già che le cose andranno male già dalle prime inquadrature, mentre la squadra salta per festeggiare la vittoria.

Piccola pellicola indipendente, che si basa soprattutto sull’interazione dei personaggi (con l’ottima interpretazione anche di Giordano De Plano), Doppio passo è un film che senza dubbio vale il tempo e il prezzo della visione.

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