De Palma, la recensione
Il documentario sul cineasta statunitense realizzato da Noah Baumbach e Jake Paltrow è un interessante omaggio al cinema del regista. Una lezione di cinema, il giusto riconoscimento di una grande carriera.
di Giorgia Tropiano / 09.09.2015 Voto: 8/10
Sono pochi i veri grandi cineasti al mondo, soprattutto sono pochi quelli rimasti che fanno cinema vero al giorno d'oggi, in un mondo dove tutto corre, tutto tende a somigliarsi, dove tutti sono disposti a modificarsi e ad adattarsi per sopravvivere, Brian De Palma rappresenta un'eccezione. Noah Baumbach (anch'esso cineasta e sceneggiatore di un regista che può essere comparato al maestro statunitense per la personalità dello stile come Wes Anderson) e Jake Paltrow (fratello della più famosa Gwyneth), amici, frequentatori e ammiratori del regista, decidono di creare un documentario su di lui dopo anni di conversazioni e incontri. Nasce così De Palma, presentato fuori concorso alla settantaduesima edizione della Mostra Internazionale del Cinema di Venezia.
Sono ben quaranta le ore di girato, minuti preziosissimi in cui Brian parla a cuore aperto di tutta la sua carriera. I due registi hanno ovviamente dovuto fare una scelta tra tutto il materiale, mettendo insieme due ore di pellicola, alternata ad alcune brevi scene di film di De Palma e non solo.
E' un lavoro semplice, il regista, seduto su una sedia, parla, racconta, ricorda, senza domande, interruzioni o interventi di esterni, lui solo ripercorre i suoi lavori raccontando anche aneddoti o vicissitudini scomode, togliendosi non pochi sassolini dalle scarpe, con momenti di commozione o di rammarico per qualche delusione di troppo e fa tutto ciò con una grande ironia, fondamentale per lui per poter andare avanti nella sua carriera e poter sopravvivere alla macchina hollywoodiana.
Parla anche degli inizi, delle sue profonde amicizie con la generazione dei cineasti anni Settanta, quella New Hollywood che comprende registi ormai iconici, simboli di un periodo e del cinema stesso. Stiamo parlando di gente del calibro di Martin Scorsese, Steven Spielberg, Francis Ford Coppola e George Lucas, nomi che hanno fatto storia. Forse tra tutti loro è proprio De Palma il meno ricordato ma è senza dubbio il più talentuoso dal punto di vista registico. Si parla poi ovviamente della sua maggiore fonte di ispirazione all'interno della settima arte, un altro regista immenso ma riscorperto tardi e sottovalutato quando ancora era in vita, Alfred Hitchcock.
Perchè il cinema di Brian è un continuo omaggio al regista britannico, ne riprende lo stile, i meccanismi reinventandoli e facendoli suoi di modo che un suo lavoro sia a sua volta subito riconoscibile.
De Palma dice che ogni regista ha tre fasi importanti a livello stilistico nella propria carriera, quella dei trenta anni, quella dei quaranta e quella dei cinquanta, è in questi periodi che vengono realizzati i migliori lavori di ognuno, tutti quelli che vengono dopo non saranno mai come i precedenti. Secondo questa affermazione lui avrebbe finito di fare grandi film, noi ovviamente ci crediamo ben poco e speriamo di poter vedere presto una nuova opera del grande regista.