Recensione del film Cosmopolis (2012) diretto da David Cronenberg e con protagonisti Robert Pattinson, Jay Baruchel, Kevin Durand, Paul Giamatti, Juliette Binoche, Samantha Morton.
Cosmopolis è l’ultima opera del regista cult David Cronenberg, il quale sceglie come suo protagonista un inedito Robert Pattinson che lascia i panni del vampiro per intraprendere la strada del cinema più impegnato, cercando così di lasciarsi alla spalle quel ruolo che lo ha reso famoso ma che lo ha anche ingabbiato nello stereotipo del bello e tenebroso. Il regista canadese porta sullo schermo l’adattamento dell’omonimo romanzo di Don DeLillo con il quale partecipa in concorso al 65esimo Festival di Cannes.
Il film ci mostra ventiquattro ore di Eric Packer (Robert Pattinson), un ricco ragazzo dell’alta finanza. Siamo a New York in un periodo di crisi economica e Eric passa la sua giornata quasi esclusivamente all’interno della sua limousine mentre fuori il mondo è in discesa e l’epoca del capitalismo sta finendo. Nonostante il suo impero stia crollando, la sua unica ossessione è quella di farsi tagliare i capelli dal suo barbiere, cosa che diventa pericolosa perché c’è qualcuno che vuole ucciderlo.
Già dopo A Dangerous Method, in concorso lo scorso anno al Festival di Venezia, ci si chiedeva che fine avesse fatto il vecchio Cronenberg, quello vero, quello eccessivo, profetico e viscerale, quello di film come Videodrome. Con Cosmopolis la domanda si ripropone in maniera ancora più impellente. Se il film dello scorso anno era alquanto noioso, Cosmopolis è logorroico e fastidioso. Di base le tematiche che tratta potrebbero essere interessanti: la fine del capitalismo, la crisi economica, la massa che insorge, ma il tutto è accennato e appare solo nello sfondo. Il resto (cioè tutto il film) è rappresentato da lunghi e tediosi dialoghi, inconcludenti e spesso così surreali da diventare non sense, che il protagonista intrattiene con diversi personaggi che si alternano all’interno della limousine.
Non c’è nessuna scena del film che possa scatenare una qualsiasi emozione o reazione nello spettatore, tutto scivola nella noia più totale. Non aiuta sicuramente la scelta del protagonista. Dispiace dirlo ma il problema di Pattinson non era il ruolo di Edward che non mostrava appieno il suo talento, lui il talento non ce l’ha proprio. Ha un faccino pulito e così poco espressivo da non riuscire a rendere credibile nulla di ciò che fa.
Per Cosmopolis, Cronenberg si affida totalmente ai dialoghi contenuti nel libro da riproporli pedissequamente, nascondendosi così dietro di essi. Perché un film è tutt’altra cosa da un libro, sono due prodotti artistici completamente diversi, hanno basi diverse e modi di appassionare e di emozionare diversi. Non si può scegliere di riproporre semplicemente un romanzo sullo schermo senza riuscire a creare un immaginario visivo nuovo e potente, perché è su questo che si basa una pellicola, sulle immagini prima di tutto. Cronenberg una volta lo sapeva bene.
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