Copper sbarca in Italia, ne vedremo delle belle
Grazie a Fox Crime arriva in Italia Copper, la nuova serie targata BBC America creata da Tom Fontana con Tom Weston-Jones. Se il buongiorno si vede dal mattino, allora Copper promette di farcene vedere delle belle. Un drama poliziesco che non rinuncia a certi stereotipi del genere.
di Erika Pomella / 13.10.2012 Voto: 8/10
E’ sbarcata sul canale Fox Crime su Sky la nuova serie targata BBC America Copper, creata da Tom Fontana, l’uomo che è dietro alla creazione de I Borgia, la produzione franco-tedesca che ha convinto pubblico e critica. Presentato in anteprima nazionale allo scorso Roma Fiction Fest, Copper è il primo prodotto originale per BBC America, canale che negli anni passati si è limitato a mandare in onda prodotti seriali e di intrattenimento made in U.K. La serie conta di dieci episodi di circa quarantacinque minuti l’uno, ed ha debuttato in America lo scorso Agosto, per poi approdare sul nostro territorio grazie alla piattaforma Sky.
Il primo episodio, dal titolo Surviving Death e andato in onda l’undici Ottobre, ci permette di far subito conoscenza del protagonista, interpretato da Tom Weston-Jones, famoso in America per aver preso parte alla miniserie World Without End, seguito di I Pilastri della terra, entrambi tratti da capolavori letterari firmati da Ken Follett. Weston interpreta il detective David Corcoran, un ex pugile reduce dalla Guerra Civile Americana, che deve vedersela con il crimine che dilaga sulle strade di Five Points, un quartiere di New York che ad oggi non esiste più, e che sembra essere la versione americana del quartiere londinese di White Chapel. Siamo nel 1864 e – proprio come induce a credere il sottotitolo la giustizia è nata tra le strade – New York è ancora una città in divenire, un letamaio fatto di crimine e corruzione, dove delinquenti e poliziotti sono meno differenti da quel che si potrebbe credere. Corcoran interpreta un poliziotto sui generis, votato alla difesa dei più deboli, ma allo stesso tempo è figlio della sua epoca, e perciò non si sorprende più di tanto quando scopre realtà sotterranee fatte di soldi e bustarelle.
In Surviving Death il detective – che strizza l’occhio allo Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle – deve vedersela con un pedofilo/necrofilo e con lascive signore dell’alta società che non sembrano curarsi della vita delle altre persone. Ad aiutarlo ci sarà il vecchio amico e collega detective Francis Maguire (Kevin Ryan) e Matthew Freeman (Ato Essandoh) , schiavo liberato che esercita illegalmente la professione di medico legale e che tenta di andarsene da Five Point, verso Nord, dove il tasso di criminalità è più basso. Dopo aver trovato il cadavere di una bambina, con una ferita sul capo, David si muoverà tra le varie classi di potere del quartiere, cercando di far emergere la verità. Quello che troverà sarà un’altra dimensione infernale fatta di corruzione, perversione e ingiustizia.
Copper è un drama poliziesco che non rinuncia a certi stereotipi del genere, pur facendosi forte dell’accurata ricostruzione di una New York tentacolare e pericolosa, persa tra la fuliggine e gli escrementi, dove in ogni angolo si può annidare il male. La ricostruzione storica di un quartiere che ormai non esiste più nella topografia newyorkese è dettagliata e insieme affascinante, anche grazie alla regia di Jeff Woolnough, regista che nella sua carriera ha preso parte a molte serie tv di successo come Bones, CSI, Ncis e Being Erica. Nelle sue mani la macchina da presa sembra diventare una protesi mostruosa della città, un braccio capace di entrare dovunque e di mostrare qualunque cosa. In questo senso va detto che Copper, nonostante i clichè di cui si parlava, non si nasconde mai dietro un falso moralismo e non si preoccupa di nascondere il lato più oscuro dell’umanità. Bastano i pochi minuti iniziali per comprendere che non ci si trova dentro una ricostruzione elegante e nitida. L’eleganza della regia di Woolnough sta nel non tirarsi indietro quando si tratta di vedere una ragazzina che vende il proprio corpo per un uovo o quando si parla di un pedofilo che ha violato una minore dopo averla uccisa.
Five Point è un girone infernale, girato con un’estetica che molto deve al lavoro fatto da Guy Ritchie nel suo Sherlock Holmes, dal quale viene ereditato sia l’uso della musica, divisa tra forti note simil-irlandesi e melodie più movimentate, quasi frenetiche, sia nell’estetica dei titoli di testa che ricordano molto – forse troppo – quelli della pellicola dell’ex marito di Madonna. La fotografia cupa, sporca, che ben rimanda l’immagine di un mondo affogato dal fango e dalle feci, è essa stessa un bagaglio che sembra provenire più dal cinema che dal mondo dell’intrattenimento televisivo. Come lo è la scelta di non limitarsi a raccontare l’aspetto investigativo della vicenda, ma scegliendo di scendere nell’intimità dei personaggi. Ecco allora che il ritratto del protagonista passa non solo attraverso i rapporti con gli amici, ma anche – e soprattutto – attraverso il suo desiderio di esorcizzare il dolore per la perdita della moglie e della figlia, elemento questo che sembra richiamare da vicino la trama di La vera storia di Jack lo Squartatore.
Se è vero che il buongiorno si vede dal mattino, allora non è esagerato ammettere che Copper, arrivato in Italia senza far troppo rumore, promette di farcene vedere delle belle, anche con i suoi piccoli difetti di originalità, controbilanciati però da una cura tecnica e visiva che impedirà allo spettatore di distogliere lo sguardo e lo spingerà invece verso l’empatia con personaggi che già dal primo episodio dimostrano di essere molto più complessi di quanto appaiono.