Conversations with Friends, recensione della serie tratta dall’omonimo best-seller
Dal romanzo di grande successo che ha lanciato la carriera dell'irlandese Sally Rooney, una miniserie che racconta le dinamiche sentimentali tra un quartetto di personaggi, fra amicizia, amore, dubbi, tradimenti e intrecci generazionali.
di Matilde Capozio / 07.03.2023 Voto: 6/10
Arriva infine anche da noi la miniserie Conversations with friends, dodici episodi disponibili su RaiPlay e basati sull'omonimo best-seller d'esordio della scrittrice irlandese Sally Rooney (da noi Parlarne tra amici); questo adattamento televisivo giunge sulla scia della serie Normal People, tratta dal secondo romanzo dell'autrice, che nel 2020 ha riscosso un fenomenale successo di pubblico e critica soprattutto nei paesi anglosassoni, lanciando tra l'altro la carriera dei protagonisti Daisy Edgar-Jones e Paul Mescal (attualmente candidato all'Oscar per Aftersun).
Dietro ai due progetti c'è in gran parte lo stesso team creativo, vale a dire il regista Lenny Abrahamson (noto anche per il film Room con Brie Larson) e Alice Birch in sceneggiatura (collaboratrice anche del cult Succession).
Conversations with friends si svolge nella Dublino contemporanea, dove Frances (Alison Oliver) e Bobbi (Sasha Lane) sono due studentesse universitarie, hanno avuto una relazione ai tempi del liceo che poi è terminata ma sono rimaste migliori amiche, che oltre allo studio si dilettano a comporre poesie con cui si esibiscono in pubblico. È così che un giorno conoscono una coppia di ultratrentenni, la scrittrice Melissa (Jemima Kirke) e suo marito Nick (Joe Alwyn), di professione attore. Bobbi rimane subito affascinata da Melissa, mentre Frances si ritrova attratta da Nick. I quattro cominciano così a frequentarsi più assiduamente mentre si sviluppano tra loro delle dinamiche complesse, che andranno a sconvolgerne gli equilibri.
Abbiamo quindi, più che un triangolo, un quartetto sentimentale i cui partecipanti si spostano componendo e sciogliendo di volta in volta coppie, intese e rivalità, e vengono inevitabilmente messi a confronto su più piani, a partire da quello generazionale: Frances e Bobbi sono le esponenti dei millennials, entrambe descritte come intelligenti e brillanti sotto il profilo culturale ma apparentemente poco interessate a perseguire una carriera, provenienti da situazioni familiari poco felici che non sembrano intenzionate a emulare, mentre sono istintivamente a proprio agio con un approccio più fluido e libero alle inclinazioni sentimentali e sessuali; due persone che, anche dopo la fine della loro storia, sono rimaste una presenza fortissima l'una nella vita dell'altra mantenendo un profondo legame.
Nick e Melissa invece sono la coppia che, almeno sulla carta, ha seguito il percorso tradizionale verso il regno degli adulti, un matrimonio, una bella casa, l'affermazione professionale, dunque quell'esperienza di vita che dovrebbe farne figure sagge e navigate; sotto il tetto coniugale però si sono aperte alcune crepe nella loro relazione.
Nel romanzo come sullo schermo, la voce narrante è quella di Frances, colei che ci viene presentata da subito come riservata e schiva, un aspetto questo che la accomuna proprio a Nick: entrambi accusati di una tendenza a non mostrare le proprie emozioni, sono invece ammirati, ma forse anche un po' intimoriti, e a volte sfiancati, dal piglio volitivo, più sfacciato e talvolta prepotente tanto di Bobbi quanto di Melissa. Eppure sono proprio i due ruoli apparentemente meno incisivi e passionali a muovere di più le fila del racconto, rivelandosi capaci di inganni e sotterfugi, e proprio qui sta per alcuni l'aspetto stridente della storia, che –con dei protagonisti troppo insipidi- mancherebbe così di un'adeguata tensione drammatica.
Questi aspetti si riflettono anche nel casting, con Kirke e Lane che danno la giusta personalità ai loro ruoli, mentre Alwyn, al solito un po' rigido, qui incanala così questo aspetto nel personaggio stesso, così come la debuttante Oliver.
Nonostante quanto potrebbe far pensare il titolo, i dialoghi non si rivelano il punto forte della serie, in cui spesso ci si esprime invece anche attraverso sguardi e silenzi; nel milieu socio-culturale un po' hipster in cui si muovono i protagonisti, queste conversazioni tra amici, che si svolgono tanto a voce quanto per e-mail e sms, sembrano invece in più di un punto rimarcare la difficoltà e l'insufficienza nella comunicazione al giorno d'oggi.
L'attrazione fisica e l'intesa intellettuale che creano e alimentano i rapporti, ma anche le situazioni familiari tese e complesse, la depressione e altri disturbi mentali, la scrittura e l'arte in genere come forma di espressione, il conflitto tra la voglia di restare fedeli a se stessi e le aspettative della società circostante, sono alcuni dei temi che troviamo qui e che accomunano le opere della Rooney, che con il grandissimo successo dei suoi primi romanzi è stata rapidamente definita (non senza qualche polemica) una delle voci della sua generazione.
La sceneggiatura di Conversations with friends è piuttosto fedele al romanzo, per una serie che procede con passo disteso e composto, con l'utilizzo della pellicola che conferisce alle immagini una morbidezza naturalistica esaltandone soprattutto i toni più cupi.
Rispetto a Normal People, che aveva una struttura più lineare e compatta nonché un soggetto forse più facilmente apprezzabile e comprensibile come la complessità struggente di un primo amore tormentato, qui invece ci si trova di fronte a una storia dalle sfumature più ambigue: i personaggi che spesso appaiono come narcisisti e autoindulgenti, e una certa freddezza di fondo possono rendere più difficili l'empatia e il coinvolgimento dello spettatore; chi ha amato il libro ne ritroverà temi e atmosfere, oltre a una buona realizzazione tecnica.