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Control Z, la serie Netflix che guarda a Gossip Girl
'Control Z' è la nuova serie Netflix che racconta di un liceo a Città del Messico dove un gruppo di ragazzi viene preso di mira da un misterioso hacker che svela tutti i loro segreti
di Erika Pomella / 25.05.2020 Voto: 5/10
È sbarcata il 22 Maggio su Netflix Control Z, serie messicana originale Netflix, che era stata presentata come il nuovo prodotto che sarebbe stato in grado di miscelare le atmosfere di Gossip Girl con le riflessioni sul futuro e sulla tecnologia di Black Mirror. E in effetti a leggere la trama si ha molto l'impressione di trovarsi davanti ad un episodio della famosa serie cupa e distopica. La trama, infatti, sembra partire dallo stesso presupposto dell'episodio di Black Mirror dal titolo Zitto e Balla. In esso il protagonista era costretto a compiere determinate azioni sempre più criminali perché tenuto sottoscatto da un hacker in possesso di un video molto compromettente del protagonista Kenny.
Ecco, lo spunto di Control Z parte da una dinamica del genere: in un avanguardistico liceo di Città del Messico, alcuni studenti vengono messi alla berlina da un hacker che rende noti tutti i segreti conservati negli smartphone. Tra preferenze sessuali, tradimenti, e molti altri segreti, a indagare sull'accaduto sarà la giovane Sofia (Ana Valeria Becerril), una ragazza con un segreto da nascondere e doti che sembrano avvicinarla moltissimo all'estetica dello Sherlock di Benedict Cumberbatch.
Questa è la trama di Control Z; da una parte lo spettatore si trova dunque davanti al mondo patinato di un liceo dove a farla da padrone sono degli studenti ricchi e viziati, che non si fanno scrupoli a maltrattare i più deboli. Dall'altra, invece, c'è il racconto di una ragazza borderline con una grande capacità di osservazione che si troverà invischiata in una caccia al colpevole insieme al nuovo arrivato, Javier Williams, tra furti, party a bordo piscina e una galleria più o meno vasta di cliché per quanto riguarda la resa estetica di un mondo abitato da cosiddetti adolescenti. In tutto questo si insinua una leggera e superficiale riflessione sulla dipendenza che le nuove generazioni hanno sviluppato nei confronti dei loro telefoni cellulari, dove a ben guardare nascondono tutta la loro vita.
A tenere su il risultato di questa serie è senz'altro il ritmo: gli episodi hanno una durata che non arriva mai a superare i quaranta minuti e che permettono allo spettatore di lasciarsi catturare senza lungaggini di troppo che, alla lunga, potevano correre il rischio di annoiare. Il ritmo, naturalmente, è aiutato anche dal modo in cui è stata pensata la trama: con dei segreti da scoprire è chiaro che la curiosità dello spettatore viene presa al laccio, lasciandolo proseguire nella visione. Da questo punto di vista Control Z fa esattamente il suo lavoro e si presenta come una serie che non ha altre pretese se none ssere uno di quei guilty pleasure di cui il pubblico ha sempre bisogno, quando magari vuole alleggerire la mente, concentrandosi su qualcosa che richieda uno sforzo minimo.
Naturalmente di Black Mirror, a parte qualche eco di trama come abbiamo detto poco più su, non c'è niente. Quindi, se da una parte il marketing ha funzionato, creando un buon hype intorno a un prodotto che altrimenti rischiava di finire schiacciato sotto il peso delle innumerevoli nuove uscite Netflix, dall'altra se decidete di avvicinarvi a questa serie TV dovreste farlo liberandovi da tutte le aspettative che magari potevate avere. Perché se cercate qualcosa che abbia davvero le stesse sfumature di Black Mirror, possiamo dire con estrema certezza che questo non è lo show adatto a voi.
Sottolineato il buon ritmo della serie televisiva e l'ottima capacità di attirare comunque la curiosità dello spettatore, bisogna però dire che Control Z è una serie che non manca certo di difetti. Anzi. Il principale dei quali è una certa esagerazioni nelle dinamiche e nelle situazioni, che molto spesso scadono nel puro trash. Situazioni drammatiche o violente, finiscono quasi col far ridere per quanto sono oltre misura. La stessa protagonista, che all'inizio ci viene presentata davvero come una nuova Sherlock Holmes, finisce per l'essere il personaggio più "cieco" di tutti, incapace di mettere insieme indizi che sono chiari persino allo spettatore. Colpa di più di una lacuna in fase di sceneggiatura, che risalta con maggior vigore quando chi guarda nota con quanta sciatteria siano stati abbandonate storyline secondarie che rimangono a galeggiare in una zona totalmente grigia. Va anche sottolineato, però, che questa era solo la prima stagione: possibile che, qualora ce ne sia una seconda, molte cose verranno risolte rispetto a come è stato fatto in questi primi otto episodi.