Cattive Acque di Todd Haynes conferma talenti davanti e dietro la macchina da presa
Ispirato da fatti realmente accaduti, Cattive Acque presenta il classico dramma giudiziario prendendo in prestito elementi del cinema horror.
di redazione / 20.02.2020 Voto: 7/10
Mark Ruffalo interpreta l'avvocato Rob Bilott, legale ambientalista impegnato da più di vent'anni in una battaglia giudiziaria contro l'azienda americana DuPont, colosso della chimica responsabile della creazione del teflon, sostanza che può causare gravi danni agli esseri umani qualora venisse smaltita in modo scorretto.
Ispirato da fatti realmente accaduti, Cattive Acque presenta il classico dramma giudiziario prendendo in prestito elementi del cinema horror. Il regista Todd Haynes trasforma quindi in un thriller quella che potrebbe essere una semplice storia di un avvocato paladino dei più deboli, lasciando da parte i sensazionalismi in favore di toni più sobri e cupi. L'atmosfera è tetra e soffocante, la macchina da presa si tiene per la maggior parte del tempo a debita distanza dai protagonisti, accentuando la sensazione di sorveglianza e mistero che avvolge tutta la vicenda. Anche la fotografia contribuisce alla creazione di questo mondo freddo e inospitale. C'è sempre, durate il film, come un senso di pericolo imminente che però non si palesa mai, rimane nell'ombra, nel torbido delle dark waters del titolo originale.
Mark Ruffalo brilla nel ruolo di protagonista, interpretando non un eroe senza macchia, ma un uomo che decide contro ogni buon senso di perseguire una battaglia agli occhi dei più impossibile, ma necessaria. Vediamo , nel corso dei due decenni che costituiscono il tempo del racconto, la sua discesa nel baratro dell'indifferenza generale rispetto a una causa che invece riguarda tutti (il film ci informa che il 98% degli esseri umani presenta tracce di teflon nel sangue). Vediamo la sua salute fisica e mentale vacillare,in contrasto con la sua incrollabile determinazione.
Non è certo un film rassicurante, la tensione che fin dalle prime inquadrature permea il racconto non viene mai allentata e la pellicola, così come la vicenda giudiziaria ancora in corso, non finisce, rimanendo semplicemente in sospeso, in quel limbo di incertezza e pericolo. Il talento davanti e dietro la macchina da presa è innegabile, dando valore aggiunto ad un'opera che in altre mani avrebbe potuto risultare generica e noiosa, ma che invece cattura l'attenzione e trattiene lo spettatore dall'inizio alla fine.