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Barber Ring, recensione del film di Alessio Di Cosimo

'Barber Ring' è un film di stampo documentaristico che racconta la storia e il riscatto dell'ex pugile Manuel Ernesti.

Con Barber Ring Alessio Di Cosimo porta sul grande schermo la storia dell'ex pugile Manuel Ernesti che, in una vita costellata di rapporti problematici e ambienti tossici, ha trovato il riscatto prima nel mondo della boxe e poi, quasi come un vero e proprio colpo di scena degno della migliore storia di finzione, come parrucchiere. Ma Manuel Ernesti non si ferma, non si contenta di essere riuscito a risalire la china di un'esistenza partita non nel migliore dei modi. A lui si deve il progetto Barber Ring, volto a salvare i ragazzi più problematici, quelli a rischio di avere le "mani veloci" o di finire nel gorgo della droga, che raramente lascia uscire vhe vi entra. Un progetto in cui viene insegnata l'arte da barbiere e/o quella da pugile, ma in cui soprattutto si cerca di sfidare la vita, una classe sociale bassa o un contesto urbano difficile.

Barber Ring è dunque il progetto che punta alla tenacia, alla determinazione, alla possibilità di non lasciarsi schiacciare dal destino ma di diventare artefice delle proprie stelle. Manuel Ernesti, in Barber Ring, diventa dunque una sorta di mentore, uno di quelli eroi che piacerebbero tanto a Hollywood, fatto di difficoltà e rapporti problematici con la madre, di ricordi traumatici e un riscatto arrivato forse quando meno lo si aspettava.  Per riuscire a raccontare tutto questo, Alessio Di Cosimo sembra voler utilizzare due strade. Da una parte usa la classica struttura narrativa tipica del documentario: con spezzoni di interviste, vecchie dichiarazioni e video di famiglia, il regista cerca di entrare nel lato più intimo del suo eroe, cercando di far combaciare la sfera pubblica con quella privata. Dall'altra parte, però, c'è anche una certa ambizione a uno sguardo molto più cinematografico: non sorprende, dopotutto, che la boxe sia da sempre simbolo di vittoria e riscatto nel mondo della settima arte. Una disciplina violenta e nobile, che insegna a incanalare la rabbia e la disillusione per trasformarla in qualcosa di più puro. E forse, questo respiro cinematografico, questa "velleità artistica" è ciò che colpisce più di Barber Ring. Lo spettatore, infatti, non si trova davanti a un prodotto che voglia salire in cattedra e snocciolare dati con distaccata oggettività. Barber Ring è sempre molto di parte, mai freddo, mai oggettivo: è la storia di un uomo e di un uomo solo e per questo non tende mai a voler essere universale. Non è un film che vuole insegnare, né che vuole fare riflettere. In un certo senso Barber Ring è cinema puro perché fa quello che ogni prodotto dovrebbe considerare una priorità: raccontare una storia che merita di essere ascoltata.

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