Asteroid City, la recensione del film di Wes Anderson dal cast stellare
Uno dei cineasti statunitensi di culto ritorna con una delle sue stralunate commedie corali, interpretata da un cast stellare che ci porta in una sperduta cittadina nel deserto alle prese con eventi bizzarri.
di Matilde Capozio / 20.07.2023 Voto: 6/10
Ci sono quegli autori che hanno uno stile unico e personale, facilmente riconoscibile dal pubblico, che procura loro di solito un seguito di fedelissimi e un posto tra i cineasti di culto, rendendo tutte le loro opere, in qualche modo, parte di un solo e più vasto corpus che le racchiude al suo interno.
Uno di questi è senza dubbio Wes Anderson, e lo conferma con il suo ultimo film Asteroid City, presentato in concorso al Festival del Cinema di Cannes.
Una commedia surreale che si svolge nel deserto
La storia si svolge negli anni ’50, o meglio in una loro versione retro-futuristica, nella fittizia Asteroid City, una cittadina in mezzo al deserto, vicino a un luogo in cui si effettuano i test per la bomba atomica, chiamata così proprio perché possiede un cratere dovuto all’impatto, tempo prima, di un asteroide gigante. È lì che si radunano i personaggi principali del film, in occasione di una convention per giovani astronomi e cadetti spaziali, che riunisce studenti e le loro famiglie in arrivo da tutto il Paese, che si ritroveranno invece a essere testimoni di eventi del tutto inaspettati.
A completare il tocco tipicamente andersoniano c’è la cornice della storia, che ci viene presentata come la messa in scena di una pièce teatrale trasmessa in televisione, con intermezzi spiegati da un presentatore televisivo (Bryan Cranston) e momenti dietro le quinte che ci mostrano la creazione dello spettacolo da parte del commediografo (Edward Norton) e il lavoro del regista (Adrien Brody) che ne cura la messa in scena, oltre ai dialoghi fra gli attori che provano le proprie battute.
Tra i personaggi le cui vicende si intrecciano durante la permanenza ci sono un fotogiornalista di guerra da poco rimasto vedovo (Jason Schwartzman), il suo diffidente suocero (Tom Hanks), una famosa attrice (Scarlett Johansson), la scienziata di un osservatorio astronomico locale (Tilda Swinton), il manager del motel (Steve Carell) e il meccanico del luogo (Matt Dillon), una giovane insegnante (Maya Hawke), e un cowboy (Rupert Friend) che si esibisce con la sua band musicale.
Le ispirazioni del film
Asteroid City è un film che vuole essere un omaggio alla memoria e alla cultura popolare sulla mitologia riguardante gli avvistamenti di attività extraterrestri nelle zone desertiche degli Stati Uniti, nel periodo post-bellico, e anche ai film di fantascienza che nel tempo hanno affrontato l’argomento (compreso l’utilizzo della musica di Slim Whitman, di cui molti ricorderanno il ruolo fondamentale in Mars Attacks di Tim Burton). Al tempo stesso la trama è stata anche direttamente influenzata dalla pandemia, come si vede nel momento in cui alcuni dei personaggi sono costretti a una quarantena in quella che è una sorta di bolla isolata (pandemia che ha influenzato anche il casting, dato che Bill Murray, uno degli attori feticcio del regista, è stato costretto a rinunciare a un ruolo dopo aver contratto il Covid).
I film di Wes Anderson, lo sappiamo, sono una festa per gli occhi e questo non fa eccezione, con le sue tavolozze dai colori pastello (a cui si alterna il bianco e nero) e i fondali volutamente posticci, a cui si accompagnano altri elementi tipici della sua regia, le inquadrature e i movimenti di macchina, riempiti dalla recitazione solitamente straniata degli attori, intenti a pronunciare battute dal tocco tipicamente surreale e con tono monocorde che esprime spesso il lato tragicomico dei fatti della vita.
Il rovescio della medaglia è una sceneggiatura dallo sviluppo ondivago, che a volte non ha un vero e proprio focus ben definito; in questo senso, Asteroid City è più compatto del precedente The French Dispatch, ma è comunque un film che funziona al meglio in alcuni momenti che nel suo insieme: certe scene hanno una costruzione efficace anche nella loro brevità, per come riescono a esprimere e a sintetizzare un’idea, un’emozione, un carattere.
Presa nella sua interezza, però, la trama ha qualcosa di incompiuto, come se faticasse a decollare davvero del tutto senza avere un vero e proprio climax ben definito, e lasciasse alcuni spunti troppo inesplorati e poco sviluppati.
Lo stesso discorso vale anche in parte per quanto riguarda il cast del film che propone, come è tipico del regista, una sfilza di nomi noti, alcuni dei quali sono ormai degli habitués dei suoi film (Schwartzman, Norton, Brody, Swinton, e poi anche Willem Dafoe e Jeff Goldblum, tra gli altri) e qualche new entry (fra cui Hope Davis, Margot Robbie oltre a Carell e Dillon) i quali, cosa sempre ammirevole, sanno di accettare un piccolo ruolo in un film corale senza cercare, quindi, di rubare la scena agli altri; alcuni personaggi sono più riusciti, nell’economia della storia, nonostante il poco screen time, in altri casi invece è più frustrante vederne sprecato il potenziale in caratteri poco approfonditi.
In conclusione, Asteroid City è un film visivamente impeccabile ma che, al pari dei suoi ultimi lavori, ha scontentato in parte il pubblico e la critica per via di una trama che lascia un senso di potenziale inespresso e che dunque finisce per non coinvolgere pienamente sia dal punto di vista emotivo sia da quello più cerebrale; la storia ci fa tuffare in un universo in cui è piacevole immergersi e fa conoscere personaggi con cui vorremmo passare più tempo, ma in alcuni momenti si lascia sopraffare dall’esercizio di stile e dal suo meccanismo narrativo.