Assassinio a Venezia, la recensione del nuovo film su Poirot
'Assassinio a Venezia' è il nuovo film dedicato a Hercule Poirot da Kenneth Branagh. Ecco la nostra recensione
di Erika Pomella / 14.09.2023 Voto: 7/10
Hercule Poirot sembra aver appeso al chiodo il suo bisogno di risolvere casi. Il detective belga interpretato da Kenneth Branagh è pronto a tornare al cinema il 14 settembre con Assassinio a Venezia, terzo capitolo della saga cinematografica dedicata all’investigatore nato dalla penna di Agatha Christie, dopo Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo. Due capitoli, quelli precedenti, che sono arrivati in sala accompagnati da non pochi problemi. Il primo aveva l’ostacolo di arrivare al cinema proprio quando era esploso il caso di Johnny Depp e Amber Heard. Johnny Depp, che in quelle settimane era visto come un paria di Hollywood, rappresentava un ostacolo per la distribuzione della pellicola, visto che erano in molti ad affermare di voler boicottare il film o lo studio che “promuovevano” il lavoro di un uomo accusato di violenza domestica. Assassinio sul Nilo ha avuto un percorso simile: è uscito dopo che in rete sono emerse accuse gravissime ai danni dell’attore Armie Hammer, uno dei protagonisti del lungometraggio, accusato di violenza sessuale e, addirittura, di cannibalismo. L’Hercule Poirot interpretato e diretto da Kenneth Branagh, però, non si è lasciato “sconfiggere” da questi incidenti di percorso ed è andato avanti per la sua strada.
Di cosa parla Assassinio a Venezia?
Come si diceva in apertura, Hercule Poirot ha rinunciato al suo talento e si è ritirato a vita privata. Il famoso detective non accetta più casi e vive come recluso in un palazzo signorile, dalla cui terrazza riesce a far spaziare lo sguardo sopra Venezia, coi suoi canali e le sue calli, i suoi misteri e le sue vecchie storie. L’incolumità del detective è affidata a una guardia del corpo (Riccardo Scamarcio) che lo segue dappertutto e controlla che nessuno disturbi la serenità dell’uomo. Serenità che viene interrotta quando Hercule Poirot accetta di vedere una vecchia amica, Ariadne Oliver (Tina Fey), una scrittrice di gialli che ha basato proprio su Poirot uno dei suoi personaggi più famosi. Sarà proprio la scrittrice a convincere Poirot, nella notte di Ognissanti, a partecipare a una festa in un palazzo che si pensa infestato da tutti i bambini che vi sono morti all’interno. Tuttavia ad attirare l’attenzione del detective è la morte della figlia della padrona di casa, la cantante Rowena Drake (Kelly Reilly), morta annegata in circostanze misteriose. Proprio per cercare di far luce sulla morte, Rowena ha chiamato una medium molto famosa (Michelle Yeoh) che ha il potere di parlare coi fantasmi e comunicare coi morti. Alla seduta spiritica partecipano anche la governante della casa (la Camille Cottin già vista in Call My Agent), il dottore della casa (Jamie Dornan) e l’ex fidanzato della defunta (Kyle Allen). Ben presto, però, le cose precipitano e Hercule Poirot è costretto a riprendere le sue indagini, quando un altro cadavere compare all’orizzonte.
Poirot a caccia di fantasmi
Come è sempre utile sottolineare quando si ha a che fare con una trasposizione cinematografica tratta da materiale letterario, sarebbe sciocco aspettarsi una riproposizione pedissequa e ordinata di tutto quello che avviene tra le pagine del romanzo Poirot e la strage degli innocenti. Libri e cinema rispondono a leggi e linguaggi diversi e proprio per questo è utile sottolineare che non avrebbe senso sedersi in poltrona e “arrabbiarsi” perché il regista Kenneth Branagh ha scelto di modificare alcuni elementi del progetto originale. Se, dunque, siete tra coloro che vogliono che libro e film coincidano in maniera millimetrica allora forse questo non è il film che fa per voi, perché ci sono cambiamenti e licenze narrative che sono state prese a discapito dell’opera di Agatha Christie.
Fatta questa (sempre necessaria) premessa, Assassinio sull’Orient Express differisce dai due capitoli cinematografici precedenti per la scelta dei toni e dei temi. Se, pur incentrandosi su due omicidi, Assassinio sull’Orient Express e Assassinio sul Nilo avevano dalla loro una certa leggerezza esotica, Assassinio a Venezia è invece un film cupo e tetro, che sembra ereditare stilemi e soluzioni direttamente dal genere horror, con richiami più o meno voluti a pellicole come The Others, Haunting – Presenze e The Conjuring. Pur non essendo affatto un film horror comunemente inteso, questo lungometraggio non mancherà di farvi letteralmente saltare sulla sedia, con un paio di jumpscares di tutto rispetto, che cooperano a rendere l’intera operazione vestita di una macabra oscurità che rappresenta un aspetto del tutto originale nella saga portata sul grande schermo da Kenneth Branagh. Tutto ciò è aiutato dal fatto che il film utilizza una delle strategie più vincenti quando si tratta di gialli: si svolge tutto in un ambiente circoscritto, senza vie di fuga, in cui la polizia non può arrivare a causa di una tempesta che ha allagato Venezia, città popolata da fantasmi e misteri. Proprio all’interno della magione Poirot dovrà fare i conti con degli omicidi che sembrano essere l’opera di qualche spirito inquieto: lui, da sempre così deciso a difendere l’ordine e la razionalità, in questo film vacilla, comincia a dubitare di se stesso e della realtà che è sempre riuscito a rimettere in ordine. In effetti, l’aspetto più interessante dell’intera opera è proprio questo Poirot smarrito: un uomo che ha perso la fede ma anche la fiducia nella ragione, un uomo che non sa più chi è e che non riesce a ritrovarsi nemmeno nei suoi famosi elenchi. Sebbene la risoluzione del caso sia mano difficile da indovinare rispetto ai capitoli precedenti, Assassinio a Venezia colpisce soprattutto per l’ambientazione, per la lotta costante tra luce e ombra, tra verità e manipolazione, che è il terreno più fertile in cui può muoversi un personaggio come Hercule Poirot. Da vedere.