Aladdin, recensione del live action Disney
'Aladdin' di Guy Ritchie è un film pieno di colori e vitalità, che non può fare a meno di irretire chiunque si sieda in sala, anche lo spettatore più scettico riguardo i live action di casa Disney. Un plauso al meraviglioso genio di Will Smith
di Erika Pomella / 22.05.2019 Voto: 8/10
Se c'è una qualità che il cinema ha sempre mantenuto, nel corso del suo lento e inesorabile sviluppo tecnologico e narrativo, è quella di riuscire a sorprendere chi decide di pagare un biglietto e dedicare un paio d'ore della propria vita ad una sala buia in cui si raccontano storie.
In questo contesto rientra perfettamente il nuovo live action di Aladdin, diretto da quel Guy Ritchie che dopo Sherlock Holmes e King Arthur torna dietro la macchina da presa per dirigere un film che pesca a piene mani da una storia che è diventata patrimonio dell'immaginario collettivo grazie al famoso film disney del 1992 diretto da John Musker e da Ron Clements.
La storia è quella del ladruncolo Aladdin (Mena Massoud), che vive nelle strade di Agrabah insieme al suo unico amico, una scimmietta di nome Abu. Un giorno il ragazzo incontra la principessa Jasmine (Naomi Scott), ma prima di scoprire la vera identità della ragazza, lei scompare, dicendo di dover tornare a palazzo perché lavora come ancella della principessa. Quello che Aladdin non sa è che è stato preso di mira dal gran visir Jafar (Marwan Kenzari), alla ricerca di un diamante allo stato grezzo per poter superare la barriera magica della Caverna delle Meraviglie e addentrarvisi per poter recuperare una misteriosa lampada. Aladdin riesce nell'impresa, ma Jafar viene meno alla sua promessa di aiutarlo e fa sì che il ragazzo rimanga intrappolato nella caverna. Fortunatamente Abu è una mano lesta come il suo padrone ed è riuscito a rubare a Jafar la lampada: sfregandola, Aladdin si trova davanti a un genio (Will Smith), che gli concede tre desideri e la possibilità di cambiare la propria vita…
C'erano moltissime remore su questo live action di casa Disney, sin da quando era stato condiviso il primo trailer. Innanzitutto perché sembra che il pubblico, in generale, non sia poi così ben propenso verso i live action (soprattutto dopo quello anonimo de La Bella e la bestia). E poi perché sembrava che nessuno fosse soddisfatto della versione del genio di Will Smith, sia per una mera questione di gusto personale, sia per una sorta di lealtà al tanto amato Robin Williams, che doppiò lo stesso personaggio nel lungometraggio animato, trasformandolo in una leggenda. Una piccola nota a margine: nella versione italiana del film d'animazione, il genio era doppiato da uno straordinario Gigi Proietti, che nel film di Ritchie presta la voce al sultano (Navid Negahban).
Eppure è proprio questa nuova versione di Will Smith a rappresentare il primo colpo di fulmine del film, sin da quando sullo schermo cominciano a diffondersi le note di Le Notti d'Oriente. L'attore è stato senz'altro molto abile nel rendere omaggio al suo predecessore senza tuttavia cercare di imitarlo, ma scegliendo di portare sullo schermo una propria visione del personaggio, che fosse un po' a metà strada tra il principe di Bel-Air con cui è cresciuto chiunque sia nato negli anni '80 e il personaggio di Smith in un film come Hitch- Lui si che capisce le donne. Il suo genio è un personaggio trascinante, uno scoppio di energia e vitalità che non può fare a meno di irretire anche lo spettatore più ostico.
A questo, inoltre, si aggiunge una buona struttura narrativa, che non si limita a seguire pedissequamente l'opera originale a cui si ispira: anche in questo caso l'omaggio risulta evidente, ma non asfissiante come invece era accaduto con i live action precedenti. Il risultato è un film che diverte e appassiona anche chi conosce la storia a metà, anche chi si era seduto in sala con il pregiudizio di assistere ad uno spettacolo noioso e inutile. I colori della messa in scena, l'opulenza degli abiti così come l'aria esotica dell'Agrabah ricostruita in Giordania, sono tutti elementi che cooperano a costruire un impianto scenico fatto proprio per coinvolgere e spingere a non avere pregiudizi, a lasciarsi guidare dalla magia che solo il cinema riesce a regalare.