A Dangerous Method: la recensione
Recensione del film A Dangerous Method (2011) diretto da David Cronenberg e con protagonisti Viggo Mortensen, Keira Knightley, Michael Fassbender, Vincent Cassel, Sarah Gadon, Andr
di Giorgia Tropiano / 14.06.2012 Voto: 5/10
Con A Dangerous Method Cronenberg torna alla regia dopo il bellissimo La Promessa dell’assassino e sceglie di lavorare nuovamente per la terza volta consecutiva con Viggo Mortensen, oramai suo attore feticcio, al quale aggiunge una nuova collaborazione, quella con Michael Fassbender, uno degli attori più bravi e richiesti del momento. Questa volta mette in scena la storia d’amore tra lo psichiatra Jung e la sua paziente Sabina Spielrein e il controverso rapporto di amore e odio che è intercorso con il suo maestro Freud. Il film è in concorso alla 68esima edizione della Mostra Cinematografica di Venezia.
All’inizio del Novecento Karl Jung (Michael Fassbender) è un giovane dottore sposato e in attesa della sua prima figlia, quando conosce Sabina Spielrein (Keira Knightley) , la quale diventa una sua paziente. Jung è affascinato dalle teorie freudiane e decide di testarle sulla donna. Ma presto il legame tra i due diventerà sempre più forte e intenso.
In questa pellicola non c’è alcuna traccia del vero Cronenberg, non c’è alcun lavoro sul corpo, se non nelle fastidiose smorfie della Knightley; gli spazi, i luoghi non sono vissuti, non sono così intimamente usati e sporcati come solo il regista sa rendere; c’è una perfezione formale e scenica che fa apparire tutto così freddo e distaccato e non permette al pubblico di empatizzare con i personaggi.
Indubbiamente la psicologia è una tematica cara al regista canadese, alla base dei suoi primi lavori come Stereo e Crimini dal futuro, e che lo ha accompagnato in tutta la sua filmografia, ma quelle prime opere riuscivano, anche grazie alla loro imperfezione, a trasmettere una sensazione di disagio. A Dangerous Method non trasmette nulla. È indubbiamente girato bene, è esteticamente un buon lavoro ma è noioso e verboso.
I rapporti personali che intercorrono nella pellicola tra Sabina, Jung e Freud non sono mai analizzati fino in fondo e rimangono in superficie. Ma la nota più dolente dell’opera è l’insopportabile recitazione di Keira Knightley, la quale, almeno per la prima parte del film, con le sue smorfie e i suoi urletti, mette a dura prova la pazienza dello spettatore. È, al contrario, da sottolineare la buona prova recitativa di due grandi attori come Viggo Mortensen e Michael Fassbender.