7 Days in Havana: la recensione
Recensione del film 7 days in Havana (2012) diretto da Laurent Cantet, Benicio Del Toro, Julio Medem, Gaspar No
di Giorgia Tropiano / 06.06.2012 Voto: 5/10
7 Days in Havana è un omaggio alla città, alla gente, alle tradizioni e alla cultura cubana, un film diviso in sette capitoli ognuno rappresentante un giorno della settimana e ognuno diretto da un regista diverso. Tutti e sette gli episodi sono tratti dai racconti dello scrittore cubano Leonardo Padura e cercano di ritrarre diversi aspetti della vita quotidiana di alcune persone che, per un motivo o per un altro, si trovano a L’Avana. Il progetto nasce dalla collaborazione tra Havana Club International e le case di produzione indipendenti Fullhouse e Morena Films, che insieme hanno scelto sette registi internazionali: Benicio Del Toro, Pablo Trapero, Laurent Cantet, Elia Suleiman, Juan Carlos Tabio, Gaspar Noé e Julio Medem. La pellicola è stata presentata all’ultimo Festival di Cannes.
I vari episodi narrano rispettivamente il lunedì in cui vediamo un giovane turista americano (Josh Hutcherson), a Cuba per un corso di recitazione, alla scoperta dell’Avana notturna, fra alcool, musica e belle donne. Il martedì di Emir Kusturica, nella città cubana per ritirare un premio, che, ubriaco, partecipa ad una Jam session. Il mercoledì di Cecilia, una giovane cantante cubana che deve scegliere tra il realizzare i suoi sogni canori in Spagna o fuggire su una zattera con il suo compagno. Il giovedì di Elia Suleiman, un regista palestinese che gira curioso per la città aspettando un appuntamento con la sua ambasciata. Il triste venerdì di una giovane ragazza omosessuale scoperta dai genitori cattolici e obbligata ad un rituale esorcistico. Il sabato che ci racconta la quotidianità di una normale famiglia cubana che fa di tutto per tirare avanti e infine la domenica sacra in cui una pia donna, dopo aver sognato la Madonna, chiede aiuto a tutto il palazzo per costruire un altare in suo onore.
Tutte le storie di 7 Days in Havana proposte mirano ad un unico obiettivo: cercare di cogliere il vero spirito, la vera anima della cultura cubana, fatta di ballo, musica, divertimento e calore ma anche di sofferenza e difficoltà e tutti gli artisti che hanno collaborato hanno proposto una loro diversa visione della città, ognuno con il proprio stile e la propria sensibilità artistica. Ogni episodio è indipendente e ha una propria storia, un proprio stile, ma alcuni personaggi e alcuni luoghi (la spiaggia o l’Hotel Nacional per esempio) appaiono in più capitoli come collante ai vari racconti.
In una pellicola come 7 Days in Havana, divisa in più parti così diverse tra loro è naturale che ci saranno sempre degli episodi più riusciti e altri meno. Più simili tra loro e interessanti sono le prime due storie, che tentano di mostrare Cuba dal punto di vista del turista straniero che entra in contatto per la prima volta con quella cultura e le conseguenze, positive o non, che ne derivano. Poco riuscito il terzo episodio che, accompagnato da una musica da telenovelas, racconta una storia d’amore impossibile in modo melenso e stucchevole. Noiosi e quasi inutili quelli di Suleiman e di Tabio. Più originali e particolari i racconti di Noé e di Cantet che, entrambi orientati verso la religione, mostrano se non altro aspetti diversi dagli altri.