In attesa dell’uscita nelle sale italiane del film il 7 settembre 2011 vi proponiamo l’intervista esclusiva rilasciata da Alessandro Paris in merito all’evento “Questa storia qua” che racconta la vita e la musica di Vasco Rossi. Con Questa storia qua Paris firma il suo primo lungometraggio.
Alessandro Paris è nato ad Avezzano ma è cresciuto e vive a Roma. Sin da giovanissimo inizia a lavorare come assistente alla regia e script supervisor. Nel frattempo realizza alcuni documentari e cortometraggi autoprodotti tra cui Effimero con cui partecipa al David di Donatello nel 2006.
Come e’ nata l’idea del progetto?
Quando Sibylle mi ha raccontato l’idea alla base del film ho pensato subito fosse molto interessante. Eravamo d’accordo nell’intenzione di raccontare la rock star partendo dalla sua intimità, quasi aprendo il suo album di famiglia.
L?idea di fare di Zocca il cuore del racconto e la possibilità di “far vedere” la musica di Vasco mi ha immediatamente coinvolto. Vivo a Roma da anni ma sono nato in Abruzzo, conosco molto bene la provincia avendola vissuta da bambino. E la provincia, soprattutto quella degli anni “70 che noi abbiamo messo al centro del film, mi affascina per la ricchezza delle sue suggestioni.
Il mio sguardo, più oggettivo e distaccato, si è integrato con quello di Sibylle. Ho imparato a conoscere quei luoghi, mi ci sono immerso e ne ho percepito la vitalità. Allo stesso modo mi sono completamente tuffato nella musica di Vasco.
La nostalgia e l’affezione ai luoghi che emerge in modo molto netto nel film è sorprendente rispetto al sentimento di ribellione che, almeno nell’immaginario collettivo, attribuiamo a Vasco…
Il nostro intento era quello di raccontare Vasco Rossi uomo, non solamente la rockstar. Abbiamo cercato di raccontare le sue relazioni umane, i suoi affetti, la sua nostalgia e melanconia del passato.
Ci sono cose che arrivano dall’archivio privato di Vasco?
Il materiale raccolto era tantissimo e ci ha consentito di raccontare la storia di un paese e dei nostri protagonisti seguendoli per quasi quarant’anni. Dai primi 8mm e super8 degli anni 60, sino alle riprese in digitale degli anni 80 e ai filmati del telefonino fatti dallo stesso Vasco.
Mentre passavamo in rassegna tutto quel materiale ci siamo chiesti naturalmente come far convivere supporti tanto diversi. Abbiamo cercato di trovare un equilibro anche visivo tra passato e presente, tra la Zocca degli 8mm e quella di oggi che abbiamo raccontato noi. Le immagini che affioravano da quel passato ci riportavano inevitabilmente anche ai
cambiamenti intervenuti nel corso dei decenni per cui la provincia che Vasco racconta e ha nel cuore è fondamentalmente un luogo della memoria.
Come è nata l’idea di non far mai vedere Vasco nel film?
La voce off ci ha permesso di avvicinarci al linguaggio cinematografico che avevamo in mente, un linguaggio che doveva essere fondamentalmente evocativo. In questo modo, inoltre, l’intervista si è svolta in un modo più spontaneo ed intimo,si è stabilito un rapporto di maggiore fiducia e Vasco ha potuto esprimersi in piena libertà.
Vasco ha regalato al film un suo inedito. Come siete riusciti in questa conquista straordinaria?
L?inedito è per noi una sorta di chiusura ellittica. Se Zocca è il luogo da cui Vasco si allontana ma verso cui poi torna sempre, lo splendido inedito che ci ha regalato è il simbolo di questo ritorno, di questo ritrovarsi, di questo riconoscersi.
I soliti chiude il viaggio, il percorso umano e musicale che volevamo raccontare, ritraendo così, in una sorta di secondo maturo manifesto generazionale dopo Siamo solo noi, un gruppo di amici e un? intera generazione.
Sempre in relazione al film, è disponibile l’intervista rilasciata dalla regista Sibylle Righetti.
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