Quarto Grado intervista Giuseppe Piccolomo, il killer delle mani mozzate
A Quarto Grado parla Giuseppe Piccolomo, accusato di aver ucciso la moglie Marisa Maldera e per questo definito 'il killer delle mani mozzate'.
di Redazione / 18.10.2013
A Quarto Grado, in onda questa sera, in prima serata, su Retequattro, l'intervista fatta al "killer delle mani mozzate" Giuseppe Piccolomo, intervistato nel carcere di Opera dall'inviata Ilaria Cavo. A proposito dell'omicidio della moglie Marisa Maldera, per cui la Procura generale di Milano ha fatto richiesta alla Procura di Varese di riaprire le indagini a suo carico, dice:
"Sono io che chiedo di fare chiarezza una volta per sempre"
Nel corso della trasmissione, saranno approfonditi gli elementi d'accusa contro Piccolomo presentati dalle due procure e racconteranno la propria versione dei fatti le figlie del killer, Cinzia e Tina Piccolomo. L'uomo – già condannato in Appello all'ergastolo per il delitto di Carla Molinari – prosegue nel raccontare i dettagli della notte del 20 febbraio 2003:
"È tutto chiaro nella mia mente: io e mia moglie usciamo, come abbiamo fatto tante volte, per andare a Varese. Prima dell'uscita sulla Provinciale che porta a Milano, la polizia ci affianca; mia moglie scende dall'auto e dialoga con i poliziotti. Dopo 40 minuti, ripartiamo. Prima di entrare a Gavirate, però, mi fermo a prendere della benzina perché la macchina di mia moglie era rimasta senza. Marisa mi aveva detto che non sarebbe potuta arrivare nemmeno al ristorante. Così prima di partire, mi ha detto: 'Prendi la lattina che fai un po' di benzina, così posso venire al ristorante domattina'".
Prosegue l'uomo:
"Faccio la salita di Gavirate per andare a casa. Arrivati a Gemonio, sento puzza di benzina: guardo e vedo la lattina, posta dietro il sedile di mia moglie, mezza rovesciata. Mia moglie stava fumando. A quel punto, dissi: 'Marisa, fammi il piacere: prendi e butta la sigaretta che c'è della benzina, non senti l'odore?'. Ripartiamo, dopo 250 metri, con la coda dell'occhio vedo mia moglie che riaccende la sigaretta".
"La mia colpa è quella di essermi quasi scagliato addosso a Marisa per levarle la sigaretta di bocca. Allungandomi verso di lei, ho portato lo sterzo verso il basso e siamo caduti giù. Ho cercato di tenere la macchina, malgrado il terreno ghiacciato, ma ci siamo girati. Come ho aperto la porta dell'auto per uscire ho sentito un boato. La sigaretta le era caduta dalle mani. Aprendo la portiera deve aver fatto combustione e la macchina ha fatto un'esplosione unica".
S'interroga Piccolomo:
"Io non avevo segni di bruciature. Perché? Il caso ha voluto così. Se fossi rimasto dentro anch'io, sarebbero state felici le mie figlie? Le fiamme e la benzina che mi sono arrivate addosso mi hanno bruciato tutto lo spolverino. Cosa dovevo fare per salvarla? Provi lei ad avvicinarsi a una macchina in fiamme…".
Alle accuse mossegli dalle figlie che affermano di aver sentito dire dal padre che "la moglie era morta perché grassa e di averla vista squagliarsi attraverso il vetro", l'uomo replica:
"Questa è un'infamia. Loro mi hanno pregato tante volte di raccontare gli ultimi momenti. Ho spiegato che purtroppo mi ha chiamato due volte e poi ha reclinato il capo sul sedile. Ho visto che quasi si scioglieva. Questo ho detto loro. Ho capito che era morta perché ha piegato il viso e bruciava. Cosa dovevo fare?".
"L'assicurazione sulla vita di mia moglie era intestata a tutti e tre i figli, agli eredi. Io non volevo rifarmi una vita perché avevo un'altra relazione. In passato, anche quando abbiamo avuto un altro momento in cui non andavamo d'accordo, dissi a mia moglie che me ne sarei andato. Perché avrei dovuto ammazzarla? L'ho conosciuta che aveva nove anni".
Conclude Giuseppe Piccolomo:
"Non devo essere io a giudicare: Dio giudicherà le mie figlie per tutte le infamie che hanno raccontato su di me. Dovrebbero farsi un esame di coscienza. Sa quando è cominciato tutto questo? Quando ho sposato mia moglie Zineb…".
L'intervista andrà in onda questa sera a Quarto Grado, in prima serata, su Retequattro.