Un piano perfetto: intervista a Glynn Speeckaert


L'intervista a Glynn Speeckaert, direttore della fotografia della commedia francese Un piano perfetto.

Vi presentiamo l'intervista fatta a Glynn Speeckaert, direttore della fotografia della commedia francese Un piano perfetto, dal 19 settembre al cinema.

Direttore della fotografia
Come si è trovato a lavorare a questo progetto e cosa l'ha spinta a voler lavorare accanto a Pascal Chaumeil ?
Conoscevo Pascal da tempo, ci eravamo incontrati alla Quad quando lavoravamo entrambi nella pubblicità. In realtà, quando mi hanno proposto di lavorare a questo  film non era libero, ma lui mi ha praticamente perseguitato e alla fine sono stato costretto ad accettare. Ho ceduto perché in fondo in fondo Pascal è una persona formidabile…

Uno dei punti di forza del film è la particolarissima luce con cui lei ha avvolto i personaggi. Cosa rara, questa, nelle cosiddette commedie romantiche…

E' stato uno dei presupposti necessari sin dall'inizio e so che il regista ci teneva molto. Ho deciso di sfruttare al meglio le ambientazioni nelle quali la storia si evolve e cresce: Parigi, Mosca e il Kenya… Tre luoghi molto diversi tra di loro. Per l'Africa, ad esempio, bisognava considerare che la luce è molto più forte e meno morbida, mentre a Mosca sapevo che avrei dovuto giocare con la mancanza di luce. L'idea di base era preoccuparsi soprattutto della maniera in cui Diane e Dany appaiono sullo schermo.

Aveva in  mente dei modelli, dei riferimenti estetici  precisi?
La cosa che non bisogna mai dimenticare è che in ogni scena, in ogni movimento, la macchina da presa deve tenere conto della maniera in cui i personaggi si spostano e delle cose che devono esprimere. Non è una di quelle commedie in cui i movimenti della macchina da presa sono ridotti al minimo e semplificati. Inoltre "Un piano perfetto" ci ha dato l'opportunità, rarissima per le commedie romantiche, di andare a girare lontano…

Torniamo all'Africa: in che maniera un direttore della fotografia può risolvere i problemi creati da una luce che cambia velocemente o dalla calura costante e dominante?
Sapevamo che bisognava pianificare le riprese  secondo i momenti della giornata, ma non avevamo un budget illimitato che ci avrebbe permesso di spalmare le riprese su più giorni attendendo le condizioni più favorevoli.
La scena del leone, per esempio, l'abbiamo dovuta filmare in un solo giorno mentre quella del matrimonio Masai ha richiesto una luce precisa che c'è solo ad una certa ora del giorno. Tuttavia non ho avuto paura di questi limiti  e anzi ci ho giocato, senza trincerarmi dietro riprese fatte solo all'alba o al tramonto! Vorrei aggiungere che siamo stati aiutati dalla bellezza dei luoghi: con ambientazioni simili è difficile fare male visto che abbiamo girato in cinemascope.

Se consideriamo la sua carriera prima di "Un piano perfetto" e consideriamo il lavoro fatto con Xavier Giannolli su "À l'origine" o l'esperienza hollywoodiana rappresentata da "Il re scorpione", ci accorgiamo che ha fatto cose molto diverse fra loro. Che cosa la porta a scegliere un progetto piuttosto che un altro?
Innanzitutto la sceneggiatura deve essere interessante. Nel caso di "Un piano perfetto", la presenza di Pascal è stata senza dubbio comunque l'elemento determinante. Cerco poi di non rifare sempre la stessa cosa e quindi dopo un thriller preferisco  passare a una commedia e poi magari a un poliziesco.
Il lavoro con Giannolli è stato unico perché ha una maniera molto particolare  di raccontare le storie. Di qualunque film si tratti comunque, quando cominciano le riprese, seguo il flusso e ascolto il regista. Tra di noi, c'è un dialogo costante, discorsi che durano giorni. Un esempio: in "Un piano perfetto", dovevamo girare in un vero appartamento russo a Mosca. I vetri erano sporchi e visto che si tratta di una commedia, alcuni addetti alle scenografie volevano pulirli per rendere l'ambiente più luminoso. Io però ho insistito, ho spiegato quello che desideravo ottenere e alla fine ho tenuto i vetri sporchi, cosa che rende la scena più credibile e realistica.

Se ho capito bene, lei preferisce giocare con gli elementi piuttosto che migliorarli, abbellirli a ogni costo…
Io cerco sempre 'l'incidente'… Quando ho terminato gli studi e ho iniziato a lavorare come direttore della fotografia, facevo sempre dei disegni per far capire bene il risultato che volevo ottenere. Con il tempo però, ho imparato che le idee che avevo in testa sono fatte per essere cambiate a seconda della volontà del regista. Tutto passa attraverso il dialogo con il regista ma anche con gli scenografi e gli arredatori che hanno necessariamente un'opinione. Bisogna ascoltare tutti e tenere conto di ogni osservazione. Prendete la scena del ponte a Mosca con Diane e Dany, dove ho messo in atto uno dei trucchi che avevano funzionato per "À l'origine", posizionando delle fonti luminose in campo, visibili dalle macchine da presa.
I russi non capivano quello che volevo fare, ma poiché c'era anche un altro ponte un po' più avanti  ho posizionato lì le mie luci. Secondo loro, avremmo dovuto mettere tutte le luci sui tetti nei dintorni affinché non si vedessero sullo schermo. Ho resistito perché sapevo che avrebbe funzionato  benissimo e alla fine il risultato è stato più che lusinghiero …19 n

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