Festa dell’Unicorno: due giorni con Manu Bennett
Grazie alla disponibilità e alla professionalità dello staff dell'organizzazione 'Fantasy in Touch', fan di tutta Italia hanno potuto incontrare l'attore neozelandese Manu Bennett, tra confessioni, esibizioni inaspettate e tante, tante risate.
di Erika Pomella / 26.07.2016
Quando si ha la fortuna di fare questo lavoro – ossia quello di raccontare quello che accade intorno al mondo dello spettacolo, di toccare con mano qualcosa che, invece, sembra esistere solo in una dimensione altra ed estranea – si ha anche il piacere di incontrare persone in grado di sorprenderti, di migliorare l'impressione che si ha di loro, attraverso la barriera di uno schermo, grande o piccolo che sia. Manu Bennett, l'attore neozelandese che siamo abituati a vedere smarrito tra muscoli e sabbia, tra rabbia e vendetta, in ruoli come quello di Crisso in Spartacus o di Deathstroke in Arrow, è arrivato nella piccola e adorabile città di Vinci, pronto a incontrare i fan che, grazie al lavoro straordinario e mai scontato della Fantasy in Touch, hanno potuto incontrarlo nella cornice della Festa dell'Unicorno, evento che porta tutti gli appassionati del genere fantastico a vivere tre giorni completamente immersi nell'atmosfera che amano.
Per raccontarvi le emozioni e le sensazioni che abbiamo vissuto nei tre giorni in cui Vinci e la Fantasy in Touch ci hanno ospitato, bisogna partire proprio da lui, proprio da questo attore che sotto la massa muscolare e la voce che promette tempesta, nasconde invece un uomo di quarantasei anni sempre sorridente, sempre pronto ad andare incontro al proprio pubblico, desideroso di farsi conoscere anche al di là dei ruoli di cui ricopre la propria pelle. Manu Bennett, infatti, è un attore che non si tira indietro, che sembra quasi avere il bisogno di creare un contatto umano con i fan che, dalla platea, lo guardano con emozione.
L'attore ha raccontato il suo difficile passato, la morte della madre e del fratello, i nemici incontrati lungo il percorso e diventati specchi nei quali riflettere il proprio cammino: dal compagno di scuola che era il suo acerrimo nemico fino al famoso Norm Hewitt, ex giocatore degli All Blacks a cui, in ultima analisi, dobbiamo il percorso istrionico di Manu Bennett. Come lui stesso ha raccontato – con discorsi spesso lunghi che la bravissima interprete Elena Bellucci è riuscita a rendere alla perfezione per coloro che non erano padroni della lingua inglese – è stato il dover subire le angherie di Norm Hewitt, ai tempi in cui erano entrambi studenti in collegio, che lo ha spinto a crescere, a diventare forte. E questa competizione tra i due, questo percorso di violenza e di difesa, è stato raccontato poi in un documentario dal titolo Making Good Men, della cui uscita Manu Bennett è stato informato da Norm Hewitt la mattina dell'ultimo giorno di convention.
Una convention dove i fan dell'attore hanno potuto fare foto e ricevere autografi, imparare il saluto Maori e parlare con Manu Bennett anche lontano dagli occhi della stampa, grazie all'organizzazione di un Meet & Greet, di un Party e di una cena esclusiva. Manu Bennett non si è mai tirato indietro: persino quando rischiava di perdere il treno che lo avrebbe portato in un'altra città e verso un'altra avventura, proprio non ce l'ha fatta a negare un selfie ricordo o un ultimo autografo a coloro che glielo chiedevano, con occhi lucidi e mani tremanti. Manu Bennett è consapevole che, in parte, quello che è lo deve anche alle persone che hanno deciso di seguirlo, di apprezzare il suo lavoro e le sue scelte, e sembra voler continuamente ripagare questa fedeltà e questa lealtà. Sentimenti, questi, che sono apparsi cristallini durante la convention che, sebbene avesse uno schedule piuttosto lineare e serrato, è stato mandato all'aria dall'attore stesso, con dei fuori programma del tutto inaspettati: dal suonare alla tastiera The Scientist dei Coldplay, fino a mettere in scena l'Haka, la danza tipica del popolo Maori. Dei fuori programma che hanno reso l'evento unico, ben diverso da quello a cui siamo abituati a partecipare. Perché, alla fine, anche noi della stampa non abbiamo mai avuto l'impressione di essere dei guardoni che puntavano la penna contro esperienze personali; siamo stati invece travolti noi stessi, resi parte integrante di un evento che, molto velocemente, ha preso le sembianze di una piccola rimpatriata tra amici.
Come ha detto lo stesso Manu Bennett, nelle stanze del Teatro della Misericordia, eravamo tutti estranei eppure, al tempo stesso, era come se, condividendo quei momenti, fossimo diventati tutti parte di una squadra. E per questo risultato, oltre l'anima immensa dell'attore protagonista, va ringraziata soprattutto l'organizzazione della Fantasy in Touch. Ragazzi e ragazze che non hanno mai alzato la voce, che si scusavano per qualsiasi piccolo imprevisto, che hanno nascosto la stanchezza dietro sorrisi e battute. Persone che si sono prodigate per risolvere qualsiasi accavallamento d'orario, che si sono fatte in quattro per risolvere qualsiasi, piccolo problema. Persone che correvano da una parte all'altra della stanza, ma che non si scocciavano mai quando venivano fermate per l'ennesima domanda. Ed in Italia un comportamento così, scevro da conseguenze dovute a stress, ritardi o imprevisti inaspettati, è una dote così rara da dover essere non solo divulgata, ma quasi protetta. La gentilezza, la disponibilità e la correttezza dell'organizzazione sono state la vera ciliegia sulla torta di un week end che, ne siamo sicuri, rimarrà impresso nella memoria di chi vi ha preso parte. Nella nostra di sicuro.
Un ultimo cenno va dedicato, invece, alla Festa dell'Unicorno. Per noi era la prima volta a Vinci, e oltre ad esserci innamorati di questa città medievale circondata dalla leggendaria campagna toscana dai colori esplosivi, abbiamo amato l'aria di festa che vi circondava. Famiglie riunite da una passione condivisa, amici che si muovevano nel loro habitat naturale, signori anziani che portavano a spasso il cane, tra cosplay di vampiri, personaggi di Tolkien e di fumetti e manga di tutto il mondo. Era davvero come essere scivolati nella tana del coniglio e aver scoperto un altro mondo, simile al nostro, ma solo vagamente diverso. Ed è un'esperienza che noi vi consigliamo di cogliere.