L'Uomo del Labirinto
L'Uomo del Labirinto

L’Uomo del Labirinto, Donato Carrisi presenta il suo ultimo film


Donato Carrisi ha presentato alla stampa il suo nuovo film, L'Uomo del Labirinto, che vede come protagonisti Toni Servillo e Dustin Hoffman

Dopo La Ragazza nella Nebbia, pellicola per la quale ha vinto il David di Donatello come Miglior Regista Esordiente, Donato Carrisi è tornato dietro la macchina da presa con l'intento di portare sul grande schermo un'altra storia nata dalla sua immaginazione di scrittore.

L'Uomo del Labirinto, edito come sempre da Longanesi, è dunque diventato un film che vede come protagonisti Toni Servillo e Dustin Hoffman. L'uscita è attesa per il 30 Ottobre e Donato Carrisi ha incontrato la stampa nella cornice storica del cinema Adriano di Roma, con il Lungotevere a fare da sfondo.

Naturalmente le aspettative per il suo secondo lungometraggio erano a livelli altissimi, soprattutto dopo la vincita del David, consegnato dalle mani di un uomo che, in ultima analisi, rappresenta abbastanza fedelmente la settima arte: Steven Spielberg.

La storia de L'Uomo del Labirinto è quella di Bruno Genko (Toni Servillo), un investigatore privato che si ritrova ad indagare su un caso di scomparsa avvenuto 15 anni prima e che ha ricevuto uno scossone quando la ragazza scomparsa (Valentina Bellé) è rimersa dal nulla, con l'ombra del suo aguzzino nella mente. Una mente stanca e confusa che il Dottor Green (Dustin Hoffman) sta cercando di mettere in ordine mentre Bruno Genko continua le sue indagini, che lo porta vicino ad un misterioso uomo che si nasconde dietro la maschera di un coniglio.

Proprio sulla figura del coniglio, Donato Carrisi è intervenuto, parlando di quelli che ha incontrato nella sua storia da spettatore e che lo hanno spaventato:

Il primo, naturalmente, è il coniglio di Alice Nel Paese delle Meraviglie. Un film che oggi, se ci pensate bene, la Disney non rifarebbe mai, perché era un film horror. Un altro è Harvey. Harvey faceva proprio paura.

Tuttavia l'elemento che più di tutti contraddistingue il film di Donato Carrisi, è il Labirinto.

Il Labirinto rappresenta le mie paure. L'idea di perdersi dentro un labirinto è spaventosa, ma quando ho scritto il libro mi sono reso conto che non era ancora abbastanza. Quindi cosa ho fatto? Ho recuperato un'altra mia vecchia paura: quella del buio. Perché essere smarriti dentro un labirinto è spaventoso: ma essere smarriti al buio è ancora peggio. Perciò il labirinto doveva essere illuminato solo da luci uniche e fisse: con l'oscurità intorno. Poi ho aggiunto le porte, dietro cui poteva esserci qualsiasi minaccia.

Sul tema del labirinto si è espresso anche l'interprete principale, Toni Servillo, che ha detto:

Mi piaceva l'idea di labirinto stratificato, a vari livelli: c'è il labirinto della città, con il suo caldo torrido. Poi c'è quello mentale, in cui non si capisce come ci si arrivi. Inoltre il mio personaggio si muove per quelli che sembrano dei veri e propri gironi infernali.

Toni Servillo ha anche parlato del suo tornare a lavorare con Donato Carrisi, dopo aver preso parte a La Ragazza Nella Nebbia:

Quando Donato Carrisi mi ha proposto di tornare a lavorare, non ero sicuro, perché avevo già fatto la parte di un detective. Certo, nel primo film facevo parte della polizia… ma poi ho letto la sceneggiatura e ho scoperto che Bruno non era un detective, ma un investigatore che recupera crediti e che segue i soldi. Inoltre è un uomo fragile, circondato da personaggi inquietanti.

Naturalmente molte domande fatte a Donato Carrisi riguardavano la partecipazione del film di Dustin Hoffman. L'aneddoto che ha raccontato per far capire l'umanità di un attore tanto importante è questo:

Avevamo la prima convocazione con Dustin Hoffman a Cinecittà alle 7.30 del mattino. Quindi avevamo convocato i reparti mezz'ora prima, di modo che fossero tutti ai propri posti all'arrivo di Hoffman. A un certo punto, verso le sei del mattino, mi chiama la guardia del corpo di Dustin Hoffman dicendo che lui era quasi arrivato. Quindi abbiamo chiamato tutti di corsa e nessuno si è infastidito dal dover arrivare prima. E quando Dustin Hoffman è arrivato, sembrava di stare in Chiesa. Si è commosso: mi ha raccontato di avere il rimpianto di aver rifiutato un ruolo per Fellini, proprio lì a Cinecittà.

Sempre su Dustin Hoffman, Donato Carrisi ha aggiunto:

Gli ho detto che lui era nel mio destino. Gli ho raccontato di quando, nel '99, avevo scritto la mia prima sceneggiatura thriller, che i produttori mi avevano rifiutato dicendo che in Italia non l'avrebbe mai realizzata nessuno, perché il ruolo principale poteva essere fatto solo da Dustin Hoffman. Quando gli ho raccontato questa storia, Dustin Hoffman mi ha detto: "Puoi chiamarmi Dustino" (giocando sul suono simile a destino, ndr).

Riguardo l'attore statunitense anche Servillo ha parlato in toni entusiastici, dicendo:

Per gli attori della mia generazione è un vero e proprio mito.  Lavorare con lui è stato come vedere questo attore dell'olimpo di Hollywood scendere nella realtà. Io però non l'ho mai chiamato Dustin, l'ho sempre chiamato Mister Hoffman.

Tanto Dustin Hoffman quanto Toni Servillo appaiono anche come produttori esecutivi della pellicola, in cui hanno creduto entrambi.

"Dustin Hoffman si è convinto a fare il film quando ha saputo che c'era Toni e che avrebbe condiviso con lui il 50% della scena" ha spiegato Donato Carrisi, raccontando anche di quanto Dustin Hoffman credesse nel lavoro che stava facendo:

Era sempre con noi. Con lui finivamo intorno alle 16, ma chiedeva sempre di rimanere sul set, seduto vicino a me. Avevamo preparato per lui e per Toni due bellissimi camerini pieni di memorabilia, ma nessuno dei due ha passato molto tempo in camerino.

E ancora:

Dustin Hoffman è venuto per fare un ruolo da protagonista, non un semplice cameo. Era da tanto che non lo faceva. Ma chiunque abbia lavorato a questo film era contento e felice di esserci. Mi ricorderò per sempre l'ultimo ciak. Adesso non posso mostrarvi la scena dell'abbraccio tra Toni e Dustin alla fine delle riprese: fortunatamente ce l'ho in macchina da presa perché non avevo dato lo stop. Dustin Hoffman si è commosso e, anche adesso, quando ci penso, mi viene da commuovermi.

L’uomo del labirinto
Impostazioni privacy