Iron Sky, intervista al regista Timo Vuorensola
Di seguito vi proponiamo l’intervista fatta a Timo Vuorensola, il regista di Iron Sky, una commedia noir di fantascienza prodotta dalle finlandesi Blind Spot Pictures ed Energia Productions, co-prodotta dalla tedesca 27 Films e dall’australiana New Holland Pictures. Il film arriverà nei nostri cinema dal prossimo 11 Ototbre distribuito da Moviemax. Ti aspettavi il grande […]
di Redazione / 22.09.2012
Di seguito vi proponiamo l’intervista fatta a Timo Vuorensola, il regista di Iron Sky, una commedia noir di fantascienza prodotta dalle finlandesi Blind Spot Pictures ed Energia Productions, co-prodotta dalla tedesca 27 Films e dall’australiana New Holland Pictures. Il film arriverà nei nostri cinema dal prossimo 11 Ototbre distribuito da Moviemax.
Ti aspettavi il grande successo di “Star Wreck”? E’ stato questo a darti la spinta per fare un lungometraggio commerciale?
“Inizialmente “Star Wreck” doveva essere un piccolo film dedicato a un gruppo di amici “geek” (malati di tecnologia, ndt), ma quando è stato distribuito gratis su internet è diventato un cult. La stampa se ne è occupata così tanto che alla fine è diventato famoso in tutto il mondo, ma davvero non me lo aspettavo! Devo dire che il potere di internet è affascinante. Il feedback positivo di “Star Wreck”, ad ogni modo, è stato la molla che mi ha fatto decidere di cimentarmi con qualcosa di più grande”.
Perché un film su un argomento così? Qual era il tuo obiettivo? Ti sei ispirato ad altri film per ottenere il risultato sperato?
“L’idea di base di “Iron Sky” ci è stata sottoposta da Jarmo Puskala, che aveva già partecipato alla stesura dello script di “Star Wreck”. All’inizio era un po’ buttata là, ci scherzavamo in sauna, poi però è diventata più ambiziosa e noi con lei. Credo che la forza di un progetto che ha per protagonista un gruppo di Nazisti sulla Luna risieda nel fatto che è in grado di suscitare una gran curiosità, e credo che sia una buona base di partenza per un film. Dopo aver buttato giù un’immagine, ci abbiamo costruito intorno una storia noir e voilà, ecco un gran film. Riferimenti? Ce ne sono tanti, a cominciare da “Alien” spaziando per film come “Captain Sky and the World of Tomorrow”, “Delicatessen” e “La città dei bambini perduti”, e naturalmente tutta la saga di Guerre Stellari”.
Come si è sviluppata la storia?
“Lo sviluppo della storia è stata la parte più difficile del lavoro. Avevamo così tante possibilità che abbiamo dovuto lavorare duramente per tenere insieme le fila del discorso senza perdere di vista il nodo focale della vicenda. Abbiamo lavorato con grandi scrittori come Johanna Sinisalo, che ha di fatto inventato la storia, e Michael Kalesniko, col quale ho scritto la sceneggiatura”.
Hai mai avuto paura di oltrepassare i limiti e diventare politicamente scorretto?
“”Iron Sky” è costantemente sul filo del politically uncorrect, ma ho scoperto che il modo migliore per fare bene un film è concentrarsi solamente su ciò che si sta facendo, senza avere paure, perché è a quel punto che improvvisamente ci si trova con in mano un film che non solo è troppo soft, ma alla fine riesce a far arrabbiare più di qualcuno”.
La collaborazione con artisti e produttori tedeschi era prevista fin dall’inizio?
“Assolutamente sì, dato il soggetto. Ho voluto attori tedeschi sin dalle prime fasi del progetto”.
Puoi parlarci dei personaggi e degli attori che li interpretano?
“Il filone centrale della storia riguarda Renate Richter, fisicamente la classica ragazza della porta accanto, una insegnante/ricercatrice che vive nella base lunare nazista. Interpretata da Julia Dietze, Renate è un personaggio versatile, fantastico, divertente, e che ricopre una parte importantissima della storia. Götz Otto interpreta il suo promesso sposo, Kalus Adler, il classico tedesco nazista ariano, che vuole diventare Fuhrer. Si avventurano insieme in questo viaggio verso la Terra, un viaggio che li cambierà entrambi. Klaus diventa, se possibile, ancora più astioso e distruttivo di quanto non sia mai stato, mentre Renate capisce che per tutta la vita le hanno riempito la testa di balle e solo quando arriva sulla Terra apre gli occhi. L’elemento catalizzatore della vicenda è James Washington, l’astronauta americano interpretato da Christopher Kirby, atterrato per sbaglio sulla Luna e del quale Renate si innamora. Lavorare con questi attori è stato esplosivo, tutti hanno preso sul serio i loro personaggi: nonostante la storia li inquadri in un contesto brillante, infatti, ci siamo resi conto che la resa comica era maggiore quando riuscivano a mantenere un’espressione seria. Abbiamo lavorato moltissimo sui tre personaggi principali, per trovare il ritmo giusto e far collimare i diversi stili recitativi degli attori. Credo proprio che ci siamo riusciti”.
Per la prima volta hai diretto un cast internazionale. Ti è piaciuto il lavoro con questi attori? Cosa hai imparato?
“Certamente mi è piaciuto, non avrei sostituito nessuno, e ho amato tutti i personaggi. Lavorare con attori così preparati è stato istruttivo, mi ha letteralmente aperto gli occhi, perché per la prima volta ho capito che non c’è limite a quello che può fare un attore veramente preparato se sei in grado di comunicare con lui. A volte però, devo ammetterlo, la comunicazione è stata una vera e propria sfida. Sul set parlavamo molte lingue diverse (finlandese, tedesco, per non parlare dei tanti accenti inglesi), e spesso alcune sfumature andavano perse con le traduzioni. Si sono creati momenti di incomprensione, che a volte hanno portato ad attimi di tensione, ma alla fine mi sembra che tutti siamo sopravvissuti.
La più grande lezione che ho imparato durante questo lavoro è stato chiedere “per favore”. Non esiste in finlandese un corrispettivo dell’espressione “per favore”, e spesso dimentico che esista anche in altre lingue; infatti molti pensano che noi finlandesi siamo poco educati, se non addirittura maleducati. E’ stato grazie a Götz, che mi ha dato una bella lezione, che penso non lo dimenticherò più”.
Qual è stata la sfida più dura della lavorazione del film?
“Sicuramente la sceneggiatura. Avevamo un gran numero di situazioni dagli sbocchi molteplici, che potevano diventare qualunque cosa. Il lavoro più difficile è stato bloccare l’istinto di fare digressioni, per quanto simpatiche, dalla storia centrale e dai personaggi principali, sui quali siamo rimasti estremamente concentrati. Uno sforzo che ha reso più duro il lavoro di scrittura ma che, alla lunga, ci ha regalato uno script di cui andare fieri”.
C’è stato un momento in cui hai dubitato di riuscire a portare a termine il film?
“Il film è stato sul punto della distruzione totale in ogni momento, perché da un punto di vista prettamente pratico era impossibile riuscire a realizzarlo. Abbiamo dovuto lottare ogni giorno per la mancanza di risorse fondamentali alla realizzazione, ma credo che questo lottare quotidiano ci abbia dato la forza di andare avanti nonostante tutto”.
Il lavoro scenografico è stato meraviglioso, specialmente la fortezza a forma di svastica e la nave ammiraglia sono dei veri capolavori.
“Il nostro art director, Jussi Lehtinlemi, ha costituito il vero valore aggiunto della produzione. Ha disegnato interni ed esterni di tutte le ambientazioni, comprese le navicelle dei nazisti sulla Luna, tenendo a mente una sola parola: “Jönssi”. E’ un suono che in realtà non significa nulla, ma che se pronunciato nella maniera corretta rende perfettamente l’idea di cosa abbia ispirato il design di “Iron Sky”. Gira tutto intorno all’esagerazione: strutture enormi, proporzioni sbilanciate, paesaggi brulli e monocromatici di grande impatto visivo”.
Come sei riuscito a convincere i Laibach a comporre le musiche del film?
“Non ho voluto altro fin dall’inizio. Ho tentato di avvicinarli durante un concerto a Tampere, avevo con me una borsa piena di gadget di “Iron Sky”, ma non mi hanno fatto entrare nel backstage. O perlomeno, non mi ha fatto entrare la sicurezza. Sai com’è, no? Un altro matto che parla di nazisti sulla Luna, avrà pensato. Ma poi uno dei produttori è riuscito a mettersi in contatto con loro (avevano degli appartamenti in affitto nello stesso palazzo) ed è stato allora che la ruota ha iniziato a girare a dovere. Avevano sentito parlare del film e volevano assolutamente farne parte. Lavorare con i Laibach è stato grandioso, sai sempre che non si fermeranno mai all’idea più ovvia e ne cercheranno una migliore, e la qualità è la loro priorità”.
Sei contento del risultato finale?
“Non sarebbe ironico se dicessi di no? Se dicessi che “Iron Sky” è solo un ammasso di spazzatura con il quale non voglio più avere a che fare? Ma per fortuna non è così. “Iron Sky” è migliore di quanto abbia mai sperato, e penso che dipenda dal fatto che è una buona produzione. Le buone produzioni non sono mai realizzate da una sola persona ma sono il risultato di un lavoro di squadra, la perfetta combinazione delle idee condivise da grandi artisti. Il regista poi le mette insieme e il risultato, quando è buono, è senz’altro maggiore della somma delle sue parti”.
Come vorresti che il pubblico reagisse a questo film?
“Spero che la gente rida a crepapelle mentre si chiede se effettivamente è giusto o meno ridere. Che lasci la sala con la sensazione che il film abbia superato le sue aspettative, e che pensi al messaggio che questa pellicola lancia. Spero che generi tante discussioni”.