Iris: videolettera di Tatti Sanguineti a Jovanotti


Michelangelo Antonioni al centro del nuovo appuntamento con Storie di Cinema su Iris, martedì 11 giugno. Conclude la puntata una video-lettera di Sanguineti a Jovanotti, dove il critico ricorda un aneddoto significativo.

Michelangelo Antonioni, il poeta "dell'assenza, dell'attesa, del desiderio", come lo definì Alain Robbe-Grillet, è al centro del nuovo appuntamento con "Storie di Cinema", in onda su Iris, martedì 11 giugno, in seconda serata. Tatti Sanguineti rende omaggio ad uno dei maestri della cinematografia moderna compiendo un viaggio tra Ferrara, la mostra "Lo sguardo di Michelangelo Antonioni e le arti", la testimonianza di Dominique Païni e l'incontro con Carlo di Carlo, suo stretto collaboratore e amico.

"Michelangelo Antonioni è stato molto amato dai francesi e dagli inglesi, mentre in Italia fu spesso 'spernacchiato'", racconta il critico. "Era un uomo riservato e misterioso", ricorda Sanguineti, "il cantore della borghesia e colui che rifiutò l'estetica neorealista". "Antonioni è anche l'arbiter elegantiarum del cinema italiano: discettando di calcio – prosegue Sanguineti – accosta il suo stile a quello di Mario Corso, l'ideatore della punizione a foglia morta, il piede sinistro di Dio, il più grande fuoriclasse che l'Italia abbia mai avuto".  

Il percorso di "Storie di Cinema" si snoda tra sequenze dei capolavori di Antonioni; rari documenti; immagini che ne testimoniano il lavoro e la passione per il mezzo; l'uso di fotografia, trucco e piano sequenza; gli attori 'feticcio'; un'analisi de "La notte"; il rapporto con la critica. Nel 1985 Antonioni è vittima di un ictus: "Ha il volto come accoltellato da una lacrima", chiosa Sanguineti, "e per tre anni non compare in pubblico". Nello stesso anno, per il cineasta ferrarese arriva il tardivo riconoscimento dell'Oscar alla Carriera, che comprende, tra i tanti ricevuti, un Orso d'Oro, una Palma d'Oro, un David di Donatello, diversi Nastri d'Argento e due Leone d'Oro.

Conclude la puntata, una video-lettera di Tatti Sanguineti a Jovanotti, dove il critico ricorda un aneddoto che vede protagonisti Michelangelo Antonioni, i film "L'avventura" e "Zabriskie Point" e un giovane Lorenzo Cherubini. "Hai dichiarato che "Lo chiamavano Trinità" regge meglio di "Zabriskie Point".". Ecco la trascrizione completa della videolettera:

Carissimo Lorenzo,

correva il gennaio-febbraio dell'anno 1990. Io facevo base a corso Sempione con Chiambretti in tour peninsulare per Prove tecniche di trasmissione. Tu frequentavi Radio Deejay trecento metri più a Est, direzione Arco della Pace. Ci si incontrava talvolta a mangiare assieme il panino di mezzogiorno nel locale più chic della zona: il chiosco di Sergio ed Efisio. Da una parte Chiambretti, il curatore Romano Frassa ed il sottoscritto, dall'altra tu e Fiorello, che a ogni morso imitava una voce sempre diversa di Dallas. Strepitoso!
Un giorno accadde un fatto indimenticabile e meraviglioso. Tu mi prendi da parte e mi confessi che nella notte hai visto L'avventura di Antonioni senza capirci niente. Perché Lea Massari scompare? Dove cazzo è finita? E mi chiedevi umilissimamente conforto.
Rimasi stupefatto: le rockstar – e tu assolutamente già lo eri – non confessano mai a nessuno di non aver capito un libro, una canzone, un film, una battuta. Gratificato, feci del mio meglio per "spiegarti" L'avventura di Antonioni. Non credo di aver usato la dichiarazione di Bertolucci "L'avventura è la nascita del cinema moderno", né mi ricordo bene cosa esattamente ti dissi.
Resta però la certezza che tu fosti molto soddisfatto, ed io altrettanto, al punto di narrare il fatterello a mia moglie. Ricordo inoltre che in baratto di quella mia piccola lectio, ti chiesi una comparsata da guest star. Chiambretti ed io avevamo incontrato ad un tuo concerto ad Assago un attempato direttore di un ufficio postale di Cormano, fan tuo indemoniato. Noi lo avevamo imbarcato nella nostra sgangherata truppa. Costui viveva nel tuo culto adorante. E io ti chiesi di fare un passaggetto fintocasuale in una nostra stanza di corso Sempione. Alla tua vista a tre metri da lui, il postino cadde in delirio. Noi, crudelissimi e spietati, lo placcammo mentre stava per buttarti le braccia al collo, dicendogli che si trattava di un sosia ultrairascibile a cui questa somiglianza aveva rovinato l'esistenza.
Dopo ti avrò visto ancora una volta perché eravamo sempre in giro, ma il postino celentaniano-jovanottiano apparve al Festival di Sanremo cantando una sua canzone inedita, che fa Io son ribelle ma sincero / non è vero che non abbia un po' di cuore / la mia chitarre piangere mi fa.
Mi son portato dentro per 23 anni questo ricordino, che mi dava la certezza che saresti diventato semplicemente enorme…
Ora, per un caso, alla vigilia di una puntata lunga e difficile del mio programma Storie di Cinema dedicato ad Antonioni, il destino mi riavvicina a te, che hai appena dichiarato che Lo chiamavano Trinità regge meglio Zabriskie Point. Secondo un paradosso per cui un film di consumo non dovrebbe essere più durevole di un capolavoro epocale. Mentre è vero il contrario.
Però, Lorenzo carissimo – dato che tu, Socrate, e tutte le rockstar parlate ai giovani – occorre stare molto attenti. E aldilà del fatto che i film tutti son più durevoli perfino di Mick Jagger e di Keith Richards, debbo però dirti che lodare Lo chiamavano Trinità diminuendo Zabriskie è pericolosissimo. Lo si può forse pensare, ma non bisognerebbe dirlo. Perché lodare Mario Girotti e la sua nonchalance con gli occhi azzurri, che non a caso aveva già incantato Luchino Visconti ai tempi de Il Gattopardo, può significare altro. Questi film bambinoni non solo hanno ammazzato lo spaghetti western di Leone, Corbucci, Tessari, Sollima e Damiani, ma ci hanno anche regalato la fiction sempiterna e bernabeiana di Don Matteo. Che trionfa più longeva di Don Camillo anche nella Rai di oggi che si appresta a pensionare, per raggiunti limiti di età gli ultimi cervelli che per caso le erano rimasti.
Salutandoti, ti invito pubblicamente, un giorno che non avessi di meglio da fare, di venire a chiacchierare di cinema nel mio programmino che non prevede gettoni. Solo baratti. Parleremo anche della tua moto che aveva incantato anche Fellini, che come si vede ne La strada, in Roma, e nei vespini dei paparazzi, una sua passione segreta per le bikes l'aveva.

Ciao, Tatti.

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