Intervista ad Alexander Payne regista di Paradiso amaro
Il regista statunitense Alexander Payne ieri si trovava a Roma e ha risposto alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa del suo ultimo lavoro, candidato all’oscar, Paradiso amaro. Anche noi di digitalizzandotv.net eravamo presenti alla conferenza, ed ecco che cosa ha raccontato il regista: Paradiso amaro ha ricevuto cinque nomination agli oscar e lei […]
di Giorgia Tropiano / 26.01.2012
Il regista statunitense Alexander Payne ieri si trovava a Roma e ha risposto alle domande dei giornalisti durante la conferenza stampa del suo ultimo lavoro, candidato all’oscar, Paradiso amaro.
Anche noi di digitalizzandotv.net eravamo presenti alla conferenza, ed ecco che cosa ha raccontato il regista:
Paradiso amaro ha ricevuto cinque nomination agli oscar e lei è nominato alla regia insieme a grandi nomi come Martin Scorsese, Woody Allen e Terrence Malick. Cosa ne pensa?
R. Non ci si aspetta mai di ricevere delle candidature, potevo aspettarmelo dopo i Golden Globe e naturalmente mi rendono molto felice e soprattutto lo sono per il fatto di essere nominato insieme a grandi registi che rispetto profondamente.
Pensando ai suoi film precedenti, lei spesso ama confrontare i suoi protagonisti con degli eventi difficili, luttuosi e poi confronta dei grandi attori con queste storie. Perché portarli a questi eccessi di vita? Che cosa c’è nella morte, nel lutto?
R. In fondo, da Edipo in poi, la condizione dell’essere umano è sempre drammatica. Io rispetto la sua domanda, ma ritengo che questa sia la condizione di gran parte di noi. Le opere più valide in ogni campo mettono sempre una persona comune in una situazione difficile e io non faccio eccezione, rifletto la mia generazione. La fortuna è stata quella di poter avere dei grandissimi attori come Jack Nicholson, Paul Giamatti e George Clooney per interpretare i miei personaggi.
La location, l’ambientazione del film è alle Hawaii. Volevo sapere come è stato girare lì.
R. Una delle ragioni principali per cui ho accettato questo progetto è stata proprio l’ambientazione alle Hawaii. Al di là della bellezza del luogo, l’altro aspetto che mi ha incuriosito è stato il tessuto sociale e culturale che è assolutamente unico. I nativi del luogo sono molto coscienti delle loro radici e delle loro tradizioni. Le Hawaii è come se fossero uno stato a sé, sono lontane dalla terraferma, in mezzo all’Oceano Pacifico e quindi sono un territorio assolutamente unico. C’è la commistione di essere da un lato un territorio molto cosmopolita per turismo, dall’altro molto provinciale per la sua collocazione geografica.
Lei per i suoi film sceglie sempre grandi attori che con lei danno il loro meglio. Come lavora con gli attori, che tipo di scambio c’è con loro per ottenere questi risultati?
R. Il fatto di lavorare con grandi attori che sono anche delle star internazionali fa sì che spesso si dà più importanza al contesto che li circonda, al gossip, al sapere qual è la nuova fidanzata, se si sposeranno o meno, mentre io invece chiedo loro di interpretare delle persone normali, chiedo loro di interpretare ruoli con il maggior realismo possibile, perché questo fa parte del cinema che faccio io. Accettano di lavorare per un film che di fatto riflettono più la realtà e meno il glamour di certe produzioni hollywoodiane.
Il suo cinema è classico, la sua regia lineare. Come giudica il fatto che nella sua generazione ci sono registi come David Fincher, Wes Anderson o Paul Thomas Anderson che sono molto diversi da lei ma altrettanto importanti e quanto è forte il suo legame con il cinema europeo.
R. Credo che a tutti possa piacere il cinema classico e un tipo di narrazione classica nel cinema. Secondo me non conta tanto il tipo di stile che un regista adotta, ciò che conta è la sincerità che ha un regista nell’adottare uno stile. Il mio è uno stile personale che mi rispecchia. I grandi classici del cinema europeo mi piacciono moltissimo per l’aspetto umano che c’è nella sceneggiatura e nella recitazione degli attori.
Uno dei temi principali del film è l’eutanasia. Volevo sapere perché ha scelto questo tema e cosa ne pensa.
R. Negli Stati Uniti l’eutanasia è un fatto accettato, non ci sono tutte le polemiche che ci sono qui in Italia e secondo me è giusto che sia così.
Un pensiero su Angelopoulos.
R. Kurosawa diceva: “Spero che la mia morte avvenga mentre sto girando un film”. Mi dispiace molto per la scomparsa di Angelopoulos ma quanto meno stava girando un film. L’ho incontrato una volta ed è stato molto gentile con me. Sono pochi i cineasti di origine greca famosi in tutto il mondo ed è brutto perderne uno.
Ha un suo favorito per gli oscar?
R. Il mio oscar ideale va al film iraniano Una separazione.
Ieri è stato a Cinecittà. Le è venuta voglia di girare un film lì?
R. Si, sarebbe fantastico.