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Intervista a Virginie Efira, protagonista de Il mio migliore incubo

Vi proponiamo l’intervista fatta a Virginie Efira, che interpreta il ruolo di Julie nella nuova commedia francese Il mio migliore incubo diretta da Anne Fontaine, che arriverà nelle sale italiane il prossimo 30 marzo dopo essere stata presentata in occasione del Festival Internazionale del Film di Roma 2011.

Come definirebbe Julie, il suo personaggio?

Il suo unico principio guida è la ricerca di gratificazione. Julie è una di quelle persone che si sentono in obbligo di essere allegre, cosa che può essere molto stressante. Quando la si vede la prima volta, si pensa che sia tanto giovane,  sorridente e socievole. Poi, gradualmente, un’altra realtà appare, come accade per tutti gli altri personaggi di Il mio migliore incubo!. La sua fascinazione per la natura, la sua passione per la musica etnica, e per tutti i tipi di tisane, di fatto rivela una specie di sotterranea isteria. Julie ha un’autentica coscienza politica e sociale. Ma è estremamente egocentrica. Di conseguenza, quando François avvia una relazione con lei, si trova in una nuova prigione dopo essere evaso da quella rappresentata dal suo rapporto con Agathe. La rete si stringe di nuovo. Per lui si tratta di una replica della stessa cosa, ma all’estremo opposto.

Cosa le ha chiesto Anne Fontaine nell’ interpretare Julie?

Innanzi tutto di pensare al suo modo di muoversi e al suo guardaroba. Julie lavora nel sociale, e  quindi era questione di essere coerenti, di non trasformarla in una biondina svampita! Julie deve ispirare sicurezza, incarnare l’immagine opposta a quella di Agathe. Non è stato difficile affatto: non c’è pericolo che mi si possa confondere con Isabelle Huppert nella vita reale. Una volta che Anne ed io abbiamo trovato un look e un’attitudine che combinassero  la rilassatezza hippy, il fervore etnico (i braccialetti portati dall’india) e l’apparente dolcezza, il punto di partenza c’era. Dopodiché è stata questione di equilibrio e sviluppo. Ogni volta che rivediamo Julie, la sua isteria è un po’ meno contenuta, specialmente quando si entra nella sfera intima.

Che cosa le è piaciuto della sceneggiatura di IL MIO MIGLIORE INCUBO!?

E’ cosa abbastanza rara imbattersi in una commedia veramente divertente, in cui tutto funziona e niente è gratuito. Mi piace quando un soggetto importante è trattato con umorismo e leggerezza. Che cosa vuol dire essere genitore e trasmettere delle cose? Che immagine di noi proiettiamo all’esterno? Quali sono le nostre fragilità? E  vale la pena cercare di porvi rimedio? Il mio migliore incubo! tocca alcuni temi potenti con un certo umorismo, un’eleganza e un’umiltà che danno al film il suo fascino. E poi, conoscevo gli attori che Anne Fontaine aveva scelto. Sapere che Isabelle Huppert, Benoît   Poelvoorde e André Dussollier avevano accettato di giocare con la propria immagine di attore mi sembrava promettere un’esperienza unica. Non sono rimasta delusa.

Come ha incontrato Anne Fontaine?

Anne era venuta a vedermi in teatro dove recitavo in “Nathalie”, la commedia di Philippe Blasband da cui lei aveva precedentemente tratto un film con Emmanuelle Béart e Fanny Ardant. In seguito ha chiesto di incontrarmi per questo film, dal momento che cercava un’attrice per il personaggio di Julie.
Il primo incontro è stato informale e io ricordo un colloquio in cui sono stata totalmente rigida! Non conoscevo ancora il senso dell’umorismo di Anne e la sua totale tolleranza verso il tuo background, e quindi cercavo di giustificare il percorso  piuttosto convoluto della mia carriera con una seriosità che era assolutamente inappropriata alla situazione. Ma Anne è stata comprensiva, perché in seguito mi ha chiesto di fare dei provini – prima di tutto da sola, poi con André Dussollier. Mi sono sentita più a mio agio in un contesto tangibilmente professionale. E in quei momenti Anne mi ha sostenuto con precisione e gentilezza. In questi provini c’era lo stesso clima che poi avrei ritrovato durante le riprese: estremamente amichevole.

In che senso?

Benché avessi solo un piccolo ruolo, il film resta per me la pietra di paragone  dello stile di lavorazione di un film. L’eleganza, l’umorismo e la gentilezza sia di Anne sia di Philippe Carcassonne, il produttore, si sono dimostrate contagiose per chiunque sul set. I miei partner hanno ognuno la propria carriera e il proprio mondo, eppure si percepiva sempre l’idea di fare davvero una cosa tutti insieme.

Non si è sentita intimidita nel lavorare al fianco di attori così famosi e talentuosi?

Sarebbe potuto accadere. Ma questi grandi attori non mi hanno mai dato la sensazione di alcuna gerarchia. Conoscevo già un po’ Benoît  e poiché abbiamo origini simili, si è creata una certa complicità nel lavoro. Isabelle Huppert è sempre curiosa verso gli altri, e quanto a André Dussollier, il mio amante nel film, il suo atteggiamento di costante ricerca e le sue preoccupazioni non hanno fatto altro che rassicurarmi. Che un attore così grande si consenta di avere dei dubbi è una cosa insieme deliziosa e liberatoria.

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