Il Comandante e La cicogna – la conferenza stampa
Si è tenuta nella mattinata del quindici ottobre, in una Roma allertata per le previsioni meteo, la conferenza stampa del nuovo film di Silvio Soldini dal titolo Il Comandante e la Cicogna, pellicola che verrà distribuita in circa 250 copie a partire da Giovedì 18 Ottobre dalla Warner Bros. D.: Credo che possiamo cominciare dando la parola […]
di Erika Pomella / 15.10.2012
Si è tenuta nella mattinata del quindici ottobre, in una Roma allertata per le previsioni meteo, la conferenza stampa del nuovo film di Silvio Soldini dal titolo Il Comandante e la Cicogna, pellicola che verrà distribuita in circa 250 copie a partire da Giovedì 18 Ottobre dalla Warner Bros.
D.: Credo che possiamo cominciare dando la parola a Silvio Soldini che ritorna alla commedia. Un ritorno molto atteso … Potremo dire che questa è una commedia morale, un’opera morale forse.
L’intenzione era di tornare alla commedia dopo due film come Giorni e Nuvole e Cosa voglio di più, più drammatici e che comunque erano film quasi più documentaristici come stile. Sono stati girati all’interno della realtà che vedo intorno a me ogni giorno. Qui invece avevo voglia di riprendere con un po’ di distacco, di leggerezza, di ironia e cercare di andare verso quella che tu definisci una commedia morale. Forse perché attraverso la commedia volevo dire qualcosa in modo più diretto rispetto alle altre volte, perché infondo le altre mie commedie, Pani e tulipani e Agatha e la tempesta sono meno coinvolte da questo punto di vista. L’entrata in gioco delle statue viene da lontano, perchè mi sono ricordato di un film in cui c’era Rousseau che parlava. E da lì ho pensato che si poteva usare questa cosa delle statue che parlavano. E mi sono chiesto cosa potessero dire di noi.
D: Quasi tutti si esprimono in un dialetto che non è il proprio. Come vi siete trovati a parlare una cadenza che non vi appartiene?
Zingaretti: Diciamo che in questo film la difficoltà che abbiamo trovato tutti, anche se io parlo per me, più del dialetto era di trovare la cifra giusta. In un film in cui parlano le statue capirete che bisogna trovare anche la cifra giusta. Bisognava usare il dialetto, senza però farlo diventare una macchietta. Ma questo è un rischio che capita sempre, soprattutto la commedia. Ma la cosa più importante era comunque di trovare la cifra stilistica adatta al tipo di pellicola. Per me è stata un’esperienza molto divertente, ci siamo trovati tutti a ridere delle nostre stesse scelte. Spero che questo film piaccia tanto quanto è piaciuto a me girarlo. Mi sembra bello vedere in un film tante chiavi di lettura: c’è la tenerezza, una storia di garbo, che ti fa ridere e ti fa commuovere, però mi è piaciuto ritrovare anche una lettura più amara seppur sorridente di quello che è il nostro paese in questo momento. Se ne sono dette di tutti i colori e in tutti i modi … Insomma, è da vent’anni che si parla di questo degrado: e mi piace da spettatore veder raccontare questo degrado in questo modo qua, che è un modo nuovo. Ed è bello sentir parlare le statue dei nostri genitori storici, di coloro che hanno contribuito a fare dell’Italia una nazione unica.
Mastandrea: Io mi sono trovato bene a fare il napoletano, era uno dei miei sogni nel cassetto fare il napoletano perché lo ritengo uno dei modi di parlare, di esprimersi e di essere più complessi e affascinanti del nostro paese. E’ stata una scelta casuale: in realtà io avrei dovuto essere uno di una città del nord. Abbiamo provato un po’ di modi di parlare che non sentirete mai, non ci sono prove di questa roba… Io poi ho proposto il napoletano, perché parlammo della livella, anche se non so perché ne stavamo parlando … Non ricordo nulla del pre-film, è chiaro. Comunque una volta che Silvio mi ha accordato il napoletano sono conseguiti tutti gli altri dialetti, probabilmente per rappresentare simbolicamente l’Italia: piccole storie che fossero veicolo di una grande commedia morale, anche se la parola morale non mi piace per un film. Battiston parte avvantaggiato perché Trieste è più vicina ad Udine di quanto non lo sia Napoli a Roma, anche se anche lui ha fatto un lavoro molto duro perché le vocali triestine sono molto più chiuse … Come vedete sono molto attento ai vari dialetti. Ciccio (riferendosi a Battiston, n.d.r.) questa domanda la puoi saltare, ho risposto io per te.
Rohrwacher: Valerio, non è che vorresti rispondere anche al posto mio? La lingua che parla Diana è un accento del Nord molto generico. Pensavo che rispetto a Giorni e Nuvole e Cosa Voglio di più, dove il lavoro era trovare una cadenza genovese e poi milanese molto concreta, qui sono partita dal Veneto per arrivare ad un accento che corrispondesse a quella della nostra fantasia. Della mia fantasia.
Gerini: Io volevo parlare Napoletano, dopotutto sono la moglie di Mastandrea. Mi ero già immaginata questi due che si conoscono a Napoli, si innamorano … O magari avevano fatto l’università insieme. Invece Silvio ci teneva che io fossi genovese, che Teresa fosse di Genova, la sua città del cuore. Io mi trovo abbastanza bene col genovese, tra l’altro avevo già fatto l’accento genovese in un film di tanti anni. Poi conosco Genova, ci sono stata tante volte … Un genovese un po’ così, il mio, e forse i genovesi che avranno da ridire. Ma poi era bello il carattere di Teresa. Mi è piaciuta molto la sceneggiatura. Mi sono divertita ed emozionata. Mi è piaciuto il lavoro di tutti, e mi è sembrato un bellissimo lavoro attoriale. Sono proprio contenta. Penso che un personaggio così non mi capiterà mai più, è davvero unico ed inimitabile. Spero che il pubblico apprezzi il nostro lavoro. Io con Valerio era molto tempo che volevamo fare qualcosa insieme.
Mastandrea: Irripetibile.
Gerini: La ripeteremo magari, questa esperienza.
Mastandrea: Guarda, tu in bikini ed io in pigiama non ricapiterà più.
Battiston: So per certo che Amanzio è un personaggio che esiste: è un parente di Doriana (Leondeff, la sceneggiatrice), a cui il gruppo sceneggiatura si è ispirato. So che è un parente che viene dell’est e quindi ci siamo interrogati a lungo con Silvio su come costruire questo personaggio. Addirittura all’inizio pensavo di dover lavorare su una persona straniera, su qualcuno che venisse da un altro paese e avesse imparato l’italiano in seguito. Poi ho riflettuto alla questione morale del film e al fatto che Amanzio è un moralizzatore e quindi ha tutte quelle caratteristiche che possono appartenere in maniera marcata a chi è italiano e sente di esserlo. Detto questo abbiamo cercato qualcosa per costruire quel personaggio. Io vengo dall’est Italia… E’ vero che Trieste è vicina a Udine, la mia città natale, anche se ci sono un paio di secoli di differenza … Ma ho cercato di costruire un linguaggio che comprendesse tutte le storture della gente del posto. Per fare questo ho chiesto aiuto ad una mia cara amica… Lei mi ha detto di sbagliare tutti gli accenti, di mettere le cose come capitavano e poi siamo partiti da questo.
D.: Diana, un sodalizio artistico molto lungo, quello con Silvio Soldini. Volevo capire come lavorate insieme, come costruite le cose … E se nell’arco degli anni è cambiato il vostro modo di lavorare. E poi è stato detto che uno dei personaggi è ispirato a un tuo parente…
Diciassette anni sono lunghissimi. Ci sopportiamo reciprocamente da diciassette anni, ma abbiamo avuto l’accortezza e la ragionevolezza per introdurre poi sempre un terzo sceneggiatore. In questo ultimo film ho collaborato con Marco Pettenello e anche lui, come tutte persone che lo hanno preceduto, ha dovuto che avere pazienza a sopportare me e Silvio, che alle lunghe diventiamo come una coppia di bisbetici. E visto che la mia vita sentimentale è un disastro, almeno un sodalizio professionale con un uomo c’è. Menomale.
Il metodo cambia tantissimo di film in film, anche perché se no sarebbe molto noioso. E poi abbiamo fatto film molto diverti tra loro, che è una cosa bellissima e non è così normale nel cinema italiano. E dunque l’atteggiamento con cui affronti i vari film è sempre diverso. Il personaggio di Amanzio è ispirato a mio cugino carnale Mihalo, ma naturalmente siamo andati in estrema sottrazione. Se avessimo voluto mettere in scena Mihalo così come è nessuno ci avrebbe creduto. Lui è un medico, perché la mia famiglia è una famiglia di medici e lui non è riuscito a sottrarsi a questa via. Ma poi lui ha capito che non era la sua strada, e ha lasciato tutto. Non ha mai esercitato. Vive in modo spartano, gira per Sofia e fa le cose che fa Beppe Battiston, ma ripopola laghi di trote attraversando la Bulgaria, alleva canarini. Fa delle cose pazze. Un po’ lo odio e un po’ lo amo per questo.
D.: Ormai sei diventato la nuova maschera tragi-comica del cinema italiano. Una sorta di Buster Keaton moderno. Volevo sapere se senti dentro te stesso che la tua migliore interpretazione di sempre è quella de Gli Equilibristi.
Io non ho problemi a dire in cui c’è la mia migliore interpretazione, perché io non mi piaccio male. C’è sempre qualcosa che va male. Anzi, più vado avanti e peggio è. E’ certo un film importante e bla bla … Però, ecco, io non mi piaccio mai.
D: Vedendo il film ci si aspetterebbe un’evoluzione del rapporto tra Mastandrea e la Rohrwacher. Invece dopo la scena della visita alla casa, li si ritrova direttamente alla fine. Volevo sapere se questo era intenzionale o se c’erano stati dei tagli al montaggio.
Soldini: No è stata una scelta precisa dall’inizio di far iniziare questa storia alla fine del film. Alla fine inizia una storia tra Diana e Leone che abbiamo visto insieme poche volte. No, non è stato tagliato niente.