I Segreti di Osage County, intervista a John Wells


Intervista a John Wells, regista del film I Segreti di Osage County.

Vi proponiamo l'intervista fatta a John Wells, regista del film I Segreti di Osage County, tratto dall'omonima pièce teatrale di Tracy Letts che ha vinto il Premio Pulitzer.

Ci racconti come è stato coinvolto nel progetto.
Ho avuto la fortuna di vedere la commedia in teatro a Broadway e l'ho molto amata. Tuttavia non avrei mai immaginato di venire coinvolto nell'adattamento cinematografico. Un giorno, mentre ero a pranzo con Harvey Weinstein, con cui avevo realizzato il mio precedente film, THE COMPANY MEN, ci siamo messi a parlare del casting e degli attori che ci piacciono. Io feci il nome di un attore che amo, che alla fine non è stato scelto per il film, e Harvey disse "Sarebbe perfetto in I segreti di Osage County. Abbiamo i diritti di quella commedia e dovresti dirigerla tu". E così è partito il progetto, è iniziato tutto in modo molto semplice. Abbiamo fatto qualche riunione e poi ho incontrato varie volte Tracy Letts, il meraviglioso drammaturgo vincitore del Premio Pulitzer che ha scritto sia la commedia sia la sceneggiatura. Man mano che la nostra collaborazione progrediva, ho contattato Meryl Streep e Julia Roberts e abbiamo tutti deciso di lavorare insieme.

Che significato ha per lei la storia narrata nel film e, prima ancora, nella commedia teatrale?
La commedia, che ha vinto numerosi premi, si inscrive in una meravigliosa linea di continuità con una serie di tradizioni letterarie americane che si ritrovano sia nel teatro sia nel cinema e che mi hanno fortemente attratto. Tuttavia, l'elemento più importante per me è che parla della famiglia, dei modi in cui ridiamo insieme mentre viviamo una tragedia e dei modi in cui ci feriamo e ci sosteniamo reciprocamente. È una storia molto umana e molto bella e, a tratti, anche molto divertente. Sono rimasto incantato dalle situazioni che mi hanno fatto riflettere sui modi in cui i componenti di una famiglia, anche se non specificamente la mia, interagiscono. È un aspetto che ho subito colto quando ho visto la commedia a Broadway. In seguito ho notato che tutti quelli che mi stavano intorno parlavano di come lo spettacolo li avesse indotti a riflettere sulla loro famiglia, di come un personaggio avesse ricordato a uno il fratello, a un altro la madre… Non in senso letterale, ma perché c'è qualcosa di profondamente autentico in quello che Tracy ha scritto ed è questo il fascino che il materiale esercita su noi tutti.

Come ha selezionato il cast e come ha lavorato con gli attori che ha scelto?
Ovviamente siamo stati molto fortunati ad avere il meraviglioso cast che abbiamo messo insieme per realizzare il film. Il merito è soprattutto nel fatto che molti degli attori che volevamo avevano visto la commedia ed erano molto attratti dai personaggi che sono scritti in modo straordinario. Oltre a essere uno scrittore, Tracy è anche un attore e questo lo aiuta a scrivere magistralmente i ruoli. La selezione del cast è stata estremamente semplice, non veloce, ma semplicissima perché gli attori ci tenevano molto a far parte del progetto e quindi numerosi professionisti di talento si sono presentati alla nostra porta. Quando ho incontrato Meryl Streep aveva visto la commedia ed era molto interessata al film. Abbiamo parlato della parte, di come avrebbe dovuto essere costruita, delle sue preoccupazioni sul personaggio e delle insidie che presentava. Con Julia Roberts ho affrontato gli stessi argomenti. Poi è iniziata la fase della selezione dei numerosi altri attori. Avevo già lavorato con Chris Cooper e volevo a tutti i costi che interpretasse Charlie e sono stato felicissimo quando ha accettato la parte. Naturalmente conoscevo il lavoro di Margo Martindale, di Ewan McGregor e di Dermot Mulroney, che tra l'altro abitava a pochi passi da casa mia. Avevo già lavorato con Julianne Nicholson in passato e Juliette Lewis aveva lavorato con mio fratello che per molti anni è stato un direttore di produzione. Inoltre mia madre è stata la sua insegnante in teatro di posa quando Juliette aveva quindici anni. Abigail Breslin è meravigliosa. La vedevo come quando aveva dieci anni, ma quando si è presentata per il provino con i suoi quindici anni è stata semplicemente perfetta. Non conoscevo bene il lavoro di Benedict Cumberbatch, eccetto quello che gli avevo visto fare nella serie televisiva della BBC. Sapevo che avrebbe fatto il provino con un iPhone, ma non appena lo abbiamo visto, lo abbiamo trovato splendido, molto commovente e divertente e così lo abbiamo scelto senza neanche incontrarlo di persona, solo in base al breve video girato con l'iPhone che ci aveva mandato. È stato meraviglioso lavorare con Sam Shepard. Ha interpretato un ruolo completo, anche se non molto grande. Quando ero all'università ho prodotto molte sue commedie, quindi avere l'opportunità di conoscerlo e di lavorare con lui come attore è stato in un certo senso come realizzare un sogno. Misty Upham, che è una nativa americana, rappresenta tutto il mondo che ruota intorno alla Contea di Osage, che di fatto è il territorio tribale della Nazione Osage. È stata fantastica. Avevo profondamente ammirato il suo lavoro in FROZEN RIVER – FIUME DI GHIACCIO qualche anno fa. È stata davvero parte integrante di tutto quello che abbiamo fatto. Tutti questi attori straordinari erano interessati al nostro progetto e hanno voluto farne parte e noi non potevamo credere di essere tanto fortunati. Man mano che accettavano, io continuavo a darmi dei pizzicotti.

Una delle scene del film di cui tutti parlano è quella in cui praticamente l'intero cast, eccetto Sam Shepard, è seduto a tavola per una cena. Non sarà stato semplice girarla.
In effetti, uno dei momenti più memorabili della sceneggiatura è la scena di una cena, descritta in diciannove pagine, che si svolge attorno a un tavolo a cui siedono tutti i membri della famiglia. Ognuno di noi era ansioso all'idea di girarla perché di fatto saremmo stati tutti lì a guardare lo stesso pollo per un lungo periodo di tempo. E invece, grazie al fatto che l'avevamo provata molto bene, è diventato un vero e proprio gioco ricrearla. E avendola girata in un ambiente reale non c'era quella sensazione un po' "ingessata" che dà un teatro di posa e gli attori si sono sentiti a loro agio, come se fossero realmente a una cena. Il ritmo aveva un vero sapore familiare, come quello generato da persone che si conoscono da sempre, che hanno vissuto insieme molte cose, eventi che fanno serbare rancore o che danno profonda gioia, persone che condividono la memoria e i ricordi. E tutto questo si sente. Tutti quelli che hanno girato la scena avevano l'impressione di essere già stati a una cena così, non esattamente quella cena, ma a uno di quei ritrovi che hanno lo scopo di celebrare la vita di una persona che se n'è appena andata e si trasformano in qualcosa di completamente diverso rispetto a quanto ti eri immaginato. 

La casa è diventata in un certo senso uno dei personaggi del film?
A dire il vero non pensavo che avremmo girato proprio in Oklahoma o nella Contea di Osage, semplicemente perché è un po' lontano dai luoghi dell'industria cinematografica e non conoscevo bene la zona. Venendo dal Colorado, mi era capitato di attraversare l'Oklahoma in auto, quindi l'immagine delle pianure di quel territorio mi era abbastanza familiare. Avevo comunque intenzione di andarci appositamente per approfondire la mia conoscenza e sapere con precisione cosa cercare quando avessimo poi fatto i sopralluoghi in altri stati. Ma andando lì a guardare siamo rimasti talmente colpiti dalla bellezza e dall'asprezza naturali di quei luoghi che ci siamo resi subito conto di quanto fossero strettamente legati ai propri abitanti, al loro modo di parlare e di essere e di quanto sarebbe stato difficile riprodurre quella osmosi. Così abbiamo iniziato a prendere seriamente in considerazione l'ipotesi di girare lì. Poi i responsabili dei sopralluoghi hanno trovato quella meravigliosa casa che è a circa quaranta minuti da Bartlesville e quando me la sono trovata davanti ho pensato che era esattamente come mi ero immaginato la casa del film. Entrando per visitarla, ho scoperto che anche gli interni erano disposti in modo perfetto per le nostre esigenze e poi c'erano quelle magnifiche ampie verande e il terreno tutto intorno. E così alla fine abbiamo comprato la casa dai proprietari che l'avevano messa in vendita e che ancora ci abitavano. È stata un'esperienza fantastica perché abbiamo sentito che la casa era davvero entrata a far parte della famiglia. Alcuni di noi ci hanno realmente vissuto. Una delle cose che abbiamo fatto nel periodo delle prove è stato chiedere agli attori di stare nelle stanze che i loro personaggi avevano abitato da bambini. Gli adulti andavano nei loro spazi e vivevano in quegli spazi e tutti mangiavano insieme in sala da pranzo. In questo modo, ognuno ha interiorizzato l'ambiente circostante e credo che questo sia stato fondamentale nel fare in modo che nel film tutti gli attori interagissero in modo molto naturale con i luoghi.

Che esperienza è stata adattare questo particolare lavoro teatrale per il grande schermo?
Adattando una commedia per il cinema, traducendola nelle immagini di un film, la difficoltà principale sta sempre nel fatto che in qualunque lavoro teatrale l'azione si svolge nello spazio relativamente confinato di un palcoscenico. In questo caso, la sceneggiatura teatrale si prestava molto ad ampliare gli eventi e a trasferirli allargandoli negli spazi della casa e della comunità. Un altro dei vantaggi della scelta di girare nella contea di Osage è stato l'opportunità di girare una serie di scene in esterni, per esempio in auto e nei luoghi dove si recano i personaggi, che danno un senso profondo del luogo. Le pianure hanno generato una popolazione che è rimasta lì, superando mille difficoltà. Per molti versi, sia la commedia sia il film parlano dello spirito di sopravvivenza malgrado gli ostacoli insormontabili di certe circostanze. Aprendo il racconto e collocandolo in questo territorio aspro ma incantevole riesci a farti un'idea del popolo originario che risiedeva in quei luoghi e di come ha cercato di sopravvivere. Tracy e io abbiamo discusso a lungo e preso una serie di decisioni ben ponderate in merito a dove collocare le scene e le azioni del film. È stato un lavoro molto divertente che credo abbia profondamente influito sulla struttura narrativa della storia. 

Gli attori hanno dichiarato di aver potuto comprendere molto più a fondo il vissuto dei loro personaggi e della famiglia nel suo insieme girando nei veri luoghi dove la storia è ambientata.
Uno dei grandi vantaggi del girare in ambienti reali, in particolare quando bisogna rappresentare una famiglia, è che il set di fatto diventa una famiglia, perché si mangia tutti insieme e si passa gran parte del tempo insieme. Si trovano cose da fare insieme, si crea e si costruisce qualcosa di particolare in un set in esterni, come accade ogni volta che si fa un viaggio con qualcuno. Inoltre, in questo caso, vivendo all'interno della comunità, incontrando gli abitanti della Contea di Osage, trascorrendo del tempo con loro, mangiando nei ristoranti, abbiamo iniziato pian piano a capire di che stoffa è fatta quella gente. Gli Stati Uniti sono spesso visti in modo semplicistico, applicando il concetto del rosso e del blu, del diverso orientamento politico, e si dà per scontato che le persone siano o in un modo o in un altro. Eppure, quando vai in un posto e passi un po' di tempo con le persone, ti rendi conto di quanto sia sottile la linea che ci separa e di quanto siano simili le esperienze che ci accomunano. Malgrado possano verificarsi in luoghi estremamente diversi, le esperienze di vita possono essere universali. Nella sua essenza il film racconta la storia universale della famiglia e di come una famiglia può perdersi e ritrovarsi. È meraviglioso il fatto che sia il ritratto di un luogo reso da un gruppo di attori, non attraverso il loro modo di vederlo, ma attraverso la conoscenza che ne hanno acquisito vivendoci. 

Ci può parlare della troupe?
Siamo stati molto fortunati ad avere Adriano Goldman come direttore della fotografia. Negli ultimi anni, ha fatto alcuni lavori meravigliosi e conosco bene il suo stile. L'ho chiamato per chiedergli cosa stesse facendo, era disponibile e ha davvero dato il massimo. Avevo adorato un film che aveva girato qualche anno fa, SIN NOMBRE, e avevo trovato splendido anche JANE EYRE. Volevamo dare il senso della straordinaria bellezza dei luoghi. È veramente un territorio splendido, facile e interessante. Gli ultimi giorni delle riprese, mentre ci preparavamo per tornare a casa, sentivamo tutti che avremmo avuto nostalgia della bellezza di quel posto e delle persone che avevamo conosciuto. Ci sarebbe mancata la vastità del luogo, così sconfinato, l'orizzonte lontanissimo, la possibilità di fermarsi sul ciglio della strada e passare ore a guardare mille cose. Adriano è riuscito a trasmettere tutto questo con la sua fotografia: non soltanto la bellezza e la luce degli interni, ma anche il senso del mondo circostante che abbiamo vissuto. Sono molto colpito dal suo lavoro e felice di averlo avuto al mio fianco. Spero di avere ancora occasione di lavorare con lui. David Gropman, con cui desideravo lavorare da anni, era il nostro scenografo. Insieme alla sua squadra ha riempito la casa di tutti gli elementi più giusti: la tappezzeria, la tinteggiatura, i tappeti, ogni singola posata in ogni singolo cassetto, ogni boccetta di spezie nella credenza, ogni minimo dettaglio. Le persone che hanno visitato la casa hanno detto che sembrava esattamente la casa della loro nonna o della loro zia o la casa in cui erano cresciuti. Cindy Evans, la costumista, ha fatto un lavoro favoloso nella stessa ottica.

George Clooney è uno dei produttori del film e avevate già lavorato insieme.
Sì, George e io ci conosciamo da una vita, dagli inizi della serie televisiva "E.R. – Medici in prima linea" che, strano a dirsi, ormai risale a vent'anni fa. Naturalmente, dai tempi della nostra collaborazione a "E.R." lui ha fatto molta strada e si è costruito una brillante carriera come attore di grande successo, ma anche come straordinario regista, produttore e sceneggiatore. Quando la Weinstein Company, che aveva acquisito i diritti cinematografici, mi ha proposto di dirigere il film, Harvey e io abbiamo iniziato a parlare dei potenziali produttori ed entrambi ci siamo subito ricordati che George e Grant Heslov erano interessati al progetto. Così abbiamo mandato loro la sceneggiatura per vedere se fossero realmente interessati a far parte del progetto e sono stati così gentili da accettare, contribuendo con la loro grande professionalità. E poi anche Jean Doumanian e Steve Traxler, che avevano prodotto la commedia a Broadway ed erano stati coinvolti nell'intero processo dello sviluppo della sceneggiatura, hanno accettato di salire a bordo. 

Qual è stato il suo momento preferito nella realizzazione di questo film?
Per me, la parte più bella è sempre costituita dalle persone con cui ho occasione di lavorare. In questo caso specifico, ho avuto un meraviglioso gruppo di scenografi, operatori e di tutti i tecnici della troupe. E accanto a loro, l'insieme degli attori con cui ho lavorato. Girare una scena come quella della cena e vedere seduti a tavola Meryl Streep, Julia Roberts, Dermot Mulroney, Chris Cooper, Abigail Breslin, Julianne Nicholson, Juliette Lewis, Margo Martindale e Ewan McGregor è quasi imbarazzante per la straordinaria ricchezza di talenti. Un regista prova un piacere profondo nel vedere una scena che prende vita e quello che ho provato io girando le scene di questo film, scritte magistralmente e dunque sapendo che sarebbero state bellissime sul grande schermo, è stato enorme. E guardare gli attori prendere i loro personaggi e animarli mi ha dato una gioia immensa. 

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