Hunger
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Hunger, video intervista a Michael Fassbender


In attesa dell’uscita di Hunger, prevista per il 27 aprile prossimo nelle sale italiane, vi proponiamo una intervista video fatta a Michael Fassbender, che racconta cosa ha significato per lui interpretare Bobby Sands e lavorare con il regista Steve McQueen. Hunger (2008) è uno spaccato della vita nella prigione di Long Kesh – conosciuta come […]

In attesa dell’uscita di Hunger, prevista per il 27 aprile prossimo nelle sale italiane, vi proponiamo una intervista video fatta a Michael Fassbender, che racconta cosa ha significato per lui interpretare Bobby Sands e lavorare con il regista Steve McQueen.

Hunger (2008) è uno spaccato della vita nella prigione di Long Kesh – conosciuta come The Maze – nell’Irlanda del Nord, che offre un’interpretazione degli eventi – di grande impatto emotivo – che circondarono lo sciopero delle fame dei prigionieri dell’IRA, guidati da Bobby Sands, nel 1981. Con uno sguardo memorabile su ogni dettaglio, il film fornisce un’indagine puntuale su quello che accade quando il corpo e la mente vengono spinti verso i limiti estremi.

Hunger ha vinto numerosi e importanti premi, tra i quali:

  • Caméra d’Or – Festival di Cannes 2008
  • Gucci Group Award – Mostra del Cinema di Venezia 2008
  • Discovery Award – Toronto International Film Festival 2008
  • Carl Foreman Award (premio per l’esordio più promettente) – BAFTA 2009

Il regista Steve McQueen, nel Maggio 2008, in merito al film ha rilasciato le seguenti dichiarazioni:

Ho voluto mostrare quello che si vedeva, si ascoltava, si annusava e si toccava all’interno dell’H-block nel 1981. Ho voluto trasmettere qualcosa che non si può trovare nei libri o negli archivi: l’ordinarietà e la straordinarietà della vita nel carcere di Long Kesh. E tuttavia il film è anche un’astrazione del significato che ha morire per una causa.

Per me Hunger ha una risonanza contemporanea. Il corpo come luogo di lotta politica sta diventando un fenomeno sempre più famigliare. È l’atto estremo della disperazione: il corpo è l’ultima risorsa di cui si dispone per protestare. Si usa quello di cui si dispone, a torto o a ragione.È importante per me che gli eventi siano visti attraverso gli occhi sia dei detenuti sia degli agenti penitenziari. All’interno del film deve esserci anche il tempo per riflettere.

C’è una lunga conversazione tra Bobby Sands e un sacerdote cattolico in merito alla decisione di Sands di intraprendere lo sciopero della fame. Lo scambio diventa una partita a scacchi con una posta altissima. Devono discutere della natura del sacrificio. […] Alla fine ci ritroviamo soli con un uomo che trascorre i suoi ultimi giorni nel modo più estremo che esista, ma che è a un passo dalla scelta di arrendersi e vivere. Anche la più semplice azione fisica diventa un’odissea.
In Hunger non c’è un concetto semplicistico di ‘eroe’ o ‘martire’ o ‘vittima’. Il mio intento è provocare un dibattito nel pubblico e sfidare i nostri principi morali attraverso un film.

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