Gigi Proietti
Gigi Proietti

Gigi Proietti è L’ultimo Papa Re


Gigi Proietti è L'ultimo Papa Re: a 36 anni di distanza rivive la figura di monsignor Colombo. La miniserie in due puntate su Rai1 lunedì 8 e martedì 9 aprile 2013 in prima serata.

Gigi Proietti torna a far rivivere, a 36 anni di distanza la figura di monsignor Colombo, protagonista della miniserie in due puntate L'ultimo Papa Re che Rai1 propone lunedì 8 e martedì 9 aprile 2013 in prima serata. La regia è affidata a Luca Manfredi, figlio del grande Nino che nel '77 portò al successo la pellicola di Luigi Magni In nome del Papa Re (3 David di Donatello come miglior film, miglior produttore, migliore attore protagonista), cui la fiction è liberamente ispirata.

Oggi, come allora, il film racconta la Roma di Pio IX, ultimo sovrano dello Stato Pontificio, quello che verrà ricordato, appunto, come l'ultimo Papa Re. Roma è una città sorniona e sonnolenta che comincia ad essere agitata dai fermenti patriottici che pervadono l'Italia intera, ma ancora troppo soffocata dallo strapotere dell' aristocrazia romana e del clero che continuano a fare il bello e il cattivo tempo.
Monsignor Colombo, uomo corretto e di vedute liberali, ma pur sempre temutissimo reggente della polizia papalina, si trova ad indagare su un attentato dinamitardo che scuote prima la città e sovverte, poi, le sue stesse certezze. Romeo Colombo da Priverno scopre non solo di avere, lui cardinale, un figlio di cui ignorava l'esistenza, frutto di una fugace relazione avuta in gioventù con una nobildonna romana, ma di essere, per di più, il padre di un patriota "bombarolo".

Un bel cast circonda Gigi Proietti in questa fiction che vede Sandra Ceccarelli vestire gli abiti della Contessa Flaminia Ricci, Arnaldo Ninchi nel ruolo di Papa Pio IX e Lino Toffolo in quello di Serafino, il tenero perpetuo di Monsignor Colombo. "Io credo che sia importante che il pubblico televisivo veda questo film, perché racconta un pezzo importante della storia risorgimentale italiana, quando i patrioti romani organizzarono una serie di azioni militari contro l'esercito degli zuavi, i violenti mercenari del papa, per favorire l'ingresso di Garibaldi a Roma, dopo la vittoria di Monterotondo, e porre fine al potere temporale di Pio IX. E, in particolare, racconta la crisi di un cardinale "giusto", monsignor Colombo, chiamato ad indagare sull'attentato alla caserma Serristori degli zuavi, che, nel corso delle sue indagini, scopre che uno dei tre attentatori è suo figlio e farà di tutto per evitare la ghigliottina ai tre giovani patrioti.", racconta il regista Luca Manfredi.

Girata nei mesi di maggio e giugno dello scorso anno tra Roma, Frascati, Nepi, Rota e e Belgrado, dove è stato ricostruito il quartiere di Trastevere della Roma del 1870, la miniserie è una coproduzione Rai Fiction Dauphine Film Company, prodotto da Roberta Manfredi e Alberto Simone. Per le riprese sono stati utilizzati oltre 500 costumi dell'epoca (tra repertorio e costumi opportunamente realizzati).
Di particolare rilievo, le musiche del Maestro Nicola Piovani: la registrazione della colonna musicale è avvenuta all'Auditorium Parco della Musica a Roma. All'interno della colonna musicale è presente la serenata "L'albergo della stella", interpretata da Tosca, i cui versi si rifanno ad un sonetto di Giuseppe Gioacchino Belli.

Prima Parte

Nella Roma del 1867, agitata da fermenti patriottici, la nobiltà e il clero continuano la vita di sempre, tra feste e ricevimenti. Ma il cardinale Romeo Colombo, capo della Polizia Pontificia, sente che la fine del potere papale è vicina. I patrioti romani, tra i quali spiccano Cesare Costa, Giuseppe Monti e Gaetano Tognetti, infiammati dalle gesta di Garibaldi che si avvicina con le sue truppe a Roma per liberarla, mettono a segno un attentato dinamitardo alla caserma degli zuavi e uccidono venticinque soldati del papa. La reazione dei mercenari è immediata: gli zuavi assaltano il lanificio Ajani, sede dei cospiratori, e compiono una strage, che non risparmia l'eroica Giuditta Tavani Arquati e i suoi figli. Il cardinal Colombo rimane sconvolto dalla ferocia della repressione e comunica il suo sdegno al capo dei Gesuiti, il "Papa Nero", mandante occulto della rappresaglia contro i patrioti. Cesare Costa e Gaetano Tognetti, che condividono l'amore per una giovane patriota, Teresa Ferri, tentano la fuga da Roma insieme a Giuseppe Monti, preoccupati di essere individuati dalla polizia pontificia. Ad aiutarli è una nobile donna, affascinante e misteriosa, la contessa Flaminia Ricci. Ma i tre vengono arrestati ancora prima di lasciare la città, traditi dall'oste Giano, una spia al servizio del conte Ottavio Ricci, marito della contessa e fedele ai gesuiti. Dopo un acceso confronto con i tre patrioti in carcere, Colombo riceve una sconvolgente rivelazione dalla contessa Flaminia: uno dei tre attentatori, Cesare Costa, è il frutto di una loro fugace relazione avvenuta venti anni prima, durante la "repubblica romana". Così, la contessa supplica Colombo di salvare suo figlio dalla ghigliottina. Lui prima si rifiuta. Poi, carico di sensi di colpa, mette in salvo il ragazzo con la copertura di don Marino, il sovrintendente del carcere papale, nascondendolo nella cantina di casa sua. Cesare, orgoglioso e di natura indomita, rifiuta la sua protezione e, sfuggendo al controllo del fedele perpetuo Serafino, scappa dalla casa del cardinale e s'introduce quella stessa sera in carcere, travestito da frate, per far evadere i suoi compagni. Il tentativo, però, finisce male e la reazione delle guardie lo mette in fuga, insieme a Teresa, che viene ferita ad una spalla. Colombo, sopraggiunto in carrozza, li incrocia in un vicolo e li ferma. Cesare si vede costretto ad affidargli la sua ragazza, che è sempre più debole a causa dell'emorragia, e corre via per unirsi ai garibaldini. Una volta in carrozza, Teresa, turbata e sfinita, rivela al cardinale di aspettare un figlio dal giovane patriota.

Seconda parte

I sensi di colpa assalgono Colombo, che si sfoga con il cardinal Baldoni, suo anziano confessore, per non essere stato imparziale, avendo lasciato in carcere gli altri due giovani attentatori. Così, quando si apre il processo a Monti e Tognetti, Colombo decide di difenderli apertamente in aula per sostenere le loro ragioni "patriottiche" nel tentativo di salvarli da una condanna a morte certa. E il tentativo quasi gli riesce, se non fosse che il cardinal Baldoni, determinante nella votazione della sentenza, viene a mancare proprio in aula, colpito da infarto. Viene sostituito da Don Marino, che nel frattempo si è venduto al Papa Nero per diventare cardinale. Monti e Tognetti vengono condannati a morte dal tribunale ecclesiastico, la loro unica possibilità di salvezza è riposta nella clemenza di Pio IX. Il Papa Nero, indispettito dallo "strappo" del coraggioso cardinale, che giudica molto pericoloso per il futuro del suo potere, mette Colombo di fronte a un feroce "aut aut": dovrà essere proprio lui a convincere l'anziano Papa a non firmare la grazia ai due patrioti. Solo così avrà la certezza di aver recuperato la sua fedeltà e gli permetterà di salvare la vita di suo figlio Cesare. Ma Colombo non ci sta e fa esattamente il contrario: sicuro del fatto che suo figlio è fuggito da Roma e si è unito ai reparti garibaldini che stanno avanzando, sfida il potente gesuita e chiede a Pio IX di risparmiare la vita ai due giovani, dichiarando che solo un atto di clemenza gli restituirà l'affetto del popolo di Roma. Ma il destino è decisamente avverso: Garibaldi viene sconfitto a Mentana dalle truppe francesi, che sono giunte a dare man forte ai soldati zuavi, mentre Pio IX, succube del papa nero, non firma la domanda di grazia inviata dai condannati. Il Papa Nero vendica così l'affronto fattogli da Colombo, facendo decapitare Monti e Tognetti e facendo uccidere anche Cesare Costa: l'omicidio del giovane appare come un delitto d'onore eseguito dal conte Ricci, convinto che Cesare sia l'amante della moglie. Sconfitto e con la morte dei tre giovani che gli pesa sul cuore, Colombo decide di scrivere al Papa per dimettersi da tutti gli incarichi: d'ora in poi farà solo il prete. E' lo stesso Papa Nero a mandarlo in esilio, affidandogli una parrocchietta ai confini dello Stato Pontificio, proprio quando Teresa partorisce "suo nipote", il figlio di Cesare Costa. Il 20 settembre del 1870, ormai invecchiato e malato, Colombo viene raggiunto dalla notizia che Roma è stata liberata dai Bersaglieri, che hanno fatto breccia a Porta Pia. Con le ultime forze, Colombo torna a Roma per festeggiare l'evento con la popolazione e muore felice tra le braccia del suo fedele perpetuo Serafino.

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