Giffoni 2018, standing ovation per Brothers, successo per i film in concorso

Tre importanti film in concorso sabato 21 luglio al Giffoni Film Festival 2018 su tre tematiche di attualità come l'omosessualità femminile in Africa, la guerra in Siria e il bullismo.

Tre film accolti da grande entusiasmo dai giovani giurati a cominciare dalla standing ovation riservata a "Brothers", sezione +18, diretto dall'olandese Hanro Smitsman, Orso d'Oro a Berlino per il corto "Contact": protagonisti due fratelli, un cinico comico da cabaret e un veterano che viaggiano verso la Siria devastata dalla guerra in cerca del loro fratello più piccolo che si è perso dopo aver lasciato il campo profughi di Azraq in Giordania per andare a Daraa in Siria.

"Non è un film sul conflitto in Siria ma tra fratelli, un tema universale", ha spiegato il regista Smitsman. "Un film low budget girato in Olanda, Giordania e solo parzialmente in Siria", prosegue, un racconto per il quale, confessa, "mi sono ispirato al neorealismo italiano". Rispondendo alle puntuali domande dei giurati, confessa come il film lo abbia cambiato: "I miei lavori mi cambiano sempre, e mi piace cambiare. Dopo questo film non posso più credere davvero ai giornali". Segue una spiegazione del concetto: "È un po' difficile riuscire a capire veramente cosa accade nel Paese quando si è là, anche se io ero interessato soprattutto al lato umano che alla politica". Un interesse che si è poi materializzato in una duplice conseguenza: "Brothers mi ha insegnato che non c'è differenza tra di noi, malgrado abbiamo modi diversi di pensare. Inoltre, girare il film ha fatto toccare con mano che lì non c'è solo l'Isis, ci sono tanti motivi per cui si combatte".

Tante le domane da parte dei Generators +18, sul conflitto e sul come superare la situazione. "Non sono Kofi Annan, non so come risolvere la situazione" sorride Smitsman, "nemmeno lui l'ha risolta." e afferma: "So però afferma che noi non possiamo lasciare quelle persone nel deserto, dobbiamo andare là, connetterci con loro. La politica ha un grandissimo compito e noi dobbiamo chiederci come possiamo fare per risolvere la situazione". Lui, da regista, ha fatto la sua parte: "Ho parlato con persone della Siria, della Giordania, con i rifugiati, con persone la cui vita è stata influenzata dalla guerra. Molti avevano paura di partecipare al film perché pensavano che prendessi una posizione. Invece io non ho una parte da cui stare. A volte usiamo la fiction per raccontare cose vere, reali. Cos'è meglio della fiction per raccontare argomenti difficili da trattare?"

"I Kill Giants" è il film presentato sabato 21 luglio nella sezione +13, diretto dal danese Anders Walter, premio Oscar 2014 per il cortometraggio Helium (anche l'anno prima era stato nominato alla statuetta per il corto Meter), regista di videoclip musicali e al suo primo lungometraggio. Al centro della storia Barbara Thorson, un adolescente che sceglie di sfuggire alla realtà della scuola e a una squallida vita familiare ritirandosi nel suo magico mondo di Titani e Giganti imparando come tendere loro trappole e ucciderli ma i veri giganti con cui lottare saranno le sue paure, cioè i bulli della scuola e i familiari.

"E' una storia di amicizia e amore familiare -spiega il regista Walter- di crescita, che presuppone il dover affrontare i propri demoni. Ci sono alcuni personaggi all'interno della storia che si preoccupano così tanto da toccarti il cuore, altri che fanno i prepotenti e agiscono in modo duro ma non si avvicinano ai veri giganti della vita di Barbara".

"Friend" è invece il film presentato sempre sabato 21 luglio a Giffoni nella sezione +16: diretto dalla keniota Wanuri Kahiu, talento della nuova generazione di narratori africani, il film ha come protagoniste Kena e Ziki, due mogli keniote che, nonostante la rivalità politica delle rispettive famiglie, desiderano qualcosa in più, si sostengono a vicenda per inseguire i propri sogni in una società conservatrice: quando tra loro sboccia l'amore, Kena e Ziki saranno costrette a scegliere tra felicità e sicurezza in un paese in cui l'omosessualità femminile è proibita.

"Spesso quando i keniani dello stesso sesso hanno una relazione, rinunciano alla possibilità di presentare i loro partner, amanti, compagni, marito o mogli come vorrebbero e li chiamano invece rafiki, che vuol dire amico. – spiega la regista Kahiu – Negli ultimi 5 anni abbiamo assistito a preoccupanti sviluppi nel clima anti LGBT in Africa Orientale, film e programmi tv internazionali sono stati banditi a causa dei contenuti LGBT e questo ha ristretto i parametri della libertà di parola".