Winter on Fire (2015)

Winter on Fire: Ukraine's Fight for Freedom
Locandina Winter on Fire
Winter on Fire (Winter on Fire: Ukraine's Fight for Freedom) è un film del 2015 prodotto in Ucraina e USA, di genere Documentario diretto da Evgeny Afineevsky. Il film dura circa 104 minuti.

Con il racconto degli eventi che hanno contrassegnato un periodo di 93 giorni tra il 2013 e il 2014, il documentario Winter on Fire testimonia la nascita di un nuovo movimento per i diritti civili in ucraina. cominciato con pacifiche dimostrazioni di studenti a sostegno dell'integrazione europea, si e` trasformato in una vera e propria rivoluzione che chiedeva a gran voce le dimissioni del presidente della repubblica. Il film cattura l'ingente mobilitazione di quasi un milione di cittadini provenienti da tutto il paese, uniti nella protesta contro il regime politico corrotto, che usava la forza contro il suo stesso popolo per reprimere le richieste e la liberta` di espressione. 

Info Tecniche e Distribuzione

Data di Uscita USA: venerdì 9 Ottobre 2015
Prima Uscita: 09/10/2015 (USA)
Genere: Documentario
Nazione: Ucraina, USA, UK - 2015
Durata: 104 minuti
Formato: Colore

Cast e personaggi

Regia: Evgeny Afineevsky

I registi di Winter on Fire hanno analizzato la crescente crisi politica in Ucraina direttamente dalla zona calda. All'inizio delle dimostrazioni le cineprese volevano mostrare le forze speciali inviate per disperdere la folla, con pestaggi e ferimenti di centinai di protestanti. È stato quel momento che in ultima analisi ha dato il via alle proteste di massa e al subbuglio civile su larga scala nel paese. In risposta al pugno di ferro, milioni di ucraini sono scesi in piazza contro lo stato di polizia. Attraverso interviste con i protestanti, gli attivisti, i giornalisti, il personale medico, gli artisti e il clero, spaziando diverse generazioni, classi sociali, nazionalità e fedi religiose, incluso un volontario di dodici anni, il film racconta la storia di un movimento diversificato che si auto-organizza per un fine comune, che non si è spezzato malgrado gli spargimenti di sangue, la disperazione e le peggiori condizioni immaginabili.

NOTE DI REGIA

"Per me Winter on Fire è un monumento cinematografico agli eroi, dedicato all'intera nazione ucraina, che mostra la vera storia della 'Rivoluzione della dignità' di Maidan del 2013-2014. Questo film è il mio omaggio all'eroismo innato degli esseri umani, a chi ha aiutato i feriti e alzato le barricate, a chi è stato coinvolto negli attacchi alle vie Grushevsky e Institutskaya e a quelli che non sono più con noi."

Domande e risposte con il regista

D: Come nasce il progetto e il suo coinvolgimento?
R: Ho ideato il progetto insieme al mio partner di produzione Den Tolmor. Con Winter on Fire abbiamo voluto creare un monumento alla memoria per tutti quelli che si trovavano a Maidan. Quei cittadini non hanno desistito a dispetto delle condizioni climatiche estreme in un inverno freddissimo e con proiettili che volavano da tutte le parti. Per me l'opera è un testamento cinematografico dell'eroismo di quegli esseri umani appassionati che non sono più con noi.
D: Cosa ha scoperto realizzando questo documentario che non avrebbe mai immaginato prima di iniziare?
R: Considerati gli eventi che si avvicendavano ogni giorno e tutto quello che stava succedendo, volevamo che protagoniste fossero le persone, quelli che parlando con noi diventavano nostri amici, e allo stesso tempo registravamo il più possibile i fatti che ci capitavano attorno in ogni momento. Da tutto questo materiale è nata la storia raccontata nel film. All'inizio dei fatti di Maidan nessuno di noi si immaginava quanto sarebbe stata brutale l'oppressione e l'ampiezza del sacrificio dei dimostranti. Nessuno di noi pensava che migliaia di persone sarebbero state ferite e più di un centinaio di persone sarebbero morte durante quei 93 giorni.
D: Quali ragioni l'hanno spinta a realizzare questo progetto? Qualcosa di personale?
R: Volevo veramente raccontare la storia dal di dentro, parlando con le persone che hanno partecipato, senza interferenze dei politici o del governo.
All'inizio non sapevamo cosa sarebbe successo da un giorno all'altro. Come il resto del mondo, inizialmente seguivamo gli eventi nel loro susseguirsi attraverso i social media e anche grazie ad alcuni amici che avevo in Ucraina. Poi mi sono recato in Ucraina per raccontare la storia in loro onore. Il film ha seguito la progressione degli avvenimenti e abbiamo registrato tutto in tempo reale. Abbiamo deciso mettere al centro della storia le persone che abbiamo incontrato a Maidan, un luogo che è diventato un simbolo e che mi sta molto a cuore. A Maidan c'era un'incredibile coesione tra gente di ogni estrazione e fede religiosa, che è stato l'elemento chiave che li ha aiutati a non desistere e a raggiungere l'obiettivo finale. Questa coesione è stata la prova che persone di diverse estrazioni, fedi e nazionalità hanno la capacità di rispettarsi a vicenda e lottare fianco a fianco per una causa comune. Il loro cameratismo era commovente e ho cercato di mostrarlo il più possibile in Winter on Fire.
D: Cosa vuole che rimanga agli spettatori di questo film?
R: Per me il film propone un esempio concreto di cosa significhi essere un "eroe" o un "patriota". Inoltre, vorrei che il pubblico si rendesse conto che la speranza è veramente nelle mani delle generazioni più giovani, che credono nella possibilità di cambiamento e di libertà, anche quando il prezzo di tale libertà è la loro vita. Questi
sono giovani che vogliono vivere in un futuro dove avranno la possibilità di godersi la libertà e che sono pronti a rivendicare i propri diritti e i propri principi nelle peggiori condizioni immaginabili, anche sotto una pioggia di proiettili.
Vorrei inoltre che gli spettatori capissero che per essere un vero patriota devi esserlo nel cuore e nell'anima; non devi essere necessariamente originario dei luoghi dove vengono combattute le battaglie, se una battaglia viene combattuta dove abiti. Nonostante sia incentrato sull'Ucraina, il film contiene diversi temi universali che spero risultino familiari e significativi per gli spettatori di tutto il mondo e che non richiedono necessariamente la conoscenza della politica di una nazione specifica o un interesse verso di essa.
D: Questo è il suo terzo lungometraggio documentario. Cosa trova impegnativo o gratificante nella realizzazione di documentari?
R: I mie tre documentari sono stati tutti completati in maniera diversa. Penso che la vastità degli argomenti che possono essere trattati in un documentario sia l'elemento più impegnativo e gratificante. Inoltre, la realizzazione di documentari può portarti in diverse direzioni. Le possibilità sono infinite, il che può essere stimolante ma anche allarmante per un regista.
Il mio primo documentario era su un gruppo di ragazzini e la loro passione per il volo. Assemblavano i loro piccoli aerei e li facevano volare in diverse competizioni. L'ho girato quando avevo 16 anni e ho vinto molti premi. Ho usato una cinepresa a 16 mm, sviluppato la pellicola e completato il montaggio con una piccola "Moviola" personale. Per me si è trattato di un vero e proprio processo cinematografico.
Il mio secondo documentario riguardava il divorzio. Dopo aver completato il mio lungometraggio Oy Vey! My Son is Gay!!, una commedia, mi è saltato all'occhio l'elevato numero di divorzi tra i miei conoscenti. In questo caso ho preso la mia cinepresa HD, riunito un team di registi che come me avevano vissuto un divorzio e girato Divorce: Journey Through the Kids' Eyes.
Il mio film attuale, Winter on Fire, ha rappresentato una sfida maggiore rispetto alle mie opere precedenti. All'inizio del progetto non conoscevamo i personaggi e non sapevamo cosa sarebbe successo il giorno dopo. Per poter identificare e filmare la storia nel suo divenire, il nostro team ha dovuto dimostrarsi aperto e spontaneo.
A prescindere dalle differenze tematiche e di tono, e indipendentemente dalle difficoltà specifiche incontrate per la realizzazione di ognuno di essi, sento che tutti i miei film derivano da un'unica radice, nel senso che ognuno tenta di mostrare la vita che cambia della gente e la speranza portata avanti dalle future generazioni.
D: Quali sono le difficoltà che lei e il suo team ha incontrato durante le riprese e come le avete risolte?
R: Penso che il compito più difficile durante le riprese di Winter on Fire sia stato organizzare la nostra presenza in più punti, visto che gli eventi si susseguivano in più luoghi contemporaneamente. Era quasi impossibile predire l'entità o l'ubicazione dell'evento successivo, ma era importante cercare di essere in ogni luogo per onorare questo incredibile e maestoso movimento di Maidan e catturare quanti più momenti chiave possibile. Dato che avevamo a disposizione una troupe completamente dedicata e un team talentuoso di registi, volontari e giornalisti veri e propri, che sono tutti diventati parte del nostro progetto, siamo stati in grado di raccontare una storia estremamente dettagliata e di taglio cinematografico su Maidan. Nessuno pensava al fatto che si stava rischiando
la vita. Nessuno pensava all'inquadratura perfetta. Tutti però pensavano a come registrare gli avvenimenti e mostrarli al mondo intero.
D: Perché ha pensato che questo movimento fosse così importante?
R: Durante i 93 giorni del movimento di Maidan, noto anche come "Rivoluzione della dignità", abbiamo assistito a una dimostrazione di come la gente abbia il potere di cambiare le cose. Non è sempre tutto nelle mani del governo. L'idea che libertà, stabilità economica e democrazia possano unire individui di ogni nazionalità, razza, classe sociale e religione è molto importante. Il fatto che diverse fedi e nazionalità possano coesistere in armonia in questa regione, l'una nel rispetto dell'altra, sottolinea l'importanza di questo movimento.
Questi 93 giorni non hanno solo cambiato completamente l'Ucraina e le vite di quegli eroi e patrioti che hanno partecipato al movimento, hanno anche cambiato la storia del mondo nel periodo successivo. A partire dalle fasi iniziali di Maidan quando Stati Uniti, Canada e Unione europea cercavano una soluzione pacifica e diplomatica alla crisi, fino alla situazione attuale nella sua cornice bellica, si è trattato di un movimento orientato verso cambiamenti reali. Capire che tutto deve cambiare, che dobbiamo aprirci al cambiamento, è una delle cose più importanti che la vita ci insegna.
D: Qual è l'importanza del movimento per l'opinione pubblica oggi?
R: Penso che il risveglio politico dei giovani, spinto dalla convinzione che un futuro migliore possa esistere in una società democratica con libertà d'espressione, sia adesso più rilevante di quanto non lo sia mai stato in passato. Oggi in tutto il mondo vediamo nascere nuovi movimenti per i diritti civili. Uomini e donne di diverse generazioni, classi sociali, nazionalità e fedi religiose si auto-organizzano per un obiettivo comune, su un piano universale che è fonte di ispirazione.
D: Qual è il possibile impatto del documentario in Ucraina oggi?
R: L'opera esisterà sempre come testimonianza di come è iniziato il cambiamento. E ricorderà al governo che il vero potere è in mano al popolo, che il governo è solo un rappresentante del popolo e che non deve mai abusare del proprio potere o della fiducia della gente.
D: Quali sono i registi che l'hanno influenzata?
R: Uno dei registi di fama che mi ha influenzato di più è Steven Spielberg. Ma ci sono anche altri incredibili mentori che mi hanno aiutato nel mio viaggio nell'industria cinematografica, tra cui i miei tre produttori esecutivi, John Battsek, David Dinerstein e Angus Wall.
D: Com'è stato coinvolto Angus Wall (montatore di lunga data di David Fincher) e che ruolo ha giocato nel film?
R: Abbiamo sempre apprezzato il lavoro di Angus sia come montatore sia per i film che ha prodotto con Errol Morris. John Battsek e io abbiamo contattato Angus e gli abbiamo mostrato una versione iniziale del film, e lui si è
sentito immediatamente coinvolto. Secondo lui la prima versione era interessante ma più orientata a un pubblico dell'est europeo informato sui fatti. Angus ha accettato di far parte del team come produttore e di supervisionare una ristrutturazione completa del materiale al fine di creare una storia più stimolante per il pubblico internazionale, continuando allo stesso tempo a onorare le storie raccontate. Per prima cosa ha chiesto l'aiuto del montatore Will Znidaric tramite la sua società, Rock Paper Scissors. Con Will al montaggio, Angus ha messo insieme un team creativo proveniente dalla sua società di design, Elastic, per lavorare sul completamento della narrazione attraverso grafica e design. Uno dei direttori creativi di Elastic, il vincitore di Emmy Patrick Clair, ha ideato e curato il design di un'incredibile sequenza titoli che fornisce un quadro storico dell'Ucraina. Angus ha poi lavorato con Patrick, il team Elastic e me per delineare un linguaggio visivo che rappresenta un elemento coerente del film, che va dalla grafica delle carte geografiche alle date e ai nomi per fornire una coerenza visuale al modo in cui la storia viene presentata, in armonia con le riprese vere e proprie.
D: Dove è stato girato il film?
R: Piazza Maidan Nezalezhnosti, monastero di San Michele dalle cupole dorate, piazza San Michele, via Bankova, municipio di Kiev, via Hrusehvskoho, parco Mariinsky, Casa dei sindacati e via Institutska – Kiev (Ucraina).
D: Le persone hanno mai mostrato reticenza o timore ad essere intervistate?
R: Nessuna delle persone con cui ho parlato si è mai dimostrata timorosa. A Maidan eravamo tutti fratelli, non di sangue ma di spirito.
D: Le riprese sono durate 93 giorni; come ha deciso che era arrivato il momento di interromperle?
R: La mia storia riguarda Maidan e la sua gente, con i suoi fini e il suo sogno di un grande futuro. Il movimento di Maidan ha raggiunto i suoi obiettivi e vinto la battaglia. Per me quello è stato il capitolo finale della mia storia e un punto naturale per terminare il film.
D: Dove ha vissuto in quei giorni, e ha mai temuto per la sua sicurezza?
R: Vivevo con un mio amico nel cuore di Kiev, a un paio di isolati da via Khreschatyk, che incrocia la piazza Maidan Nezalezhnosti. Ma passavo molto tempo, giorni e notti, nell'ufficio della produzione, dormendo tra una ripresa e l'altra oppure occupandomi del montaggio, tutto sul divano o sulle sedie dell'ufficio, a un isolato dalla piazza Maidan Nezalezhnosti. Una volta là non avevo paura. Quando entravo in piazza la paura si dissolveva. L'adrenalina nel sangue e il senso di unità intorno a te te la faceva scordare.

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