USS Indianapolis (2016)
USS Indianapolis: Men of CourageDurante la Seconda Guerra Mondiale la USS Indianapolis si distingue come uno degli incrociatori più veloci e temuti della marina americana e sotto il comando del valoroso capitano Charles McVay (Nicholas Cage) il suo equipaggio combatte con coraggio le più importanti battaglie sul fronte del Pacifico. Nel luglio 1945 a McVay e ai suoi marinai viene affidata una missione top secret: operare in gran segreto il trasporto di una delle due bombe atomiche che metteranno fine alla guerra. Ma durante la traversata la USS Indianapolis viene affondata dall'attacco di un sommergibile giapponese. Vista la segretezza della missione la nave non viene data per dispersa e il suo equipaggio abbandonato per 5 interminabili giorni nel Mare delle Filippine infestato di squali. Dei 1197 membri dell'equipaggio solo 317 uomini vengono ritrovati ancora in vita da un velivolo della US Navy durante un normale volo di pattugliamento. Per nascondere le proprie colpe agli occhi dell'opinione pubblica, qualche mese dopo il disastro il Governo degli Stati Uniti chiama McVay a giudizio davanti la Corte Marziale. La tragedia dell'Indianapolis e il processo a McVay restano una delle pagine più drammatiche della storia militare americana.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: mercoledì 19 Luglio 2017Uscita in Italia: 19/07/2017
Data di Uscita USA: venerdì 14 Ottobre 2016
Prima Uscita: 14/10/2016 (USA)
Genere: Azione, Drammatico, Storico
Nazione: USA - 2016
Durata: 128 minuti
Formato: Colore
Produzione: Hannibal Pictures, USS Indianapolis Production
Distribuzione: M2 Pictures
Box Office: Italia: 1.089.581 euro
Passaggi in TV:
• martedì 05 Dicembre ore 14:17 su Iris
Cast e personaggi
Regia: Mario Van PeeblesSceneggiatura: Cam Cannon, Richard Rionda Del Castro
Musiche: Laurent Eyquem
Fotografia: Andrzej Sekula
Scenografia: Joe Lemmon
Montaggio: Robert A. Ferretti
Costumi: Patrick O'Driscoll
Cast Artistico e Ruoli:
Nicolas Cage
Capitano McVay
Tom Sizemore
McWhorter
Thomas Jane
Adrian Marks
Matt Lanter
Bama
James Remar
Ammiraglio Parnell
Brian Presley
Waxman
Yutaka Takeuchi
Hashimoto
Johnny Wactor
Connor
Adam Scott Miller
D'Antonio
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IL CAST
Per realizzare questo film è stata fatta una ricerca definita sugli eventi storici legati all'USS Indianapolis, ma a fianco dei personaggi realmente esistiti, molti altri sono stati romanzati. Il produttore Mendelsohn ha discusso con i giovani attori che interpretavano i marinai, dando loro qualche suggestione. "Quanti uomini vi porterete dietro?", ha chiesto. Loro lo hanno guardato con aria piuttosto interrogativa, ma la domanda ha dato uno spunto di riflessione. "Dovete ricordare che ognuno di voi sta rappresentando decine e decine di ragazzi che non hanno voce e che non l'hanno mai avuta".
NEVER GIVE UP: L'USS INDIANAPOLIS DEL LUGLIO 1945
Il 16 luglio 1945, terminati i lavori di manutenzione mentre era ormeggiata a Mare Island, al largo della costa di San Francisco, l'USS Indianapolis, incrociatore della Marina americana aveva ricevuto istruzioni per procedere fino a Tinian Island e consegnare una grande cassa. Era una missione top secret e nessuno dell'equipaggio era a conoscenza del contenuto di quella cassa, nemmeno il capitano. Così, il 16 luglio 1945, l'USS Indianapolis salpò da San Francisco.
Sfrecciando sul Pacifico a 29 nodi, il 19 luglio raggiunse Pearl Harbor in tempi record e senza scorta, per via della natura clandestina della missione. Arrivata a Tinian il 26 luglio, consegnò quindi il carico segreto: uranio arricchito (all'epoca circa la metà della fornitura mondiale di uranio 235) e altri componenti per l'assemblaggio di "Little Boy", la bomba atomica destinata a Hiroshima.
L'USS Indianapolis fece in seguito rapporto al quartier generale del CINCPAC (Comandante in capo, Pacifico) di Guam per ricevere gli ordini successivi: mettersi in rotta per il Golfo di Leyte nelle Filippine per unirsi alla corazzata USS Idaho (BB-42) e fare i preparativi per l'invasione del Giappone. L'USS Indianapolis salpò da Guam, ancora senza scorta, con una rotta di 262 gradi a circa 17 nodi.
Il 30 luglio, 14 minuti dopo la mezzanotte, fu colpita sul dritto di prua da due siluri provenienti dal sottomarino giapponese I-58, comandato da Mochitsura Hashimoto. Le esplosioni causarono ingenti danni. L'Indianapolis subì un pesante sbandamento e cominciò ad affondare lentamente da prua. Dodici minuti più tardi, si ribaltò completamente e sprofondò. Di un equipaggio di 1.197 uomini circa 300 affondarono con la nave. Poiché le scialuppe di salvataggio scarseggiavano e molti erano sprovvisti dei giubbotti di salvataggio, il resto dell'equipaggio rimase alla deriva nel Mare delle Filippine. Col sopraggiungere della notte in pieno oceano c'erano uomini malconci, feriti, bruciati e coperti di olio, che assistevano alla morte di molti dei loro compagni e, completamente terrorizzati, cercavano a stento di sopravvivere.
Dei 1.197 uomini a bordo, circa 900 riuscirono a buttarsi in mare nei dodici minuti prima che la nave affondasse. Furono lanciate poche zattere di salvataggio e solo pochi dei superstiti indossavano giubbotti di salvataggio a norma. Tra di loro c'erano membri dell'equipaggio esperti, ma la maggior parte non aveva più di 20 anni, erano ragazzi che avevano lasciato casa per la prima volta, non conoscevano la morte e non avevano mai assistito a una simile carneficina.
All'alba si poté solo appurare la gravità della situazione. Di certo sarebbero stati in salvo se non fossero arrivati nelle Filippine, come era in programma per quella mattina e la Marina non li avrebbe mai abbandonati. La missione segreta dell'USS Indianapolis era però ancora sotto copertura. Inoltre, la Marina respinse un messaggio intercettato dal sottomarino del comandante Hashimoto credendo che si trattasse di una bufala. Così, quel che restava dell'equipaggio dell'USS Indianapolis fu abbandonato in mare aperto.
I feriti meno gravi fecero il possibile in quello scompiglio, tra feriti e zattere sovraffollate, con la paura, la carenza di cibo e le scarse razioni di emergenza, di acqua fresca, l'insolazione, 110 gradi di giorno e notti gelide che provocavano morti per ipotermia. Corpi e resti galleggiavano in mare come rifiuti.
Il Mare delle Filippine è popolato da feroci predatori come squali mako, squali azzurri, pinne bianche e squali seta. Il primo giorno cominciarono a divorare i morti e nel tardo pomeriggio si fecero più numerosi. I sopravvissuti ricordano di aver udito in lontananza, nel silenzio della notte, delle urla di qualcuno che era stato attaccato. Gli squali avevano cominciato a puntare i vivi.
A partire dal terzo giorno, molti uomini erano disidratati per l'arsura del sole e la mancanza di acqua. Nonostante fossero consapevoli dei rischi che comportava il bere l'acqua salata, molti non riuscirono a resistere, e precipitarono in un'alterazione dello stato mentale con allucinazioni e comportamenti imprevedibili e aggressivi. Gli uomini che versavano in queste condizioni cominciarono ad attaccarsi a vicenda, credendo che gli altri fossero i giapponesi. Molti avevano visioni di sale mensa e di fontane sott'acqua e convincevano gli altri a seguirli sul fondo. Altri giuravano di aver avvistato la terraferma e cominciavano a nuotare fino a essere inghiottiti dall'orizzonte. Si raccontavano incredibili storie sull'Indianapolis come se esistesse ancora. Era difficile gestire gli uomini che erano diventati troppo aggressivi, così furono allontanati dai gruppi per garantire la sopravvivenza degli altri. L'avvelenamento da acqua salata li portò inevitabilmente alla morte. Il capitano Lewis Haynes, MC (ret.), all'epoca era capitano di corvetta e medico di bordo dell'Indianapolis. Nel 1995, nel riferire al Medical Department Oral History Program della marina americana il resoconto di quei giorni alla deriva in mare aperto raccontò: "Con la luce del giorno abbiamo cominciato a organizzarci in gruppo e cominciavano a venir fuori i leader. Sapevano che ero il medico, così abbiamo cominciato a cercare i feriti e i morti. Quando siamo arrivati ai morti, l'unico modo in cui potevo stabilire se fossero morti era mettendo il dito negli occhi: se le pupille erano dilatate e non sbattevano le palpebre, constatavo il decesso. Con fatica gli abbiamo tolto i giubbotti di salvataggio per darli agli uomini che non li avevano. All'inizio toglievo loro le piastrine, recitavo una preghiera e li lasciavo andare, ma alla fine, ne avevo talemente tante che non potevo più prenderne altre. Ancora oggi, quando recito quella preghiera o l'ascolto, mi sento davvero smarrito".
Poco dopo le 11.00 del quarto giorno, i sopravvissuti sono stati scoperti per caso dal Tenente Wilbur C. Gwinn, mentre pilotava il PV-1 Ventura Bomber per la consueta pattuglia antisommergibile. Operò via radio la trasmissione della sua base a Peleiu, avvertendo della presenza di "molti uomini in acqua". Un PBY (idrovolante) sotto il comando del Tenente R. Adrian Marks fu inviato a prestare assistenza e fare rapporto. Durante il tragitto per arrivare sul posto, Marks sorvolò il cacciatorpediniere USS Cecil Doyle (DD-368) e allertò il suo capitano dell'emergenza. Il capitano della Doyle, di sua iniziativa, decise di fare una deviazione sul posto. Arrivando diverse ore prima della Doyle, l'equipaggio di Marks aveva cominciato a lanciare gommoni di salvataggio e rifornimenti quando a un certo punto avvistarono gli uomini attaccati dagli squali. Contravvenendo agli ordini, Marks atterrò in mare e iniziò a rullare per raccogliere quelli che erano rimasti indietro da soli e che correvano il maggior rischio di essere attaccati dagli squali. Dopo aver appreso che si trattava dell'equipaggio dell'Indianapolis, trasmise le notizie via radio richiedendo assistenza immediata. La Doyle rispose che stava arrivando. Quando calò il buio, in attesa che arrivassero i soccorsi, Marks continuò a cercare per tutto il tempo gli uomini in fin di vita e a tirarli fuori dall'acqua. Una volta che la fusoliera fu carica, i sopravvissuti furono legati all'ala col cavo del paracadute. Quel giorno Marks e il suo equipaggio portarono in salvo 56 uomini. La Cecil Doyle fu la prima nave ad arrivare sul posto. Rintracciato il PBY di Marks nel buio più totale, la nave si arrestò per evitare il rischio di uccidere o ferire ulteriormente i sopravvissuti, e cominciò a prendere a bordo i sopravvissuti di Marks.
Il capitano della Doyle, mettendo in secondo piano la sicurezza della sua nave, puntò nel cielo oscuro il suo riflettore più grande, che servì da faro per le altre imbarcazioni di salvataggio. Per gran parte dei sopravvissuti quel faro fu il primo segno che le loro preghiere erano state esaudite: i soccorsi erano finalmente arrivati. Dei 900 uomini che erano finiti in mare ne rimasero in vita solo 317. Dopo quasi cinque giorni in mare sotto i continui attacchi degli squali, la fame e la sete, l'arsura del sole e le ferite, gli uomini dell'Indianapolis furono infine salvati.
L'impatto di questo disastro imprevisto scatenò incredulità e silenzio in tutti gli ambienti della Marina nel Pacifico meridionale. L'annuncio pubblico della perdita dell'Indianapolis fu ritardato, di quasi due settimane, fino al 15 agosto così che, il giorno in cui il presidente Truman annunciava la resa del Giappone, la notizia passasse in secondo piano. La Marina si precipitò a raccogliere i fatti per stabilire chi fossero i colpevoli della peggiore catastrofe marittima della sua storia.
È necessario premettere che informazioni precise ed essenziali per determinare le responsabilità relative all'Indianapolis furono rese pubbliche molto tempo dopo il processo in corte marziale del capitano McVay e la sua condanna. L'intelligence americana in un'operazione top-secret detta "ULTRA" aveva decifrato il codice giapponese ed era a conoscenza che due sottomarini giapponesi, fra cui l'I-58, erano sulla rotta dell'Indianapolis.
Queste informazioni non furono messe a disposizione del consiglio della corte marziale né della difesa del capitano McVay. Solo nei primi anni Novanta fu rivelato che le autorità navali di Guam, nonostante fossero a conoscenza del rischio di quella rotta, avevano messo in pericolo l'USS Indianapolis senza fornire alcun avvertimento e rifiutando la richiesta di scorta avanzata dal capitano McVay, mettendolo in condizione di credere che la rotta fosse sicura.
Durante la Seconda Guerra Mondiale andarono perse oltre 350 navi da guerra della marina, ma nessuno dei loro capitani fu mai processato davanti alla corte marziale. Sia l'Ammiraglio Chester Nimitz che il vice ammiraglio Raymond Spruance, con cui l'Indianapolis aveva operato come nave ammiraglia della Quinta Flotta, si opposero alla decisione di mettere sotto processo di McVay: mai nessun ufficiale era stato processato dalla corte marziale ignorando l'obiezione dei suoi superiori, tanto più nel caso in cui questi fossero illustri ufficiali di bandiera.
La corte marziale della Marina giudicò il capitano Charles Butler McVay colpevole di terzo grado per aver messo in pericolo la sua nave a causa di una mancata manovra di zigzag con visibilità sufficiente, distogliendo così l'attenzione da negligenze ed errori di valutazione di quelli che erano stati i veri colpevoli della tragedia e declassando il capitano McVay, la cui promettente carriera fu irreparabilmente compromessa.
All'inizio del 2000, pochi mesi prima della sua morte, avvenuta a Kyoto all'età di 91 anni, il comandante del sottomarino giapponese che aveva affondato l'Indianapolis rilasciò un'intervista e, riferendosi al processo del Capitano McVay in cui era stato chiamato a testimoniare, commentò: "Avevo avuto la sensazione che fosse stato escogitato fin dall'inizio…"
"Mai arrendersi" (Never give up) è il motto che risuona fra quasi tutti gli uomini portati in salvo come ragione del fatto di essere sopravvissuti. Dopo aver ricevuto le cure, sono guariti e tornati alla loro vita; molti non hanno voluto mai più parlarne, altri sono rimasti indissolubilmente legati.
Dal 1960, i membri dell'equipaggio sopravvissuti si ritrovano negli incontri a Indianapolis. In occasione del 70° incontro, tenutosi dal 23 al 26 Luglio 2015, hanno partecipato 14 dei 32 sopravvissuti. Gli incontri sono aperti a tutti gli interessati e ogni anno contano un numero sempre crescente di partecipanti; quello dei sopravvissuti tuttavia diminuisce per il sopraggiungere della morte. Le riunioni, che in un primo momento si tenevano solo periodicamente e in seguito ogni due anni, oggi si svolgono annualmente. Ogni anno i sopravvissuti, per la maggior parte novantenni, votano se continuare. Nel 2015 si è votato per la riunione del 2016. Oggi restano solo 30 sopravvissuti che, dopo quei cinque giorni trascorsi in mare nel 1945, sono ancora legati fra loro e continuano a non arrendersi.
IL FILM
La produzione materiale di USS Indianapolis ha avuto inizio il 19 giugno 2015 in Alabama, dove Orange Beach, situata nei pressi del "campo base" a Mobile, si è rivelata la location ideale per girare le scene in mare aperto.
Ben prima che le telecamere si accendessero Richard Rionda Del Castro e Cam Cannon di Hannibal Classics avevano deciso di scrivere la sceneggiatura del film per raccontare la vera storia dei membri dell'equipaggio dell'Indianapolis a partire dalla mezzanotte di quel fatidico 30 luglio 1945.
"Ho prodotto questo film per rendere omaggio all'ultimo equipaggio dell'USS Indianapolis, per dare a quegli uomini e alle loro famiglie i riconoscimenti che meritavano", racconta Rionda Del Castro "e per far sì che in tutto il mondo le nuove generazioni conoscano la storia straziante di questi eroi".
Mentre era in corso un dettagliato lavoro di ricerca fra i sopravvissuti e la Marina militare americana, gli atti giudiziari, i documenti storici, gli sceneggiatori si sono imbattuti nella Second Watch ('seconda guardia'), un'organizzazione formata da famigliari, amici e sostenitori degli uomini dell'USS Indianapolis. La dichiarazione d'intenti del loro statuto recita: "Nonostante l'USS Indianapolis sia affondata, la memoria del suo equipaggio resta viva. L'impegno di Second Watch vuole preservare la memoria dell'USS Indianapolis e diffondere la sua storia, attraverso i racconti, le emozioni e le avventure". Second Watch è così diventata parte integrante del progetto e ha fornito dati storici, documenti e foto dei sopravvissuti e delle loro famiglie. E, soprattutto, i contatti con i sopravvissuti ancora in vita.
Cinque anni e 200 stesure dopo, la sceneggiatura era pronta e cominciava la ricerca del regista giusto per il progetto. Mario Van Peebles, che aveva già lavorato con la Hannibal, aveva manifestato grande interesse per il film. La produzione lo considerava un regista di ottima reputazione, un narratore eloquente, carismatico e sensibile. Condivideva lo stesso approccio degli sceneggiatori, aveva un trasporto per la sceneggiatura, lo sviluppo del progetto e la vera storia dell'Indianapolis e del suo equipaggio: Van Peebles sapeva di dover raccontare la storia dei membri dell'equipaggio, e ha spinto per poter dirigere il film.
Il regista e la produzione concordavano sul fatto che Nicholas Cage sarebbe stato perfetto per il ruolo del capitano Charles Butler McVay. Per Van Peebles "Cage comunica autorità, ha uno spiccato senso dell'umorismo ed è molto professionale ". Rionda Del Castro aveva lavorato con Cage su Tokarev, prodotto da Hannibal, e Van Peebles aveva recitato con lui in Cotton Club di Francis Ford Coppola. Entrambi volevano lavorare di nuovo con lui.
"L'oceano è sempre stato nei miei sogni, una specie di primo amore", racconta Cage. "Ho sempre sognato di fare un film sull'oceano. Sto bene in acqua e Richard mi ha detto 'Guarda caso ho una sceneggiatura'". Così Cage ha accettato il ruolo centrale del film.
Per i ruoli degli altri ufficiali, Rionda Del Castro ha chiamato attori esperti, come i suoi amici Tom Sizemore, Thomas Jane, James Remar e Brian Presley, che hanno tutti dato disponibilità a partecipare al progetto.
Il casting dei marinai è stato un'impresa. Nel 1945 i soldati semplici erano molto giovani e non superavano i 23 anni di età, alcuni ne avevano appena 17. Molti erano inesperti e non erano mai stati fuori casa prima di allora. Alcuni di loro non avevano mai visto l'oceano prima di entrare nella Marina. La produzione aveva bisogno di volti freschi ma esperti nella recitazione.
Tra di loro, a fare il provino c'era Matt Lanter (Star Wars Episodio VII: Il risveglio della forza e Justice League). I produttori l'hanno trovato perfetto. Aveva l'entusiasmo e il talento che ci volevano e sembrava essere particolarmente affascinato dal progetto. Dopo aver firmato per il ruolo di Bama, Lanter ha quindi spiegato ai produttori il motivo del suo interesse: suo nonno, Kenley M. Lanter, era stato segnalatore di terza classe assegnato all'USS Indianapolis nel 1945 ed era uno dei 317 sopravvisuti della nave. Inoltre suo padre Joe è nel consiglio di amministrazione della Second Watch. Il più giovane dei Lanter è cresciuto con i racconti di suo nonno quando era a bordo dell'Indianapolis, partecipando alle sue gioie e ai dolori. Kenley M. Lanter è morto nel 2013 e per rendere omaggio a lui e a tutti gli uomini valorosi con cui era in servizio il 30 luglio 1945, Lanter ha indossato le sue piastrine durante tutte le riprese. Joe Lanter è stato ospite assiduo e gradito sul set sia come padre di Matt che in quanto membro di Second Watch.
Anche Cody Walker (West) aveva le caratteristiche ricercate da Rionda Del Castro e Van Peebles. Walker ha cominciato come sostituto di suo fratello Paul in Fast & Furious 7, morto all'improvviso durante la produzione del film. I produttori gli chiesero di portare a termine il ruolo insieme a suo fratello Caleb.
Anche la Hannibal ha colto l'opportunità di portare la famiglia nella produzione: è il caso della produttrice esecutiva Patricia Eberle che si è unita al marito Rionda Del Castro e del produttore esecutivo Timothy Cavanaugh che per il film ha lavorato al fianco di suo figlio.
Entrato a far parte del cast, Johnny Crane ha ricevuto una visita sul set da suo nonno, Granville S. Crane Jr., uno dei superstiti, che ha approvato l'autenticità del progetto, dando il suo beneplacito al cast, alla troupe e alla produzione. Mentre era sul set ha dichiarato di sentirsi come se fosse tornato indietro nel tempo, e quando se n'è andato via ha ricevuto una standing ovation da parte del cast e della troupe, che hanno voluto dimostrargli il riconoscimento per averli onorati della sua visita ed esprimere quanto si sentissero privilegiati nel poter raccontare la storia del valoroso equipaggio dell'USS Indianapolis.
"Questi uomini sono stati degli eroi", dice Patricia Eberle. "Erano persone comuni, che hanno rischiato la propria vita con coraggio per difendere il nostro paese e il nostro diritto alla libertà. E non hanno mai ottenuto il meritato riconoscimento per quello che hanno fatto. L'USS Indianapolis e il suo equipaggio hanno giocato un ruolo centrale a fine guerra. È una storia importante, che dovrebbe essere raccontata per non far cadere nell'oblio questi uomini.
La preproduzione è durata circa sei settimane. L'Ufficio cinema di Mobile ha lavorato instancabilmente per trovare location con un'architettura e un'atmosfera che richiamassero quell'epoca e sono stati ingaggiati equipaggi con competenze specifiche per gestire la logistica e la sicurezza in mare aperto. Si è tenuto poi un casting per cercare i ruoli extra tra la gente del posto. Gran parte della troupe principale si è trasferita da Los Angeles a Mobile, con un'interminabile lista di incombenze, fra cui l'accesso in sicurezza a una corazzata d'epoca del 1945 simile all'USS Indianapolis. L'USS Alabama Battleship Park ospitava l'USS Alabama, una nave da guerra dismessa che è stata aperta al pubblico. La produzione si è assicurata la nave a condizione che non venisse chiuso l'accesso al pubblico, che di fatto sono riusciti ad aggirare.
Per il film è stato arruolato anche l'USS Drum, un sottomarino di proprietà privata che poteva essere ritoccato in modo da sembrare un I-58 giapponese, e dall'Oregon è arrivato un aeroplano PBY dell'epoca della Seconda guerra mondiale. Era necessario trovare una spiaggia accessibile con un mare che sembrasse il Mare delle Filippine e che fosse un posto abbastanza sicuro per l'atterraggio del PBY d'epoca, la sistemazione della troupe, del cast e delle attrezzature, e che rimanesse aperta al pubblico durante le riprese. Fortunatamente in Alabama si sente l'ospitalità del sud e la gente del posto è molto disponibile.
Il noleggio di macchine d'epoca si è rivelato tutt'altro che un problema e, senza andare troppo lontano, Henderson Collection Antique e Classics Cars, sono riuscite a fornire 40 vetture d'epoca, tutte in ottime condizioni.
"Due settimane di riprese in mare aperto e altre due sulla corazzata e sul sottomarino, sono state senza dubbio una sfida", racconta Eberle. "Per le scene in acqua serviva una piattaforma fissa, e il trasporto verso la piattaforma ha comportato una pianificazione piuttosto creativa".
Gli effetti visivi hanno avuto un ruolo centrale nella trasformazione dell'esterno dell'USS Alabama in quello dell'Indianapolis. "Le riprese al suo interno e quelle nel sottomarino erano più che complicate", prosegue Eberle. "Per realizzare queste riprese era necessaria una fotografia davvero innovativa."
Il PBY noleggiato per il film aveva superato la Seconda guerra mondiale e da allora era sopravvissuto negli anni, ma sfortunatamente quello a Orange Beach è stato il suo ultimo volo. Mentre si avvicinava alla costa, l'aeroplano ha cominciato ad avere problemi a causa dell'acqua. Per tentare di salvarlo Rionda Del Castro e Mendelsohn hanno chiesto aiuto alla troupe e a chiunque passasse da lì, l'hanno trascinato a riva e hanno girato gli esterni delle scene del soccorso finché è stato possible; l'aeroplano aveva preso troppa acqua e alla fine è affondato.
"È stato davvero un peccato", racconta Eberle. "Il proprietario e il pilota dell'aeroplano non hanno potuto far altro che stare a guardare mentre andava giù. È stata una scena veramente triste. Per fortuna siamo riusciti a proseguire sulla strada giusta, abbiamo passato le riprese interne dell'aeroplano allo schermo verde in postproduzione, e continuato le riprese, trasformando tutto con un esito favorevole".
"Il piano delle riprese era perfetto e ha impostato il tono fin dall'inizio", spiega Cannon. "Abbiamo cominciato prima con tutte le scene in acqua. Per due settimane il cast e la troupe sono state fuori, in mare aperto, nel Golfo del Messico. Ogni giorno dovevano essere tutti trasportati da terra alla location in acqua, e poi essere sollevati fino a una chiatta posizionata molto al di sopra del livello dell'acqua.
La produzione temeva che, a causa delle onde dell'oceano, sarebbe stato impossibile girare senza che si vedesse l'impatto della corrente dell'acqua. Lo scenografo Joe Lemmon ha cercato una soluzione posizionando una chiatta al di sopra della linea di galleggiamento e fissata sul fondo; l'idea ha funzionato, anche se si stava decisamente stretti, tra il cast, la troupe, le attrezzature, i rifornimenti, i visitatori del set e il giornalista di turno.
Walker concorda pienamente. "Non stavamo in una vasca. Eravamo nell'oceano, con le onde, l'acqua salata, il sole accecante durante il giorno, le notti fredde e degli squali meccanici che sembravano veri. È stata un'esperienza intensa. In questa atmosfera senza controllo, noi attori abbiamo vissuto solo un accenno di quello che i veri marinai hanno dovuto affrontare nel 1945".
In una delle prime scene, il Capitano Butler (Cage) si rivolge al suo equipaggio prima di salpare, dicendo: "Senza di me non valete niente, siete il mio equipaggio. Senza di voi, io non valgo niente. Il nostro successo, la nostra stessa sopravvivenza, dipende dal modo in cui riusciremo a funzionare insieme come una cosa sola". E questo è stato vitale sia davanti alla macchina da presa che dietro.
Il fatto di trascorrere insieme due settimane in mare ha fatto sì che gli attori si legassero proprio come avrebbero fatto i veri marinai. Questo sentimento emergeva sul set e fuori, e ovviamente Butler/Cage era il leader: era il loro capitano ed erano tutti sulla stessa barca. Quando le riprese si sono spostate sulla terraferma, la sceneggiatura mostrava la forte amicizia fra membri dell'equipaggio ed era necessario che questo legame emergesse sullo schermo: che sia stato voluto o spontaneo, ha funzionato.
Rionda Del Castro, Cannon e Van Peebles sapevano bene che gli squali avevano un ruolo cruciale nella storia, ma tutti e tre concordavano sul fatto che gli squali non fossero l'unico problema. Il candidato all'Oscar Walt Conti, fondatore della Edge Innovations, ha creato degli squali meccanici molto realistici da utilizzare nelle scene in mare. Consapevole di una tecnologia che ha fatto passi da gigante dai tempi dello Squalo di Spielberg, Conti ha progettato gli squali a grandezza naturale, collegandoli a dei cavi che li spostavano in acqua di continuo, con le mandibole che si aprivano e si richiudevano. Erano così realistici che le remore, i pesci che si attaccano alla pancia degli squali, provavano ad attaccarsi. Così, visto che durante le riprese subacquee hanno sempre seguito gli squali, anche le remore hanno avuto i loro cinque minuti di celebrità. Che fossero in acqua o fuori, gli squali di Conti hanno messo a disagio alcuni membri del cast, come Mandela Van Peebles che, inquietato dal loro realismo, se ne è tenuto a distanza ogni volta che ha potuto.
La troupe e gli attori dovevano stare in mare aperto per lunghi periodi in aree popolate da squali veri e questi rappresentavano una minaccia reale. La sicurezza aveva la massima priorità e, per impedire che gli squali veri si infilassero in mezzo a quelli realizzati da Conti, la Shark Shield si è occupata della protezione, facendo ricorso all'emissione di onde elettriche in acqua. Poiché gli squali hanno sul muso dei recettori elettrici a corto raggio che usano per cercare le loro prede, è stata impiegata un'onda elettrica tridimensionale in grado di scacciarli via all'istante per via degli spasmi insopportabili che procura ai loro recettori ultrasensibili.
Sean Leigh Hart della SILO Inc. e Don McCoy, supervisore degli effetti visivi, hanno iniziato a lavorare sullo storyboard prima dell'inizio delle riprese. McCoy poi si è occupato della produzione per garantire un'opera di raccordo senza soluzione di continuità fra le riprese sul set e gli effetti visivi creati in post-produzione. Bisognava creare quello che non c'era e rimuovere quello che c'era, come ad esempio modificare l'esterno dell'USS Alabama in quello dell'USS Indianapolis con riprese composite e con gli squali all'attacco che balzavano dall'acqua, inserire l'emblematica Coit Tower di San Francisco in una ripresa in cui non c'era, trasformare cinque marinai in una folla, rimuovere i cavi dagli squali meccanici, mostrare l'USS Indianapolis mentre viaggia in mare aperto a 17 nodi, e poi i siluri mortali lanciati dal sottomarino giapponese e l'attacco all'USS Indianapolis, e infine le massicce esplosioni che fanno precipitare la nave in fondo all'oceano e portano tutti quei compagni di bordo a una morte prematura.
La colonna sonora è importante per il successo di una pellicola. Una musica ben scritta, ben eseguita e registrata nel modo corretto fa avanzare il film. Per eseguire e registrare la sua composizione Laurent Eyquem ha scelto la Filarmonica di Praga e il risultato è una colonna sonora che, già da sola, è un'opera d'arte. Mentre accompagna il film è la massima espressione della sintonia e la musica esalta ogni fotogramma come se fosse un protagonista invisibile.
Fra gli intenti dei produttori c'è sempre stata l'idea di portare sul set il maggior numero possibile di sopravvissuti e di famiglie dei marinai dispersi in mare, per rassicurarli che il film avrebbe reso omaggio all'USS Indianapolis e al suo equipaggio come sarebbe dovuto accadere nel 1945.
Cage commenta: "Dopo aver incontrato questi sopravvissuti, ho pensato che erano, e sono, uomini straordinariamente forti e ostinati. La dimostrazione è che sono ancora qui con noi… Abbiamo voluto onorarli, sono dei veri eroi".
Quando è stato chiesto a Lanter cosa avrebbe detto suo nonno del film, lui ha risposto: "Avrebbe voluto che il film rendesse giustizia all'equipaggio, alla nave. Oppure si sarebbe semplicemente messo comodo e avrebbe sorriso".
Richard P. Stephens, era l'altro superstite in vita che è arrivato a Mobile. Di Birmingham, in Alabama, ha 89 anni e, pur essendo arrivato sul set con aria dimessa, si sarebbe detto che nel 1945 fosse stato un giovanotto imponente. Ha voluto capire fino in fondo tutto quello che accadeva intorno a lui. Nel parco di Bienville Square era stata fissata una ripresa esterna e Stephens si è messo a guardare con grande curiosità, poi ha trovato una panchina lì vicino ed è rimasto a guardare ancora.
Rionda Del Castro è stato il primo ad accogliere Stephens. Dopo averlo salutato calorosamente, ha proseguito dichiarando che la sua visita era un onore e un privilegio. Lo ha poi presentato a tutti, al parrucchiere, elettricista, arredatore di set, al produttore e anche al regista. E di continuo risuonava un sentimento autentico nei suoi confronti.
Cage ha colto l'occasione per sedersi a chiacchierare con Stephens come se fosse un vecchio amico, discutendo del progetto. Cage ha spiegato quanto fosse importante per tutti raccontare la storia nel modo giusto e rendere giustizia a tutti i 1197 membri dell'equipaggio. Hanno poi parlato del vero capitano McVay. "Era un bravo capitano", ha dichiarato Stephens. "Era un uomo buono e degno di onore e si è comportato in modo corretto con tutti".
Quando si sono separati, Stephens ha commentato in tono sarcastico: "So quello che a volte fate in questi film voi di Hollywood", insinuando alcune malefatte del cinema. "Raccontate solo la storia vera. Raccontate solo la verità". E così dicendo, ha salutato e ha proseguito in direzione della location successiva a due isolati di distanza.
Al Battle House, lo storico hotel di Mobile, Stephens ha incontrato i giovani attori che interpretavano i marinai. Erano in soggezione di fronte a lui che era un eroe vero. Dopo aver ascoltato i suoi racconti sull'Indianapolis nel 1945 gli hanno raccontato quello che provavano nell'interpretare i suoi compagni di bordo. Gli attori sono poi andati a girare la scena successiva, lasciando Stephens alle interviste con la stampa e i media locali. La sua visita è stata più di quanto i produttori avevano sperato e di sicuro più di quel che lui stesso avrebbe mai immaginato.
Guardando indietro Rionda Del Castro vede l'intera esperienza di USS Indianapolis ‒ scrittura, produzione, montaggio e vendita ‒ come un'impresa enorme. "Ma non è nulla in confronto a quella compiuta dai membri dell'equipaggio, ai momenti di orrore che hanno attraversato, tutti loro, i sopravvissuti, i dispersi in mare e le loro famiglie. Accoglierli sul nostro set è stato un privilegio", dice l'appassionato produttore francese. "Ogni volta che abbiamo dovuto affrontare delle sfide, le stelle sono state a nostro favore. Credo davvero che le anime di tutti gli uomini dell'USS Indianapolis siano stati con noi fin dall'inizio, e lo sono ancora. Vogliamo onorarli portando al pubblico la loro storia e raccontarla a modo loro. E dopo tutto, questo non è niente a confronto col rimanere cinque giorni abbandonati in mare aperto a combattere con gli squali e tutto il resto. Ho prodotto un film bellissimo con tutto quello che ho e il nostro desiderio è quello di rendere orgoglioso l'ultimo equipaggio dell'USS Indianapolis.
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