The Front Runner (2018)
The Front RunnerNella primavera del 1987, nella corsa per la nomina del candidato alle presidenziali del Partito democratico, emerse come favorito il senatore del Colorado Gary Hart. Il suo intelligente e carismatico idealismo e la capacità di galvanizzare le folle sembravano farne il candidato ideale per la Casa Bianca, destinato a realizzare un nuovo capitolo della storia americana. Ad aprile, Hart aveva un ampio vantaggio nei sondaggi. Tre settimane più tardi, a seguito di uno scandalo che lo fece cadere in disgrazia, si ritrovò definitivamente estromesso dalla corsa per le presidenziali. The Front Runner esplora il momento dell'improvvisa caduta di Hart intendendolo come spartiacque per la storia del Paese.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: giovedì 21 Febbraio 2019Uscita in Italia: 21/02/2019
Data di Uscita USA: martedì 6 Novembre 2018
Prima Uscita: 06/11/2018 (USA)
Genere: Biografia, Drammatico
Nazione: USA - 2018
Durata: 113 minuti
Formato: Colore
Produzione: BRON Studios, Creative Wealth Media Finance (in associazione con), Right of Way Films
Box Office: USA: 1.627.318 dollari | Italia: 39.347 euro
Note:
Film d'apertura del Torino Film Festival 36.
Soggetto:
Tratto dal libro 'All the Truth Is Out: The Week Politics Went Tabloid' del giornalista e sceneggiatore americano Matt Bai.
In HomeVideo: in Digitale da giovedì 6 Giugno 2019 e in DVD da mercoledì 19 Giugno 2019 [scopri DVD e Blu-ray]
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La produzione
"La politica in questo paese, credetemi, è sul punto di diventare un'altra forma di competizione atletica o di una gara sportiva." – Discorso di addio del candidato alla Presidenza Gary Hart,
8 maggio 1987
Nella primavera del 1987, nelle fila del partito Democratico emerse un chiaro ed innegabile favorito nella corsa alla candidatura presidenziale: il Senatore del Colorado Gary Hart – il cui brillante e carismatico idealismo, oltre al puro fattore passionale, sembrava seriamente destinato alla massima carica della Casa Bianca, per scrivere un nuovo capitolo della storia americana. In aprile, Hart aveva creato il vuoto tra i suoi avversari. Tre settimane più tardi, dopo una spettacolare caduta in disgrazia, era fuori per sempre dalla corsa alle presidenziali.
The Front Runner – Il vizio del potere, di Jason Reitman esplora il momento della caduta improvvisa di Hart, come momento spartiacque della nazione. In questo singolare momento, il pubblico e il privato, politica e celebrità, giornalismo e gossip, nuove strutture di potere e vecchi squilibri di potere, ideali alti e difetti molto umani sembravano fondersi e combinarsi – disegnando un nuovo panorama tumultuoso con il quale tutti noi stiamo ancora facendo i conti.
Nonostante il futuro di Hart andato a rotoli per colpa delle voci di un tradimento, The Front Runner – Il vizio del potere non chiede se ciò fosse vero o meno. Piuttosto offre una vista panoramica della miriade di reazioni indignate di quello che avrebbe significato per l'America. Con un ritmo da crime thriller, il film diventa una sorta di procedura politica, durante la quale una telecamera instancabilmente mobile quanto bilanciata, riprende l'impatto ad ampio raggio della supposta relazione extraconiugale di Hart, sui giovani idealisti dello staff della sua campagna, sul giornalismo e più in generale sulla società dell'epoca.
Tratto dal libro di Matt Bai, "All the Truth Is Out: The Week Politics Went Tabloid", il film racconta gli ultimi giorni in cui la promettente carriera di Hart venne stravolta. Hart (Hugh Jackman) era convinto delle sue idee per riportare l'America alla grandezza e alla leadership mondiale, mentre la stampa annunciava a gran voce di voler rivelare il suo lato personale. Quando il Miami Herald riceve una soffiata anonima sulla presunta relazione extraconiugale di Hart, le cose diventano più che personali. Un appostamento notturno davanti la casa diHart a Washington D.C., rivela la presenza di una giovane e sconosciuta donna. Hart, che ha sempre condannato la curiosità verso gli aspetti privati nella politica, continua imperterrito con il suo lavoro. I mezzi di informazione vanno in delirio quando si scopre che la donna risponde al nome di Donna Rice (Sara Paxton), una modella di Miami con cui Hart aveva folleggiato su una barca chiamata Monkey Business. Mentre il manager della campagna elettorale di Hart, Bill Dixon (J.K. Simmons) fatica a contenere i danni e la moglie di Hart, Lee (Vera Farmiga) è alle prese con le sue complicate reazioni, Hart prova a rimanere fuori dalla mischia, fin quando la stessa mischia finisce per inghiottirlo.
Reitman ritiene che il film sia un'opportunità per fare cronaca, nel modo più dettagliato e aderente alla realtà possibile, in totale accordo con quello che stava succedendo in quel momento sociale elettrico – l'ultimo prima che internet cambiasse tutto, prima che le linee tra la politica, i media e l'intrattenimento sfocasse fino a non essere più distinta. Come in uno specchio del 2018, la storia riflette le origini dei nostri dubbi verso coloro per cui la verità ha un suo peso, il cui potere va protetto, le cui storie devono essere riportate e quali debolezze siamo disposti o non disposti ad accettare nei nostri leader.
Reitman dice: "Quello è stato il momento in cui la terra sfuggiva velocemente sotto i piedi di chiunque e poi, il mondo divenne un luogo diverso. Nel 1987, andava in onda A Current Affair, il primo spettacolo di notizie di gossip, si cominciavano ad usare i camion con i satelliti per le trasmissioni video, la CNN dava ai suoi reporter telefoni satellitari per la prima volta, si impose la prima generazione di reporter cresciuti con il mito di Woodward e Bernstein e c'erano nuove forze femminili che avrebbero cambiato il mondo del lavoro. Tutte queste cose stavano succedendo nello stesso momento e tutte insieme, crearono le condizioni che sfuggirono all'attenzione di Hart".
Continua: "Quello era anche il momento che stiamo vivendo ancora oggi – quello in cui ci poniamo grandi domande su cosa i media debbano focalizzare la loro attenzione, su quale sia il comportamento corretto delle persone di potere, di cosa succede quando si è una 'talpa' e di quale sia il nostro diritto di conoscere le vite private di altri".
Reitman è stato spinto a raccontare questa storia in modo vibrante e cinematografico, che potesse collegare il passato al presente senza per questo dover esprimere un giudizio al riguardo. La forma del film è diventata parte della sua funzione, grazie al particolare uso di punti di vista multipli, di iperrealismo e l'accavallarsi delle conversazioni ad amplificare il tema centrale. "Volevo che lo stile del film chiedesse costantemente al pubblico di decidere cosa fosse più importante da tenere in considerazione – spiega – Il punto non è dire che non dovremmo mai parlare delle debolezze personali dei politici, quanto piuttosto domandarsi: di cos'è che non stiamo parlando quando quanto successo viene discusso ovunque? Quali sono le domande che non facciamo? C'è così tanta carne al fuoco che il film offre regolarmente allo spettatore la scelta: vuoi vedere il lato a o il lato b? Il film riesce a farlo fino all'ultima scena, quando ci si chiede: dove vuoi posare lo sguardo? Cos'è più importante per questi personaggi e anche per te, o forse sono la stessa cosa?"
"Non ho mai conosciuto un uomo di maggior talento a sbrogliare le matasse della politica, così che ognuno riesca a capire di cosa si tratta. È un dono che intende condividere. E tutto ciò che le persone gli chiedono è di posare per una foto. Questo lui non lo capirà mai" – Dixon
A volte etichettato come 'Il Grande Presidente Americano Che Non È Mai Stato', il suo vero nome completo era Gary Warren Hartpence nato a Ottawa, Kansas. Dopo la laurea in giurisprudenza alla Yale, ha iniziato il praticantato a Denver, attratto dallo sconfinato West e da quello che chiamava "il futuro dell'America". In possesso, secondo tutti, di una mente politicamente acuta, a poco a poco Hart divenne una stella nascente del Partito Democratico. Curò la campagna alle presidenziali di George McGovern nel 1972. Poi, gli venne affidato un seggio al Senato, dove si distinse prendendo parte al famoso Church Committee, che aveva il chiaro intento di riformare CIA, FBI, NSA e IRS, terminando con un'inchiesta sull'incidente nucleare accaduto nella Three Mile Island.
Dopo una propedeutica corsa alla carica di Presidente nel 1984, all'età di 46 anni, iniziò ad essere considerato un personaggio scomodo, ma il suo nuovo tentativo nel 1988 sembrava alquanto inviolabile. Era un nuovo tipo di candidato, non cresciuto nella cauta America della Depressione ma nel segno del cambiamento sociale, della volontà dell'integrazione e del pensiero libero tipico degli anni '60. Abbracciando l'etica del Nuovo Ovest, il fascino della tecnologia, la cura dell'ambiente e lo spirito classico pionieristico, Hart annunciò la sua candidatura sulle colline del Red Rocks Park in Colorado. Sprigionando un fascino enorme. Hart era amico intimo della leggenda di Hollywood, Warren Beatty e in lui si evinceva lo stile casual dei cowboy che avrebbero influenzato anche il suo stile presidenziale. Soprattutto, Hart parlava alle folle come se la virtù, la dignità e la compassione potessero ancora essere i caposaldi dei valori americani, nonostante sembrasse che la nazione ostacolasse il progresso tecnologico e sociale, ritenendoli terreni minacciosi.
L'altra faccia della medaglia del fascino di Hart, erano i sospetti di infedeltà coniugale che si aggiravano attorno al suo nome, sebbene all'epoca si riteneva che certi segreti dovessero essere protetti. Dopo tutto, per parte della storia della politica americana, ai presidenti U.S.A. veniva lasciata ampia libertà di movimento in materia di sesso, salute, matrimonio e famiglia. E per decenni, questi uomini potenti hanno pensato che i loro sollazzi extramatrimoniali sarebbero stati protetti da occhi indiscreti, così come era da sempre.
Ad ogni modo, tutto questo iniziò a vacillare quando si iniziò a parlare dello scandalo Watergate. Costretta dalla richiesta del pubblico a saperne di più sulle motivazioni degli uomini di potere, la stampa inizia a prendere in esame alcune figure pubbliche– in particolare i politici – con maggiore minuziosità. Allo stesso tempo, l'avvento delle televisioni via cavo e l'esplosione dei programmi di informazione 24/7, alimentarono un crescente appetito verso notizie sempre più scandalose.
Nel libro, All The Truth Is Out, Matt Bai – ex capo corrispondente politico del New York Times Magazine e attualmente editorialista di politica nazionale a Yahoo News – definì quella di Hart, 'una storia del momento quando i mondi del servizio pubblico e i tabloid, che già orbitavano sempre più vicini l'uno all'altro, finalmente collisero, e dell'uomo che si ritrovò inevitabilmente intrappolato in quella collisione'. Grazie alla vicinanza a Hart e a molti dei suoi collaboratori, Bai è riuscito a raccontare una storia avvincente come nessuno aveva mai sentito prima: dalla prospettiva del mondo che lo aveva presagito.
Bai capì che, quando la storia di Hart stava per finire nel dimenticatoio, era il momento più giusto per riportarla alla luce, specialmente perché lo scandalo sembrava voler fuggire dal contenuto giornaliero. Questa fu la sua più grande motivazione nello scrivere il libro. "La candidatura di Hart è ormai dimenticata – dice – Ma la storia che ho sentito il bisogno di raccontare – che è poi quella del film- è quella in cui è iniziato il percorso in discesa che ha portato il mondo dei politici a quello che stiamo vivendo oggigiorno".
Continua: "I candidati di oggi devono intrattenere, necessitano di alcune abilità ad evitare gli scandali, devono essere assolutamente disonesti per navigare le acque agitate del giornalismo. Ho scritto il libro perché credo che molti di noi ritengano sia il momento di fermare tutto e domandarci cosa stia provocando la distorsione del processo al nostro mondo".
"Guardi, venti anni fa i capi dei partiti ancora sceglievano i propri candidati fra le riserve, ed è un fatto. Ma le cose cambiano. Se lo dimenticano tutti" – Fiedler
Quando Bai stava facendo ricerche di repertorio per il suo libro, cercava quello che all'epoca veniva percepito come un diversivo: il tentativo di scrivere la sua prima sceneggiatura, che all'origine non aveva nulla a che fare con Hart. Si fece aiutare in questo dal suo grande amico Jay Carson – ex consulente politico e veterano delle campagne del 2004 di Dean e quella del 2008 per Clinton (famoso anche per essere stato d'ispirazione per il personaggio di Ryan Gosling in Ides of March) – che ha poi intrapreso una nuova carriera come consulente creativo in House of Cards. Un giorno,quando Bai ha accennato la sua ricerca su Hart, Carson disse subito, 'Perché non scriviamo la sua storia?'.
Più i due ne parlavano, più si convincevano che avrebbero potuto offrire una vista dall'interno fuori dal comune, visto che entrambi avevano lavorato contrapposti per le campagne presidenziali: Bai dal lato dei media, Carson dal lato della campagna vera e propria (i due si conobbero nel 1999, quando Bai seguiva la campagna di Bill Bradley e Carson era portavoce di Bradley). Entrambi conoscevano il linguaggio, l'umorismo macabro, le pressioni incessanti, l'intensità dell'amicizia e entrambi avevano personalmente affrontato la questione dei media e della democrazia di cui Bai parla nel suo libro.
"Penso che per entrambi fosse come scrivere per esorcizzare i nostri demoni personali dal mondo delle campagne – dice Carson – Entrambi ne avevamo abbastanza di quanto visto nelle nostre carriere e sapevamo che i problemi più profondi non erano ancora stati risolti. I principi fondamentali non funzionano".
La ricerca che Bai ha condiviso con Carson, unita a quella condotta da solo, lo hanno convinto di quanto il calvario di Hart avesse anticipato una nuova era in politica. "Hart aveva un'attrattiva giovanile, sul modello di Kennedy, e parlava di promesse all'America come nessun'altro politico dell'epoca – dice – Allo stesso tempo, c'era un gap generazionale nel modo con cui i giornalisti lo vedevano. Quelli con più di 40 anni accettavano il suo pensiero che avesse diritto alla privacy. Ma i giornalisti più giovani, formatisi con lo scandalo Watergate, avevano una visione completamente diversa di cosa fosse legittimo".
Bai nota che il cambiamento generazionale era guidato anche da radicali cambi sociali e tecnologici. "La tecnologia satellitare significava che la notizia poteva arrivare a chiunque a qualunque ora – spiega – E quando sei in diretta per 24 ore, c'è una vera pressione a creare la soap opera per mantenere le persone sedute al loro posto. Allo stesso tempo, si cambia atteggiamento verso l'adulterio, il matrimonio e le donne nell'ambito lavorativo, il che ha reso la storia controversa in modo drammatico".
Chiaramente la situazione degenerò, con gli scandali che diventavano sempre più assurdi, i mezzi di informazione raddoppiavano l'indignazione e la simbiosi tra politica e spettacolo ormai troppo legate l'una all'altra da essere veramente difficile da separare. Come giornalista, Bai conosce tutto questo fin troppo bene. "Ci troviamo in un momento in cui dobbiamo fare un bilancio, quindi abbiamo voluto scrivere questo non per giudicare le motivazioni di nessuno, quanto per attirare l'attenzione al fatto che ogni azione ha la sua conseguenza, sia per i politici che per i mezzi d'informazione. Questo è quanto ho detto ai miei colleghi giornalisti: dobbiamo capire che quello che facciamo non è un gioco. Quello che facciamo può avere ripercussioni per anni o addirittura decenni e cambiare il corso della storia".
"Billy, se oggi faccio un servizio fotografico, cosa farò domani? Un talent show? Una gara di nuoto?" – Hart
Nel 2016 Bai e Carson erano ancora alle prime fasi della scrittura, quando Bai fu ospite dell'innovativo programma di podcast della WNYC, Radiolab, per parlare della campagna elettorale del 1988. All'insaputa di Bai, uno degli ascoltatori era Jason Reitman, ascoltatore fedele del programma. Reitman era entusiasta. E ricorda, "In realtà non sapevo neanche chi fosse Gary Hart, perché quando si candidò per le presidenziali avevo appena 10 anni, ma quando ho sentito questa storia ho immediatamente riconosciuto le basi che ci hanno portato al momento che stiamo vivendo ora. Ho comprato subito il libro, l'ho amato e ho amato i suoi dettagli che mi hanno dato la sensazione di poter essere tradotto in un film. Questo mi è successo poche volte nella vita ed ero pronto a farne parte".
Reitman è famoso per essersi cimentato con il tessuto più interno della vita moderna in modo energico e divertente, come nella satira sulle lobby del tabacco in Thank You For Smoking, sovvertendo tutte le aspettative sulla gravidanza giovanile con il dramma candidato all'Oscar®, Juno, e scavando nei costi umani del limbo economico e dei licenziamenti in, Tra le nuvole (nominato a sei Oscar®). Tuttavia, The Front Runner – Il vizio del potere rimane per molti versi, il suo lavoro più tematico e certamente più ambizioso, di quelli fatti finora, il che faceva parte del fascino. Incontrare Bai e Carson, era nel suo destino. Non solo instaurarono un rapporto naturale, ma Reitman ha suggerito idee che avrebbero cambiato l'intero tenore della sceneggiatura.
La prima cosa che fece Reitman, fu invitare Bai e Carson a guardare il film del 1972 di Michael Ritchie, Il Candidato, spesso considerato l'antesignano, con i suoi quaranta anni dall'uscita al cinema, di come debbano essere venduti i candidati politici. Con Robert Redford nel ruolo di un ambizioso avvocato che accetta compromessi, una volta impensabili, sulla strada per diventare senatore della California, il film è adorato per il suo frenetico e simulato realismo e il cinismo di come le promesse concrete possano essere trasformate in immagini di facciata.
"Ho detto a Matt e Jay, 'questo è come dovrebbe sembrare il nostro film' – ricorda Reitman – Ho detto, creiamo un mondo iper-reale e facciamolo nel modo in cui si farebbe un film fantasy sulla costruzione del mondo, con quel tipo di apprezzamento intenso per i dettagli e la struttura immersiva. Con questo abbiamo dato il via ad un percorso in cui nel film c'è una spiegazione per ogni dettaglio, persino quale liquore sta bevendo ogni singolo personaggio".
Bai e Carson erano già grandi fan di Reitman, ma ora lo vedevano come una scossa di creatività illuminante. "Jason ha capito immediatamente come focalizzarsi su quello che stavamo facendo – ricorda Bai – In precedenza ci ernao stati dati dei consigli di rendere la storia più di fantasia, ma poi è arrivato Jason cha ha detto, 'questo è un momento importante della politica americana e noi dobbiamo raccontare la storia vera'. Non riesco a dirvi quanto sia stato gratificante sentire quelle parole. Era chiaro che aveva colto nel segno e da quel momento è nata una collaborazione incredibile". Carson aggiunge, "Jason ci ha dato il coraggio di spogliare la sceneggiatura dalle concezioni Hollywoodiane. Ci ha spinti a muoverci tra i tre regni centrali della storia: la campagna elettorale, la stampa e la famiglia di Hart. Era come il capitano di una nave in mezzo alla tempesta che diceva fidatevi di me, faremo la storia vera e funzionerà. E aveva ragione".
Bai e Carson avevano già sviluppato il proprio metodo di scrittura – uno iniziava a scrivere per un po' e poi passava la palla all'altro, che iniziava a leggerlo dalla prima pagina, eventualmente correggendo prima di scrivere nuove pagine della storia. In questo modo il racconto rimaneva consistente anche integrando le idee di entrambi. Anche Reitman era coinvolto nello stesso flusso di idee. "Funzionava", dice Bai, "perché ognuno di noi sentiva di avere messo del suo nella scrittura e nessuno di noi riusciva più a riconoscere di chi fosse la parte scritta".
Un'altra idea fondamentale sostenuta da Reitman sin dall'inizio, era di evitare la prima persona, il punto di vista singolare. Piuttosto che far raccontare la storia a Hart o a Donna Rice, Reitman ha pensato: perché non sostituire il narratore centrale con una vista panoramica e neutrale che offrisse la ricca gamma di ognuno dei personaggi, una voce che non assegnasse il ruolo di eroe o cattivo? Bai e Carson lo hanno trovato liberatorio. "Adesso il racconto ha iniziato a diventare complesso nel modo in cui la realtà stessa è complessa – dice Bai – Questo incoraggia il pubblico a decidere da sé chi avesse ragione e chi no e come sarebbe andata a finire".
Il trio ha anche condiviso un acuto senso dell'ironia che ha mantenuto la sceneggiatura leggera anche nei momenti più spinosi. Anche questo era lo specchio della realtà. "Lo staff delle campagne elettorali e i giornalisti sono le persone più divertenti, con la lingua tagliente e con spirito di osservazione che abbia mai conosciuto – nota Carson – Durante tutte le campagne a cui ho lavorato ho riso come un pazzo. E per Jason questo aspetto è diventato il più importante, cioè usare il linguaggio e le espressioni reali che si possono sentire nelle stanze usate durante le campagne elettorali".
Strada facendo, Reitman ha conosciuto numerosi personaggi reali ritratti nel film, tra cui Gary Hart, sua figlia Andrea, Donna Rice e molti dello staff della campagna del 1987. Ancora più importante, ha fatto avere ad ognuno di loro un questionario che ha contribuito ad arricchire le specifiche di ogni personaggio. "Ho chiesto ad ognuno di loro di descrivere un giorno normale della loro vita nel 1987 e domande del tipo: quale era il suo hobby? Per quale squadra tifava? Cosa beveva di solito e quali erano i suoi snack preferiti? Quale foto aveva sulla scrivania? Tutte queste cose le abbiamo poi trasferite nel film".
Così come Reitman, anche Bai e Carson ricercavano la realtà, ma ci sono cose rimaste sconosciute. "Ci sono dei momenti in cui non sapevamo cosa si fosse detto dietro le porte chiuse, quindi abbiamo dovuto forzatamente usare l'immaginazione", spiega Carson.
Altro elemento fondamentale per loro è stato dare voce alle donne del film, soprattuto perché storicamente le loro voci in queste situazioni sono sempre state soffocate. Reitman dice: "Ai fini della storia, abbiamo ritenuto importante avere cinque diversi personaggi femminili: Donna Rice, Lee Hart, Andrea Hart, Irene Kelly e Ann Devroy del The Washington Post – e ognuna di loro prende parte alla storia secondo diversi punti di vista".
Bai ha avuto modo di conoscere la Rice mentre faceva ricerche per il suo libro. "Molto spesso, in queste situazioni le donne vengono messa da parte o male interpretate. Ma Donna è una persona molto più complessa di quanto venne descritta all'epoca, e noi volevamo assicurarci che questo finisse nella sceneggiatura. Bisogna tenere a mente che nel 1987 per lei non esisteva uno schema – nessuno della politica americana aveva mai vissuto un'esperienza analoga prima di allora. Quindi per noi era vitale raccontare la sua storia con compassione e complessità, far trasparire la sua dignità", dice Bai.
Carson riflette "Volevamo davvero porre la domanda: 'Come sarebbe essere nei panni di Donna nel momento attuale?' Penso che non si possa fare a meno di provare simpatia per lei, poiché si vede una giovane donna sbranata dalle mascelle dei media in modo incredibilmente distruttivo per il suo essere".
Quando si è trattato di descrivere Lee Hart, Carson ha avuto altre esperienze personali da suggerire. "La mia esperienza politica più formativa è stata accanto alla moglie di un politico accusato di infedeltà coniugale – e quella donna altri non era che la candidata Hillary Clinton. Quindi ero a conoscenza del lato umano doloroso di qualcuno in quella posizione e di cui il mondo è ignaro".
Infine, senza nessun personaggio predominante, l'interpretazione di ogni attore è stato parte di un mosaico che ha esaltato la somma delle loro parti. "Quella era la visione chiara di Jason per il film", conclude Bai.
L'approccio sfaccettato della sceneggiatura – e il suo mix di ironia cruda e umanità senza fronzoli – ha innescato l'impegno dei due produttori che lo hanno visto come un passo emozionante per Reitman: Helen Estabrook, che lavora con Reitman alla Right of Way Productions e che ha prodotto il film premio Oscar® Whiplash; e Aaron L. Gilbert, il cui BRON Studios è specializzato nel raccontare storie audaci e che ha già lavorato con Reitman in Tully.
Entrambi hanno compreso i rischi. Girare il film sarebbe stato difficile, con la sua enfasi sulle conversazioni improvvisate e l'azione parallela, i continui e imprevedibili movimenti di macchina e l'insistenza nel non voler giudicare i personaggi i quali, senza accorgersene al momento, stanno cambiando la traiettoria dell'America e le loro vite stesse con le loro decisioni. Ma hanno anche capito che Reitman era in totale controllo.
"Ho avuto implicitamente fiducia in Jason. Per me è sia un amico che un grande partner creativo – dice Gilbert – Perciò quando mi ha spiegato cosa voleva fare con questa storia, la mia risposta onesta è stata di andare avanti. Quello che mi è piaciuto di più della sceneggiatura, è che la relazione extraconiugale è secondaria rispetto alla storia principale. Non sappiamo neanche se la relazione sia mai esistita e la sceneggiatura non lo spiega. Al contrario, è un cambio radicale nel tenore della politica e nel modo in cui i mezzi di informazione lo hanno seguito, e questo ci ha letteralmente rapito".
Estabrook nota che è difficile guardare alle vorticose tematiche del film senza tenere in conto di dove ci troviamo oggi nel 2018. "La storia ricorda per molti versi la nostra società che stiamo appena iniziando a comprendere, dalle complessità su come rapportarci con le figure politiche, fino al grado con cui la nostra società è abituata a proteggere gli uomini al potere – dice lei – Parla di quali sono le nostre responsabilità gli uni verso gli altri, sia che si tratti di cittadini privati o figure pubbliche. Penso che Jason sia stato profondamente ispirato dall'opportunità di lavorare secondo i canoni cinematografici classici degli anni '70, quanto di quelli attuali".
Con decine di personaggi con le battute e gli ordini del giorno per 20 o più personaggi sul set ogni giorno, bisognava mettere insieme non soltanto un gruppo di lavoro, ma che questo fosse anche coeso. Il casting è iniziato non appena il progetto ha avuto il via libera. "Siamo riusciti a mettere insieme un fenomenale gruppo di attori iper intelligenti, ognuno con una esperienza diversa alle spalle, che insieme hanno formato un coro di voci straordinario", dice Estabrook. Gilbert aggiunge, "Ho sempre ritenuto che il lavoro di casting di Jason fosse una delle sue caratteristiche migliori, perché ha un istinto fenomenale. Ci siamo affidati a persone di conoscenza di Helen, persone che conoscevo io, persone con cui Jason aveva lavorato in precedenza e quelle con cui desiderava lavorare. Ognuno di loro ha accettato sostenendo che la sceneggiatura era davvero forte".
Una volta sul set, consapevoli che la fiducia sarebbe stata fondamentale perché il cast si sentisse a proprio agio, Reitman si è dato da fare per forgiare un ambiente ineffabile che cementasse il legame del cast. Ha poi iniziato ogni giorno di riprese distribuendo ritagli di giornale che riportavano fatti risalenti al 1987 – non solo eventi di politica ma anche sportivi, sociali e culturali – così da preparare le conversazioni che si sarebbero tenute durante le riprese.
"Il risultato di tutto questo è stato che è accaduto qualcosa di magico – dice Bai – Quando tutti quei giovani attori hanno cominciato a frequentarsi parlando del 1987, hanno sviluppato un rapporto naturale e bellissimo. Hanno iniziato a fare battute a sfondo sessuale legate al periodo, ed è emersa una profondità tale che non ci aspettavamo".
"Sapete, ecco perché la gente non vuole occupare ruoli pubblici. Perché prima o poi qualcuno tirerà fuori quello che avete detto 15 anni fa e si comporteranno come se la vostra vita si sia fermata a quel giorno". – Hart
Il dubbio su chi avrebbe dovuto interpretare Hart – il suo fuoco e le sue abilità ma anche la sua complessità e la sua risservatezza – ha trovato una risposta immediata. Reitman era convinto che ci fosse una persona che potesse essere discreto ma significativo. Certamente Hugh Jackman non è stata la scelta più ovvia. Anche se aveva vinto il premio Emmy, Tony e Golden Globe, oltre che candidato all'Oscar®, era anche un attore australiano conosciuto più per la serie action Wolverine e le sue qualità di cantante e ballerino a teatro e in film come, Les Miserables e The Greatest Showman. Sebben abbia già recitato in ruoli drammatici, questo sarebbe stato qualcosa di veramente diverso da quanto Jackman abbia mai fatto in precedenza.
Ciò che ha convinto Reitman, è stata l'etica del lavoro di Jackman e la sua intelligenza, casualmente due delle qualità salienti di Hart. "Hugh è famoso per essere un gran lavoratore e questa cosa mi ha intrigato – dice il regista – Voglio farvi un esempio. Un giorno, ho visto Hugh camminare mentre leggeva uno spesso fascicolo pieno di informazioni riguardanti Hart. Gli ho chiesto 'pensi di leggerlo tutto?' e lui ha risposto, 'oh, in realtà ho già finito di leggerlo, è questo è solo il primo di cinque libri'. Quello era il suo livello di impegno. Hugh recitava discorsi di Hart che non facevano parte del film. Hugh ha scoperto così tante cose su Gary Hart che alla fine le ha insegnate anche a me. Una volta mi disse, 'Non mi piace sentirmi come se avessi potuto fare meglio di quanto fatto' e questo la dice lunga sullo Hugh Jackman attore e anche sull'uomo. Questo è anche il motivo per cui spinge la gente che lo circonda a lavorare seriamente".
Reitman rimase anche colpito dall'idea di vedere Jackman muoversi in territori sconosciuti. "Non ho mai visto Hugh interpretare un enigma – dice – L'ho visto interpretare persone eroiche, distrutte, ambiziosi o di talento, ma non l'ho mai visto interpretare questo genere di uomo intelligente e carismatico, che non si apre agli altri molto facilmente. Sapevo che per lui questa sarebbe stata una sfida emozionante, avere la sua vita privata coperta da un velo. Quello che mi piace è che lo spettatore non è proprio sicuro di come sentirsi verso Hart, e questo è esattamente ciò che io e Hugh volevamo".
Nonostante sia cresciuto in Australia, Jackman conosceva qualcosa di Hart. Ma più ne veniva a conoscenza, più si rendeva conto della grandezza del ruolo. "Ho un vago ricordo dello scandalo – dice Jackman – Ma quello che non sapevo è stato ciò che ha scatenato, quanto aveva da offrire e quanto quel periodo significò per il futuro della politica e dei mezzi di informazione americani. Ho sentito che la sceneggiatura ha gettato una luce chiara su un punto di svolta della storia. Non è certo famoso come l'assassinio di JFK o il Movimento dei Diritti Civili o Watergate, ma adesso si può discutere di come quel momento fosse, a suo modo, uno snodo significativo".
Jackman si è interessato discretamente a qualcosa di Hart – il modo in cui la sua forza e il suo tallone di Achille erano intrecciati, il modo in cui la sua concentrazione sul quadro generale potesse tenere fuori tutto il resto. Quello divenne una traiettoria ancora più forte dopo aver conosciuto di persona Hart. "Gary viene ricordato per quel breve periodo della sua vita, invece di essere ricordato per le cose che ha fatto – osserva Jackman – Quando lo conobbi, mi raccontò di alcuni suoi piani per il futuro e io sono rimasto meravigliato oltre che profondamente consapevole dell'opportunità che aveva perso – era uno degli uomini politici più dotati dei nostri tempi, e ciononostante non ha mai realizzato il potenziale delle sue idee".
Per Jackman, quello che Hart fece o non fece con Donna Rice durante la crociera a Bimini, non è importante. "Credo che invece di domandarci 'l'ha fatto o non l'ha fatto', la domanda più importante che dovremmo porci su Gary Hart sia: perché ci importa così tanto? Nel suo discorso finale, Gary disse che che anche se alcune cose sono interessanti, questo non le rende importanti. E penso che molte delle cose di cui si occupano i mezzi di informazione, siano più interessanti che importanti, e questo ci spinge a perdere di vista ciò che davvero conta poiché non tanto eccitante".
Certamente, ora che le persone sono abituate alle notizie scioccanti dei tabloid, le accuse di Hart sembrano alquanto pittoresche. "L'ironia sta nel fatto che ora i candidati alle presidenziali sono accusati di cose ben peggiori e riescono a sopravvivere, ma quando Hart era candidato, il nostro appetito per le notizie stava iniziando a crescere – dice Jackman – Le persone stavano iniziando a volerne sapere di più in modo sempre più immediato, breaking news sempre più veloci che questo scandalo provvedeva a nutrire".
Jackman ha immaginato Hart e le sue relazioni, in termini sia di responsibilità intrinsesca nell'ispirare la gente, e l'angoscia di deludere quelle stesse persone. "Una delle cose che mi piacciono di più in questa storia, è il fatto che non si occupa esclusivamente di cosa stava passando Hart – dice Jackman – Guarda anche a quello che stava passando la sua famiglia, le ripercussioni su Donna Rice e a cosa stava cambiando nel mondo del giornalismo".
L'intensità della dedizione di Jackman, e il modo in cui scompare dentro al ruolo senza traccia, è diventata un caposaldo per la produzione. "Hugh ha dato molto di suo al ruolo, che ne siamo rimasti veramente commossi.
Sul set era un vero leader – dice Estabrook – Con la sua professionalità ha instillato delle vibrazioni meravigliose al nostro grande gruppo di lavoro. Sembrava anche di un caso di vita che imita l'arte, perché come lo staff di Hart seguiva Gary ovunque, anche il cast ha provato lo stesso nei confronti di Hugh".
Gilbert aggiunge: "Questo è un ruolo inusuale per un leader, perché a volte lo trovavi seduto dietro le quinte come una controfigura. Questo la dice lunga sull'umiltà e sulla convinzione di Hugh, messe in mostra in ciò che voleva fare Jason, così da venire assorbito nell'insieme. Sembrava amasse l'esperienza che stavano costruendo".
Jackman dà merito a Reitman di aver acceso la sua dedizione. "Lavorare con Jason è stata l'esperienza più divertente ed appagante della mia vita professionale. Ha la straordinaria abilità di darti la giusta dose di spazio che ti serve per recitare ed inventare. Di Jason mi è anche piaciuto il fatto che capisce come raccontare una storia avvincente ricca di humor e stile visivo, profondi in egual misura".
L'energia viscerale del film è ciò su cui Jackman fa affidamento per trascinare le persone in una storia che pone mille domande. "Il film è rapido e divertente, ma poi ci porta fino ad un bivio incredibile e alla domanda su come abbiamo fatto ad arrivare fino a qui", conlcude.
L'immersione di Jackman nella vita di Hart, ha reso euforici in special modo gli sceneggiatori. Bai dice, "Hugh riesce a dire cose con la sua mimica facciale che non si possono tradurre in parole. Hugh potrebbe candidarsi a qualsiasi elezione – Ho incontrato raramente politici con le sue abilità". Carson aggiunge, "Per riuscire a fare la parte di quello intelligente, devi essere intelligente e Hugh è sia intelligente quanto curioso nei confronti del mondo. Ogni cosa che abbiamo scritto pensando a lui, voleva saperne sempre di più per poi usufruirne durante la sua performance. Penso che con questo ruolo, sia passato ad un livello superiore".
"Tu pensi che dovrei sentirmi umiliata. Sentimenti così semplici sono un privilegio di quando si è giovani. Il nostro matrimonio è complicato. Così come l'amore che nutriamo uno verso l'altra" – Lee
Gran parte di The Front Runner è concentrato su Gary Hart, ma al cuore della sceneggiatura ci sono anche due donne accomunate dalle ripercussioni della sua crisi politica: sua moglie, Lee e la donna accusata di intrattenere una relazione extraconiugale con suo marito, Donna Rice. Quando un politico viene accusato di infedeltà, la persona che più spesso affronta le conseguenze più intense, è la sposa—impegnata ad erigere un muro nei confronti dei mezzi d'informazione, lottando in privato contro la perdita di fiducia. Per Reitman, Bai e Carson, era essenziale che alla vita della moglie di Gary Hart, Lee, fosse garantita una delle voci più forti all'interno del film. Per fare ciò, si è pensato ad un'attrice emozionante come Vera Farmiga, candidata agli Oscar® per il suo primo impegno sotto la direzione di Reitman e accanto a George Clooney, in Up In The Air.
L'abilità della Farmiga ad esprimere un'ampia gamma di emozioni che vanno oltre al dialogo, la hanno resa inestimabile per questo ruolo. Reitman dice: "Quello di Lee è un ruolo subdolo, perché per molti versi il pubblico guarda a lei per capire come sentirsi nei confronti del marito. Vera riesce a farlo con l'aiuto del solo sguardo e il timbro della sua voce. In questo film, la cinepresa è in movimento costante, ma per Vera si ferma".
Jackman è rimasto colpito dalla Farmiga. "Tutti noi ritenevamo importante che Lee non si sentisse mai una vittima – dice – Vera riesce a dare questa impressione perché è una forza della natura, sia con i piedi per terra che quando deve essere emotiva".
È noto che Lee Hart è rimasta al fianco del marito quando sono iniziate a circolare le chiacchiere su Donna Rice, dichiarando alla stampa che la storia non la toccava e che in ogni caso era convinta che suo marito dovesse diventare presidente. La Farmiga ha cercato di guardare oltre la funzione dell'ancora che Lee rappresentava per Gary (nel 1987 erano già sposati da 28 anni), funzione che per lei ha comportato un prezzo da pagare. "Ciò che mi ha attratto nell'interpretare Lee, è stata la mia curiosità verso il suo amore inflessibile. Adoro il modo con cui le donne stabiliscono ed eseguono l'amore e sono affascinata dal loro livello di sopportazione del dolore – spiega la Farmiga – Lee è una donna ferita psicologicamente e deve cercare di sopravvivere e proteggere la sua famiglia, il suo amore e anche lei stessa".
Ha iniziato a nutrire un grande rispetto per Lee che a tutt'oggi è rimasto immutato. "Credo che serva una certa fermezza regale e un grande impegno per gestire una tempesta simile, quando hai il cuore a pezzi – dice la Farmiga – Ho trovato affascinante tutto questo. Ho anche trovato interessante il fatto che, 30 anni dopo, Lee sia ancora vicina a Gary. Questo spiega la complesità del matrimonio e la difficoltà di promettere il proprio amore per la vita alla stessa persona".
La Farmiga ha notato in Lee una certa autostima, che l'ha fatta rialzare anche dopo essere uscita malconcia dalla battaglia contro la stampa, dalle altre donne che hanno obiettato la sua scelta di rimanere accanto al marito e anche dai suoi stessi dubbi. "Se perseveri in un matrimonio minato dall'infedeltà, credo di poter dire che sia una donna veramente ottimista – osserva – O perlomeno ottimista riguardo l'istituzione del matrimonio e la sua santità, tanto da non volerlo interrompere anche se ti ha spezzato il cuore".
La Farmiga è stata felice di poter tornare a lavorare con Reitman. "Jason mi chiede sempre di esplorare l'infedeltà – dice ridendo – Però stavolta sono dall'altra parte della barricata. Sinceramente, penso che entrambi abbiamo interesse nelle storie di cuori spezzati e poi riparati. E io credo in lui—la sua visione è così precisa che comprende a fondo il personaggio. Ma Jason voleva anche un po' di turbolenza sullo schermo, così ci ha incoraggiati a sfoggiare ciò che avevamo dentro e da cosa eravamo ispirati. Questo ci è piaciuto tantissimo. In genere sul set veniamo ripresi perchè parliamo sopra agli altri attori, ma su questo set era tutto fuoco e fiamme e lui ci ha lasciato ampia libertà di scelta".
Era la prima volta che lavorava al fianco di Jackman, il cui rapporto con la Farmiga è apparso naturale già dal primo giorno di lavorazione, tanto che lei ha sentito di poter spaziare candidamente in tutte le emozioni non dette, tipiche dei rapporti coniugali. "Hugh ha la reputazione del bravo ragazzo. Ma in realtà…è molto più di questo – sorride divertita – Ha un fascino immenso ed è leggero. Ma è anche trasparente e questo ci ha permesso di stabilire immediatamente il legame che i nostri personaggi avevano impiegato anni per costruire".
Il dubbio suscitato dal ritratto di Lee eseguito dalla Farmiga—cioè di cosa fanno le mogli e cosa devono aspettarsi durante una campagna elettorale—è venuto fuori in maniera fisica, nel corpo, grazie a delicate espressioni e gesti che dicono molto più di quanto non riescono le parole, in un mondo in cui le parole vengono molto spesso manipolate. Steve Zissis, suo compagno di avventura, osserva: "Il contenuto emotivo di Vera è semplicemente struggente. Solennità è la parola d'ordine da usare per Vera, ed è quello che ha portato sullo schermo".
La controparte di Lee Hart nello scandalo, è una donna che non conoscerà mai: Donna Rice, originaria di Miami che all'epoca aspirava a diventare modella e attrice, per poi trovarsi soltanto invischiata in uno dei più intensi e deliranti momenti della storia fino a quel momento.
La Rice venne immediatamente etichettata come stereotipo dai media, e un pedone nello scacchiere politico, ma il film la descrive come qualcosa di più complesso: una giovane brillante la cui vita e il cui futuro furono devastati in un istante. Ad interpretare il ruolo della Rice, troviamo la stella nascente del cinema Sara Paxton, vista recentemente nel ruolo di Candy Shaker nel film di David Lynch, Twin Peaks: The Return.
La Paxton ha immediatamente conquistato la fiducia di Reitman. "Per me, si trattava di dare a Donna quel senso di umanità che in realtà non le è mai stato attribuito – dice il regista – e mi serviva qualcuno che impersonasse non soltanto la sua sofferenza ma anche la sua intelligenza e il desiderio di essere presa sul serio. Sara mi ha dato subito tutto questo".
L'approccio della sceneggiatura al personaggio di Rice, ha convinto la Paxton. "Mi è piaciuto il fatto che Donna venisse descritta come una donna istruita ed ambiziosa, che d'un tratto diventa vulnerabile nei confronti del mondo a causa della sua implicazione nelle storie giornalistiche che non avrebbe mai immaginato potessero succedere. Ho immaginato come Donna volesse essere presa sul serio e credo che molte donne si sentiranno vicine al suo stato. Si era laureata con lode e imediatamente vista sotto un'altra luce, ovviamente diversa da quella che lei riteneva di essere. Ho voluto interpretare il suo personaggio con tutte le mie forze".
La Paxton si è buttata a capofitto nel ruolo. "La prima scena che ho girato è stata quella in cui vediamo Donna distrutta, quindi abbiamo lavorato a ritroso nel tempo fino alla scena sulla barca, quando Donna non aveva ancora idea di cosa le sarebbe successo", spiega.
Avendo conosciuto di persona la Rice, Bai si è molto commosso dalla recitazione della Paxton. "Sara interpreta Donna con la dignità e la sincerità fondamentali che sono parte della vita vera—ha lavorato proprio come speravamo che avesese fatto", dice lui.
"Quando sei stanca e hai male ai piedi e le mani sono congelate perché hai bussato alle porte di tutta Nashua per 12 ore di fila, quando ti mancano i tuoi amici migliori, i tuoi bambini, quando sei stanca di mangiare avanzi perché i soldi non arrivano, allora pensi all'opportunità che ti si presenta adesso e al costo che questo grande paese dovrà sopportare perché abbiamo dissipato tutto" – Dixon
Mentre la campagna di Hart si trasforma rapidamente da una corsa in ascesa a confusione, il peso di tutto ciò viene sostenuto non soltanto da Hart e la sua famiglia ma anche dai suoi collaboratori. Giovani donne e uomini di tutto il paese in cerca di qualcosa in cui credere, si uniscono a Hart e al suo messaggio—disposti a sacrificare lavori ben retribuiti, al sonno e alle loro vite sociali per combattere al fianco di una voce diversa all'interno della Casa Bianca.
Creare quel team, e instaurare il rapporto di persone che passano insieme16 ore al giorno in una pentola a pressione, è stata una delle gioie più grandi per Reitman. Che dice, "Mettere insieme il cast è stato come mettere insieme un'orchestra, l'alchimia e l'abilità di recitare insieme era imperativa".
A guidare la campagna c'era Bill Dixon, amico da anni di Hart e esperto di campagne elettorali che non è riuscito comunque a raddrizzare la barca che stava affondando, dopo che sono stati resi noti i pettegolezzi su Donna Rice (Dixon ha lasciato per sempre sia Washington D.C. che le campagne politiche dopo aver dato forfait nella campagna di Hart). Interprete del personaggio è J.K. Simmons, premio Oscar® con l'indelebile ruolo del professore perfezionista in Whiplash e che lavora regolarmente con Reitman, tanto che il regista lo definisce "la mia musa".
Reitman spiega perché riesce sempre a trovare un ruolo per Simmons, "J.K. è quel tipo di attore che sai di essere in grado di sostenere ogni situazione. Non ne conosco un altro che riesce ad essere orribile come in Whiplash e poi trasformarsi nell'attore divertente e vulnerabile che conosciamo. Sono fortunato di poterlo avere in quasi tutti i miei film. Bill Dixon è l'unica persona della campagna della stessa generazione di Hart, quindi è lui il veterano che guida tutti quei giovani idealisti, cercando di aiutarli a diventare persone migliori. Questo è anche un ruolo che si rispecchia con il pubblico, dato che è Bill a porre tutte le domande difficili come se lo facessimo noi spettatori".
Estabrook dice, "Jason adora lavorare con J.K. perché dà un tocco di umanità ad ogni personaggio che interpreta. J.K. ha la capacità di mostrare cosa sta passando il suo personaggio e qui mette in mostra le doti di comando di Bill Dixon e tutta la sua delusione".
Simmons dice che per Reitman reciterebbe in qualunque ruolo, ma che The Front Runner lo ha affascinato da subito. "La naturalezza della sceneggiatura ti fa sentire in mezzo alla stanza in interminabili e sardoniche conversazioni piene di energia – dice – Inoltre, la sceneggiatura non ti dice da che parte stare e questo mi ha intrigato molto".
Sebbene molti del cast non abbiano voluto di proposito incontrare la loro controparte della vita reale, Simmons ha conosciuto e dialogato con il vero Dixon, anche perché era spesso dietro le quinte. "Lui è un uomo molto esperto, padre di famiglia e anche simpatico – dice Simmons – Naturalmente non stiamo facendo un documentario e tra me e Bill ci sono molte incongruenze – ad esempio, Bill Dixon ha ancora tutti i capelli. Tutto sommato, quello che volevo, e che anche Jason voleva, era di arrivare a spiegare chi fosse questo tipo".
Anche lavorare con un cast di giovani, parte dello staff della campagna, è stata una gioia per Simmons. "Ho trovato rigenerante lavorare con tutti quei giovani attori, che sono bravissimi a prendere decisioni", dice.
Simmons conosce il modo di lavorare di Reitman, ma ha avuto la sensazione che questo film fosse diverso. "Jason era più sciolto e più aperto all'improvvisazione, e così ha ottenuto l'effetto di una stanza piena di gente intelligente e che richiede la propria attenzione – dice – C'era un'atmosfera elettrica".
Jackman ha alzato la posta in gioco di Simmons. Gilbert dice, "Una delle scene più memorabili del film, è quella in cui J.K. affronta Hugh nei panni di Gary. Vederli recitare assieme era come assistere ad un incontro di boxe di cartello. Insieme erano veramente una potenza".
Altro personaggio chiave dello staff di Hart, era la programmatrice Irene Kelly, una di quelle messa ad occupare una posizione che non si sarebbe mai immaginata—scortare Donna Rice fino a Miami mentre la campagna prende una strada differente per difendere Hart dalla catastrofe totale. Ad interpretare il ruolo c'è Molly Ephraim, che si è fatta le ossa a Broadway e che abbiamo già visto nella saga di Paranormal Activity, oltre che nella sitcom Last Man Standing.
Il ruolo ha rappresentato l'opportunità di sviscerare i modi con cui le donne, e per diversi decenni, erano sottomesse lavorando per uomini politici influenti.
Eastabrook dice: "Ciò che adoro nel personaggio di Molly, è il fatto che lei è una donna che dovrà fare parecchie esperienze emotive in una situazione non creata da lei, cosa che succede spesso a molte donne. Questa è una parte estremamente rilevante della storia, che racconta egregiamente alle generazioni odierne di cose con cui stiamo iniziando a confrontarci".
Ephraim descrive Kelly come "messa in mezzo" perché crede in quello che fa Hart, ma che si trova invischiata in questa strana vicenda, in cui prova simpatia per Donna Rice e in cui deve barcamenarsi con la situazione in cui si trova Donna, causata dall'uomo per cui lavora.
Una delle parti del suo ruolo preferite dalla Ephraim, è stata lavorare con il gruppo. "Jason ha scelto un gruppo di persone tutte molto divertenti, che hanno provocato bellissimi momenti di improvvisazione", dice lei. Ma in particolare le è piaciuto lavorare con la Paxton nel ruolo della Rice. "Abbiamo girato una delle scene più difficili insieme già al secondo giorno di ripreses, e lei era già calata nella parte e molto commovente – dice la Ephraim – Ha quest'aria dolcemente innocente ma intelligente, e sapere quello che le sta capitando spezza il cuore".
Il giovane e aggressivo addetto stampa di Hart, Kevin Sweeney (che oggi lavora come consulente gestionale specializzato in responsabilità ambientale) è interpretato da Chris Coy, conosciuto per i suoi ruoli in The Walking Dead, Banshees e The Deuce. "Kevin è un ventottenne appassionato e entusiasta, appena uscito dalla università di Berkeley" diceCoy del suo personaggio. Anche a Coy è piacuto il processo con cui è stato creato l'ambiente dietro le quinte. "Abbiamo iniziato a discutere degli articoli di giornale forniti da Jason, mentre intorno a noi si muoveva la cinepresa. Era tutto molto vero in termini di conversazione—più di ogni altra volta in cui ho avuto modo di lavorare".
Quando ha saputo di dover lavorare accanto a Jackman, Coy, come molti altri, era sicuro che non sarebbe stato all'altezza della sua leggenda. "C'è un detto che dice, 'mai conoscere i propri eroi' – sorride divertito – Ma Hugh e Jason hanno dato prova di essere delle anomalie perché sono entrambi molto simpatici. Hugh fa tutto molto meglio di ognuno di noi, ma rimane sempre umile e ci ha sempre fatto sentire molto importanti per lui".
L'uomo di fiducia Mike Stratton, il cui lavoro consisteva nel preparare Hart agli eventi pubblici e alle conferenze stampa, è interpretato da Alex Karpovsky, famoso per la sua intepretazione di Ray nella serie comico drammatica della HBO, Girls. Ciò che ha sorpreso Karpovsky, è quanto fossero vicini i lavoratori delle campagne elettorali con la stampa a quell'epoca. "Ho trovato divertente ricreare quei giorni, quando lo staff delle campagne elettorali e i giornalisti si ritrovavano la sera dopo il lavoro e magari si bevevano insieme una birra o due. Avevano il modo di conoscersi meglio e anche di scambiarsi delle idee, riuscendo così a crescere ed imparare", commenta.
Il capo dello staff Doug Wilson, che consigliava Hart in materia di politica (diventato in seguito assistente del segretario della difesa per gli affari pubblici, rendendolo così il gay dichiarato con il più alto grado del Pentagono), è Josh Brener, famoso per il suo ruolo nella fortunata commedia per la TV, Silicon Valley. "Doug è il signore della politica", lo descrive così Brener. Brener si è gustato l'opportunità di sperimentare un po' cosa significhi lavorare in trincea durante una campagna elettorale. "C'è uno strano mix di eccitazione, stanchezza e dopo sbornia che sembra essere al centro della vita di ogni campagna elettorale – osserva – Non è troppo diverso da quando si gira un film".
Il vice presidente della capagna elettorale, John Emerson è il braccio destro di Hart, un uomo eccezionale nel risolvere i problemi tanto da essere conosciuto come "Mr. Aggiustotutto". (Emerson ha poi lavorato per Clinton alla Casa Bianca ed è stato Ambasciatore U.S.A. in Germania). Nel suo ruolo troviamo Tommy Dewey, conosciuto per la serie della Hulu, Casual. Ad attirare Dewey è stata la possibilità di esplorare l'aspetto comico insito nella vita politica. "Nonostante la posta in gioco sia molto alta e sia molto stressante, in quel mondo c'è anche molta ironia. Per questi uomini la comicità è una valvola di sfogo, oltre che una forma di cameratismo".
Lo stesso tipo di cameratismo che si è sviluppato all'interno del cast. "Mettere insieme un gruppo di lavoro che funziona è come svuotare il mare con un cucchiaino – nota Dewey – Invece Jason c'è riuscito alla grande. Ha intuito che tra di noi ci sarebbe stata una grande intesa ed ha avuto ragione".
"Quindi tu decidi quale bugia è importante e quale non lo è?" – Devroy
Come per lo staff della campagna elettorale, Reitman ha ricercato attori dalla verve comica per interpretare il pool di reporter che viaggiavano con Hart. Il gruppo include A.J. Parker, giornalista di fantasia basato sulle esperienze di due famosi reporter, EJ Dionne (dipendente del The New York Times e oggi del The Washington Post) e Paul Taylor del The Post. Parker passa molto del suo tempo nella sfera di Hart, approfittandone per conoscere meglio il candidato durante i tempi morti passati viaggiando su aerei e autobus, arrivando ad un suo genuino apprezzamento. Allo stesso tempo, mentre prova a scrivere un profilo totale dell'uomo, viene a contatto con dei pettegolezzi che riguardano i suoi problemi matrimoniali avuti nel passato. Nel film è Parker a cui Hart confida un commento che viene pubblicato lo stesso giorno in cui il The Miami Herald racconta la storia della Rice—commento che in seguito alimentereà la loro amicizia: "Se qualcuno vuole spiarmi, che lo faccia. Si annoierebbe moltissimo".
A sostenere questo ruolo troviamo la giovane stella in ascesa Mamoudou Athie, già visto in The Get Down e Patti Cakes. "Il mio personaggio non prende molto sul serio i commenti di Hart – dice Athie – ma che in seguito verranno usati per giustificare la pressione della stampa nella vita privata di Hart. Quello è il momento della storia in cui Hart diventa oggetto di intrattenimento e non più entità politica. E io penso che si possa obiettare se la vita privata del candidato possa essere oggetto di notizie oppure no, ma era chiaramente un momento in cui le cose cambiarono nel modo con cui la stampa si occupava dei politici".
Steve Zissis (Don't Worry He Won't Get Far On Foot) interpreta il giornalista Thomas Fiedler, che ha lavorato per oltre 30 anni al The Miami Herald come reporter investigativo, colonnista e in ultimo, come editore esecutivo—e colui che ha ricevuto per primo la dritta incendiaria su una possibile infedeltà da parte di Hart. Anche se nel 1988 era ancora giovane, Zissis ricorda ancora oggi "la famosa immagine di Hart con Donna Rice sulle sue ginocchia – ma nota anche – non conoscevo il resto della storia fino a quando non ho letto la sceneggiatura".
Uno dei giornalisti che invade il mondo personale di Hart credendo sia il suo dovere, Zissis apprezza il fatto che il suo personaggio si ponga delle domande. "Si trova da una parte del dibattito che ancora oggi stiamo vivendo, per capire quanto conti la vita privata di un politico. Il film solleva tutti questi interessanti interrogativi, ma credo che racconti anche una storia umana su persone diverse che devono fare la scelta giusta nella loro posizione nei confronti di questo evento, e non tutti sono d'accordo su quale sia il modo giusto", nota Zissis. A chiudere il cast dal punto di vista dei giornalisti, troviamo Ari Graynor nel ruolo di Ann Devroy, vice editore politico del Washington Post, responsabile della supervisione della copertura mediatica della campagna presidenziale; Mike Judge nel ruolo del giornalista del Miami Herald Jim Savage, Jonny Pasvolsky nel ruolo dello scrittore del New York Post Steve Dunleavy, Steve Coulter in quello del giornalista del Washington Post Bob Kaiser e Alfred Molina e Spencer Garret nel ruolo dei leggendari Ben Bradlee e Bob Woodward. Per far immergere tutti nell'atmosfera, Reitman ha mostrato al cast, alla troupe e alle controfigure, dei filmati di reporter del 1987, ammassati su aeroplani o porre domande durante conferenze stampa. "Tutto doveva sembrare reale e questo si doveva applicare anche alle cineprese, ai microfoni o alle macchine da scrivere che le persone dei media usavano a quel tempo", dice.
"Questo mondo che stiamo vivendo. Niente ha più senso adesso" – Kelly
La locomotiva trainante di The Front Runner, è stata costruita sia dietro la macchina da presa che davanti ad essa, con fondali importanti tanto quanto le cose in primo piano. Anche se il film è zeppo di domande risonanti, è allo stesso tempo cinema divertente, a ruota libera e inventivo. Reitman e la sua troupe formata da collaboratori fidati, hanno fatto in modo di portare il pubblico direttamente all'interno del caos, dell'adrenalina e dell'emozione che caratterizzano le campagne elettorali le mischie che si formavano intorno Hart. A guidare il team c'era il direttore della fotografia Eric Steelberg, lo scenografo Steven Saklad, il costumista Danny Glicker e il montatore Stefan Grube. Insieme, hanno contribuito a cucire il film mentre decine di persone, location e dettagli hanno permesso di rendere il tutto sempre più consistente.
Questo è il settimo film che Steelberg gira con Reitman, e dice, "Io e Eric la pensiamo allo stesso modo, ed abbiamo un linguaggio visivo che la comunicazione tra di noi è ridotta all'essenziale. Fare film con lui per me è una gioia. Entrambi abbiamo avuto molte idee per il film e le conversazioni erano sempre molto stimolanti".
A parte quanto Steelberg conosca Reitman, sapeva anche dall'inizio che questo film sarebbe stato molto diverso da quelli fatti finora. "Era chiaro che questo film sarebbe stato incentrato sull'esperienza visiva e sull'uso della cinepresa come mezzo per il racconto. Ogni direttore della fotografia sarebbe disposto ad uccidere per lavorare a film di questo calibro", dice.
Gratificato dall'opportunità, Steelberg è salito a bordo del progetto con passione ed idee, venendo incontro all'intricata visione del film di Reitman. I due sono stati d'accordo che il lavoro di ripresa sarebbe stato fondamentale per mantenere la tensione e l'emozione visiva, in una storia che si svolge quasi interamente in stanze piene di persone che parlano in modo concitato.
Per iniziare si sono ispirati a The Candidate e anche al documentario di Chris Hegudus/D.A. Pennebaker, sul successo della campagna elettorale di Clinton, The War Room. Poi, si sono concentrati su film a carattere politico per discutere del lavoro di Robert Altman—maestro riconosciuto del dialogo sovrapposto e della macchina da presa itinerante—oltre che visionare numerosi film pietre miliari degli anni '70, come I tre giorni del Condor, Network, Tutti gli uomini del Presidente e Parallax View.
"Non volevamo copiare nessuno di quei film", nota Steelberg. "Ma ci sono serviti di ispirazione per trovare modi spiritosi per tenere The Front Runner accattivante, oltre ad averci incoraggiato a giocare con il tono misto di leggerezza e dramma umano. Più parlavamo di dialoghi accavallati e azione parallela, più ci rendevamo conto che Altman era stato utile per ciò che tentavamo di fare. Ciò che diverte, è il fatto che siamo stati influenzati maggiormente dai film anni '70 piuttosto che da quelli degli anni '80, ma credo che gli anni '70 siano un periodo del cinema che forse ha rappresentato meglio quel momento in America, prima dell'era digitale".
Reitman ha aderito al progetto già convinto che avrebbe girato il film in 35mm, "'Volevo girare su pellicola' è stata la prima cosa che mi ha detto Jason – ricorda Steelberg – Voleva quella sensazione di imperfezione, di struttura e di colore. E sebbene io non giri in pellicola da 10 anni, è stato fantastico. Siamo abituati ad un certo modo di raccontare storie con il digitale che fare un balzo indietro è stato meraviglioso, mettendo più verità nella cinepresa e avere tutti che danno il meglio di sé già dalle prime riprese. In seguito, abbiamo trattato il film per renderlo ancora più sgranato e antico".
Reitman aggiunge: "Ci eravamo imposti come regola di usare solo attrezzature usate negli anni '70". Infatti, anche gli obiettivi usati sono stati realizzati per replicare il tremolio tipico prima dell'avvento del digitale. Ad un certo punto, avevamo bisogno del logo classico della Columbia Pictures, Reitman lo ha scannerizzato da una copia di Stripes (diretto da suo padre, Ivan).
Lo stile volante della macchina da presa ha occupato le giornate di Steelberg, con suo grande divertimento. Una delle scene più interessanti e complicate del film, è quella che dà il via al film stesso—un piano sequenza coreografato scupolosamente che porta lo spettatore direttamente all'interno della campagna presidenziale, quando nel 1984 Gary Hart consegna la sua nomina al Partito Democratico a San Francisco a Walter Mondale. La ripresa ruota sulla storia dei polpastrelli recisi dell'uomo di fiducia Mike Stratton, una storia di cui Reitman dice, "è uan storia stranamente vera che parla al cuore, di persone che letteralmente danno tutto in nome di quello in cui credono".
"La scena di apertura è stata sceneggiata molto tradizionalmente e potevamo tranquillamente farla con 5 o 6 ciak, ma abbiamo fiutato l'opportunità di introdurre il linguaggio del film e l'abbiamo realizzata con una sola prova", spiega Steelberg.
Non è stata una passeggiata. "Abbiamo dovuto chiudere una strada cittadina, portarci delle gru speciali, creare un modello virtuale in 3D e passare tutta la mattina a fare le prove – confessa Steelberg – Fu una monumentale impresa, relativamente rischiosa e non sapevamo come sarebbe venuta. Ne abbiamo girato una versione di giorno, ma non siamo rimasti contenti e così siamo tornati sul set la notte stessa, riportato le gru e le auto del periodo e chiuso la strada di nuovo, poi l'abbiamo fatta in nove ciak. All'ultima prova il timing era pressochè perfetto, ma pochi minuti dopo è arrivato un uragano
Fare quella ripresa ci ha sollevato per il resto della produzione e da lì abbiamo iniziato dirci, 'dobbiamo iniziare a pensare fuori dagli schemi per raccontare la storia'".
Quella scintilla creativa è stata riportata scena dopo scena. Un'altra ripresa in piano sequenza molto lunga, una conversazione privata fra Gary e Lee Hart, è stata forse ancora più complicata come nota Steelberg, poiché era una scena girata con una camera a mano che riprendeva Hart che scendeva da un'auto, il che aveva portato alla necessità della creazione di una piccola macchina da presa in 35mm che poteva essere passata da un operatore all'altro. Ma alcune delle riprese preferite da Steelberg sono state anche semplici da eseguire.
"Una delle scene che preferisco, è quella con Gary e il suo staff nel patio antistante il suo capanno. Non per il movimento di macchina quanto per la sua composizione, nel senso che ogni personaggio presente mostrava la sua personalità con la propria postura, dando alla scena una sensazione tipica dei lavori di Annie Leibovitz. Era un momento tranquillo e contemplativo, in contrasto con i momenti più complicati. Quello era ciò che volevamo fare in tutto il film, perché quel contrasto spiega Gary Hart e la sua intera storia".
In tutto il film, la macchina da presa ha assecondato il volere di Reitman di non dover mai giudicare i personaggi. "Jason ha sempre voluto rimanere neutrale – dice Steelberg – Ciò che voglio dire, è che ogni personaggio è trattato allo stesso modo e poi non volevamo molti primi piani. Anche Hugh non ha avuto più primi piani degli altri. Perciò si ha la sensazione che la macchina da presa non penda né da una parte nè dall'altra".
Per Steelberg questo è stato il lavoro dei suoi sogni. "A questo film non servivano sequenze elaborate o luci spettacolari—abbiamo solo fatto attenzione a quali obiettivi usare quando la cinepresa si muoveva o era statica, o da come erano composte le scene. Questi sono i lavori per cui vale la pena essere un direttore della fotografia", si diverte he muses.
Steelberg ha lavorato a stretto contatto con Saklad e Glicker così che la cinepresa, i set e l'abbigliamento fossero legati. "Steve e Danny hanno messo in piedi dei set meravigliosi e costumi eccellenti, che hanno esaltatao il lavoro che ho fatto con la cinepresa", dice Steelberg.
Per Saklad, la parola d'ordine era dare risalto alla confusione. "Parte del divertimento del film è conoscere i lavori oscuri di una campagna elettorale, perciò c'erano stanze con cavi appesi ovunque e persone ammassate negli uffici e telefoni roventi, tanto che la cinepresa aveva difficoltà a farsi largo in mezzo a tutta quella folla e alle attrezzature – così lo descrive Saklad – Per me, la difficoltà era data dalla pianificazione con cui Jason potesse puntare la cinepresa spontaneamente in ogni direzione, e trovarci qualcosa di interessante".
Sono statai ricreati ambienti con telefoni a pagamento, furgoni per il satellite vans e macchine telex, macchinari che un decennio più tardi sarebbero stati spazzati via dall'avvento del digitale. La verisimilitudine era tutto per Saklad e Reitman. "Steve ha creato un livello eccezionale di dettaglio in ogni centimetro del set, e questo rende tutto molto reale", dice Reitman.
Come per Steelberg, la lista preferita dei momenti di Saklad è lunga, ma inizia con la scena di apertura. "Queelo è stato veramente un grosso scoglio che volevamo superare. Credevamo fosse giusto evocare ogni cosa, dal furgone del satellite ai microfoni da esterni in uso all'epoca, oltre che utilizzare cartelli di protesta originali del 1984. Mettere insieme tutte quelle cose è stato elettrizzante".
Altra cosa eccitante è stata ricreare il capanno di Hart, nella zona delle Montagne Rocciose chiamata profeticamente Troublesome Gulch (Gola dei Problemi N.d.T.). "Quel capanno esiste ancora – nota Saklad – E Jason ha avuto la fortuna di fare un tour lì con Gary durante la fase di preparazione, così ha fatto delle foto bellissime del posto reale. Avevamo ottenuto altre foto d'archivio del 1987, così siamo riusciti a vederne gli interni e anche il cancello dove si accalcavano tutti i furgoni della stampa. Siamo stati molto attenti a replicare quel look, esattamente come appariva in quelle vecchie fotografie".
Alcune delle maggiori difficoltà per Saklad, sono state rappresentate dalla costruzione di una pianata di due diversi edifici, il contrasto tra l'iconica redazione vecchia scuola del The Washington Post e il più moderno Miami Herald. "Per enfatizzare il contrasto, abbiamo reso l'Herald un po' più alla moda, una sorta di piccola Miami Vice, aggiungendo vetro e oro luccicante – dice Saklad – Ma per il The Post, abbiamo praticamente replicato quello che si è visto in Tutti gli uomini del Presidente—considerando però che, molto importante, un decennio più tardi era un tantino più consumato e più difficile da rivestire".
Saklad ha progettato gli interni del quartier generale della campagna di Hart in tre fasi: "All'inizio, vediamo l'ufficio spoglio prima che venga, per così dire, abitato; poi lo vediamo arredato con ogni superficie occupata da carte, rilegatori e cavi. In ultimo, abbiamo fatto qualcosa che in realtà non si vede molto spesso, abbiamo aggiunto una specie di nuovo look per la campagna. Ci è piaciuta l'idea di vedere una serie di grafiche nuove, poster e gigantografie arrivate nell'ultima settimana di aprile, per una campagna che non sarebbe mai proseguita".
Il team di Saklad ha ricercato taxi e furgoni dell'epoca, oltre che scrivanie anni '80, divisori cubicoli e macchine da scrivere IBM Selectric, elemento principe dell'epoca. Saklad ha anche condotto una ricerca inusuale…quella di involucri vintage per il cibo. "Volevamo che tutti gli uffici mangiassero prodotti in voga all'epoca – nota – Il nostro reparto si è dato molto da fare per trovare i contenitori dei Big Mac degli anni '80, le scatole dei Dunkin Donuts e pacchetti di Frito-Lay del periodo. Questi oggetti sono stati fondamentali, perché aiutano a concepire la realtà di persone che praticamente vivono sulle loro scrivanie".
Quest'ultimo concetto è stato essenziale anche per il lavoro di Danny Glicker. Glicker ha affrontato una vera e propria sfida, data la presenza di decine di personaggi in scena, persone di tutte le età e di ogni provenienza, ma anche lui è stato spinto dalla volontà di creare una base importante per il racconto di Reitman. Gli anni '80 hanno intrigato Glicker per alcuni motivi specifici. "Mi è piaciuto poter esplorare e considerare gli anni '80, come il vero inizio del mondo moderno in cui viviamo oggi. Doveva sembrare come l'hurrah finale di un tempo, prima di venire tutti coinvolti nella velocità e nella confusione del ciclo di notizie 24 ore su 24. Il mondo stava iniziando a diventare complicato ed immediato, perciò vediamo lo stile tradizionale che inizia a fondersi con uno più snello".
Al suo 4o lavoro con Glicker, Reitman gli ha chiesto più di quanto avesse mai fato in precedenza. "Io e Danny abbiamo parlato a lungo dell'idea che sia più facile fare un film ambientato nel 1587 che uno ambientato nel 1987, perché sappiamo tutti come fosse nel 1987 e di conseguenza i dettagli devono per forza essere più vicini possibile all'originale. Lui ha realizzato un'onesta quanto accattivante versione, di come la gente si vestisse per andare al lavoro 1987. Il lavoro è stato talmente enorme, che il guardaroba consisteva in un intero piano di un centro commerciale. Solo la zona delle scarpe e delle cinture era impossibile da attraversare.
Anche se non si riesce a notare tutti i dettagli creati da Danny e Steve, fino al guardaroba dei figuranti e gli oggetti di scena specifici del loro personaggio, tutto è servito per far sembrare il vero ancora più vero".
Un'altra realtà degli anni '80, è stata significativamente influente per il lavoro di Glicker nel film: verso la metà degli anni '80, la percentuale di donne nei luoghi di lavoro era la più alta di sempre (raggiunse il suo picco nel 2000) e la moda rifletteva il cambiamento. "Si vedevano donne in vestiti sagomati con ampie spalline e camicette – dice Glicker – C'era una dinamica interessante che sembrava sconfinare nella crisi di identità, perché la moda seguita da alcune donne era iperfemminile, mentre per alcune era più orientata al business. Perciò nel film, vediamo uomini vestiti in modo classico ma in realtà è la moda femminile a definire il momento culturale—che è in linea con le complicate domande sui generi politici e sociali esplorati nel film".
Proprio per questo motivo si è divertito a disegnare l'abbigliamento di Donna Rice e Irene Kelly. "Ho sempre pensato che il cuore del film fosse la scena in cui Irene e Donna hanno una conversazione a cuore aperto, perché secondo me quello a cui il film mira veramente, siano le questioni che si pongono queste persone, su quale sia il loro posto nel mondo prima, durante e dopo quegli eventi. Da un punto di vista visivo, mi piaceva l'idea di queste due donne intelligenti, ambiziose e indipendenti ognuna delle quali con un proprio punto di vista del mondo, sedute allo stesso tavolo. Il loro aspetto molto semplice in realtà le aiuta a distinguersi".
Sebbene Glicker non abbia scelto un'accuratezza storica per ogni abito, ha però ricreato alcuni degli aspetti originali di Hart, specialmente la cravatta che indossava sia quando annunciò la sua candidatura che quando la terminò. "Quella cravatta diventa molto importante nella sua traiettoria", si diverte Glicker. Glicker ha adorato come Jackman e il resto del cast abbiano fatto diventare i propri abiti come parte del proprio carattere. Conclude: "Abbiamo faticosamente ideato, creato e realizzato tessuti dell'epoca, ma la cosa più importante che abbiamo fatto è stata quella di rendere gli attori il più reale possibile per aiutarli nella loro performance".
Una volta conclusa la produzione, si è passati ad un'altra fase del racconto, iniziata con Reitman in sala di montaggio accanto a Stefan Grube, che aveva già lavorato con Reitman in Tully, e poi la preparazione della colonna sonora con Rob Simonson (Foxcatcher). "Il montaggio del film è stato fondamentale e Jason e Stefan hanno fatto un ottimo lavoro nel dare un ritmo al film, con momenti di leggerezza e momenti più drammatici", dice Gilbert.
Reitman aggiunge: "Per questo film abbiamo fatto un enorme lavoro di montaggio. Prima di questo film, sono sempre stato preciso nelle riprese. Ma qui, ho dovuto lasciare che le cose andassero più a ruota libera, facendo in modo che la cinepresa torvasse i momenti giusti. Quindi io e Stefan abbiamo dovuto lavorare parecchio, per scomporre il girato e poi ricomporlo seguendo un ritmo particolare. Stefan ha trovato quel ritmo già da subito e poi ha fatto un lavoro pazzesco nella ricerca di filmati d'archivio, non solo filmati su Hart ma anche di giornalisti che sistemavano le telecamere, che si aggiustavano l'acconciatura o combinavano pasticci, quindi siamo riusciti ad integrare il tutto molto naturalmente all'interno delle nostre scene, ricreando così quei momenti. Poi è stato il turno di Rob, che ci ha regalato la colonna sonora più bella che ho mai avuto. Rob si è ispirato alle note cinematografiche degli anni '70, per approcciare la musica in modo diverso. Sia Rob che Stefan hanno aiutato a creare quel ritmo che ci riconduce agli anni '70, aggiungendo un ulteriore tocco di verità al film".
Con così tante parte combinate per realizzare il film finale, tutti quelli coinvolti erano eccitati di vedere il tutto prendere forma come sperava Reitman: costruire il suo personale universo del 1987 ma che riflettesse i tempi attuali. Aaron Gilbert dice: "Tutti noi sapevamo che questo film non sarebbe stata un'impresa facile, però in qualche modo questo ha ispirato le persone a lavorare ancora più duramente e con maggiore passione. Penso che il risultato sia uno dei più bei film di Jason. Tutto è iniziato con una meravigliosa sceneggiatura, per continuare con un cast e una troupe veramente all'altezza".
Helen Estabrook ha osservato come un film che è iniziato tra mille difficoltà, sia poi diventato ancora più complesso grazie a persone che hanno portato le loro capacità e le loro conoscenze. "Sapevamo da sempre che questo avrebbe avuto mille sfaccettature—e che quindi non sarebbe stato un film su una cosa sola, ma su molte cose – dice – Mi soddisfa il fatto che in ogni fotogramma del film finale succedono tante cose, ma nonostante questo non ti dice mai cosa pensare. Al contrario, ci trasporta in fondo alla situazione lasciandoci con delle domande che ognuno vorrebbe fare".
Dopo essersi ritirato dalla campagna presidenziale, ed essersi dimesso anche dal senato degli Stati Uniti, Gary Hart è tornato al suo vecchio mestiere di avvocato, lavorando come consigliere strategico di alcune grandi aziende statunitensi, oltre che insegnante, scrittore e cattedratico. Da quel momento, è diventato uno dei più affidabili consiglieri analitici americani, per le relazioni internazionali.
Come Copresidente della commissione U.S.A. della Sicurezza Nazionale per la 21st Century, Hart paventò che gli Stati Uniti erano a rischio di un attacco terroristico, aiutando a sovrintendere il più completo riesame della sicurezza nazionale dal 1947, proponendo una radicale riforma delle regole sulla sicurezza nazionale statunitense per il post Guerra Fredda del nuovo secolo e l'era del terrorismo.
Hart è stato invitato di recente da John Kerry, a diventare rappresentante personale del Segretario di Stato nell'Irlanda del Nord, ed è stato presidente della International Security Advisory Board del Dipartimento di Stato, vice presidente della Segreteria della Homeland Security's Advisory Council, presidente della American Security Project, comitato di Riduzione della Minaccia presso il Dipartimento della Difesa, e copresidente della Commissione US-Russia.
Hart è stato presidente della Global Green, filiale U.S.A. della fondazione sull'ambiente di Mikhail Gorbachev, la Green Cross International. È stato membro fondatore del Board of Directors del U.S.-Russia Investment Fund; membro della Defense Policy Board e membro del Council on Foreign Relations. È stato copresidente della task force del Consiglio che ha prodotto il rapporto, "America Unprepared—America Still at Risk" nell'ottobre del 2002. Il Senatore Hart è stato membro della task force su Scienza e Sicurezza della National Academy of Sciences.
Autore di 21 libri, tra cui quattro romanzi, Hart è stato riconosciuto come Visual Fellow alla Oxford University e come cattedratico a Oxford, Yale, Yale Law School e alla University of California.
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info: 21/02/2019.
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