Spira Mirabilis (2016)
Spira MirabilisIl fuoco: Leola One Feather e Moses Brings Plenty, una donna sacra e un capo spirituale, e la loro piccola comunità lakota da secoli resistenti a una società che li vuole annientare. La terra: le statue del Duomo di Milano sottoposte a una continua rigenerazione. L'aria: Felix Rohner e Sabina Schärer, musicisti inventori di strumenti/sculture in metallo. L'acqua: Shin Kubota, uno scienziato-cantante giapponese che studia la Turritopsis nutricula, una piccola medusa immortale. L'etere: Marina Vlady, che dentro un cinema fantasma ci accompagna nel viaggio narrando L'immortale di Borges. Sono i protagonisti di Spira Mirabilis, girato in diversi luoghi del mondo, una sinfonia visiva, un inno alla parte migliore degli uomini e alla tensione verso l'immortalità.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: giovedì 22 Settembre 2016Uscita in Italia: 22/09/2016
Genere: Documentario
Nazione: Italia - 2016
Durata: 121 minuti
Formato: Colore
Produzione: Montmorency Film, Lomotion, Rai Cinema, Schweizer Radio und Fernsehen (SRF), SRG SSR idée suisse
Distribuzione: I Wonder Pictures
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Commento dei registi
Venuti a conoscenza di Shin Kubota e dei suoi studi sulla medusa immortale, abbiamo capito che questo era il punto di partenza del film: un uomo alle prese con l'immortalità. Ci interessava realizzare un film in cui l'uomo si confrontasse con i propri limiti e le proprie aspirazioni. Attraverso un percorso di accumulo, suggestione, assonanze abbiamo capito che l'acqua doveva accompagnarsi con gli altri elementi della natura: terra, aria, fuoco ed etere. Milano, Berna, Wounded Knee, Shirahama su una cartina geografica immaginaria compongono il disegno della nostra spirale meravigliosa. Il film combina pensiero razionale ed emotivo e dà vita a un affresco poetico che racconta la parte migliore di noi, mostrando la responsabilità, la debolezza e la forza che gli uomini hanno nei confronti del mondo. Spira Mirabilis è un film contemplativo che cerca di toccare "il cuore del cuore delle cose" in modo che dall'osservazione nasca una trasfigurazione del reale. Da questa tensione scaturisce la "spirale meravigliosa": l'umano tentativo di accettare e contemporaneamente superare i propri limiti.
Accettiamo facilmente la realtà, forse perché intuiamo che nulla è reale. (Jorge Luis Borges)
Il fuoco: Leola One Feather e Moses Brings Plenty, una donna sacra e un capo spirituale, e la loro piccola comunità Lakota da secoli resistenti a una società che li vuole annientare. La terra: le statue del Duomo di Milano sottoposte a una continua rigenerazione. L'aria: Felix Rohner e Sabina Schärer, una coppia di musicisti inventori di strumenti/scultura in metallo. L'acqua: Shin Kubota, uno scienziato cantante giapponese che studia la Turritopsis, una piccola medusa immortale. L'etere: Marina Vlady, che dentro un cinema fantasma, ci accompagna nel viaggio narrando L'Immortale di Borges. Questi sono i protagonisti di Spira Mirabilis, un film girato in diversi luoghi del mondo, una sinfonia visiva, un inno alla parte migliore degli uomini, un omaggio alla ricerca e alla tensione verso l'immortalità. Simbolo di perfezione e di infinito, "la spirale meravigliosa", Spira mirabilis come venne definita dal matematico Jackob Bernoulli, è una spirale logaritmica il cui raggio cresce ruotando e la cui curva si "avvolge" intorno al polo senza però raggiungerlo mai.
Spira Mirabilis – Personaggi
FUOCO – Leola One Feather e Moses Brings Plenty (Stati Uniti).
uesto movimento del film è un viaggio attraverso le riserve degli Indiani d'America. L'elemento del fuoco è una ricerca, un sentimento, un monito a ricordare una cultura millenaria che in poco tempo è stata sterminata e massacrata. È un fuoco che viene da lontano e si manifesta nei silenzi e negli angoli bui della storia. Gli Indiani rappresentano l'anti-storia, l'ostacolo al trionfo della "nuova civiltà". L'immortalità in questo movimento del film fa i conti con la costruzione dell'immaginario e con la morte. Il nostro è infatti un viaggio tra i sospiri di una cultura che muore, guidati però dalla sensazione che non si tratti di un'agonia lamentosa, ma, anzi, di un ringhio che non cede, di un fuoco che non si è spento, di una forza nonostante tutto. Protagonisti di questo viaggio sono Leola One Feather, una donna sacra, e Moses Brings Plenty, un capo spirituale, che con le loro parole e la loro antica saggezza ci aprono a miti, pensieri e riflessioni da tempo trascurati. Leola One Feather vive accanto al cimitero di Wounded Knee, teatro di una grande massacro di indiani nel 1890 ad opera del 7° reggimento cavalleggeri, ma teatro anche dell'ultima grande rivolta dei nativi nel 1973. Leola, che di quella rivolta è stata protagonista attiva, ha scelto di vivere in povertà, aiutando i bambini e i ragazzi più bisognosi, insegnando loro le antiche tradizioni perdute e soprattutto la lingua Lakota, la lingua sacra degli indiani ormai viva solo per un migliaio di persone al mondo. Moses Brings Plenty è un capo spirituale Lakota che ogni anno, sulle sponde del Cheyenne River, celebra la Sundance con una piccola comunità di scelta e non di elezione che esprime il meglio di sé attraverso la condivisione di esperienze e di storie. In occasione di un funerale, attraversiamo le strade che ci portano da Wounded Knee, nella Pine Ridge Reservation, a Cherry Creek, nella Cheyenne River Reservation, due pezzi di terra a bassissima densità abitativa, fatti di colline vulcaniche spoglie e spigolose e ricoperti di gialla sterpaglia. Passando per i ricordi personali, le memorie pubbliche, grazie agli archivi del '73 che vedono protagonisti Russel Means e Crow Dog, leader dell'American Indian Mouvement, lasciamo gli antichi miti di Leola per le moderne parole di Moses, un invito ad essere umili e migliori. 7 Consapevoli che da un secolo gli Indiani abitano nel nostro immaginario, e che dobbiamo confrontarci con Indiani reali e irreali, ci hanno guidato le riflessioni di Vine Deloria, storico attivista Lakota: "Dal momento che la gente può vedere dentro di noi, diventa praticamente impossibile separare la realtà dalla finzione, la verità dalla mitologia. Gli esperti ci dipingono come loro vorrebbero che noi fossimo. E spesso noi stessi ci dipingiamo come vorremmo o come avremmo potuto essere. Quanto più cerchiamo di essere noi stessi, tanto più siamo costretti a difenderci da ciò che non siamo mai stati."
TERRA – Il Duomo (Italia).
Uno dei protagonisti del film è un corpo di pietra: il Duomo di Milano, saldamente ancorato a terra, ma proteso verso il cielo nell'ambizioso progetto d'immortalità. Materia prima di cui è costituita la chiesa è il marmo, estratto con forza dalla terra e abilmente trasformato dalle mani dell'uomo. I lavori di costruzione iniziano nel 1386 per volere di Gian Galeazzo Visconti, allora signore di Milano, e proseguono per circa sei secoli sotto la direzione di vari architetti. Cattedrale tra le più grandi del mondo, monumento storico, simbolo religioso e civico, oggi è sottoposto a una serie straordinaria di restauri per quantità, complessità e varietà. Esiste infatti un detto popolare che considera "in-finita" la "fabbrica" del Duomo e attesta la vitalità di un tempio che segue il pulsare stesso delle vicende della città, in una metamorfosi continua che lo riporta a rigenerarsi sempre nuovo e sempre uguale a sé stesso. Il marmo della cattedrale viene estratto dalle Cave di Candoglia, nel nord dell'Italia. Proprietaria delle cave è da secoli la Veneranda Fabbrica del Duomo che, oltre a queste, dispone anche di un proprio Cantiere Marmisti per la lavorazione di questa pietra tanto bella quanto delicata. Dall'estrazione, quasi identica a seicento anni fa, alla lavorazione, alla pulitura, alla scultura del marmo, raccontiamo il mestiere di muratori, carpentieri, marmisti, restauratori. La cattedrale, questo corpo marmoreo, questa selva di guglie, queste migliaia di statue, di archi rampanti, di magici ricami ornamentali, di potenti contrafforti, è un "foglio di pietra" in cui sono state scolpite e incise tutte le Sacre Scritture. La folla di santi, di peccatori, di profeti, di re, di sapienti, di apostoli, di angeli e di demoni che popolano le pagine sacre si è materializzata in bassorilievi e statue, offrendo così una straordinaria Bibbia visiva destinata a chi non sa leggere. Mani nobili e modeste, artisti e scalpellini hanno creato per secoli questo brulicare di figure intrecciando fede e arte, spiritualità e folclore, culto e vita quotidiana.
ARIA – Felix Rohner e Sabina Scharer (Svizzera).
elix Rohner e Sabina Schärer sono gli inventori e costruttori di molti strumenti della tradizione degli steel pan, in particolare dell'Hang e del Gubal. Vivono a Berna e da oltre trenta anni si applicano allo studio della risonanza di Helmholtz. Molte persone conoscono tale fenomeno, anche se ne ignorano il meccanismo: quando si soffia delicatamente attraverso il collo di una bottiglia vuota, il suono prodotto è dovuto alla risonanza di Helmholtz. La loro società, la PANArt, fin dalle origini ha investito esclusivamente nella ricerca sui tamburi d'acciaio: dai diversi tipi di fogli di metallo, ai metodi di lavorazione, alle tecnologie per dar forma al metallo stesso. Questa ricerca ha trovato la sua espressione nell'Hang e del Gubal, strumenti musicali idiofoni, d'acciaio, al cui interno c'è solo aria. Nel 2000, durante la sua prima presentazione ufficiale di fronte a scienziati, accordatori, musicisti e giornalisti, tutti furono d'accordo nel dire che con l'Hang nasceva un suono familiare ma contemporaneamente nuovo in grado di elaborare l'aria in una musica destinata a vivere per sempre. Rifuggendo la standardizzazione, Felix Rohner e Sabina Schärer creano "sculture sonore" uniche, irripetibili e libere da ogni tradizione. Definiscono i loro strumenti degli specchi che consentono alle persone che li suonano di confrontarsi con sé stesse, come dei dispositivi di sintonizzazione che si armonizzano con il suonatore, come girandole che riflettono le condizioni dell'aria, come luci che illuminano gli angoli nascosti. Gli speciali fogli di metallo "pang", così è stato chiamato il materiale che gli artigiani hanno creato, sono il frutto di una fusione a 580 gradi di alluminio, ferro e azoto e di una sapiente precompressione. La lavorazione dei fogli poi può essere comparata a una danza: i martelli leggermente convessi, che hanno accompagnato tutta la ricerca della PANArt, battono i fogli "pang" e li levigano, li forgiano configurando impulsi sonori e mettendo in relazione riserve di energia. La speciale superficie che si viene così a formare è in grado di rivelare quello che gli inventori chiamano il paesaggio tonale dei loro strumenti. L'accordatura e l'armonizzazione sono libere da ogni processo standardizzato e dai dispositivi di sintonizzazione: ogni strumento infatti viene accordato con sé stesso. 9 Come scrivono Felix Rohner e Sabina Scharer: "Abbiamo studiato molto e le porte si sono aperte laddove meno ce lo aspettavamo. Volevamo tornare alla Terra e ci siamo innalzati nell'Aria, abbiamo cercato nei fogli di acciaio e abbiamo trovato nella cavità che i fogli creano e circondano. Abbiamo riconosciuto le potenzialità dell'Aria intrappolata, alla quale abbiamo dato poca attenzione, finché non abbiamo compreso che aveva silenziosamente costruito la base di tutta la nostra ricerca musicale". Anche la vendita di Hang e Gubal segue poi un particolare procedimento. In virtù dell'enorme e inatteso successo dei loro strumenti, Felix Rohner e Sabina Scharer si sono accorti che le richieste degli strumenti erano superiori alla loro capacità di produrli e hanno cominciato a venderli solo direttamente, ritirandoli dai negozi. Questa scelta ha però generato una speculazione che ne ha fatto salire il costo alle stelle, così i due hanno deciso di accettare richieste solo tramite lettere scritte e di stipulare dei contratti con gli acquirenti che impediscano loro di rivendere gli strumenti a prezzo maggiorato per farne profitto. In questi anni Felix e Sabina hanno ricevuto più di 30.000 lettere provenienti da tutto il mondo.
ACQUA – Shin Kubota (Giappone).
hin Kubota, è un biologo giapponese, che si occupa della Turritopsis, una piccola medusa, unico essere vivente in grado di invertire il suo ciclo vitale e di rinascere. Di essere dunque immortale. Shin Kubota è professore universitario dell'Università di Kyoto ed è l'unico scienziato che riesce a far vivere e a far "rivivere" le Turritopsis in laboratorio, convinto del fatto che molte delle grandi scoperte sono nate dalle osservazioni condotte su animali che sembravano non avere nulla in comune con gli uomini. Per lui si tratta della specie più miracolosa dell'intero regno animale. È certo che studiandola si potrà risolvere il mistero dell'immortalità e applicare la soluzione agli esseri umani, alla medicina, alla scienza in genere. "Noi esseri umani siamo estremamente intelligenti" dice Shin Kubota "Ma prima di conquistare l'immortalità dobbiamo ancora evolverci. Il nostro cuore non va bene così come è. Dobbiamo imparare ad amare la natura. Siamo abbastanza intelligenti da arrivare all'immortalità biologica, ma non ce la meritiamo ancora." Lo scienziato lavora molto, da solo e senza grandi finanziamenti sulla spiaggia di Shirahama, una cittadina a sud di Kyoto. Da quindici anni ogni giorno si reca nel suo piccolo laboratorio di biologia marina per prendersi cura di centinaia di "meduse immortali" che altrimenti morirebbero di fame e, come un papà orgoglioso, le considera magiche e bellissime. 10 Shin Kubota ha inoltre un'altra attività: è anche cantautore e cantante, così da erudito biologo marino si trasforma in Mr. Medusa Immortale, una piccola celebrità. Le sue canzoni sono trasmesse per radio, si trovano sulle macchine del karaoke di tutto il Giappone: la sua canzone più celebre è Sogno – Il canto della medusa scarlatta. Ma non è la fama nel mondo dello spettacolo che lo interessa, attraverso la musica e il canto, lo scienziato crede di riuscire a esprimere e a dar seguito a una parte del suo corpo che in laboratorio viene continuamente tralasciata. Così ogni sera, prima di coricarsi, Shin Kubota canta per la sua amata Turritopsis.
ETERE – Marina Vlady. Marina Vlady, la diva, non ha bisogno di troppe presentazioni.
I REGISTI RISPONDONO
Il titolo "Spira Mirabilis" – Simbolo di perfezione e di infinito, "la spirale meravigliosa", Spira mirabilis come venne definita dal matematico Jackob Bernoulli, è una spirale logaritmica il cui raggio cresce ruotando e la cui curva si "avvolge" intorno al polo senza però raggiungerlo. Abbiamo preso a prestito questo simbolo per raccontare la sfida massima di ogni essere umano: vivere oltre la propria mortalità pur accentandola come dimensione ineluttabile. Milano, Berna, Wounded Knee Shirahama sulla nostra cartina geografica immaginaria compongono il disegno della nostra spirale meravigliosa. Il film usa "scrittura" elastica, plurale, che non teme deviazioni e brusche interruzioni, anzi che è in grado di allungarsi e di contrarsi per passare in modo fluido dal grande al piccolo, dal generale al particolare, dal comico al tragico, dal singolo alla comunità e viceversa. Da questa tensione scaturisce la "spirale meravigliosa": l'umano tentativo di accettare e contemporaneamente superare i propri limiti.
Le origini – Venuti a conoscenza di Shin Kubota e dei suoi studi sulla medusa immortale, abbiamo subito capito che questo era il punto di partenza del nuovo film: un uomo alle prese con l'immortalità. Ci siamo recati così a Shirahama, una piccola località affacciata sull'Oceano Pacifico. È lì che Shin Kubota, all'interno dei locali del Dipartimento di Biologia marina dell'Università di Kyoto, trascorre le sue giornate, 7 giorni su 7, dall'alba alla notte, completamente dedicato alla Turritopsis. Shin Kubota è l'unico scienziato che riesce a far vivere e a far "rivivere" le Turritopsis in cattività, convinto del fatto che molte delle grandi scoperte sono nate dalle osservazioni condotte su animali che sembravano non avere nulla in comune con gli uomini. Per lui si tratta della specie più miracolosa dell'intero regno animale. È certo che studiandola si potrà risolvere il mistero dell'immortalità e applicare la soluzione agli esseri umani, alla medicina, alla scienza in genere. "Noi esseri umani siamo estremamente intelligenti" dice Shin Kubota "Ma prima di conquistare l'immortalità dobbiamo ancora evolverci. Il nostro cuore non va bene così come è. Dobbiamo imparare ad amare la natura. Siamo abbastanza intelligenti da arrivare all'immortalità biologica, ma non ce la meritiamo ancora." Sedotti da questa straordinaria persona, piuttosto che chiudere lo spazio, il tempo e il senso del film in questa storia, abbiamo cercato situazioni che riflettessero il desiderio di immortalità in maniera simile, meno evidente, ma sicuramente altrettanto profonda.
Perché – Abbiamo tentato di fare un film che fuggisse dalla dinamica del conflitto, sia esso inteso come conflitto sociale o personale. Un film fuori dal dramma nella sua accezione più "classica". Abbiamo provato a confrontarci con la parte migliore degli esseri umani per raccontare delle loro grandi aspirazioni e dei loro sogni. Un progetto molto ambizioso, ma "molto poco cinematografico" sulla carta. Più persone ci hanno consigliato di abbandonare, molte hanno travisato il progetto fin dall'inizio, ma abbiamo perseverato nella nostra intuizione iniziale. Dopo tre anni e mezzo di lavoro, il film ha trovato la sua forma in Spira Mirabilis.
La Medusa – Grazie a Shin e alla medusa, ci siamo tuffati in un mondo di acqua e di ricerche scientifiche che ci hanno restituito immagini di straordinaria bellezza: il piccolo può diventare grandissimo, l'universale un dettaglio. Così il gioco cinematografico di lenti microscopiche ci ha consentito di osservare l'invisibile e svelare ciò che normalmente è celato. Le Turritopsis sono composte al 98 per cento da acqua, non hanno cervello, ma sono uno stomaco con un cuore e un corpo liquido, hanno la forma di piccole campane e si muovono come se ballassero. Imitando la danza della Turritopsis, anche noi allora ci siamo mossi in modo fluido tra fondali sabbiosi, laboratori scientifici, e immagini al microscopio. Abbiamo filmato l'ostinato rapporto tra lo scienziato e la medusa, per restituire la complessità di una scoperta, della ricerca e delle sue implicazioni. 13 Grazie alla forza visiva delle immagini riflettiamo sulla bellezza, sulla malattia, sulla caducità della vita e sui doveri dell'uomo nei confronti della natura. E come dice Shin Kubota: "La natura è così bella, se gli esseri umani sparissero… che pace ci sarebbe."
Le altre storie – Per cercare le altre storie del film, abbiamo guardato dentro di noi a quelle storie che da tempo ci affascinavano, ma non trovavano forma compiuta. Le statue del Duomo, il lavoro di Felix e Sabina, la comunità Lakota hanno di colpo trovato lo spazio per esistere in un disegno più complesso. Forse, sopra soprattutto, questo è davvero un film sul sogno.
La spinta verso l'eternità – Chi iniziava la costruzione di una cattedrale era cosciente fin dal principio che non sarebbe bastata una vita intera per vedere l'opera compiuta; Shin Kubota, ha dimostrato che le sue piccole meduse immortali possono vivere, morire e rinascere decine di volte; la ricerca e l'invenzione di un nuovo strumento musicale travalica la vita dei suoi inventori; i Lakota sono espressione della necessità di resistere e non far morire la propria cultura di fronte alla civiltà imperante. Ogni movimento del film ha a che fare con la coscienza dei limiti e il desiderio del loro superamento. In questa tensione e in queste particolarissime storie, gli uomini esprimono la loro parte migliore.
Le canzoni di Shin – "Miagete goran yoru no hoshi o" è una canzone giapponese degli anni '60 circa che è presente in quasi tutti i karaoke del paese. Più interessante è "Dream of Immortality", scritta e cantata da Shin Kubota. Ma non è la fama nel mondo dello spettacolo che lo interessa, attraverso la musica e il canto, lo scienziato esprime e dà seguito a una parte del suo corpo che in laboratorio viene continuamente tralasciata. Così ogni sera, prima di coricarsi, Shin Kubota canta. E dedica il suo canto a ciò che più ama: la Turritopsis.
Il testo di Borges – Spira Mirabilis aveva già trovato i sui protagonisti principali, quando abbiamo capito che avevamo bisogno di una guida, un accompagnamento per il nostro viaggio. Il testo di Borges ci è tornato a mente come tornano a mente i testi della nostra formazione. L'immortale è il racconto di un viaggio labirintico senza fine, in cui ci si ritrova mutati al punto di partenza. Quale migliore assonanza con "eadem mutata resurgo" di Bernulli e con il cinema che rinasce da se stesso continuamente. Ai quattro elementi della natura si è aggiunto dunque l'etere, nelle sembianze di un vecchio cinema e della diva Marina Vlady che trasforma il testo in un'esperienza.
Lavorare insieme – Noi siamo due artigiani del cinema: scriviamo, giriamo, montiamo da soli i nostri film. Da 10 anni, cioè da quando lavoriamo insieme, l'unico collaboratore esterno di cui ci siamo avvalsi è Massimo Mariani, musicista e montatore del suono. Questa modalità di lavoro non nasce dalle ristrettezze economiche, ma è il modo che preferiamo e che più assomiglia alla nostra indole profonda.
Il cinema di riferimento – Non abbiamo una scuola del documentario di riferimento. Ci siamo nutriti di film belli e necessari siano essi documentari, fiction, film sperimentali: film di grandi registi, di perfetti "sconosciuti", di autori accantonati.
Racconto per immagini/narrazione – Non potremmo fare film, se non li ritenessimo necessari. Ogni idea può essere un buon inizio di film, ma bisogna avere l'onestà di ammettere che non per forza deve essere sviluppata. I film sono un dialogo, una volta terminati, i film vivono negli occhi di chi li guarda.
I documentari – Non crediamo alle distinzioni di genere, di etichetta, di categoria: un film potente e necessario, sia esso fiction o documentario, merita di partecipare nei festival migliori e di essere visto ovunque. I film di finzione I film di fiction entrano maggiormente nei circuiti commerciali, dunque mettere a lato i documentari ha a che fare con questioni di mercato e non con la qualità delle opere. Spesso il pubblico subisce il mercato più di quanto non creda. Facciamo documentari perché ci è affine, necessario, se e quando avremo la necessità di mettere in scena un film di finzione, dovremo prima trovare il nostro personale metodo realizzativo e produttivo perché ciò avvenga.
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