Se fate i bravi (2022)
Se fate i bravi - Genova 2001, il sogno e la violenza"Se fate i bravi" è un diario delle giornate fra il 19 e 21 luglio 2001 a Genova.
Erano i giorni di un vertice fra gli otto stati più potenti della terra, qualche centinaio di persone che si riunivano per decidere il destino del pianeta; e in cui centinaia di migliaia di persone sono andate a Genova per contestare pacificamente quel modello di sviluppo predatorio e ingiusto, e proporne un altro. A quel sogno e a quella protesta rispose la più grave sospensione dei diritti democratici in Occidente dopo la Seconda guerra mondiale, come l'ha definita Amnesty International.
La memoria è una cosa strana. Quella di Genova è una storia che è stata raccontata molte volte, ma il nostro paese non ci ha mai fatto i conti fino in fondo; come se per certi versi fosse una storia da dimenticare, o forse una storia già dimenticata. Anche moltissime delle memorie individuali sono interrotte; come una ferita sepolta, una frattura che ci si scorda di avere, ma che quando cambia il tempo si sente. È quello che è successo agli autori ed ai testimoni del film. Vent'anni dopo hanno sentito l'esigenza di raccontare. Ed il film è tutto un lungo racconto, un diario momento per momento svolto vent'anni dopo da Evandro Fornasier.
Evandro parla quasi in macchina; in uno spazio neutro, con una fotografia evidente, raccontando la sua storia in modo disteso, intimo, e situato in quel presente distante, quasi fosse un monologo teatrale. E per certi versi lo è: si avverte la presenza, attorno alla telecamera, di persone che condividono con lui uno spazio e un tempo irripetibile. Comincia a parlare dicendo che è la prima e l'ultima volta che ha l'occasione di farlo con tutto il tempo necessario; non gli è mai successo, e non succederà più.
Con voce quieta e pungente racconta l'esigenza che muoveva lui ed il suo gruppo di amici, in un gesto che sembrava necessario, indiscutibile, pur non essendo loro militanti: l'idea di un mondo un cui fosse più piacevole e più giusto vivere. Un'idea da non tenere per sé, ma da condividere, in uno spazio pubblico sognante, forse ingenuo, di piazza, di presa di parola. Racconta anche cos'è avvenuto dopo. La repressione caotica. L'arresto. La detenzione a Bolzaneto, una discesa agli inferi. E poi la traduzione al carcere di Alessandria, dove l'incubo non è finito.
Al diario di parola di Evandro si affianca un diario per immagini: nel corso della lavorazione del film, Stefano Collizzolli riscopre le riprese video delle sue giornate di Genova. C'era una telecamera miniDV, con l'intento di testimoniare ma soprattutto con uno spirito di festa, di gita con gli amici, con i costumi da bagno in zaino per il giorno dopo le manifestazioni. Sono immagini che poi nessuno aveva mai più rivisto.
Evandro e Stefano non si conoscevano, ventuno anni fa; eppure spesso erano separati da poche decine di metri, e quella piccola distanza è stata decisiva per come le due storie sono andate a finire.
Sono due storie che raccontano la contraddizione fra sogno e violenza. Un sogno che in parte si è interrotto ed in parte è continuato in altre forme. E una violenza che ha prima colpito i corpi e poi schiacciato il racconto in un estenuante dialettica fra criminalizzazione del movimento e contro-narrazione difensiva.
Il sogno e la violenza sono un nodo che va oltre Genova 2001, e parlarne più di vent'anni dopo è un tentativo di entrare nel cuore di questa contraddizione: la dismisura di quando l'ordine delle cose diventa, forse per sua intima necessità, disordine; di quando il monopolio dell'uso della forza diventa illegittimo, in un modo che illumina la natura profonda, continuata e forse (terribile pensarlo) necessaria, dello Stato.
Ma forse la cosa più essenziale di Genova è che si tratta di una storia che non siamo mai riusciti a raccontarci fino in fondo. Questo è ciò che ha generato i due diari, e che ha aperto la strada anche ad altri incontri.
Anche Alessandra Ballerini, avvocata allora per il Genoa Legal Forum, dice che non voleva tornare su quella vicenda, e che, pur avendo passato anni a ragionare sui fascicoli per difendere le persone coinvolte, forse non ci aveva mai più pensato per davvero. Alfonso Sabella, magistrato con una lunga storia nell'antimafia e poi responsabile di Bolzaneto, dice che non ha mai potuto raccontare la sua versione in tribunale. Gianfranco Bettin, che allora era nel gruppo di contatto fra movimento ed istituzioni, collega questa frattura ad altri non detti della storia del paese, a partire dalla strategia della tensione.
Nel film intervengono anche gruppi di ragazzi fra i sedici e i vent'anni. Quasi nessuno di loro ha idea del G8 del 2001; nemmeno i nomi di Carlo Giuliani o della scuola Diaz gli dicevano qualcosa: a un certo momento, quel racconto si è chiuso, e se n'è bloccata la trasmissione; è una storia che non siamo stati capaci di raccontarci, né come individui che l'hanno attraversata, e si trovano con un "eredità senza testamento"; né, tantomeno, come comunità, che l'ha rimossa oppure l'ha utilizzata come clava.
È il momento di riprendere parola, collettivamente; e questo film, la fatica di questo diario scritto a più mani vent'anni dopo, se serve a qualcosa, serve a questo.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: martedì 8 Novembre 2022Uscita in Italia: 8 Novembre 2022 al Cinema
Genere: Documentario
Nazione: Italia, Belgio - 2022
Durata: 100 minuti
Formato: Colore; formato 2k, DCP
Produzione: Samarcanda Film - ZaLab, Harald House (co-produzione) (Belgio), MiC (con il sostegno di), Genova Liguria Film Commission (con il sostegno di), Torino Piemonte Film Commission (con il sostegno di), AAMOD - Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico (con il sostegno di)
Distribuzione: ZaLab
Soggetto:
Da un'idea di Fabio Geda.
Cast e personaggi
Regia: Stefano Collizzolli, Daniele GaglianoneMusiche: Evandro Fornasier
Fotografia: Andrea Parena
Montaggio: Benedetta Marchiori
Cast Artistico e Ruoli:
Produttori:
Leonardo Barrile (Produttore per Samarcanda Film), Francesco Favale (Produttore per Samarcanda Film)
Soggetto e trattamento: Stefano Collizzolli, Fabio Geda, Daniele Gaglianone | Suono: Niccolò Bosio | Delegata di Produzione: Giulia Campagna.
Immagini
GENOVA: VENT'ANNI DOPO
"Sono passati più di vent'anni da Genova, 2001.
È il tempo in cui un neonato diventa una persona: c'è un'intera generazione che è autonoma e presente al nostro tempo, e che allora non era ancora nata.
Ed è il tempo in cui un ragazzo diventa adulto, ed un adulto anziano. Ci sono due generazioni che hanno attraversato quell'esperienza, e che ancora non possono considerarla chiusa.
Non è chiuso il sogno di Genova 2001, perché i grandi temi di quei giorni sono i temi di oggi, solo più urgenti. Parlavamo di crisi ecologica, di crescente disuguaglianza, di finanza che accentra le risorse nelle mani dei pochi e precarizza o spiaccica i tanti.
Ci pareva sbagliato e pericoloso che il 20% degli abitanti della terra controllasse l'80% delle ricchezze.
Oggi, l'8% controlla l'85%. E non è chiusa la violenza di Genova 2001, perché quella violenza è stata molte volte raccontata, contro-raccontata, celebrata o condannata, ma mai compresa o risolta.
Vent'anni sono un ciclo di tempo umano, in cui un fatto avvenuto è abbastanza distante da poter essere guardato in prospettiva, con distacco, essere riscoperto e messo in connessione, quando accadeva, con altri fatti che sembravano altri, irrelati. Ed è ancora abbastanza vicino da poter essere presente, da poter parlare al presente, da poter incontrare centinaia di migliaia di persone che portano addosso quell'esperienza, che possono raccontarla, che forse continuano a riviverla.
Sono un tempo giusto, fra storia e biografia, per poterne parlare: per partire da Genova per andare oltre Genova, e per capire cosa Genova significa."
Note degli autori – Stefano Collizzolli
"Io c'ero, a Genova.
Non era un periodo di grande attivismo della mia vita. Gli entusiasmi adolescenziali, a metà fra il comunismo e Rimbaud, quelli dell'occupazione della scuola in cui si parla tantissimo di politica ma al contempo si prova a vedere se alla notte si riesce a scopare, erano un poco sospesi. Più avanti – e dopo Genova, in gran parte grazie a Genova, ma anche ai Balcani, all'ambientalismo, all'incontro con le migrazioni nella mia città- avrei trovato delle dimensioni di militanza e di tentativo di intervento nel reale. A primavera del 2001 ero uno studente universitario, in Erasmus in Belgio, e da lì in giro per l'Europa, molto più concentrato sulla mia vita che su qualsiasi altra cosa.
Avevo deciso da solo di andare a Genova; non ne parlavo con le persone che incontravo al bar o per la strada. Leggevo di notte i forum di Indymedia, scoprendo pezzo a pezzo una chiamata che mi pareva inderogabile, del tutto connessa con il mio presente. Argomenti, ragionamenti, pratiche che a partire da Seattle ed attraverso Porto Alegre parlavano esattamente di ciò che io ero, delle rabbie e dei desideri che mi muovevano, di una necessaria presa di parola per dire delle cose talmente ragionevoli che non potevano non essere ascoltate.
D'altra parte, loro "erano otto, e noi sei miliardi", come si diceva.
Sei miliardi di gabbiani ipotetici, per dirla con Gaber.
Da Genova mi sono rimaste le idee, i ragionamenti, le possibilità che poi hanno strutturato la mia vita adulta, di sconfitta in sconfitta. Ed anche quando sconfitti non siamo stati.
Ma da Genova mi è rimasta anche un'altra cosa, forse più profonda, sicuramente più contraddittoria.
Fino a quel momento, per quanto fossi stato un adolescente vivace rompiballe e cagadubbi, pensavo allo Stato come quella cosa che mi dava in nome di tutti scuola ed ospedali; che poteva essere pro tempore in mano alle persone sbagliate, ma in fin dei conti era l'espressione della cura di sé della mia comunità.
Ci si poteva anche litigare, insomma; ma facendo poi la pace alla sera, come il Papa consiglia per i matrimoni.
Tra il 19 ed il 21 luglio 2001, ho realizzato che il mio Stato voleva uccidermi.
Che mi inseguiva per strada con lo scopo di farmi fuori: me, i miei amici, le migliaia di persone che erano con me in quei giorni non per distruggere tutto, ma per provare a dire che il debito andava cancellato, che era il caso di occuparsi del pianeta prima per il pianeta decidesse di occuparsi di noi, che la finanza ci stava mangiando la vita.
Che gli uomini e le donne che erano lì con le mani dipinte di bianco, ingenui ed irenici, o con delle tute sempre bianche, un po' meno ingenui, un po' meno irenici, ma ugualmente indifesi, eravamo tutti carne da macello, e ci restava solo da scappare come conigli, da disperderci l'un l'altro, da provare ad evitare una scarica di randellate o peggio che pareva – che era – tanto inevitabile quanto totalmente irrazionale.
Tra il 19 ed il 21 luglio 2001, ho realizzato che il mio Stato voleva uccidermi.
E, dal 21 luglio 2001 ad oggi, il mio Stato non ha cambiato idea.
Non c'è stata una commissione d'inchiesta parlamentare.
Non c'è stata un'assunzione di responsabilità. Per la morte di Carlo Giuliani non c'è stato nemmeno un processo; un GIP ha "escluso una responsabilità a qualunque titolo nella morte" a carico dell'unico imputato. In nessun momento in questi venti anni ho ricevuto un segnale che quello, per lo Stato, è stato un errore, un momento eccezionale. Il segnale è quello opposto: fatti come Genova fanno parte dell'ordinarietà delle cose. Non sono una frattura, una smagliatura nella trama del presente. Di questa sostanza è costituita la maglia, tale è l'ordine delle cose, e tale è l'ordinarietà del potere.
Eppure io in questi vent'anni non ho fatto la rivoluzione. Non ho disubbidito per scelta a qualche legge fondamentale. Non sono neppure andato nei boschi per vivere con saggezza e per non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto. Sono un onesto cittadino, abito in una casa che possiedo con registrazione notarile, pago le tasse, mi appassiono dei modi e delle direzioni in cui si può politicamente gestire la forza del collettivo, come se questa forza non fosse necessariamente anche violenza.
Quando mi capita di dialogare con un ente pubblico, lo tratto con rispetto.
Dentro questa contraddizione è tempo di entrare.
Non faccio questo film perché sono pentito di ciò che sono ora, perché devo regolare qualche conto con il me giovane che dormiva per terra in Piazzale Kennedy e discuteva fino a notte di un altro mondo che era possibile. Discuto ancora fino a notte. Contro ogni evidenza, continuo a credere che un altro mondo sia possibile; e non astrattamente: nella pratica quotidiana.
Però dopo vent'anni, è venuto per me il momento di entrare in questa contraddizione, di usare il distacco del tempo per tornare ad essere presente al sogno ed alla violenza di quei giorni, che sono la violenza ed il sogno di mille altri giorni. Una parte della mia generazione ha ancora una ferita aperta, da vent'anni, una ferita che lo Stato non ha intenzione di chiudere.
Ogni volta che la guardiamo, sanguina ancora un po'.
È il momento di affrontarla noi, di tornare ad aprirla se necessario, di guardarci dentro.
Nessun altro lo farà al posto nostro. "
Note degli autori – Daniele Gaglianone
"Per me Se fate i bravi è innanzitutto un viaggio dentro i meccanismi feroci del potere; la parabola di un essere umano che cade dentro quella lucida ferocia subendone non solo la fisica e concreta brutalità ma scivolando in una dimensione irreale dove le coordinate che danno senso alla vita e al mondo che pensiamo di abitare si dissolvono.
E come la Legge in Kafka, il potere diviene un'entità che rivela la sua natura inumana e indiscutibile, priva di ogni regola se non quella dell'arbitraria sopraffazione."
Note degli autori – Fabio Geda
"Genova è un sogno infranto. Il Social forum, il tentativo di una alleanza forse irripetibile. La retorica e la narrazione della violenza poi si sono mangiate tutto. Tornare alla radice di quel sogno attraverso una storia personale che è anche storia collettiva è ciò che mi ha animato dal minuto zero di questo progetto."
dal pressbook del film
Eventi
• Presentato il 9 Settembre 2022 a Notti Veneziane, spazio off realizzato dalle Giornate degli Autori 2022 in collaborazione con Isola Edipo.
• Presentato al 63esimo Festival dei Popoli nella sezione Doc/Highlights, il 7 novembre 2022.
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