Quello che so di lei (2017)

Sage femme
Locandina Quello che so di lei
Quello che so di lei (Sage femme) è un film del 2017 prodotto in Francia, di genere Drammatico diretto da Martin Provost. Il film dura circa 117 minuti. Il cast include Catherine Deneuve, Catherine Frot, Olivier Gourmet, Quentin Dolmaire, Mylène Demongeot, Pauline Etienne. In Italia, esce al cinema giovedì 11 Maggio 2017 distribuito da BIM Distribuzione. Al Box Office italiano ha incassato circa 275174 euro.

Claire è un'ostetrica meravigliosamente dotata, con un talento naturale nel mettere al mondo i neonati con gesti dolcissimi. Ma nel corso degli anni, i suoi modi delicati, il suo senso di orgoglio e di responsabilità sono entrati in conflitto con i metodi delle moderne strutture ospedaliere. Più vicina alla fine della sua carriera che all'inizio, Claire comincia a mettere in discussione il suo ruolo e la sua professione. Un giorno riceve una strana telefonata. Una voce riemerge dal passato: Béatrice, la stravagante e frivola amante del suo compianto padre, ha notizie importanti e urgenti da darle e vuole rivederla, trent'anni dopo essere scomparsa nel nulla all'improvviso. Agli antipodi in tutti i sensi, la super-coscienziosa Claire – che rasenta l'inibizione – e lo spirito libero, amante della vita Béatrice, impareranno ad accettarsi l'un l'altra e, rivelandosi reciprocamente antichi segreti, inizieranno a recuperare gli anni perduti. 

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 11 Maggio 2017
Uscita in Italia: 11/05/2017
Data di Uscita USA: mercoledì 22 Marzo 2017
Prima Uscita: 22/03/2017 (Francia)
Genere: Drammatico
Nazione: Francia - 2017
Durata: 117 minuti
Formato: Colore
Produzione: Curiosa Films, France 3 Cinéma (co-produzione), Versus Production (co-produzione), Memento Films (in associazione con), Cofimage 27 (in associazione con), Inver Tax Shelter (in associazione con), Canal+ (partecipazione), France Télévisions (partecipazione), Région Ile-de-France (con il supporto di)
Distribuzione: BIM Distribuzione
Box Office: Italia: 275.174 euro

INTERVISTA CON MARTIN PROVOST

Come le è venuta l'idea di raccontare la storia di un'ostetrica?
Io stesso sono stato salvato alla nascita da un'ostetrica. Mi ha donato il suo sangue e questo suo gesto mi ha permesso di sopravvivere. Lo ha fatto con incredibile discrezione e umiltà. Quando mia madre mi ha raccontato la verità su questa vicenda, un po' più di due anni fa, mi sono immediatamente messo a cercarla, senza neanche conoscere il suo nome. Poiché gli archivi dell'ospedale dove sono nato vengono distrutti ogni vent'anni, di quell'evento non restava alcuna traccia. Mia madre si ricordava che non era giovanissima, quindi sono convinto che sia morta.
A quel punto ho deciso di renderle omaggio a modo mio, dedicandole questo film, e, attraverso una protagonista ostetrica di tributare un riconoscimento a tutte queste donne che lavorano nell'ombra, dedicando le loro vite agli altri, senza aspettarsi nulla in cambio.
Poi è successa una cosa incredibile. Qualche mese fa, per il mio matrimonio ho avuto bisogno di richiedere un atto di nascita, e non il consueto estratto.
Avevo quasi completato il montaggio del film e con mio immenso stupore ho scoperto che era stata quell'ostetrica, e non mio padre, ad essere andata in comune a dichiarare la mia nascita. Dunque non solo aveva passato tutta la notte con me e mi aveva salvato la vita donandomi il sangue per la trasfusione: era persino andata a denunciare la mia nascita, come per certificare che ero sano e salvo. Ho trovato questo gesto magnifico e da allora ripeto incessantemente il suo nome: Yvonne André. Le devo moltissimo
Ciò nonostante, QUELLO CHE SO DI LEI è un film che non ha nulla di autobiografico. Non ho voluto raccontare la mia storia: di fatto, mi è servita solo come pretesto per andare oltre ed entrare maggiormente in contatto con una professione che mi ha sempre affascinato. Dunque ho incontrato numerose ostetriche, in primo luogo per comprendere fino in fondo quello che mi avevano fatto la notte della mia nascita ed è stato così, attraverso le loro risposte, che si è progressivamente delineata la storia di Claire. Ho voluto tracciare il ritratto di una donna al tempo stesso alle prese con la realtà della sua epoca, ma anche con un momento di svolta cruciale nella sua vita personale.

Claire è un personaggio complesso e anche inflessibile…
È una donna impegnata che vive a servizio degli altri. Possiede dei principi e dei valori ai quali si rifiuta di abdicare e questo le fa solo onore. A livello professionale, non è disposta ad accettare i cambiamenti che la società vuole imporle. Il piccolo reparto maternità dove ha sempre lavorato sta per chiudere i battenti per far posto a una 'fabbrica di neonati', a una di quelle strutture che stanno fiorendo sempre più numerose in cui la logica del rendimento tende a sostituire il fattore umano. Claire declina l'offerta di lavoro che le viene proposta, rifiuta di scendere a compromessi. È fatta così, è una donna tutta d'un pezzo che conosce il valore della sua esperienza e del rapporto con le pazienti. Il denaro non è una sua priorità, malgrado lo spettro della disoccupazione sia per lei fonte di ansia. Arriverà a dichiarare che è disposta a vendere il suo appartamento piuttosto che piegarsi e prestarsi alla logica del profitto. Nella vita privata si comporta con lo stesso convincimento: suo figlio è da poco andato a stare per conto suo, lei non ha un compagno, ma va avanti dritta per la sua strada, al limite della superbia.
L'irruzione di Béatrice nella sua vita cambierà ogni cosa.

Béatrice è l'esatto contrario di Claire, al punto che è difficile a non pensare alla favola di La Fontaine "La cicala e la formica" quando le vediamo insieme. Si tratta di un riferimento intenzionale?
Sì, lo rivendico a tutti gli effetti. Per me, questo film è una favola, ma più dolce rispetto a quella di La Fontaine, che personalmente trovo terrificante. È una favola nella quale cerco di dire che ciascuno di noi ha il dovere di essere al tempo stesso un po' cicala e un po' formica. Claire e Béatrice sono radicalmente agli antipodi, ma poco a poco, questa opposizione diventa fonte di complementarità, di scambio reciproco, di saggezza. Ho una grande paura del conflitto, eppure non possiamo sempre farne a meno in quanto spesso ci permette di andare incontro all'altro nella sua diversità. È quello che accade tra queste due donne. Claire vive un po' troppo nell'ombra e Béatrice torna nella sua vita per portarle un po' della sua luce. E per Béatrice, che ha sempre vissuto come un elettrone in libertà, è forse l'occasione di comprendere meglio la sua esistenza, di fermarsi finalmente un istante per accettare il fatto che senza gli altri non siamo niente.

In questo senso, il film solleva la questione di sapere cos'è realmente la libertà…
Esattamente. Per me, la libertà è un concetto su cui mi interrogo il più spesso possibile. La libertà non consiste nell'assenza di limiti o di regole, come sembra pensare Béatrice. La malattia che la colpisce rimetterà in discussione il suo modo di essere e di pensare. Quello che lei chiama "libertà" è sempre stato un modo di essere vicino a una forma di fuga, ma all'improvviso non può più scappare, ha bisogno di Claire, è fragile. Ha bisogno di Claire, perché porta dentro di sé quello che Béatrice ha sempre rifiutato scegliendo di vivere in modo leggero, ai limiti della superficialità, ovvero una specie di estrema compassione per gli esseri umani senza difese e vulnerabili. In questo senso, cosa c'è di più simile di un neonato appena venuto al mondo e di un anziano che il mondo sta per lasciarlo?
Béatrice, donna-bambina, incantevole, meravigliosa e divertente, crudele a causa della sua leggerezza, si rende finalmente conto di essere prigioniera di se stessa. È troppo tardi, ma le resta ancora un'occasione: offrire a Claire la possibilità di conservare un buon ricordo di lei, perché i morti continuano a vivere dentro di noi, continuano a vivere nella mente delle persone che hanno amato e che li hanno amati. Per Béatrice, è l'ultima forma di libertà possibile. Una delle cose peggiori al mondo è morire soli, senza qualcuno che ti tenga la mano.

QUELLO CHE SO DI LEI è anche una storia di trasmissione e il racconto di una trasformazione…
Ciascuna delle due donne colma un vuoto nella vita dell'altra. Claire ritrova la sua seconda madre, colei che un tempo aveva scelto come modello, negli anni in cui stava diventando una giovane donna, e Béatrice ritrova la figlia che non ha avuto.
Questo rapporto di filiazione è al centro della storia. Del resto, Béatrice non esita a presentare Claire come sua figlia ai medici che l'hanno in cura e di conseguenza Claire, messa alle strette, abbozza. E quando Béatrice non ha più alcun luogo dove andare, è Claire che le apre la porta del suo piccolo appartamento e quindi della sua vita. Ed è così che il trilocale si trasforma nell'arena in cui andrà in scena tutto quello che la vita non aveva permesso loro fino a quel momento, la possibilità di recuperare il tempo perduto e di riconciliarsi.
Insieme, riesumano l'uomo che hanno adorato, ciascuna a modo suo. Per Claire, si tratta di un padre scomparso troppo in fretta e in modo troppo brutale e per Béatrice, si tratta dell'unico vero amore della sua vita. Lasciarsi il passato alle spalle significa compiere il primo passo verso l'accettazione del futuro, l'inizio di una nuova vita per Claire, una fine più serena per Béatrice.

È la prima volta che Catherine Frot e Catherine Deneuve si incontrano sul grande schermo. Come ha immaginato questo incontro?
Ero sicuro che avrebbe funzionato. Ho scritto questo film per loro due e per Olivier Gourmet.
Avevo già contattato Catherine Frot proponendole di interpretare Simone de Beauvoir in VIOLETTE, ma non aveva accettato. Dopo aver visto quel film mi aveva cercato per dirmi che si era pentita di aver declinato il ruolo. La sua franchezza mi ha commosso e ho continuato a tenerla in mente. E quando è nata l'idea del film, me la sono vista davanti, china su di me con indosso un camice rosa, come se mi stesse mettendo al mondo. Da quel momento in poi, tutto si è sviluppato in modo molto naturale.
Chi altra se non Catherine Deneuve avrebbe potuto incarnare Béatrice? Il solo fatto che esista mi rende felice. Sembra essere al di sopra delle leggi.
E per quanto riguarda Olivier Gourmet, avevo già lavorato con lui in VIOLETTE ed ero sicuro che avrebbe formato una coppia perfetta con Catherine Frot. Inoltre, avevamo entrambi voglia di lavorare di nuovo insieme.
Quindi ho scritto la sceneggiatura pensando a tutti e tre. Vengo dal teatro ed è importante per me visualizzare gli attori per cui scrivo. Sento le loro voci, scrivo personaggi quasi fatti su misura. La mia unica angoscia era ovviamente che mi dicessero di no. Ma anche in questo caso è stato tutto molto semplice. Nel periodo in cui l'idea del film era appena delineata nella mia mente, sono stato invitato a un festival a Praga e lì per puro caso ho incrociato per strada Catherine Frot che stava girando MARGUERITE. Ci siamo messi a parlare e le ho detto che stavo pensando molto a lei. Il giorno seguente il caso ha voluto che incontrassi Olivier Delbosc, anch'egli a Praga per la produzione di MARGUERITE. Gli ho raccontato la mia idea di un film su un'ostetrica e lui mi ha detto "Questa poi! Mio padre è un ostetrico. Conta su di me!". Non aveva letto neanche una riga. Da quel giorno in poi, ho davvero avuto l'impressione che il destino fosse scritto.

Come ha lavorato con le attrici?
Ho incontrato Catherine Deneuve quasi contemporaneamente a Catherine Frot, a distanza di pochi giorni.
Catherine Frot ha accettato per prima, fin da subito. Era turbata. Il personaggio di Claire rispecchiava quello che stava passando nella sua vita, che apparteneva quasi al passato. Dunque per lei Claire arrivava al momento giusto, quasi per chiudere un cerchio. Ci siamo capiti immediatamente. Anche lei viene dal teatro e condividiamo la stessa passione per i testi e per quello che sempre si nasconde tra le righe. Mi fa pensare a certe attrici inglesi che sono capaci di interpretare qualunque personaggio, sia in teatro sia al cinema.
Catherine Deneuve ha chiesto di incontrarmi. Avevo una fifa tremenda, tremavo all'idea che se avesse detto di no il film sarebbe andato a monte. E invece ha detto di sì anche lei, con grande naturalezza, come se niente fosse, nel corso della conversazione. Sono certo che avesse percepito la mia inquietudine e che abbia voluto rassicurarmi per delicatezza. Mi sono sentito sciogliere di riconoscenza e di sollievo.
Olivier Gourmet mi ha telefonato dicendomi che non avrebbe potuto dire di no a una storia del genere. Sapevo che avrebbe sedotto le mie due Catherine, è un attore di grandissimo spessore e di folgorante misura, sempre. È un godimento averlo sul set.
In un film, la selezione del cast è quasi più importante della tecnica. Il lavoro iniziale è stato costituito da letture con le due attrici, prima separatamente e poi tutte e due insieme. Catherine Frot è molto strutturata, ha bisogno di avere tutto chiaro in mente, mentre Catherine Deneuve è come un'equilibrista, vive nel presente, ha bisogno della verità del momento. Eravamo nel cuore della storia e anch'io ho dovuto mollare la presa, come Claire, altrimenti avrei rischiato di voler controllare tutto. Ho imparato molto facendo questo film.

Ha affidato il ruolo del figlio di Claire a Quentin Dolmaire, scoperto in I MIEI GIORNI PIÙ BELLI di Arnaud Desplechin. Per quale motivo?
È una scelta che si è imposta nel corso di una conversazione con Catherine Deneuve. Stavamo parlando del film di Arnaud Desplechin, che io avevo amato molto, e della prestazione di Quentin Dolmaire che mi aveva ricordato Jean-Louis Trintignant da giovane, con quel suo timbro di voce insolito e il suo fraseggio particolare. Per interpretare il personaggio del figlio, cercavo un attore dal fisico prestante, un campione di nuoto, mentre Quentin è piuttosto esile e snello. Catherine Deneuve mi ha messo alle strette: per lei la cosa che contava di più era il mio desiderio di lavorare con lui. Ed era vero che volevo che fosse lui. Anche se Quentin non corrispondeva all'immagine mentale che mi ero fatto del personaggio, poteva diventarlo e di fatto lo è diventato.

Il film mostra delle vere nascite alle quali Catherine Frot ha realmente partecipato. Questa autenticità nella situazione e nella recitazione era imprescindibile per lei?
Sì. Olivier Delbosc e io eravamo d'accordo su un punto: nei film, troppo spesso, i neonati sono enormi e hanno un'aria troppo perfetta e come tali sono fintissimi! Volevo filmare la vita reale, l'essenza stessa della vita, quello che tutti noi abbiamo sperimentato e non una sua rappresentazione più o meno edulcorata.
Per far questo, abbiamo dovuto filmare quelle scene in Belgio perché la legge francese non consente di girare con neonati di meno di tre mesi. È stato un lavoro lungo e complesso: abbiamo dovuto trovare delle donne che sono rimaste incinte in un preciso periodo e che accettassero di essere filmate durante il parto nove mesi dopo e abbiamo dovuto trovare dei reparti maternità che ci autorizzassero a farlo. Intanto, Catherine Frot ha seguito una formazione, ha assistito ad alcuni parti prima dell'inizio delle riprese e vi ha preso parte. Il rapporto tra noi e le future madri, ma anche con i loro mariti, si è costruito in modo molto fluido e molto naturale. E la fortuna è stata dalla nostra parte. Alla fine siamo riusciti a filmare sei parti in tempo reale. Eravamo un gruppo molto ridotto: Catherine Frot, il direttore della fotografia e il microfonista. Io ero nella stanza accanto, attaccato al monitor insieme alla mia segretaria di edizione. Non ho mai pianto tanto come quando Catherine Frot ha fatto venire al mondo il suo primo neonato.

Ha anche scelto un taglio molto realista nel modo di filmare le sale da gioco clandestine dove Béatrice si guadagna da vivere a carte…
Sapevo da alcuni conoscenti stretti che a Parigi esistevano ancora dei luoghi dove si gioca in modo del tutto illegale il gioco di carte chiamato La Marseillaise (inventato nei bagni penali di Marsiglia). Si tratta di un gioco di carte relativamente semplice che permette sia ai giocatori sia agli spettatori che assistono alla partita di fare delle puntate e delle scommesse molto consistenti. È evidente che lo scopo è quello di riciclare denaro sporco. Abbiamo ricostruito le sale da gioco e la polizia giudiziaria ci ha presentato degli autentici giocatori d'azzardo grazie ai quali Catherine Deneuve ha imparato a giocare. Mi ricordo che la chiamavano "Madame Catherine" e facevano una enorme fatica a chiamarla Béatrice. Sono più veri del vero.

QUELLO CHE SO DI LEI è un' autentica commedia drammatica che fa ridere e commuove al tempo stesso. Dopo i suoi tre film precedenti che erano decisamente drammatici, sentiva l'esigenza di introdurre un po' di leggerezza nel suo cinema?
Innanzitutto, a differenza dei miei altri film, ho scritto la sceneggiatura da solo. Avevo bisogno di immergermi completamente nel mio universo personale, che forse in fin dei conti è più fantasioso di quanto non fossi disposto ad ammettere. Può darsi che OÙ VA LA NUIT e VIOLETTE siano in relazione con zone d'ombra e di sofferenza che ho già esplorato a sufficienza. Davvero, credo che QUELLO CHE SO DI LEI corrisponda alla mia natura più profonda. Sono una persona al tempo stesso esageratamente allegra e tendente alla disperazione.

Anche la musica ha un posto importante nel film nel senso che aggiunge un aspetto romanzesco al racconto…
Avevo voglia di fare un film romanzesco, benché ancorato nella realtà. Ho chiesto a Grégoire Hetzel, di cui ho sempre amato il lavoro che ha fatto con Arnaud Desplechin, di comporre un tema che fosse semplice e melancolico, una musica che risuonasse come le note di un carillon che si fa ascoltare a un bambino appena nato. Mi ha mandato un primo brano che è diventato il tema del film. Sono rimasto incantato. L'ho scelto come tema di Claire e a quel punto abbiamo sviluppato un secondo tema per Béatrice, che volevo fosse più barocco. In effetti, ciascun personaggio ha un'aria tutta sua, come in "Pierino e il lupo".

INTERVISTA CON CATHERINE FROT

Lei interpreta il ruolo della protagonista del film, l'ostetrica a cui si riferisce il titolo originale. Che cosa l'ha attratta nel personaggio di Claire?
È un ruolo che mi ha appassionata fin da subito. Sapevo che Martin Provost l'aveva scritto per me e che mi aveva addirittura sognata nei panni di un'ostetrica protesa verso di lui. È un autore estremamente sensibile, in grado di cogliere con esattezza la psicologia femminile e di trascriverla con precisione in immagini. Ho apprezzato moltissimo il suo universo e il modo che aveva di parlarmi del personaggio. E poi mi piaceva l'idea di queste due donne così diverse: Béatrice è una cicala, mentre Claire è una formica. Sono due grandi personaggi da tragicommedia.

Il percorso di Claire è quello di una trasformazione…
È quello che mi ha sedotto in questa donna. Claire si trova in un momento cruciale della sua vita: la clinica nella quale ha sempre lavorato sta per chiudere i battenti, suo figlio se n'è andato di casa da poco, Béatrice ricompare nella sua vita come un fantasma del passato e sta per vivere una storia d'amore con Paul. La sua vita quotidiana è a maggior ragione sconvolta in quanto Claire è una donna molto disciplinata e rigorosa che ha messo in sospeso la sua esistenza per dedicarsi meglio agli altri, con una bontà e una dedizione incredibili. Il ritorno di Béatrice la costringe a rimettere in discussione il suo modo di essere e di agire. È questo che è bello nel personaggio di Claire: accettando di perdonare Béatrice, accetta di cambiare e quindi di tornare verso la luce, di approfittare sino in fondo delle gioie e dei piaceri che la vita può offrirle. A mio parere, la trasformazione di Claire è indissociabile dal perdono che accorda a Béatrice.

In quale momento Claire accetta veramente i cambiamenti nella sua vita?
Quando va a trovare Béatrice ricoverata in ospedale: quest'ultima la presenta ai medici come sua figlia e Claire non la smentisce. Di fatto, accetta implicitamente di prendersi cura di lei ed è l'inizio del percorso del perdono. Da quel momento in avanti, Claire si apre alla vita e poco dopo si concede a Paul e lascia che lui occupi un posto nella sua vita quotidiana. Tutto questo avviene a livello inconscio, ma in fin dei conti in modo molto naturale.

È una donna impegnata…
Claire non è una che segue la massa. Non è il tipo di persona disposta a rinnegare i suoi principi alla prima difficoltà. È molto impegnata nel senso che ha delle opinioni chiare e precise, in particolare in merito alla sua professione. Non è d'accordo con la logica del profitto, rifiuta il concetto delle 'fabbriche di neonati'. È un'umanista che crede nell'importanza della trasmissione.

C'è una specie di evidenza nei rapporti tra Claire e Béatrice. Come ha affrontato la sua collaborazione con Catherine Deneuve?
Tutto è avvenuto in modo facile. Catherine Deneuve ha avuto su di me lo stesso effetto che Béatrice ha su Claire. È un'attrice molto istintiva, piena di grazie e di eleganza. E vive nella verità del momento.

Martin Provost ci teneva a filmare delle vere nascite. Come si è preparata a queste scene?
Confesso che mi sono un po' preoccupata quando ho letto la sceneggiatura per la prima volta. L'idea di assistere a un parto in diretta, per quanto commovente fosse, non era una cosa da poco. Alla fine ho acconsentito perché sapevo che era una parte integrante del progetto che mi stava proponendo Martin. E quindi ho proceduto per gradi. Innanzitutto, ho chiesto di poter assistere a dei parti per capire se sarei stata eventualmente in grado di compiere i gesti appropriati. Mi sono resa conto che in fondo era tutto molto naturale, molto normale. In seguito, ho preso delle lezioni con un'ex ostetrica che mi ha fatto fare pratica con dei manichini. Una volta sul set, mi sono un po' preoccupata alla prima ripresa, ma tutto è andato meravigliosamente bene. Di solito, il mio mestiere di attrice mi costringe ad essere in una dimensione di illusione: ho interpretato una pianista virtuosa in LA VOLTAPAGINE e una cuoca illustre in LA CUOCA DEL PRESIDENTE. Qui invece sono dovuta andare oltre l'illusione, senza esitazioni emotive.

Ha incontrato le future mamme che avrebbe poi aiutato a partorire?
Le ho incontrate alla clinica solo una o due ore prima delle riprese. Ho detto a ciascuna di loro che non avrebbe dovuto sentirsi in alcun imbarazzo e di non esitare a chiedermi di uscire se preferiva che me ne andassi, che ero lì solo per assistere le vere ostetriche.

Martin Provost sostiene di aver dovuto accettare di mollare la presa per fare questo film. E lei?
Anch'io. Mi ha spinta verso una sorta di abbandono, il che era particolarmente significativo dal momento che il film toccava temi molto personali. Eravamo d'accordo sull'opportunità di sottolineare il percorso di Claire, la sua evoluzione a contatto con Béatrice e Paul. Era importante che il personaggio fosse costantemente nella concretezza.

INTERVISTA CON CATHERINE DENEUVE

Martin Provost ha scritto il ruolo di Béatrice per lei. Come ha reagito alla sua proposta?
Ho subito amato questo personaggio non appena ho letto la sceneggiatura. In seguito ho incontrato Martin Provost che ha parlato molto bene del suo film. C'è una bontà in lui che mi ha immediatamente sedotta. Béatrice è un personaggio da commedia che vive dei momenti drammatici. È l'immagine riflessa del film. Infatti, Martin Provost riesce a parlarci con leggerezza di cose serie, senza che prevalga mai un senso di pesantezza. La commedia interviene in ogni momento a disinnescare il dramma senza che questo avvenga a discapito dell'emozione.

Come definirebbe Béatrice?
È una donna che ha vissuto in modo tanto intenso quanto leggero. È molto generosa e al tempo stesso molto egoista. Ha la passione del gioco d'azzardo, ma è priva di una fonte di reddito, anche se questo non le impedisce di avere gusto ed eleganza. Vive alla giornata, senza mai fare progetti in anticipo, che peraltro non potrebbe fare neanche se volesse. Procede a tentoni, appoggiandosi un giorno su un uno e il giorno dopo sull'altro.

Esatto, Béatrice dà l'impressione di essere estremamente libera, eppure è molto dipendente dagli altri…
Pensava di poter vivere liberamente, senza alcun legame, ma è un'illusione. Tuttavia ha scelto di prendere la vita per il verso giusto e intende farlo fino all'ultimo istante. Béatrice è una donna piena d'amore, e la sua storia con il padre di Claire ne è la prova, ma è anche una gaudente che approfitta di quello che la vita ha da offrirle. C'è in lei una certa qual forma di spensieratezza che a volte piò essere difficile da sopportare per le persone che le stanno intorno. Questo non vuol dire che sia irresponsabile. A dire il vero, Béatrice è un'avventuriera gioiosa. Se organizza le cose a modo suo e a suo vantaggio, non lo fa per nuocere agli altri, ma piuttosto per vivere meglio.

Béatrice sconvolgerà la vita quotidiana di Claire al punto di trasformarla…
Claire non può resistere a lungo a Béatrice. All'inizio è restia a lasciarla rientrare nella sua vita, è disposta a darle una mano, ma mantiene le distanze e poi nel giro di poco tempo accetta questa presenza, riscopre Béatrice che le porta un po' di fantasia e le fa scoprire un mondo molto lontano dal suo. In questo senso, Béatrice è capace di fare accettare agli altri delle situazioni completamente improbabili.

E tuttavia sceglie di eclissarsi…
Vuole che Claire sia felice, che possa godersi la sua nuova relazione con Paul. È per questo motivo che se ne va. C'è una delicatezza nella sua decisione. Béatrice ha saputo costruire un rapporto intimo con Claire, per qualche settimana sono state come una madre e una figlia. Ha voluto aiutare Claire, farsi perdonare gli errori del passato e sa quando è il momento di fare una rinuncia e di congedarsi.

Si sente vicina a Béatrice?
In quanto attrice, trovo che sia un personaggio molto positivo, molto divertente, un po' fuori dai canoni ed è estremamente piacevole da interpretare. In quanto donna, posso capire la sua spensieratezza, non la giudico, ma è molto lontana da me.

Non aveva mai recitato insieme a Catherine Frot prima di QUELLO CHE SO DI LEI. Come avete lavorato insieme?
Eravamo un po' come Claire e Béatrice nel film. Catherine Frot è un'attrice molto sensibile. Ho avuto la sensazione che si sentisse sicura e questo è andato a vantaggio di entrambe. Inoltre, credo che la nostra intesa si veda sullo schermo. Il legame che unisce Claire e Béatrice è evidente.

E Olivier Gourmet?
Non avevo mai lavorato con lui. È un attore che amo tantissimo. Non abbiamo avuto molte scene insieme, ma credo che la complicità tra i nostri due personaggi sia autentica. Paul ha in comune con Béatrice il senso dell'avventura. Certo, è più posato rispetto a lei, ma è un vero viaggiatore e ammette lui stesso di aver bisogno di andarsene in giro per le strade. Ha anche un piccolo tocco di fantasia che illumina la vita quotidiana di Claire. Tra l'altro, all'inizio Claire è seccata per la complicità tra Paul e Béatrice, non esita a metterlo alla porta quando li sorprende a cantare insieme Serge Reggiani a colazione nella sua cucina.

Che genere di regista è Martin Provost?
È molto aperto, molto dolce, sempre all'ascolto degli altri. Il piacere che prova sul set a vedere i suoi personaggi che prendono vita è evidente. È affettuoso e affabile. E soprattutto, ama gli attori e sa scrivere per loro dei ruoli bellissimi. È un uomo che si schiera dalla parte delle donne. Ha saputo trovare il giusto tono per raccontare questa storia, un perfetto equilibrio di emozioni.

Ha imparato a giocare il gioco di carte che chiamano La Marseillaise…
Confesso che non lo conoscevo prima di fare il film. È un gioco che si svolge in modo molto veloce. Martin Provost ha voluto che mi circondassi di veri giocatori che danno un senso di autenticità alle scene. Ma oggi come oggi non sarei più capace di giocare una partita.
 

HomeVideo (beta)


STREAMING VOD, SVOD E TVOD:

Puoi cercare "Quello che so di lei" nelle principali piattaforme di VOD: [Apri Box]
DVD E BLU-RAY FISICI:
Non abbiamo informazioni specifiche ma puoi aprire i risultati della ricerca di DVD o Blu-Ray per "Quello che so di lei" o correlati su Amazon.it: [APRI RISULTATI]
Impostazioni privacy