MEN – Poster italiano

MEN (2022)

MEN
Locandina MEN
MEN è un film del 2022 prodotto in UK, di genere Horror diretto da Alex Garland. Il cast include Jessie Buckley, Rory Kinnear, Paapa Essiedu, Gayle Rankin, Sarah Twomey, Zak Rothera-Oxley, Sonoya Mizuno. In Italia, esce al cinema mercoledì 24 Agosto 2022 distribuito da Vertice360. Disponibile in homevideo in DVD da giovedì 19 Gennaio 2023.

A seguito di una tragedia personale, Harper (Jessie Buckley) si ritira da sola nella rigogliosa campagna inglese, sperando di trovare un luogo dove curare il dolore che la accompagna. Ma dai boschi circostanti sembra materializzarsi qualcosa o qualcuno che inizia a perseguitarla. Quello che inizialmente è un’inquietudine sottesa si trasforma ben presto in un vero e proprio incubo, abitato dai suoi ricordi e dalle sue paure più oscure che prendono forma in questo horror del regista Alex Garland.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: mercoledì 24 Agosto 2022
Uscita in Italia: 24 Agosto 2022 al Cinema; 19 Gennaio 2023 in DVD
Genere: Horror
Nazione: UK - 2022
Durata: N.d.
Formato: Colore
Distribuzione: Vertice360
Classificazioni per età: ITA: 14+
In HomeVideo: in DVD da giovedì 19 Gennaio 2023 [scopri DVD e Blu-ray]

Cast e personaggi

Regia: Alex Garland
Sceneggiatura: Alex Garland
Musiche: Ben Salisbury, Geoff Barrow
Fotografia: Rob Hardy
Scenografia: Mark Digby
Montaggio: Jake Roberts
Costumi: Lisa Duncan

Cast Artistico e Ruoli:
foto Rory Kinnear

Rory Kinnear

Geoffrey
foto Sarah Twomey

Sarah Twomey

Agente Frieda
foto Sonoya Mizuno

Sonoya Mizuno

Centralinista della polizia



Produttori:
Andrew Macdonald (Produttore), Allon Reich (Produttore), Cahal Bannon (Coproduttore)


Visual Effects Supervisor: David Simpson | Set Decorator: Michelle Day | Make Up Designer: Nicole Stafford | Sound Design/Supervising Sound Editor: Glenn Freemantle | Casting: Kharmel Cochrane.

Recensioni redazione

MEN, recensione film horror di Alex Garland
MEN, recensione film horror di Alex Garland
Giorgia Tropiano, voto 5/10
Men è un horror con sfumature fantascientifiche che inizia molto bene ma cade poi nel finale, dove le immagini troppo visivamente esplicite e ripetitive fanno perdere mordente al film.

Immagini

[Schermo Intero]

NOTE DI PRODUZIONE

Una donna sola in una grande casa isolata, una passeggiata nella foresta e uno sconosciuto che la scruta nascosto nel sottobosco: questa potrebbe sembrare lo scenario classico di un film horror. Ma Men non è un horror convenzionale, nonostante usi abilmente tutti gli elementi più affascinanti del genere per entrare sotto pelle e insinuarsi nel profondo. Il cuore del racconto affronta una delle grandi criticità contemporanee, la mascolinità tossica e le sue diverse manifestazioni: le violenze, da quelle piccole alle più grandi, il rimorso, sui cicli perniciosi, antichi, idee incontrollate e aspettative culturali. È un film basato sui miti fondanti della nostra cultura e su ciò che il pubblico porta con sé al cinema. “Sono temi su cui rifletto da molto tempo e alcuni di questi li ho toccati nei miei film precedenti“, spiega Alex Garland. “Ma in questo caso volevo che le persone potessero proiettarsi nella storia e partecipare alla narrazione. Men funziona come una sorta di strano specchio in cui il pubblico potrà  riflettersi, formare una sua opinione su quello di cui parla il film o meno e se queste cose hanno un effetto su di loro.

Un processo in cui si è immedesimato anche il cast di Men, a partire dai due protagonisti. Jessie Buckley nei panni Harper, il cui ritiro rigenerante viene ripetutamente invaso, e Rory Kinnear, che si cimenta in un’interpretazione polimorfica nei panni di tanti differenti personaggi tutti con lo stesso viso, hanno entrambi contribuito allo sviluppo del racconto con le loro idee. I loro personaggi dovevano viaggiare in perfetta sincronia. Perché nonostante Harper cerchi di scendere a patti con il suo recente dolore e la svolta violenta presa dal suo matrimonio negli inquietanti giorni finali, contemporaneamente non può sfuggire a una comunità di uomini invadenti, minacciosi, tutti con la stessa faccia, variazioni su un tema tutti interpretati da Kinnear. Questa sinistra parata di archetipi diventa sempre più strana, ciascuno di loro sembra essere un frammento della stessa fonte, collegati l’uno all’altro come schegge rotte, e la loro totalizzante essenza è come se divorasse Harper.
Come dice Jessie Buckley, “vedo questo film come parte dell’intensa conversazione tra uomini e donne che viviamo in questo momento storico. Sono successe così tante cose a livello politico e sociale negli ultimi anni e credo che Men sia una provocazione nei confronti di tutto questo piuttosto che una risposta“.

Kinnear aggiunge: “Credo che il film si sviluppo attraverso le metafore dell’horror per parlare delle interazioni tra uomini e donne, di cosa gli uomini sono capaci sia per quanto riguarda il consorzio sociale che all’interno di una relazione. Spero che il pubblico si senta come mi sono sentito io quando per la prima volta ho letto la sceneggiatura che è profondamente sentita e offre una vasta gamma di tematiche, sorprende continuamente e si coagula in qualcosa di bello e rivelatorio rispetto a ciò che siamo“.

Men è il terzo lungometraggio di Alex Garland come sceneggiatore e regista, ma nonostante l’ancora breve carriera la sua è già una voce unica nell’universo cinematografico, grazie alla sua facilità di esplorare filosofia, scienza, morale e le questioni intrinseche della nostra contemporaneità attraverso gli strumenti (e la sovversione) del genere. Le sue opere sono sfide che spingono al confronto e alimentano dibattiti. I suoi due primi film, Ex Machina e Annihilation, sono dei rompicapo di fantascienza. In Men mette in gioco tutti gli elementi primari del folk horror: isolamento, natura, religione, fertilità, inquietudine, l’essere in qualche modo straniero. Fedele all’essenza del genere, l’incessante tensione del racconto monta fino a un’apice di inquietanti sequenze. Ma le immagini inquietanti di Men riflettono in maniera diretta interazioni reali, imposizioni e divisioni sociali che fanno parte della quotidianità. “Il pozzo creativo di Alex è senza fondo” osserva Jessie Buckley. “E il problema che mi ha posto questa storia riguarda la mascolinità e come questa si relaziona con quello che stiamo vivendo nella cultura contemporanea. È un’analisi molto accurata di quest’aspetto. Durante le riprese abbiamo avuto molte conversazioni che costantemente facevano venire a galla nuovi aspetti della questione, e credo che ne stiamo ancora cercando altri“.
Harper, il personaggio interpretato da Jessie Buckley, appare praticamente in ogni fotogramma del film. Ha deciso di rifugiarsi nella campagna inglese in cerca di pace all’indomani di una inquietante tragedia coniugale, ma sin dal primo augurio da parte del proprietario della casa che ha affittato questa tranquillità appare assai labile. Infatti si susseguono degli inquietanti incontri, da un misterioso uomo che non proferisce parola a un poliziotto, passando poi per un parroco, un giovane villano, un barista e un paio di contadini. A propositi di questi uomini, Buckley commenta: “Per quanto possano essere spaventosi, li trovo tutti, con le loro ferite e tutte quelle cose con cui gli esseri umani si proteggono per sembrare o comportarsi in una certa maniera, molto tristi“.
Il processo creativo tra Buckley, Kinnear e Garland è stato da subito molto intenso, cominciato con franche conversazione nel corso di un lungo periodo di prove, come per molti altri film. Ma con una differenza: Garland ha mescolato questi dialoghi con la narrazione. Tutto il film è stato costruito non solo per stimolare la discussione, ma per essere la discussione stessa, con la storia che si adattava a questa funzione.

Per Kinnear questo spirito di collaborazione ha costruito la necessaria rete di sicurezza per prendersi i rischi per quella che necessariamente doveva essere un’interpretazione spietata, immergendosi in un prisma di comportamenti ostili con continui cambi di prospettiva. “Nelle due settimane precedenti alle riprese, Jessie, Alex e io siamo stati seduti in una stanza a conversare liberamente su tutti i temi del film, su quello che ci piacerebbe cambiare, su come ci sentivamo e come personalmente vediamo svilupparsi queste situazioni” spiega Kinnear. “Un’esperienza davvero rara, non solo per il tempo che abbiamo avuto a disposizione per provare, ma anche per come il lavoro fatto abbia nutrito la narrazione, le scene e i personaggi“.
Spaziando tra paure primordiali e intramontabili tradizioni culturali, il film apre una serie di questioni che Garland spera possano coinvolgere gli spettatori. “Questo film si basa fortemente sull’idea che una storia sia divisa al 50% tra chi la scrive e chi la riceve” sottolinea il regista. “Più di qualunque altro film a cui abbia lavorato questo prevedeva dall’inizio che ci fosse un pubblico che partecipasse al dibattito“.

Eppure, la storia non potrebbe essere più scientificamente meticolosamente costruita. E alla fine Men ribalta le allegorie stesse che usa per trasportare lo spettatore nel racconto, abbattendo la struttura horror classica. Questo potere maligno, piuttosto che diventare sempre più forte, sembra solo diventare più vulnerabile e disperato.
Commenta Garland: “Era una cosa interessante da sviluppare perché spoglia il film di ciò che, in termini di genere, lo rende pauroso, che è il potere del mostro di essere invulnerabile e di essere una minaccia. Qui questo potere diminuisce man mano che il mostro diventa sempre più patetico, e questo invita a un diverso tipo di riflessione“.

JESSIE BUCKLEY
Per interpretare Harper, Jessie Buckley ha dovuto camminare su un filo sospeso emotivo e intellettuale, levigando ogni reazione fisica e psicologica del personaggio nei confronti degli uomini che la accerchiano e la violano nelle più complesse situazioni. “Harper sta venendo a patti con il dolore e la perdita e questo viaggio in campagna la crepa dall’interno“, spiega Buckley. Buckley, irlandese di nascita, negli ultimi due anni ha avuto un’ascesa rapidissima, mettendosi in mostra in una serie di ruoli complessi sia al cinema che in televisione, tra cui la serie diretta da Craig Mazin Chernobyl, l’horror-drama di Charlie Kaufman I’m Thinking of Ending Things, la serie Fargo, e il debutto alla regia di Maggie Gyllenhaal La figlia oscura, per cui ha ricevuto la sua prima nomination all’Oscar. La profondità con cui Buckley ha compreso e influenzato il ruolo ha lasciato attonito Garland. “Jessie e io parliamo lo stesso linguaggio interiore” ha commentato. “La nostra è stata una relazione molto, molto stretta durante la quale ha affrontato un argomento molto complesso elevandolo costantemente in maniere imprevedibili“.
Per Garland il contributo senza filtri di Buckley è stato la chiave per plasmare il personaggio di Harper.
Ho sempre amato la natura collaborativa del fare cinema” continua Garland “e questo film in partiicolare è il risultato delle idee e degli istinti creativi di tutti quelli che ci hanno lavorato. Gran parte del modo in cui il film è costruito nasce dalle mie conversazioni con Jessie, discutendo le motivazioni del film dal suo punto di vista come dal mio, per poi mettere tutto insieme e metterlo nel racconto“. E prosegue dicendo: “Posso dire che almeno metà del periodo delle prove di Jessie non lo abbiamo passato leggendo il copione, ma piuttosto analizzando le reazioni di Harper, i differenti modi in cui metterli in pratica e come questo avrebbe potuto cambiarne il significato. Da un punto di vista squisitamente tecnico, quello che ha fatto Jessie è stato partecipare attivamente alla narrazione, esattamente nello stesso modo in cui si spera possa parteciparvi il pubblico“.
Questa esplorazione del ruolo è stata una gioia per Buckley. “Sin dalla mia prima lettura con Alex si è trattato di una collaborazione basata sul dibattito e sul mettersi in discussione. Non imponeva nessuna idea, era aperto a tutte. E questa è l’area più interessante e stimolante in cui entrare” spiega l’attrice. Harper arriva nella sua casa di campagna già in una condizione di cordoglio controllato, interrogandosi sull’amore, la perdita, la comunicabilità e la violenza di una relazione intima. La sua inquietudine cresce fino all’estremo a causa di una serie di aggressioni e invasioni del suo spazio che sembrano perseguitarla. Ma per Buckley quello che Harper vive al culmine del racconto è un momento paragonabile a una rinascita. “Uscire da una relazione è difficile. Ma credo che prima della fine di questa storia Harper possa guardare alle cose e a se stessa dicendo ‘scelgo la vita, la mia vita’. Anche attraverso tutte le intrusioni subite, trovo che ci sia qualcosa di eccitante nell’esperienza che vive Harper” conclude Buckley. “C’è qualcosa che viene agitato dentro di lei. Tutto quello che stava cercando di contenere si crepa e ne esce la sua vera e selvaggia essenza di donna“.

Rory Kinnear
Mentre le personalità duplici e i doppelgangers hanno un posto solido nella storia del cinema, la possibilità di interpretare una molteplice gamma di personaggi – o forse i molti frammenti di una stessa personalità – succede raramente nella carriera di un attore. Nella maggior parte dei casi, è la satira che offre questa possibilità. Alec Guinness interpreto nove diversi personaggi in Sangue Blu, Eddie Murphy sette ne Il professore matto e Peter Sellers tre ne Il dottor Stranamore. La sfida per Rory Kinnear era in questo caso più psicologicamente oscura. Ma l’opportunità di armeggiare con una intera catena di sfaccettature maschili come variazioni su un tema lo ha attirato come un magnete.
Membro della Royal Shakespeare Company, attore ben noto sui palcoscenici teatrali e in televisione, vincitore di due OlivierAwards e nominato a un BAFTA, Kinnear è ai più noto nei panni di Bill Tanner, Capo dello Staff del MI6 nella saga di James Bond. Ma ciò che ama di più è superare i limiti. Per questo la singolare e priva di compromessi scrittura di Men lo ha catturato sin dalla prima lettura.
Mi interessa fare cose che non ho mai visto prima, coraggiose e originali. Sapendo che avrei interpretato diversi personaggi in Men, sono stato immediatamente catturato da quella sensazione tra il non essere sicuro di come farlo ed essere assolutamente certo di saperlo” spiega Kinnear. “Mi piace essere sfidato e messo in discussione”.
È un’interpretazione che necessitava di una certa agilità, una considerevole quantità di nudo, ma anche una certa audacia, perché ognuno dei suoi personaggio fa letteralmente nascere il successivo nel corso del film. “Rory doveva essere molto coraggioso” riflette Garland. “Ha dovuto riporre una grande fiducia nel film per fare quello che ha fatto che è stato emotivamente e psicologicamente durissimo“.
Kinnear ha cominciato buttando giù delle brevi biografie e disegnando dei piccoli ritratti dei suoi personaggi. Ognuno degli uomini può essere identificato attraverso una vasta gamma di archetipi facilmente riconoscibili, ma lui voleva che fossero definiti in un’età, una fisicità e un carattere. Ha usato questi profili non solo per la sua ricerca ma anche per aiutare il team del make up nello sviluppare i diversi caratteri in maniera dettagliata. Una volta incarnati i diversi uomini sul set, Kinnear ha scoperto che ognuno di loro portava con sé un’aura diversa. “Scoprire quanto differente fosse ogni volta che usciva un diverso me dal camper del trucco era sorprendente” ricorda l’attore. “Non era solo l’aspetto, ma anche come mi ponevo con le persone e come loro interagivano con me“. E continua: “Quando Geoffrey, il proprietario della casa, era sul set, era fantastico, perché piaceva a tutti. Quando arrivava il vicario, calava il gelo. Con il poliziotto percepivo un collettivo senso di nausea. E talvolta queste emozioni erano così palpabili che mi trovavo a dire ‘ehi ragazzi, sono sempre io’. Ma in questo modo ho capito quanto delle persone si impongano su altre semplicemente per come occupano uno spazio“.
In una scena chiave ambientata nel bar, cinque dei personaggi interpretati da Kinnear interagiscono contemporaneamente sullo schermo. Sebbene sia stata girata con delle controfigure per favorire poi il montaggio, Kinnear ha dovuto comunque riflettere sul surrealismo di quel momento. “Quella scena è stata un rigoroso processo di tenere la testa fuori dall’acqua” scherza l’attore, “coordinando quale personaggio stesse facendo cosa e come poterse interagire l’uno con l’altro. Mi sono davvero divertito a raggiungere un simile livello di far ruotare i piatti su una cannuccia“.
Di quella scena Garland dice: “Tecnicamente cercavo di assicurarmi che fosse tutto coperto. Ma da un altro lato, credo che quello che viene fuori sono due attori che si stanno enormemente divertendo. C’è umorismo e anche qualcosa di agghiaciante in quella scena e Jessie e Rory si appoggiano entrambi su questo contrasto“.
Le trasformazioni di Kinnear sono accentuate da protesi e trucco, ma ognuna di esse ha comportato una sfida diversa. “Ho indossato diversi tipi di protesi dentarie, che cambiano il modo di parlare che a sua volta cambia il modo di comportarsi e di vivere” sottolinea Kinnear. “Ed è stato divertente avere i capelli lunghi nei panni del vicario. I costumi [disegnati da Lisa Duncan, che ha lavorato con Steve McQueen in Mangrove, uno degli episodi della serie Small Axe] hanno fatto il resto.”
Man mano che l’apporto creativo degli attori aumentava, Kinnear ha sviluppato una essenziale fiducia in Jessie Buckley. “Quello che maggiormente mi ha colpito di Jessie, oltre al fatto che divertente, gentile e una brava ragazza, è stata la sua totale mancanza di consapevolezza di sé dentro e fuori dal set” fa notare Kinnear. “Fa spessissimo cose che non ti aspetti, e quando accade sembra del tutto naturale. Sono sinceramente convinto che sia l’attrice più interessante nel panorama inglese in questo momento, ha una libertà che rapisce“.
Anche Buckley considera il suo rapporto come fondamentale per tutto quello che succede nel film. “È stato incredibile guardare Rory immergersi in questi uomini così diversi che sono, in un certo senso, una sola persona. Il suo tratteggiare ognuno di loro in maniera così precisa e definita è quello che mi ha permesso di interagire perfettamente con ognuno di loro“.

Gli UOMINI
Il primo uomo che Harper incontra una volta arrivata nell’idillico cottage che ha affittato è Geoffrey, il proprietario di questa grande casa, che sebbene un po’ dinoccolato, impacciato e un pelo indiscreto, sembra abbastanza gentile. “Geoffrey è un aristocratico un po’ goffo, ma lo adoro” svela Buckley. “Lui è decisamente il più simpatico e divertente tra tutte le persone che incontra Harper“. Kinnear descrive Geoffrey come “un maldestro signorotto di campagna desideroso di far sentire Harper la benvenuta, anche se sembra un po’ troppo interessato a quello che la riguarda. È una presenza gradevole e innocua, ma che inciampa sulle sottigliezze e i costumi di oggi. Per come la vedo io, la sua aristocratica famiglia è stata proprietaria della casa per secoli, ma adesso si è dovuto trasferire in un posto più piccolo e per tirare avanti la affitta“.
Dopo avere fatto a fare ad Harper un giro delle sua nuova magione e spiegato le regole della casa, Harper va a fare una passeggiata. Purtroppo incontra un altro uomo, brutalmente nudo, apparentemente ferito, inquietante nella sua inspiegabile presenza nella sua proprietà. “All’inizio è un’esperienza terrificante per Harper, perché non incontriamo spesso un uomo nudo e ferito nella nostra quotidianità” fa notare Buckley. A un certo punto questa figura primordiale si trasforma nel mitologico Green Man, cosa che ha reso necessaria ricoprire completamente il volto e il corpo di Kinnear di foglie. “Nella sua versione finale, si è trattato di un processo che ha richiesto un giorno di lavoro per applicare le protesi una a una, per poi sporcarle e insaguinarle per potermene stare nudo in mezzo alla natura alle tre del mattino” scherza Kinnear.
Harper incontra anche uno strano ragazzino di 9 anni, Samuel, che la insulta pesantemente. Sebbene abbia il corpo di un bambino, anch’egli ha il viso di Kinnear. “Samuel è un mezzo delinquente. Forse è solo giovane, ma puoi sentire ribollire il risentimento e la violenza in lui“, così lo descrive Buckley.
Poi arriva il vicario, che avvicina Harper nella chiesa del paese con intenzioni poco chiare, per poi insinuarsi nelle sue emozioni e facendo tracimare il suo senso di fallimento. “Oh Dio, il Vicario è il peggiore” sbotta Buckley. “Ma ognuno di questi uomini è, dal mio punto di vista, vittima del proprio essere represso. Il Vicario è decisamente il più pericoloso e quello più emotivamente violento. È un personaggio sconcertante e decisamente quello più difficile con cui avere a che fare“.
Kinnear interpreta anche Jimmy, il presuntuoso poliziotto che è “piuttosto compiaciuto della sua posizione” dice Kinnear. “E poi c’è Franklin, che è il padrone del pub locale, una presenza taciturna e apparentemente innocua. Infine, ci sono due fratelli, contadini, che hanno vissuto nel villaggio tutta la loro vita. E sebbene non dicano niente, sono una incombente presenza di brutale mascolinità“.

James
C’è un altro uomo che aleggia per tutto il film, da quando Harper si insedia nella casa delle vacanze con i suoi inquietanti ricordi e le sue emozioni: il suo ex marito, James. Un susseguirsi di allarmanti eventi hanno circondato la fine della loro vita insieme – un terribile gesto di violenza; litigi continui; una macabra e misteriosa caduta – e tutto questo sembra richiedere una pacificazione. A prendere il difficile ruolo di quest’uomo che vediamo solo nei flashback di Harper e in una condizione di profonda crisi, sebbene sia poi il fulcro attorno a cui ruota tutto il film, è la nuova star del cinema britannico Paapa Essiedu. Essiedu si è fatto conoscere grazie a una serie di magnifiche interpretazioni nella Royal Shakespeare Company e ha recentemente vinto un Emmy e un British Academy of Television Awards per il suo ruolo nella serie di Michaela Cole I May Destroy You.
Quello di James è un ruolo molto difficile, sotto molti punti di vista” spiega Garland. “Quello che Paapa fa meravigliosamente è fare modo che il personaggio non sia semplicemente brutale. Al contrario, ti dà accesso in maniera molto accurata al dolore e alla confusione che lo pervade. James è colpevole di un gesto profondamente inappropriato che può facilmente cambiare la nostra opinione nei suoi confronti, ma Paapa resta concentrato sull’agonia di James senza lasciare indietro lo spettatore“.
La testa di Essiedu si è messa in moto il momento stesso che ha finito di leggere la sceneggiatura. “Ho avuto una reazione emotiva immediata” ricorda. “Ero terrorizzato, teso e a disagio. Poi Alex e io ci siamo seduti e abbiamo avuto una conversazione durante la quale abbiamo parlato soprattutto di noi stessi, delle nostre vite e degli obiettivi che vogliamo raggiungere nel nostro lavoro, ed è stato subito chiaro che eravamo sulla stessa lunghezza d’onda“.
Una complicità che è diventata presto ancora più profonda. Come per Buckley e Kinnear, Garland ha voluto sentire tutto quello che Essiedu pensava e sentiva piuttosto che imporre un taglio assoluto al film. Essiedu era entusiasta rispetto a quest’apertura. “Credo che la maggior parte del lavoro di Alex preveda l’indagare quelle zone grigie che esistono al di là delle scelte binarie che, da cineasta, si rifiuta di frequentare, da una parte e dell’altra” osserva Essiedu. “Ma per me questo film pone delle domande importanti su quello che gli uomini fanno ad altri uomini, gli uomini alle donne e viceversa. Chiede di chi sia stata la colpa e se potremo mai liberarci dei demoni del nostro passato“.
Tutte domande che affondano le radici nella relazione spezzata tra Harper e James. Essiedu lo ha capito immediatamente. “Molti di noi si sono trovati in quel tipo di relazione che è viva ma al tempo stesso morta” riflette. “Jessie e io abbiamo cercato di catturare il momento in cui un rapporto è come un grande squalo bianco che si dimena per sopravvivere, quando fai e dici cose che normalmente non faresti o diresti“. Non è stata una condizione semplice da mantenere, specialmente gli impulsi distruttivi di James. Ma Essiedu ha provato a esplorare l’orrenda condizione psicologica di James nel contesto di un’esistenza che non vediamo sullo schermo. “Lo vedo come un uomo capace di amare molto profondamente, ma arrivato a un punto in cui è frustrato, disperato e molto spaventato” lo descrive. Le reazioni di James alle sue frustrazioni si riflettono su tutto il film, sottolinea Essiedu. “C’è la sua eco sotterranea costantemente, in tutti gli uomini che Harper incontra sulla sua strada. E alla fine del film vediamo per un istante una versione di James completamente diversa“.
Garland ha trovato le scene tra Buckley ed Essiedu così naturali da essere devastanti. “Una delle scene più difficili da girare per me è stata quella della rottura tra loro, girata quasi interamente riprendendo entrambi di profilo uno di fronte all’altra. Ho percepito il dolore di quella scena in maniera palpabile, era quasi impossibile conviverci” ricorda Garland.
In quell’istante Jessie Buckley ha fissato l’asticella talmente in alto che era entusiasmante provare a raggiungerla, come commenta Essiedu. “Jesse ha un coraggio infinito e non fa le cose a metà. Il suo coinvolgimento è così ridicolmente elevato che a volte fa paura“.
Il cocktail di emozioni di quella scena era così potente che Essiedu in qualche modo si è procurato una distorsione alla caviglia nonostante la scena fosse sostanzialmente statica. “C’era così tanta tensione nella stanza che si tutto inaspettatamente trasformato in un’esperienza fisica totale” ricorda scherzando.

Sheela-Na-Gig e Green Man
Essendo una storia che parla di cose che resistono e si perpetrano, Men è colmo di simbolismi che potrebbero richiamare la natura – tunnel, corridoi, semi, fessure, echi. Ma un paio di simboli molto più concreti echeggiano attraverso il film: la figura iconica nota come la sheela-na-gig, il nome dato ai feticci di pietra che raffigurano una donna nuda accovacciata che mostra la vulva. E poi la sua contro parte maschile, il Green Man, così noto per le foglie, le viti e i rami che escono dalla sua bocca e che lo ricoprono completamente.
Entrambi sono da sempre avvolti da un mistero storico, pur essendo onnipresenti in luoghi come chiese, castelli e porte in tutto il mondo. Gli storici dell’arte hanno variamente teorizzato che lo Sheela-na-gig era destinato a mettere in guardia contro la lussuria o per onorare la fertilità femminile, per allontanare il male o rendere omaggio a qualche dea pagana sconosciuta. C’è anche la congettura che fossero scherzi architettonici lasciati da muratori medievali. Il nome gaelico stesso si è dimostrato impenetrabile tradotto come “vecchia donna dei seni,” “il buco inattivo,” e “con i suoi genitali”, tra gli altri, o come un termine senza senso con nessun significato. Eppure le immagini risuonano in tempi moderni come alcune delle più spudorate – qualcuno potrebbe dire empowering – raffigurazioni della forma femminile nella storia europea.
Allo stesso modo, il Green Man non ha spiegazione definita. Esistente in una zona grigia tra il simbolismo pagano e cristiano, creatura folcloristica con il suo volto simile a un albero, spesso usato per adornare i pub, si dice che rappresenti la primavera, la nuova crescita, il desiderio di natura, la virilità maschile … o è solo un motivo decorativo seducente che si è diffuso come un meme.
Sappiamo che questi simboli sono antichi, potenti e che hanno un effetto su di noi, ma non sappiamo davvero cosa significano, ed è difficile discernere ciò che è mitologia e ciò che non è” dice Garland. “Il che li ha resi perfetti per il film. Una delle cose che mi piacciono della Sheela-na-gig è la sua incredibile immediatezza. Le persone reagiscono in maniere differenti, ma per me ha un modo di tenere il tuo sguardo incollato a sé che quello che anche il film cerca di fare“.
E continua dicendo che “Sheela-na-gig è sopravvissuta attraverso secoli di enorme repressione nei confronti di tutto ciò che anche solo lontanamente potessero sembrare immagini sessuali. Anche se i vittoriani erano impegnati a coprire tutti i genitali nell’arte classica, all’interno di una chiesa si possono ancora trovare queste incisioni che ai nostri occhi sono una sfacciata rappresentazione della sessualità. Ma è la sessualità? O rappresenta la riproduzione? O è solo una dichiarazione d’intenti? E come la nostra percezione nei confronti di queste cose è cambiata? Tutte queste domande fanno parte del film“.
Dal momento che il Green Man diventa tangibile nel film, portato alla vita da Kinnear, gli attori hanno detto la loro su come il personaggio si pone nell’economia del racconto. Dice Buckley: “Vedo il Green Man come un archetipo del maschio caduto, il livello basico dell’uomo. È un elemento primordiale, è la Terra, è la vita e la morte. Ha vissuto migliaia di anni e racchiude in sé tutto ciò che è complicato e tutte le ferite degli uomini e della mascolinità. Ma è anche un potenziale portatore di vita“.
Kinnear aggiunge: “Il Green Man è una figura che muta e si sviluppa per tutto il film, contemporaneamente perseguita e veglia su Harper. Non siamo mai certi se si tratti di un tormento o di un protettore. Ma a me sembra suggerire la rinascita di cui hanno bisogno le persone dopo il dolore. È una delle forze primordiali con cui abbiamo sempre avuto a che fare, che vengono da epoche lontane ma che ancora oggi ci accompagnano“.

LA CASA
La casa, il luogo di tutti i nostri desideri e aspirazioni, è sempre stata uno dei simboli ricorrenti dell’horror, frantumando l’apparenza della sicurezza quotidiana. In Men la casa che Harper affitta per il suo ritiro si trasforma da paradiso carico di frutti a palcoscenico di minacce che si insinuano fino a luogo dell’illuminazione.
La casa è un personaggio del film” afferma Buckley. “La quantità di dettagli che il reparto scenografia h usato per alzare tutte le manopole della casa me l’hanno fatta sentire una creatura pulsante. È un luogo in cui i muri possono crollare su loro stessi e la porta un vortice in cui le cose cambiano all’improvviso“.
La produzione ha trovato questa enorme proprietà nel Gloucestershire, in una zona rurale nel sud-ovest dell’Inghilterra. Una zona caratterizzara dai villaggi dei Cotswold composti da case in pietra, ruscelli gorgoglianti, siepi perfettamente pareggiate, silenziose foreste.
Grazie alla sua curata aura di cordialità e riservatezza, era il luogo perfetto per un’indagine su repressioni e aggressioni. La casa era già una casa per le vacanze, ma lo scenografo Mark Digby e la set decorator Michelle Day, che hanno lavorato nei precedenti film di Garland, l’hanno trasformata in un luogo al contempo tranquillo e che fa venire i brividi. “Trovare la casa ha fatto parte del casting” racconta Garland.
La sensazione è stata la stessa di quando un attore entra in una stanza e immediatamente pensi ‘è quello giusto’. Da un punto di vista tecnico, aveva molte caratteristiche molto utili. Molti cottage e case inglesi di quel periodo hanno stanze molto piccole con i soffitti bassi, cose che creano problemi alla troupe di un film, ma questa casa era inusualmente spaziosa. E aveva un carattere forte. Era bellissima, anche se aveva un che di sinistro“.
Se le fondamenta erano già costruite, sono stati Digby e Day a infondere quel brivido energetico che Buckley ha poi colto come ispirazione. Hanno quasi subito deciso di trasformare le mura di sottilmente rosso in contrasto con il verde della campagna. “Dovevo passare dall’elegante essenza inglese delle colline e dei cottage color miele in qualcosa di più inquietante” spiega Garland. “Una volta dipinta di rosso è diventata un’altra cosa“. Il risultato, descrive Kinnear “era un luogo che trasformato in culla della scoperta di sé, una tipica casa infestata e grazie alla struttura delle pareti e a come la camera barcolla tra i corridoi l’effetto che viene fuori è quasi primordiale“.
Il direttore della fotografia Rob Hardy, che ha lavorato con Garland in Ex Machina, Annihilation e Devs, ha amplificato tutto questo attraverso il paradosso della composizione perfetta. “Rob è incredibilmente bravo ad arrivare in un posto e trovare subito l’inquadratura perfetta” rivela Garland. “Sembra che sappiamo sempre cosa vuole l’altro, quindi possiamo evitare molte conversazioni perché già so la ragione per cui i suoi occhi sono puntati verso un punto piuttosto che su un altro e la cosa è reciproca. E mi fido di lui al punto di spere esattamente quello che la camera potrà fare“.

BIRTH EFFECTS
Tutti gli elementi che hanno contribuito alla realizzazione di Men—fotografia, scenografia, costumi, trucco, suono, interpretazioni, effetti visivi— si sono sovrapposti e uniti per creare le immagini estreme della scena più intensa del film. La sequenza si sente tanto quanto si vede, una fantasmagoria di rami spezzati e fogliame che fa spazio a un inedito travaglio maschile in cui un uomo ne fa nascere un altro dalla sua carne deforme, come se stesse dando seguito a qualcosa che non può smettere di rigenerarsi.
Naturalmente, Garland è profondamente consapevole che le persone daranno diverse interpretazioni di questa scena e che resteranno sorpresi, forse in parte perché sublima un processo che spesso non vediamo raffigurato, figuriamoci radicalmente alterato. “Trovo interessante che alcune delle cose del film che sembrano mettere le persone più a disagio non sono gli elementi tipicamente horror ma quelli che hanno a che fare con la nascita. Eppure siamo arrivati su questa terra tutti nella stessa maniera” dice Garland. Le immagini si sono evolute nel tempo, come ha fatto la storia. “All’inizio c’era un gruppo di noi a parlarne e lavorarci, facendo un poì di confusione con delle immagini di Sheela-na-gig e del Green Man per arrivare a quello che sarebbe diventato un ragazzo con una vagina sul petto” racconta Garland. Naturalmente una cosa era disegnare quest’idea, dall’altra portare sullo schermo una impressionante variazione del travaglio. Solo riprendere la scena richiedeva un’intensa combinazione di riflessioni profonde e istinto animale. “Era incredibilmente difficile da riprendere e faceva un freddo incredibile quando l’abbiamo girata” ricorda Garland. “Rory è stato così concentrato e coraggioso e Jesse è stata così intelligente nelle sue reazioni che insieme avevano creato un loro ambiente in cui la logica non esisteva”. Parlando della scena Kinnear ricorda: “L’ho fatta con gli occhi costantemente spalancati perché ogni istante era una sorpresa“.
In seguito, il responsabile degli effetti visivi David Simpson (Alita: Battle Angel; Thor: Ragnarok) e il suo team si sono trovati in uno strano e inesplorato territorio.  “Non ci sono molte raffigurazioni grafiche precedenti di un parto di questo tipo e che già per sé presentava enormi sfide tecniche da superare” spiega Garland.
Per certi versi, era una situazione già vissuta con Ex Machina, in cui il team degli effetti visivi e gli artisti prostetici erano il fulcro di tutta la struttura su cui il film era costruito. Non posso spiegare abastanza quanto l’intero film non sia una mia creazione personale quanto il risultato prodotto da un gruppo di professionisti che hanno unito le loro forze, le loro idee, le loro opinioni e le loro creatività“.

MUSICA
Men è racchiuso in due versioni di un classico della cantautrice britannica Leslie Duncan, “Love Song.” La versione originale solista registrata dalla Duncan nel 1969 apre il film. A chiuderlo, proprio dopo le ultime battute mozzafiato, è invece la versione acustica di Elton John in coppia con la Duncan, tratta dall’album del 1971 Tumbleweed Connection, l’unica cover del disco. (Esistono oltre 150 versioni di questa canzone, con cover eseguite da artisti del calibro di David Bowie, Barry White, Peggy Lee e Dionne Warwick.)
Dopo essere passati attraverso tutto questo dolore e quest’orrore e sgomento, si torna a questa bellissima canzone che racchiude in sé una tenera malinconia” afferma Garland. “Di solito quando qualcuno fa una cover di un pezzo tende a cambiarlo, ma quello che mi interessava della versione di Elton e che è così simile a quella di Leslie e che la cantano insieme. Il testo è terribilmente semplice, ma quello che dice è anche incredibilmente vero, e mi sono sempre piaciute le cose che fanno sentire in imbarazzo le persone troppo istruite. Penso ci sia una specie di bizzarro ottimismo nel finale del film e questa canzone ci sta perfettamente“.
La colonna sonora del film è composta da altri due collaboratori frequenti di Garland: Geoff Barrow e Ben Salisbury. “Geoff e Ben sono fantastici colleghi da tanto tempo” commenta Garland. “Abbiamo iniziato a parlare presto della colonna sonora dovesse basarsi fondamentalmente sulla voce. Nelle prime conversazioni in proposito avevamo quasi deciso di usare un controtenore (una voce maschile che canta nella stessa tonalità di mezzo soprano femminile) per le particolari proprietà che questa voce avrebbe portato“.
Come le immagini, la colonna sonora punta sul riverbero, specialmente quando Harper produce un inquietante eco cantando in un tunnel nei boschi. “Il concetto era quello di creare una sintesi tra la musica e il racconto, dove i confini si intersecano” spiega Garland. “A volte, l’attore diventa parte della partitura che è un’altra maniera per rendere il pubblico una parte del film. E non succede solo nella scena del tunnel. Quando Harper grida nella chiesa, raggiunge una nota che condivide con la partitura“.
Questo era possibile perché Buckley ha portato una naturale musicalità al suo ruolo (suona anche il piano, un altro strumento che è parte della storia). “Nella scena della chiesa” fa notare Garland, “Jessie era così consumata dal dolore e dalla risentimento di Harper che è stata portata naturalmente a tirare fuori questa nota, che poi si ripiega nella risoluzione musicale di quella rabbia e quel dolore. Osservarla durante quella scena era da togliere il fiato. Era come guardare un tennista dare tutto se stesso durante la finale di Wimbledon”.
Per Buckley e Kinnear, l’impeto di esplorare oltre i loro stessi limiti è nato direttamente dall’atmosfera, messa in moto non solo da Garland ma da tutti quelli presenti sul set avvinghiati alle profondità del film, alle questioni culturali e psicologiche che tocca il racconto e al conflitto intimo che generano.
Tutti in questa troupe, in ogni reparto, sono stati messi nelle condizioni di essere al loro meglio” racconta Buckley. “E tutti quanti eravamo consapevoli di volere andare non dove prevedibile, ma molto oltre“.


dal pressbook del film

Eventi

Presentato in concorso alla 54a edizione della Quinzaine des Réalisateurs di Cannes 2022.

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STREAMING VOD, SVOD E TVOD:
MEN disponibile in DVD da giovedì 19 Gennaio 2023
info: 24 Agosto 2022 al Cinema; 19 Gennaio 2023 in DVD.


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