Su incarico della rivista Life, il giovane fotografo Dennis Stock segue da vicino l’astro nascente James Dean, con l’obiettivo di realizzare un servizio che non sia la solita agiografia pubblicitaria. Nel corso del viaggio da Hollywood all’Indiana, passando per New York, gradualmente tra i due giovani nasceranno un’amicizia inattesa e un affetto profondo.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: giovedì 8 Ottobre 2015Uscita in Italia: 08/10/2015
Genere: Biografico
Nazione: USA - 2015
Durata: N.d.
Formato: Colore
Distribuzione: BIM Distribuzione
Box Office: Italia: 63.130 euro
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LIFE – LA NASCITA DEL FILM
Più di un secolo e mezzo dopo la sua morte, James Dean continua ad affascinare il pubblico di tutto il mondo. La sua vita e la sua morte sono diventate leggendarie. Ma alla See-Saw Film non interessava tanto realizzare un biopic convenzionale per celebrare o confutare il mito di James Dean, quanto piuttosto raccontare la storia di un’amicizia e di un cambiamento culturale. È la storia dell’incontro di due giovani artisti: uno è un fotografo affermato, l’altro un attore ribelle a un passo dal successo e dalla tragedia. Dal loro rapporto tormentato nasce un’amicizia che racconterà attraverso le immagini una nuova generazione di giovani irrequieti e un nuovo volto del divismo. La storia del film è frutto di un paziente lavoro di ricerca sulla vita dei suoi protagonisti. “L’idea di fare un film su una persona reale è sempre appassionante”, osserva il produttore Iain Canning, “ma non è detto che la vita di quella persona meriti di essere raccontata… In una prima fase, abbiamo cercato di ricostruire la realtà dei fatti al di là del mito, per capire se la storia di James Dean fosse abbastanza interessante da essere raccontata in un film”. La sceneggiatura di LIFE è opera dello sceneggiatore e scrittore australiano Luke Davies. Davies aveva già lavorato con il produttore Emile Sherman di See-Saw all’adattamento del suo libro Candy, da cui è stato tratto il film PARADISO+INFERNO, con Heath Ledger. Entrambi erano interessati a fare un film sulla vita di un artista – scrittore, fotografo, attore, musicista o altro – e quando è stato fatto il nome di James Dean, Davies non ci ha pensato due volte. “Mi sono immerso in ogni più piccola informazione sulla sua breve vita”, racconta Davies, “finché non ne ho ricostruito il quadro completo”. Ma una parte, soprattutto, lo aveva colpito: il viaggio di James Dean con Dennis Stock, per la rivista Life. Luke ne ha parlato con i produttori della See-Saw. “È il film per noi”, ha detto Iain. Nel 2010, Luke ha cominciato a lavorare alla sceneggiatura. Il risultato non è stato un biopic tradizionale che copre l’arco di un’intera vita, “una piccola storia con grandi temi”. Davies ha continuato a fare ricerche su Dennis Stock e sui retroscena della famosa fotografia di James Dean a Times Square. Per documentarsi, ha intervistato persone collegate a quell’evento, come il dirigente dell’agenzia Magnum John Morris (interpretato da Joel Edgerton) e il figlio di Dennis Stock, Rodney, che all’epoca aveva sette anni. Mentre andava raccogliendo materiali biografici, ha avuto un’intuizione provvidenziale: “Atto primo: Los Angeles. Atto secondo: New York. Atto terzo: Indiana”, racconta lo sceneggiatore. “E il ritorno in Indiana è come un viaggio nel passato di Jimmy: l’Indiana rappresenta l’America tradizionale dell’epoca”. È lì che si avvertono le tensioni tra il mondo rurale e quello della fama”, in cui Davis vede “uno straordinario momento di svolta nello zeitgeist americano”, quello da cui sono nate le rivoluzioni degli anni Sessanta. Come osserva Davies, “gli adolescenti del ’55 che guardavano GIOVENTÙ BRUCIATA si riconoscevano nei suoi protagonisti e nei grandi cambiamenti culturali che si profilavano all’orizzonte e che loro stessi avevano contribuito a innescare”. “Per quanto riguarda il titolo”, racconta Davies”, è stata una scelta istantanea. Non c’è mai stato un altro titolo”. Dennis Stock lavorava per la rivista Life, e il tema del film sono le scelte di vita. “A un livello più profondo”, osserva Davies, “il film parla di come il nostro essere mortali dovrebbe influenzare il modo in cui scegliamo di vivere, qui e ora. Quindi è una celebrazione della vita e un’elegia della morte di James Dean”. Una volta finita la sceneggiatura, il progetto era pronto per le fasi successive. Iain Canning e Emile Sherman hanno contattato Christina Piovesan per proporle di co-finanziare il film e produrlo a Toronto. “Emile e Iain sono tra i produttori più creativi e brillanti del mondo del cinema”, commenta la produttrice, che aveva già lavorato con loro in passato. “L’idea di ritrovarci a lavorare insieme era entusiasmante”.
LA STORIA
È difficile immaginare la storia di James Dean senza le immagini scattate da Dennis Stock. All’inizio, l’attore non aveva nessun voglia di fare quel servizio fotografico con Stock, ma poi, gradualmente, tra loro si creò un rapporto di fiducia e di amicizia. Solo pochi mesi dopo, Dean restò ucciso in un incidente d’auto, dopo aver girato GIOVENTÙ BRUCIATA e IL GIGANTE. Stock pubblicò le sue foto su Life e da allora proseguì la sua fortunata carriera e visse fino a oltre gli ottant’anni, mentre James Dean divenne una leggenda. Ora, la storia di quell’incontro umano e professionale viene raccontata in un film.
LIFE racconta la genesi e i retroscena delle famose fotografie di Stock, pubblicate il giorno prima della presentazione a Times Square di LA VALLE DELL’EDENe dell’improvvisa ascesa alla fama di Dean. Umanizza la persona dietro al mito, rivelando un giovane attore tormentato, che resiste al tentativo dell’industria di trasformarlo in un divo. Ma racconta anche l’altro uomo: l’artista dietro all’obiettivo e lo strumento di quella fama. L’autenticità della loro storia colpisce, in un’epoca di culto della celebrità, riconoscimenti fittizi e telecamere ovunque.
Le fotografie di quel viaggio del 1955 sono diventate immagini iconiche di un attore e di un’epoca, anticipando la cultura giovanile emergente. Quel servizio per Life metteva in luce il gap generazionale, ma anche il conflitto tra le diverse sensibilità di due giovani uomini. “James Dean è stato un catalizzatore della cultura giovanile”, osserva Iain Caning, “per tutti quelli che pensavano che fosse possibile intraprendere una strada un po’ diversa da quella tradizionale. Il personaggio di Dennis Stock, invece, aveva una famiglia disgregata, e guardava a quel giovane sperando di poter riportare indietro l’orologio. Ma Dennis non è capace di vivere alla giornata come fa Jimmy: mentre Jimmy non ha paura di rifiutare le convenzioni, Dennis si sforza di adeguarsi alle aspettative conformiste degli anni cinquanta. Il fotografo ha seguito il copione socialmente prestabilito: matrimonio, carriera, figli. Eppure è insoddisfatto. Ha visto fallire il suo matrimonio e si è sottratto alle sue responsabilità di padre, ma continua a cercare il successo convenzionale lavorando per le grandi testate. Come osserva Luke Davies, “Dennis è il giovane fotografo di punta di una rivista letta da trenta milioni di persone ogni settimana, e Jimmy è un giovane attore che ha interpretato alcuni programmi televisivi ed ora è il protagonista di un film in uscita che potrebbe renderlo famoso. In quel preciso momento, quindi, il personaggio socialmente più affermato è Dennis, non Jimmy. E per Jimmy quel servizio fotografico è come fare un patto col diavolo”.
LIFE racconta il dilemma di James Dean: desidera il successo, ma non vuole perdere la sua integrità. Avverte “il potere della Warner Brothers e della pubblicità, che gli suscita reazioni ambivalenti e contraddittorie”, osserva Davies. Desidera le opportunità che il successo può dargli ma non vuole rinunciare all’indipendenza, e detesta la macchina promozionale a cui vorrebbe sottrarsi. “Quindi Dennis è proprio il tipo di persona che Jimmy cerca di evitare”, e Dennis non lo capisce. “Chi non vorrebbe vedere le sue foto pubblicate su Life?”. Davies lo definisce “un gioco del gatto col topo”, quello tra Dennis e Jimmy. Tra loro c’è un forte attrito. In quel servizio fotografico Dennis vede un’opportunità professionale, Jimmy una trappola. Il loro rapporto riflette le tensioni culturali che agitano il paese, e la loro amicizia è una storia di riconciliazione delle differenze e di ricerca di un terreno comune. Gradualmente, i due uomini vanno verso quello che Davies definisce “una sorta di affetto esitante” e “alla fine del film ognuno dona qualcosa all’altro, una lezione di vita. È un dono velato di tristezza perché James Dean morirà presto, ma non per questo è meno prezioso”. Aggiunge Canning: “Nel corso del film, Dennis riuscirà ad aprirsi e ad abbracciare in qualche modo la vita, e James a ricomporre il conflitto tra la parte artistica e quella commerciale di Hollywood”.
“Oggi viviamo in un mondo diverso”, osserva Canning. “Il modo di documentare la celebrità è radicalmente cambiato dall’epoca in cui Dennis Stock faceva le sue fotografie, e credo che in qualche modo il film sia un omaggio alla libertà di allora. Dennis Stock e James Dean hanno viaggiato insieme come due amici: sono andati a Los Angeles, a New York e in Indiana, e ogni tanto si fermavano e Dennis scattava qualche foto a James. Non era una cosa pianificata, complicata e organizzata come i servizi fotografici di oggi. Il film fa emergere anche questa differenza tra ieri e oggi”. Secondo Canning, dal punto di vista di Dennis Stock il viaggio doveva servire in qualche modo “a conoscere meglio il soggetto, per poterne cogliere lo spirito nelle sue fotografie”. È il tipo di approccio che ha reso famoso anche Anton Corbijn come fotografo.
IL REGISTA
L’idea di un progetto come LIFE è venuta a Canning mentre lavorava al film di Corbijn CONTROL, sulla vita di Ian Curtis, il cantante dei Joy Division. Prima di dirigere video e film, Corbijn era un fotografo delle rockstar. Canning e Sherman avevano già prodotto molti suoi video musicali per gruppi come Depeche Mode, U2 e Coldplay, e quando hanno cominciato a lavorare al progetto di LIFE, Corbijn è sembrato la scelta più ovvia.
“Credo che LIFE e CONTROL siano due film che si somigliano”, osserva Canning, “perché sono entrambi legati al tema della fotografia e dell’influenza esercitata dal fotografo sul soggetto”. Corbijn conosceva bene le dinamiche creative e personali che si creano: in CONTROL ha attinto alla propria esperienza personale di quando ha fotografato Ian Curtis e i Joy Division. Sembrava il regista perfetto per LIFE, “la storia di un fotografo che lavora con attori o musicisti, e cerca di coglierne lo spirito, l’intima essenza”, spiega Canning.
Christina Piovesan aveva già lavorato con Corbijn a Montreal, al video degli Arcade Fire “Reflextor”. Dice: “Ho passato ore in auto con Anton, cercando gli esterni per il video, e mi ha raccontato storie incredibili degli artisti che ha conosciuto e fotografato”. Anton è “un fotografo famoso in tutto il mondo, che ha vissuto in prima persona le cose raccontate nel film”. E aggiunge: “Durante le riprese della scena della camera oscura, quando Stock sta sviluppando la famosa fotografia di James Dean a Times Square, l’ho visto parlare con Rob [Pattinson]. Si muoveva perfettamente a suo agio in quella camera oscura, ed era così pieno di entusiasmo. È stato emozionante vederlo trasmettere la sua passione a Rob”.
“Uno degli aspetti che affascinavano Anton”, spiega Canning, “era l’idea di un fotografo e di un attore che fanno un viaggio insieme che definirà l’iconografia di quell’attore”. Inoltre, il servizio di Stock era del 1955, l’anno di nascita di Corbijn, un’altra coincidenza che collegava il regista a quella storia. Insomma, tutto quadrava.
Quando ha saputo che il regista del film sarebbe stato Corbijn, lo sceneggiatore Luke Davies ne è stato entusiasta. Aveva apprezzato CONTROL, e sapeva che la storia di LIFE era intimamente legata a quella del regista: Corbijn aveva cominciato come fotografo e poteva capire il personaggio di Dennis. Il suo copione era in buone mani. Anche Dane DeHaan e Robert Pattinson avevano amato CONTROL, e condividevano il giudizio su Corbijn. “È una persona pacata”, osserva Dane, “ma è molto meticoloso quando gira. Sul set, crea un’atmosfera rilassata che dà sicurezza” Pattinson, invece, sottolinea l’eleganza formale delle riprese di Corbijn, e il fatto che “ha sempre le idee molto chiare sul film che ha in mente”.
Inizialmente, a Corbijn non interessava girare un altro film biografico, e cercava un soggetto meno cupo di quello dei suoi film precedenti. Così, Canning gli ha portato la sceneggiatura di Davies. Racconta Corbijn: “Tanto per cominciare, Stock era un fotografo che fotografava persone interessanti e artisti famosi. Che è un po’ quello che facevo anch’io”. La carriera di Corbijn, infatti, è stata segnata dal suo incontro professionale con il musicista olandese Herman Brood, la più grande rockstar olandese di tutti i tempi. La fotografie di Corbijn hanno contribuito a rendere famoso Brood, con cui il fotografo è rimasto in rapporti di amicizia, come avrebbe fatto Dennis con Dean, se Dean non fosse morto all’improvviso. “Mi identificavo in quel giovane fotografo che segue un artista che di colpo arriva al successo, e lo lascia indietro”.
In seguito anche Corbijn è diventato un artista di successo, ma sempre lavorando dietro la macchina da presa. È normale, quindi, che si identifichi con Dennis Stock, col quale tra l’altro condivide la passione per il fotografo W. Eugene Smith (“uno dei grandi maestri”). Corbijn si è messo subito al lavoro, anche se all’epoca era ancora impegnato nelle riprese di LA SPIA – A MOST WANTED MAN. “È la prima volta che giro due film uno di seguito all’altro, ma alla fine credo che ce la siamo cavata bene. Abbiamo l’impressione di aver fatto qualcosa di speciale”. Secondo il regista, la forza del film non sta solo nel personaggio di James Dean. “In realtà, il protagonista è Dennis Stock. La storia è raccontata attraverso i suoi occhi e il suo modo di vivere l’amicizia con Dean”. In LIFE, il fotografo e l’attore si dividono la scena. “Jimmy e Dennis imparano l’uno dall’altro”, osserva Corbijn. “Dennis impara a vedere in una chiave diversa il suo rapporto col figlio, e James Dean scopre l’importanza di avere un amico che ha le sue opinioni e non ti dà sempre ragione”.
Quanto alle persone reali ritratte nel film, Corbijn ha cercato di restare fedele alla realtà dei fatti, senza dimenticare che il suo è un lavoro creativo: “In un film devi necessariamente privilegiare l’aspetto narrativo, ma questo non significa che uno debba capovolgere la realtà e fare apparire buona una persona cattiva e viceversa. Devi cercare di dare uno spessore e delle motivazioni ai tuoi personaggi”. E per questo ci vogliono dei grandi attori.
IL CASTING
Robert Pattinson interpreta il fotografo Dennis Stock. L’attore si è mostrato subito interessato al progetto, perché parlava di un periodo storico interessante e di un personaggio leggendario come James Dean. “Ho letto e riletto il copione diverse volte, prima di accettare il ruolo”, racconta Pattinson, che è rimasto colpito dalla “narrazione poetica ed elegante”. Gli piaceva l’idea che ci fosse un co-protagonista della sua età, ma “dipendeva dall’attore che lo avrebbe interpretato”. Pattinson sapeva che un regista come Corbijn non avrebbe mai scelto un semplice “sosia di James Dean”, ma ha detto il sì definitivo solo quando ha saputo che il ruolo era stato assegnato a Dane DeHaan. (Quanto all’idea di interpretare lui stesso James Dean, Pattinson risponde ridendo: “Oh, no! Neanche morto. Dane è più coraggioso di me”.)
Corbijn e i produttori erano convinti che Pattinson fosse la persona giusta per il ruolo di Stock. “Ho pensato a lui fin dall’inizio”, ricorda Corbijn. “E dopo averlo incontrato, non ho visto nessun altro”. Al regista piaceva l’idea che DeHaan e Pattinson fossero “due attori molto diversi”, perché sono diversi anche i ruoli che interpretano. “E proprio per questo l’amicizia che nasce tra loro è interessante, perché ognuno può offrire all’altro qualcosa che non ha”.
Anche lo sceneggiatore Luke Davies è stato entusiasta della scelta di Pattinson. Lo aveva apprezzato nel film THE ROVER e sapeva che sarebbe stato perfetto per il ruolo di Dennis Stock. Commenta DeHaan: “Ammiro il coraggio di Rob, quando sceglie film come questo. Continua a mettersi alla prova come artista, e sono felice di aver potuto fare questo viaggio con lui”.
Iain Canning osserva che a Pattinson “non interessano i ruoli da sex symbol. Vuole interpretare personaggi sfaccettati e complessi”. Canning trova anche “molto interessante che Pattinson interpreti un fotografo alle prese con un attore che sta per diventare un divo del cinema, come è successo a lui dopo la saga di TWILIGHT”. Anche Christina Piovesan osserva: “Lui che è stato un giovane attore bersagliato dai fotografi, ora si trova dall’altra parte a interpretare il fotografo. È straordinario”.
Pattinson ha preso molto sul serio l’elemento fotografico del suo ruolo. “Rob era ossessionato dai dettagli della fotografia”, spiega Canning, “voleva essere sicuro di fare le cose nel modo giusto”. Racconta Pattinson: “Qualche mese prima dell’inizio delle riprese ho cominciato a scattare foto con la stessa Leica che usava Stock”. E definendo la fotografia tradizionale come un’arte che sta morendo, osserva: “Ha una fragilità che la fotografia digitale non ha, perché non puoi intervenire sul risultato. Non puoi scattare una foto come fai con l’iPhone, e poi ritoccarla o correggerla con un filtro”. Pattinson è perfino andato negli uffici londinesi della Leica per farsi aiutare, ma “ce ne vuole di tempo per imparare a fare foto anche solo decenti”, commenta. Nonostante tutto, però, voleva capire il mondo del suo personaggio e le sue esperienze professionali oltre che personali.
Osserva Canning: “Rob ha cercato di mettere a fuoco le dinamiche emotive di Dennis, in un’epoca in cui un uomo di 27 anni doveva essere già sistemato e avere un certo tipo di vita, che lui non aveva”. Dennis lottava per trovare il suo posto nel mondo. Secondo Canning, Pattinson è riuscito a infondere grande energia al suo personaggio, e a rendere quel misto di “empatia e vulnerabilità” con cui Stock si rifiuta di conformarsi alle aspettative sociali, mentre fa i conti con la difficotà di essere padre.
Pattinson era affascinato dal rapporto conflittuale di Dennis con la paternità. “Mi piaceva il fatto che Dennis Stock fosse descritto come un cattivo padre. Di solito in un film non capita spesso di vedere un padre così giovane che considera il figlio un peso e un ostacolo e non ha paura di ammetterlo. Nella sceneggiatura è un tema affrontato con grande franchezza”. Aggiunge Pattinson: “Trovavo interessante anche l’idea di avere un figlio di sette anni, nel film. Non succede spesso ad attori della mia età”.
Dennis Stock è in crisi anche da un punto di vista professionale. “Non è un paparazzo qualsiasi”, osserva Pattinson, “ma per ragioni di ordine economico è costretto a fare il fotografo commerciale e ad accettare incarichi che non gli lasciano una grande libertà artistica. Deve fare quello che gli viene detto, e si sente frustrato. Per un po’ è stato a Los Angeles, e comincia a pensare di stare sprecando la sua vita. Si avvicina alla trentina, non ha soldi e ha abbandonato la sua famiglia a New York”. Ma Dennis è anche un professionista apprezzato. “Il mondo non era ancora così saturo di immagini di celebrità, e le foto pubblicate su Life avevano una risonanza enorme. Non c’era l’abitudine di usare le immagini per mettere in cattiva luce un personaggio, e un artista poteva fidarsi del fotografo molto più di oggi”.
Guadagnarsi la fiducia di James Dean non è stato facile, ma alla fine Dennis Stock c’è riuscito. E ne è valsa la pena. “Dennis ha capito che Jimmy sarebbe diventato un divo, anche prima di lui”, osserva Pattinson. Era una grande opportunità per un giovane fotografo, ma “il grosso problema di Dennis era che non apprezzava il proprio lavoro”, osserva Pattinson. “Faceva delle belle foto prima di incontrare Jimmy, ma non le considerava granché”. Il servizio per Life lo avrebbe reso famoso e soprattutto lo avrebbe aiutato a livello personale: “Quando Dennis capisce che Jimmy – un artista che stima – lo apprezza e apprezza il suo lavoro, per la prima volta si sente un artista anche lui”.
UN INTERPRETE, NON UN SOSIA
Gli attori e la troupe di LIFE sono tutti d’accordo: Dane DeHaan è perfetto per il ruolo di James Dean. Ma non è stato facile convincerlo ad accettare. “Erano in molti a voler interpretare Jimmy”, ricorda il regista Anton Corbijn, “ma io volevo incontrare prima Dane, che però non voleva incontrare me perché James Dean era il suo attore preferito e non se la sentiva di interpretarlo”. Pur avendo apprezzato molto la sceneggiatura e ammirando Corbijn, Dane ammette di essere stato riluttante. “La sceneggiatura mi è arrivata circa un anno prima dell’inizio delle riprese, e dopo averla letta ho pensato che non avrei mai potuto interpretare quel ruolo. Credo di avere detto di no a questo film cinque volte, prima di accettare”.
Il suo rifiuto iniziale ha sorpreso i produttori, ma, spiega Dane, “amavo troppo Jimmy Dean. Lo avevo sempre messo su un piedistallo e non mi sentivo alla sua altezza”. A fargli cambiare idea è stata una conversazione con il produttore Iain Canning. “Mi ha spiegato di cosa parlava il film e mi ha detto che era un’occasione per mostrare chi era veramente James Dean. La gente ha un’idea sbagliata, di lui”. In più, molto giovani non sanno chi sia, e il film offre anche a loro l’opportunità di conoscerlo.
Alla fine, la storia del film, il ruolo stimolante e la sua passione per la recitazione hanno convinto Dane ad accettare. La parte gli faceva paura, ma era una sfida che lo avrebbe aiutato a crescere come attore: “Era talmente impossibile che mi attraeva! Non c’è gusto a fare le cose facili”, osserva. Tutti gli altri, però, erano convinti che fosse perfetto fin dall’inizio.
“Dane DeHaan nei panni di James Dean era il nostro sogno fin dall’inizio”, racconta Canning. “Ogni volta che usciva un suo nuovo film, ci convincevamo sempre di più che doveva essere lui a interpretare quel ruolo. E abbiamo avuto paura di non farcela”. L’obiettivo era scritturare l’attore migliore e non “cercare il sosia perfetto”. Effettivamente, ammette Corbijn, “per Dane è stato impegnativo anche fisicamente. Lui era più magro di Dean e doveva mettere su un fisico anni Cinquanta, quando gli attori erano più massicci e non avevano gli addominali scolpiti di oggi. Erano più agricoltori, che palestrati. È stato incredibile vederlo trasformarsi”.
Per Dane, interpretare James Dean è stato impegnativo anche da un punto di vista fisico. “Ho dovuto mettere su 12 chili in tre mesi. Ho lavorato con un personal trainer e ho seguito una dieta speciale per entrare nel ruolo”. L’attore ha anche lavorato a stretto contatto con la truccatrice Sarah Rubano, con cui aveva già costruito “uno straordinario rapporto di collaborazione” all’epoca di SPIDERMAN. “Le ho chiesto di farmi assomigliare a James Dean”, racconta Dane. “E lei c’è riuscita”. Per rendere più autentico il personaggio, Sarah ha lavorato sul colore degli occhi, sui capelli (“aveva dei capelli strepitosi”, osserva Dane), sulle sopracciglia e perfino sui lobi delle orecchie. “Ogni giorno passavo circa due al trucco”, racconta Dane, che elogia anche la costumista, Gersha Phillips. “Gersha ha fatto un lavoro incredibile: è riuscita a ricreare o a trovare capi di abbigliamento praticamente identici a quelli che indossava Dean, come il cappotto di Times Square che indosso in buona parte del film. Molti sono abiti d’epoca”. Tutto questo lavoro non è stato fatto solo per il pubblico: “Guardarmi allo specchio e vedere quanto somigliavo a James Dean mi aiutava molto, mi dava una grande sicurezza”, spiega Dane. E il coprotagonista Robert Pattinson conferma: “Dane si è calato fino in fondo nella parte. Rivedevi James Dean anche nei piccoli gesti e nel suo modo di muoversi”.
Ma il ruolo non richiedeva solo un’adesione alle caratteristiche fisiche. Spiega Canning: “Per noi era importante cogliere la bellezza semplice e genuina di James Dean. Dane è riuscito a rendere la voce, il fisico e il temperamento dell’attore James Dean, ma anche della persona. Non è una caricatura, non interpreta il James Dean che abbiamo conosciuto nei film: ha dato corpo alla persona dietro al personaggio”.
“Volevo onorare la sua immagine pubblica”, osserva DeHaan, “ma anche smontare lo stereotipo cercando di dare al pubblico un’idea di quello che era veramente. Non era facile, e sentivo la responsabilità di non deludere gli spettatori e al tempo stesso fargli scoprire qualcosa di lui che non sapevano”.
“Questo film”, spiega DeHaan, “racconta solo due settimane della vita di Dennis Stock, ma sono due settimane cruciali”. L’attore definisce LIFE “un film a sfondo psicologico più che un biopic”, e osserva che “fino ad ora, nessuno sapeva come fosse veramente James Dean, al di fuori di Hollywood e del paese in cui era nato. LA VALLE DELL’EDEN e GIOVENTÙ BRUCIATA non erano ancora stati girati”. Il James Dean di LIFE è un attore a un passo dalla celebrità, e DeHaan erano in grado di immedesimarsi e capire le emozioni contrastanti che provava. La cultura della celebrità è molto cambiata dagli anni Cinquanta. Oggi la diffusione di immagini e informazioni è molto più rapida e a getto continuo, ma “quello che non è cambiato, e che è interessante”, osserva DeHaan, “è che la fama è complicata, soprattutto per chi deve farci i conti. Guardando il film, capisci che non è tutto oro quel che luccica e che può esserci un prezzo molto alto da pagare”.
DeHaan si è documentato a fondo sul suo personaggio. “Ho avuto tre mesi interi per leggere tutti i libri che sono riuscito a trovare su James Dean, ho guardato un bel po’ di film e ho perfino ascoltato una splendida registrazione fatta quando era a Fairmount con Dennis. Jimmy aveva uno dei primi miniregistratori e ha registrato di nascosto una conversazione a tavola con la sua famiglia”. Per DeHaan è stato “un lusso avere il tempo di prepararsi in modo così meticoloso”. Una situazione ideale, che gli ha permesso di scoprire l’uomo dietro alla leggenda, il James Dean che ha cambiato la vita di Dennis Stock.
Riflettendo sul rapporto tra Jimmy e Dennis, DeHaan osserva: “Il film dà molto spazio al personaggio e alla vicenda umana di Dennis, in cui Jimmy funge da catalizzatore, ma ognuno dei due ha qualcosa da insegnare all’altro. Jimmy sta attraversando un periodo di grandi cambiamenti, e in quelle due settimane Dennis lo aiuta a prendere coscienza del fatto che rischia di perdere il rapporto con la sua famiglia e la sua terra”. Al tempo stesso, la capacità di Jimmy di vivere nel presente, giorno per giorno, aiuterà Dennis a non preoccuparsi più così tanto del futuro. “LIFE è la storia dell’incontro tra due artisti molto diversi”, spiega DeHaan. “La storia di un viaggio che li aiuterà a conoscersi e a crescere”.
Sir Ben Kingsley interpreta Jack Warner, dirigente dalla casa di produzione, l’uomo da cui potrebbe dipendere il futuro professionale di James Dean. “Avevamo bisogno di un attore carismatico ma anche amato dal grande pubblico”, spiega la produttrice Christina Piovesan. Incarnazione dell’uomo di potere e del mèntore, Warner suscita in James Dean reazioni contrastanti. Da un lato, Jimmy non vuole essere controllato, dall’altro si rende conto che Warner è in grado di creare un attore, un regista o un film di successo. “La cosa straordinaria”, osserva Canning, “è che Ben è riuscito a farlo apparire come una figura a metà tra un tiranno assoluto e lo zio a cui tutti noi ci rivolgeremmo per un consiglio”.
“In un certo senso, l’arrivo di Ben è stato come una scossa elettrica che mi ha fatto entrare di colpo nel film”, racconta DeHaan. “Era il secondo o il terzo giorno di lavorazione quando me lo sono trovato davanti nei panni di Jack Warner, un personaggio forte, che mette soggezione”. Come se non bastasse, “tra un ciak e l’altro recitava Shakespeare. Era incredibile. Vederlo sul set è stato emozionante”.
Joel Edgerton interpreta il direttore dell’Agenzia fotografica Magnum di New York, John G. Morris, l’uomo che ha reso possibile la pubblicazione del servizio di Dennis sulla rivista Life. Lo sceneggiatore Luke Davies è un amico di Edgerton, che fin dall’inizio si era dimostrato interessato al progetto. Non soltanto trovava la sceneggiatura eccellente, ma era affascinato dalla presenza di James Dean, “una delle figure più misteriose nella storia del cinema”. A Joel piaceva il fatto che il film non raccontasse tutta la vita dell’attore, come un biopic tradizionale. “In genere i biopic si somigliano un po’ tutti”, osserva. “Seguono tutti lo stesso schema ascesa-caduta-redenzione”. Secondo Edgerton, invece, LIFE è un film intenso che affronta il tema della fama e delle sue contraddizioni, in cui lui stesso può rispecchiarsi.
Inoltre, essendo un ammiratore di Corbijn, Joel era sicuro che avesse “la squadra giusta, l’estetica giusta e il talento narrativo giusto per raccontare quella storia”. Conosceva anche Robert Pattinson per averlo visto in THE ROVER (“Mi ha lasciato a bocca aperta”). Così, è stato felice di accettare il ruolo di Morris, un personaggio che Canning descrive come “un uomo burbero ma buono”, qualità che Edgerton è riuscito a rendere perfettamente. “Joel è il classico tipo del fratello maggiore e del mèntore che ti sostiene e ti spinge a dare il meglio”, osserva Canning. Morris sa “spronare Dennis Stock e gli altri fotografi dell’Agenzia, e aiutarli ad emergere”. Con la sua interpretazione – dice Canning – “Joel ti fa anche capire il peso e l’importanza della Magnum, un’agenzia che all’epoca era un luogo di eccellenza”, il tempio del fotogiornalismo e dell’arte della fotografia.
Davies aveva intervistato il vero John Morris, e Joel gli ha fatto molte domande su di lui. Per Davies era importante soprattutto che emergesse il carattere equilibrato di Morris, e la sua consapevolezza dell’importanza del lavoro della Magnum. “Un lavoro che non sarebbe stato possibile, senza di lui”, ricorda Davies. “E credo che Joel abbia saputo cogliere questo aspetto”. Morris aiuta Dennis, ma lo sfida anche, gli fa da pungolo giorno dopo giorno. “Attraverso i loro scambi”, osserva Joel, “capisci la fatica che fa Dennis” e la stima che Morris ha per lui. “È una parte fondamentale del film”, spiega Canning, “perché ti fa capire che Dennis deve ottenere dei risultati non solo per se stesso, ma anche per meritarsi il titolo di fotografo della Magnum”. E alla fine, Morris riconoscerà il valore del lavoro fatto da Dennis con James Dean.
Alessandra Mastronardi interpreta l’attrice di origine italiana Pier Angeli (Annamaria Pierangeli), che ebbe una relazione sentimentale con James Dean. È una presenza significativa in una storia incentrata su due uomini, e Iain Canning osserva che è stata una fortuna trovare un’attrice con “l’energia e lo spirito giusti”. Non era impresa da poco, insiste Canning, “perché volevamo a tutti i costi un’attrice italiana che evocasse il sapore del cinema e dei divi europei dell’epoca”. Il personaggio di Pier non fa solo da contrappunto ai protagonisti maschili, ma serve anche a mostrare “un’attrice che si muove con disinvoltura nel mondo del cinema ed è capace di accettarne i compromessi, cosa che a James riesce più difficile”, osserva Canning. “La Pierangeli è un’attrice che sa gestire carriera e notorietà. Sa che la pubblicità è importante, e che nel rapporto con il fotografo l’attore non è passivo”. Alessandra ha colto questo aspetto – osserva Canning – ma non solo. “Ha saputo trasmettere un’energia diversa nelle scene con Dennis e in quelle con Jimmy. Quando è con Dennis si avverte un certo attrito tra loro, forse perché entrambi sanno chi è James Dean e che cosa è destinato a diventare”.
LE RIPRESE
LIFE è ambientato a Los Angeles, New York e in Indiana. La lavorazione è iniziata il 18 febbraio del 2014, a Toronto e in una zona rurale dell’Ontario. Poi la troupe si è spostata a Los Angeles, dove le riprese sono proseguite allo Chateau Marmont (albergo storico della città) e al Pantages Theater, che è stato trasformato per ricostruire la “prima” del ’54 del film È NATA UNA STELLA. La lavorazione è terminata il 1° aprile 2014.
“Una delle più grosse difficoltà”, spiega Iain Canning, “era creare una continuità tra la fotografia del nostro film e le immagini fotografiche di Dennis Stock”. Era importante non sacrificare la poesia del film in nome dell’accuratezza, ma era altrettanto importante rispettare l’iconografia dell’epoca e le emozioni a cui è associata. “L’unico modo per riuscirci”, prosegue Canning, “era trovare i finanziamenti necessari a garantire un impianto scenografico e una fotografia all’altezza del progetto”. Dopo tutto, osserva Canning, “questo non è un thriller, non c’è un assassino da scoprire”. L’impatto emotivo nasce dalle storie personali dietro alle fotografie. “Speriamo di essere riusciti a trovare il giusto equilibrio”, conclude Canning, “e che gli spettatori abbiano la sensazione di essere trasportati in un mondo familiare e al tempo stesso sconosciuto, perché la storia raccontata dal film è quella di un viaggio intimo e privato tra due persone”.
“Per me, questo era un film diverso dagli altri”, spiega la scenografa Anastasia Masaro, “perché raccontava persone e luoghi reali, amati dal pubblico di tutto il mondo. Volevo essere fedele alla realtà, ma rispettando anche la visione artistica del regista”. Fin dall’inizio, Corbijn le ha spiegato “che non voleva una versione stilizzata degli anni Cinquanta”, voleva un effetto realistico. “Così, ho creato una tavolozza di colori per Los Angeles, una per New York e una per Fairmount (che era un misto delle altre due)”. Questo ha comportato un grosso lavoro di ricerca. “Ho letto biografie di James Dean e di Pier Angeli e ho visto una serie infinita di film. Avevo raccolto moltissimo materiale, ma il mio istinto mi diceva che non era abbastanza. Così, io e la mia arredatrice siamo andate in Indiana, a Fairmount, la città in cui era nato Jimmy”. Lì hanno incontrato Marcus Winslow, che le ha portate a vedere la “grande e maestosa” tenuta di famiglia dei Dean e gli ha raccontato com’era nel 1955. Dopo quella visita, dice la scenografa, “abbiamo scelto per le riprese due case di una stessa proprietà in Ontario. E ne abbiamo usata una per gli interni e l’altra per gli esterni e il fienile”.
Per loro, Marcus Winslow ha fatto anche aprire il Fairmount Museum, che conteneva diverse immagini di James Dean a colori. “È stato utilissimo”, osserva la Masaro, “perché la maggior parte dei documenti che avevamo visionato erano in bianco e nero”.
Durante il viaggio in Indiana, Anastasia è stata anche a trovare Dave Loehr, alla James Dean Gallery: “Anche quella si è rivelata una piccola miniera. Dave aveva un raccoglitore di vecchie foto della via principale di Fairmount, che sono state fondamentali per ricostruirla a Millbrook, in Ontario. Aveva addirittura alcuni provini di Dennis Stock, del viaggio con Jimmy a Fairmount”.
Il meteo rappresentava una grossa incognita, per la lavorazione. Christina Piovesan, della First Generation Films, con sede a Toronto, racconta le difficoltà incontrate in Canada per le riprese. “Eravamo felici di avere qui questi grandi cineasti, ma per l’appunto sono arrivati a Toronto nell’inverno più freddo da dieci anni a questa parte, e quindi abbiamo girato a 35 gradi sotto zero”. Data la quantità di riprese in esterni – soprattutto le scene ambientate nella fattoria dei Dean – le condizioni atmosferiche sono diventate un grosso problema. Anton Corbijn l’ha definita “un’esperienza molto impegnativa, a volte durissima”.
Sempre a proposito delle riprese in esterni, Christina Piovesan ricorda: “Mentre giravamo una lunga scena ambientata all’esterno della fattoria, Rob e Dane indossavano abiti d’epoca leggerissimi, mentre tutti gli altri erano imbacuccati da capo a piedi. Sono stati davvero eroici, non so ancora come abbiano fatto. Le condizioni erano proibitive, ma guardando il film non te ne accorgi. E questa è la prova della grande professionalità di tutti”. Continua Christina: “C’era una scena in particolare, in mezzo al bestiame, in cui Dennis fotografava James che suonava i bonghi. È stato terribile – e anche un po’ comico – vedere Dane che cercava di suonare con le dita congelate, e Rob che gli correva dietro tra vacche e maiali… Ma la troupe ha continuato a girare in quel freddo siberiano, nonostante fosse estremamente faticoso”.
Per fortuna, non tutte le scene erano in esterni. La scenografa ha ricostruito anche alcuni interni in cui Dennis aveva fotografato Jimmy. “Abbiamo ricretao l’interno dell’Actor’s Studio, anche se Dennis in realtà scattò quelle foto al Malin Studio di Times Square, perché all’epoca la sede dell’Actor’s Studio era in via di ristrutturazione”.
Un altro interno da ricreare è stato l’appartamento di Jimmy a New York. “Mi piaceva molto l’idea di riprodurlo”, racconta la scenografa. Ma c’era un problema: “Le uniche immagini dell’appartamento che avevo trovato erano alcune foto di Dennis Stock e di Roy Schatt, che ne mostravano solo una parte. E qui entra in scena Russell Aaronson, l’uomo che vive in quell’appartamento da 40 anni e che mi ha fatto entrare e prendere qualche misura. In quell’occasione mi sono resa conto che in una stanza, una volta, c’era una vecchia stufa a legna. Russell è stato estremamente generoso e mi ha dato anche altro materiale da leggere”.
Anche Luke Davies ha dato diverse indicazioni alla scenografa, che racconta: “Ci siamo resi conto che doveva esserci un pianoforte nell’appartamento (nelle foto scattate da Stock si vede uno sgabello da pianista). Quanto agli altri dettagli, ho e sfogliato libri su libri, e ho cercato di inserire tutto quello che ho trovato. HO anche appeso alle pareti alcuni disegni di Marcus”.
Una volta realizzate le scenografie e le ricostruzioni d’epoca, sono cominciate le riprese. “Di solito, ho un modo di fotografare e visualizzare le cose che tende allo scuro”, spiega Corbijn, “mentre Charlotte Bruus, la direttrice della fotografia, tende più al chiaro. È stato interessante lasciare entrare un po’ di luce nel mio mondo”. Anche se non avevano mai collaborato prima, la Bruus amava “i film precedenti di Anton e il suo stile visuale”. Con lui condivideva anche l’interesse per “le storie a sfondo psicologico e il tema della crescita personale”. Osserva Corbijn: “Come tutti gli altri miei film, anche questo parla di solitudine, solo che qui le persone sole sono due invece di una. Sto raddoppiando”, conclude ridendo. Pur essendo attratta da tematiche simili, Charlotte Bruus ha avuto una formazione professionale di tipo diverso: “Io vengo dalle immagini in movimento del cinema, Anton dalle immagini fisse della fotografia, e da questo è nato un confronto interessante”. Una collaborazione proficua, sottolineata anche da DeHaan: “Anton e la direttrice della fotografia avevano uno straordinario rapporto professionale. Passavano molto tempo insieme a studiare le inquadrature e a discutere i dettagli, era un piacere starli a guardare”.
“Da un punto di vista stilistico”, spiega Charlotte, “volevamo restare fedeli alla realtà dell’epoca”. Le luci dovevano contribuire a dare un taglio documentaristico alle immagini, “perché il film mostra James Dean nella vita reale, non com’era al cinema”. Prima dell’inizio delle riprese, Charlotte e Anton si sono incontrati per “discutere dei colori e decidere quali tonalità evitare e quali privilegiare”. Erano entrambi entusiasti di “girare su pellicola”, per via dell’epoca e dei riferimenti alla pellicola fotografica 35mm usata da Dennis Stock nella vicenda. Purtroppo, per ragioni finanziarie hanno dovuto girare in digitale, ma alla fine sono riusciti lo stesso a ottenere l’effetto della pellicola. Usando “alcuni vecchi obiettivi del 1955”, hanno cercato soluzioni creative per rendere lo stile visuale dell’epoca e ottenere ogni volta l’effetto desiderato. “Tirare fuori tutte quelle vecchie foto”, ride Charlotte, “ci ha dato una carica straordinaria!”
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