Laila in Haifa (2020)
Laila in HaifaNel corso di una notte, attraverso una serie di incontri e situazioni si intrecciano le storie di cinque donne, che nelle loro relazioni e identità personali sfidano ogni categoria e classificazione. Con un cast corale di attori israeliani e palestinesi, Laila in Haifa è un film drammatico e pungente, ambientato in un locale notturno nella città portuale di Haifa. Un'istantanea di vita contemporanea, in uno degli ultimi luoghi rimasti in cui israeliani e palestinesi si ritrovano per impegnarsi in relazioni faccia a faccia. Lo stesso club diventa di vitale importanza per la trama del film.
Amos Gitai ci consegna un'immagine delicata e umana della vita nella regione. Laila in Haifa è un luogo di incontro, un momento di dialogo, in una terra che soffre di odio e violenza cronici. E ci pone alcune domande: come possono le arti creare uno spazio in cui le persone riescano a esprimere le loro diverse identità, cercando modi per una pacifica convivenza? Come può il linguaggio del cinema, accostando frammenti di storie, creare un comune tessuto umano?
Info Tecniche e Distribuzione
Genere: Drammatico, CommediaNazione: Israele, Francia - 2020
Durata: 99 minuti
Formato: Colore
Produzione: Agav Films, CDP Productions
Note:
Presentato in Concorso alla 77a Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia.
Cast e personaggi
Regia: Amos GitaiSceneggiatura: Amos Gitai, Marie-Jose Sanselme
Musiche: Alexey Kochetkov
Fotografia: Eric Gautier
Scenografia: Arie Wiess
Montaggio: Yuval Orr
Costumi: Shani Bar-Ness
Cast Artistico e Ruoli:
Produttori:
Laurent Truchot (Produttore (Agav Films)), Amos Gitai (Produttore (Agav Films)), Catherine Dussart (Produttore (CDP Productions))
Suono: Michel Kharat, Ronen Nagel, Massimo Rocchi.
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NOTE DI REGIA
È una sera cupa, buia e umida nella città portuale di Haifa. Entriamo in un bar, apparentemente per vedere la mostra di un fotografo attivista israeliano. Gil incontra la direttrice della galleria, Laila (che in arabo è un nome proprio e in ebraico significa anche "notte"), e viene trascinato in un labirinto di relazioni umane. Il club, Fattoush, è infatti un rifugio per le persone più disparate: uomini e donne, etero e gay, ebrei e arabi, radicali e moderati. Il film dimostra che si può essere diversi, e che non si deve necessariamente uccidere o distruggere l'altro. Ogni società ha bisogno dell'altro: è un aspetto della modernità, che supera i confini del Medio Oriente. A noi – all'artista, al regista, al viaggiatore – non resta che posare un altro mattone nel muro.
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