L'Avamposto (2023)
L'AvampostoChristopher Clark è un eco-guerriero, uno scozzese fuori dall’ordinario che nel cuore della foresta amazzonica ha creato il suo personalissimo Avamposto del progresso: un modello di società utopica basato sull’equilibrio perfetto tra natura e tecnologia, gestito e preservato dagli abitanti della foresta. Ma la situazione peggiora di anno in anno e un nuovo grande incendio minaccia di distruggere l’Avamposto. Chris decide allora di giocare d’azzardo, opponendo alla spettacolare distruzione della foresta un evento altrettanto spettacolare: un concerto dei Pink Floyd dentro l’inferno verde, così da convincere il governo brasiliano a istituire una riserva. Del resto nella mente di un sognatore tutto è possibile e forse ha ragione lui, in un mondo che corre a velocità folle verso l’apocalisse, essere un po’ folli è l’unico modo per opporre resistenza. Ma veramente possiamo salvare la foresta, noi, i figli del modello capitalista, lo stesso modello che la sta distruggendo?
Info Tecniche e Distribuzione
Genere: DocumentarioNazione: Italia, Brasile - 2023
Durata: 84 minuti
Formato: Colore
Lingua: italiano, portoghese, inglese
Produzione: Dugong Films, Rai Cinema, Intramovies (in associazione con), O2 Pòs (in associazione con), Bidou Pictures Brasil (in associazione con)
Cast e personaggi
Regia: Edoardo MorabitoMusiche: Vincenzo Gangi, Masmas
Fotografia: Irma Vecchio, Edoardo Morabito
Montaggio: Edoardo Morabito
Produttori:
Giulia Achilli (Produttore), Marco Alessi (Produttore), Nathalia Scarton (Produttore), Fernando Meirelles (Produttore), Paola Corvino (Produttore associato), Micaela Fusco (Produttore associato), Marco Valerio Fusco (Produttore associato), Edoardo Morabito (Produttore associato), Giancarlo Cammerini (Produttore esecutivo), Luiz Simões Lopes (Produttore esecutivo)
Suono: Riccardo Spagnol | Collaborazione alla scrittura e al montaggio: Alessandro Aniballi.
Immagini
Note di regia – Edoardo Morabito
“Mentre il mondo brucia e noi assistiamo al cambiamento climatico come fosse la diretta streaming del grande spettacolo che è l’apocalisse, Chris si sente investito di una missione: salvare quel che resta dell’Amazzonia. Con ogni mezzo possibile. Prima ha creato un villaggio allo Xixuaú con l’aiuto di una comunità di Caboclos, i meticci brasiliani che ha fatto diventare i guardiani della foresta; poi ha cercato di renderli autonomi finanziariamente facendoli lavorare con l’eco-turismo; e quando il governo ha rifiutato di creare una riserva, cui nel tempo avevano aderito tutte le comunità lungo il fiume fino a raggiungere i 650mila ettari, Chris ha deciso di giocare d’azzardo, opponendo alla spettacolare distruzione della foresta un evento altrettanto spettacolare: un concerto dei Pink Floyd in uno degli ultimi posti incontaminati rimasti sulla faccia della terra. Chris era il mio antidoto al disincanto, ed è arrivato quando ormai pensavo non si potesse inventare o scoprire più niente, e il genere umano perduto. E d’altronde, a separarmi dal mio oggetto esotico c’era soltanto un volo low cost. Quello che ancora non sapevo è che questo viaggio dall’altra parte del mondo mi avrebbe riservato delle sorprese – e non poche – su Chris, sulle contraddizioni dell’avamposto, su tutta questa operazione e addirittura su me stesso. Le cose al villaggio infatti non erano per niente come le avevo immaginate e il modello sociale che Chris voleva esportare anche nel resto del Brasile cominciava a sgretolarsi. Il film è la continua scoperta della discrasia tra due mondi che si incontrano: l’occidente e i popoli della foresta. Chris voleva accollare il proprio sogno da scozzese a un popolo che viveva in un altro pianeta, dove forse non avrebbe mai dovuto avventurarsi e dove invece s’era spinto inseguendo il sogno del paradiso perduto, o addirittura quello di salvare il mondo. Ma davvero pensava di poter salvare l’Amazzonia con un simbolo del modello capitalista, lo stesso modello che la stava distruggendo? Cos’altro è il rock, infatti, se non il disagio giovanile reso merce? Money, il brano simbolo contro il denaro, è uno dei singoli che ha fatto più soldi nella storia della musica. Perché allora l’avevo raggiunto dall’altra parte dell’oceano, e invece di partecipare alla sua avventura da romanzo ero finito per diventare parte di un grande equivoco? Era il suo sogno quello che avevo deciso di inseguire, o il mio? Ero spinto da un sincero amore verso il pianeta e i suoi abitanti, o dalla speranza di riuscire a fare un film, o alla meno peggio un viaggio memorabile? Chi era dunque l’impostore qui: io, o Chris? Forse, più semplicemente, abbiamo cavalcato per un attimo lo stesso sogno impossibile, osservando il disastro arrivare. Perché abbiamo preferito vedere il mondo così come non è, piuttosto che morire di tristezza. Ma mentre il suo sogno è un’ipoteca sul futuro, io non ero altro che un turista con un film in testa. Per tutti questi motivi ho affidato la struttura del racconto al nostro rapporto. In questo viaggio sia fisico che immaginifico, il sogno di Chris si sovrapponeva al mio in un gioco di specchi capace di dare forma all’idea chiave del film: vivere per un’ideale, mio o di un altro, poco importa. Se funziona o no, vedremo. Intanto la foresta continua a bruciare. L’avamposto è certamente un film sulla fine del mondo o quantomeno sulla distruzione del mondo naturale per mano dell’uomo. Ma è soprattutto un film sull’importanza del sogno per tornare ad immaginare possibili futuri. Un elogio della visionarietà. Perché sognare, come direbbe Chris, significa agire in prospettive cosmiche.” [dal pressbook del film]
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