Da una sceneggiatura di Shia LaBeouf, basata sulle sue esperienze personali, la pluripremiata regista Alma Har’el porta in vita l’infanzia burrascosa e i primi anni dell’età adulta di un giovane attore, mentre lotta per riconciliarsi con suo padre attraverso il cinema e i sogni. Portando in scena il passaggio dall’infanzia alla celebrità, e i successivi momenti della riabilitazione e della guarigione in età più adulta, Har’el sceglie Noah Jupe e Lucas Hedges per vestire i panni di Otis Lort, che si addentra nelle diverse fasi di una frenetica carriera. LaBeouf affronta la sfida audace e terapeutica di interpretare suo padre, ex clown di rodeo e criminale. L’artista e musicista FKA twigs fa il suo debutto come attrice, interpretando la vicina – spirito affine del giovane Otis – del motel in cui vive il ragazzo. Il primo lungometraggio di Har’el è una collaborazione unica nel suo genere tra regia e soggetto, che esplora ì l’arte come terapia e l’immaginazione come speranza.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita in Italia: Uscita posticipata come effetto dell'emergenza da CoronavirusData di Uscita USA: venerdì 8 Novembre 2019
Prima Uscita: 08/11/2019 (USA)
Genere: Drammatico
Nazione: USA - 2019
Durata: 95 minuti
Formato: Colore
Produzione: Automatik, Delirio Films, Kindred Spirit, Red Crown Productions, Stay Gold Features
Distribuzione: Adler Entertainment
Box Office: USA: 2.625.720 dollari
Note:
Presentato il 23 Gennaio 2019 al Sundance Film Festival.
Presentato il 20 Ottobre 2019 alla Festa del Cinema di Roma.
Soggetto:
Da una sceneggiatura che l'attore Shia LaBeouf ha scritto ispirandosi alle proprie esperienze personali, un film che ha fatto molto discutere, premiato all'ultima edizione del Sundance.
Cast e personaggi
Regia: Alma Har'elSceneggiatura: Shia LaBeouf
Musiche: Alex Somers
Fotografia: Natasha Braier
Scenografia: Jc Molina
Montaggio: Dominic LaPerriere, Monica Salazar
Costumi: Natalie O'Brien
Cast Artistico e Ruoli:
Shia LaBeouf
James Lort
Lucas Hedges
Otis Lort (22 anni)
Noah Jupe
Otis Lort (12 anni)
Byron Bowers
Percy
Laura San Giacomo
Dottoressa Moreno
FKA Twigs
Little Q
Natasha Lyonne
Madre
Maika Monroe
Sandra
Mario Ponce
Tiny
Martin Starr
Alec
Produttori:
Brian Kavanaugh-Jones (Produttore), Alma Har'el (Produttore), Daniela Taplin Lundberg (Produttore), Christopher Leggett (Produttore), Anita Gou (Produttore), Bill Benenson (Produttore esecutivo), Fred Berger (Produttore esecutivo), Daniel Crown (Produttore esecutivo), Yoni Liebling (Produttore esecutivo), Rafael Marmor (Produttore esecutivo)
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LA PRODUZIONE
L’attore, produttore e ora sceneggiatore Shia LaBeouf è cresciuto sotto i riflettori, diventando un attore professionista all’età di 10 anni e una star televisiva a 14 anni nella sitcom di successo di Disney Channel Even Stevens. All’età di 20 anni, LaBeouf era già uno dei giovani attori più ricercati di Hollywood, con un curriculum che comprendeva la saga action di successo Transformers, due film di Lars von Trier e un capitolo della leggendaria saga di Indiana Jones di Steven Spielberg.
Nel 2017 la sua condotta nella vita privata aveva iniziato ad offuscare le sue premiate esibizioni e LaBeouf sembrava destinato al percorso tipico di molte baby star. Invece, un periodo di riabilitazione ordinato dal tribunale lo ha riportato in carreggiata come uno dei migliori attori della sua generazione e come nuovo entusiasmante sceneggiatore. Ordinatogli da un terapista di scrivere della sua infanzia travagliata, in particolare della sua inquieta relazione con il padre, che lui pagava per fargli da supervisore, LaBeouf ha scritto il suo primo lungometraggio, Honey Boy, un racconto insolitamente intimo sulla relazione padre-figlio, intrisa di incomprensioni, competizione, traumi – e amore indistruttibile.
Honey Boy è allo stesso tempo un’autobiografia, un esorcismo e una storia ricca di particolari. “La sceneggiatura è nata da un momento specifico della mia vita”, afferma LaBeouf. “Non è qualcosa che avrei mai pensato di fare, che volessi fare o che dovessi fare. Ma sono stato costretto a confrontarmi con il mio passato e la scrittura è stata una parte importante della mia terapia”.
Ispirato dai tumulti della sua vita nei primi giorni in televisione, LaBeouf parla dell’origine dei suoi demoni. “Come attore, tutto ciò che fai viene reinterpretato dalle idee che le altre persone hanno su di te”, spiega. “Ma non ne hanno alcuna, specialmente quando sei così giovane. Mi ci è voluto molto tempo per trovare la giusta prospettiva di ricordare, di pensare e parlarne in modo costruttivo “.
Una delle prime persone con cui ha condiviso i suoi primi risultati è stata la sua amica e collaboratrice Alma Har’el, una pluripremiata documentarista nota per la sua estetica originale che ha caratterizzato i suoi due film precedenti, Bombay Beach e LoveTrue – che hanno riscosso grande successo nei circuiti dei festival cinematografici. “Ho inviato la prima bozza ad Alma, perché è una mia amica e la persona più buona che conosca”, spiega. “Le mando tutto quello che faccio. La fiducia è un elemento fondamentale del processo creativo che c’è tra me e lei. Lei ha risposto che era un film e che era un film che voleva fare”.
La coppia si è conosciuta circa sette anni fa, quando LaBeouf l’ha contattata dopo aver visto Bombay Beach, un’accurata riflessione sulle vite di un gruppo di outsider che vivono in una degradata cittadina sulle sponde di Salton Sea in California. “A volte sembra che abbiamo iniziato a lavorare a questo film la prima sera che ci siamo incontrati”, afferma Har’el. “Abbiamo cenato e parlato molto dei nostri padri. Ogni tanto dico che siamo entrambi figli di pagliacci alcolizzati – mio padre a causa del suo umorismo e del suo approccio infantile alla vita, mentre il padre Shia era letteralmente… un clown. All’epoca non parlavamo di girare un film, ma c’è stata immediatamente una rara connessione e comprensione”.
LaBeouf ha finanziato ed è stato produttore esecutivo del secondo documentario di Har’el, LoveTrue. “Mentre stavo cercando di ottenere i finanziamenti, ho ricevuto da lui una lettera che parlava di arte, di amore e di Dio, con un assegno che copriva l’intero budget del film”, ricorda. “Nessun contratto. Solo puro supporto. La cosa che mi colpisce ora è che LoveTrue parlava di persone che amplificavano le loro vite e i loro ricordi con versioni più giovani di se stesse. Per questo, guardando indietro a tutto ciò che abbiamo fatto insieme, tutto ha portato a Honey Boy”.
Il lavoro precedente di Har’el affrontava disadattati di diverse tipologie, persone fuori dal convenzionale. “Per molti versi, Shia è un emarginato perché rifiuta di adeguarsi al sistema”, osserva. “Molti pensano che abbia delle qualità sia buone che cattive, ma pochissimi conoscono effettivamente i problemi mentali contro cui lotta. È anche una delle persone più divertenti che conosca. È stata questa la prima qualità che lo ha introdotto nella recitazione e in Honey Boy dimostra di essere abbastanza maturo per far sposare il suo umorismo con il suo dolore”.
L’immagine che Har’el aveva in mente, durante lo sviluppo, di Otis Lort –l’alter ego cinematografico di LaBeouf – era quella di Pinocchio. “È un ragazzo che è controllato dagli altri”, spiega. “Non vuole altro che tagliare i fili della marionetta ed essere un vero ragazzo, ma continua a mentire, il che fa sì che il suo naso diventi sempre più lungo agli occhi di tutti. Pinocchio può diventare un ragazzo vero solo se si dimostra ‘coraggioso, sincero e altruista’. Alla fine, il suo desiderio di provvedere a suo padre e il dedicarsi a incarnare quelle caratteristiche lo trasformano in un vero ragazzo”.
Questa favola per bambini è una metafora che si adatta alla vita di LaBeouf, secondo Har’el. “I suoi sbagli non sono mai stati nascosti”, osserva. “Tutto era lì perché il mondo potesse vedere e giudicare. Ascoltare alcune storie su ciò che gli è accaduto durante la sua infanzia e sul fatto che abbia provveduto al proprio padre, mi ha permesso di capire quanto straordinari siano i suoi sforzi per riprendersi la propria vita e diventare l’uomo che vuole essere”.
Scrivere la storia
È stata una rissa fuori dal set durante le riprese a Savannah che ha costretto LaBeouf a riconoscere che la sua vita fosse fuori controllo. Durante la lunga permanenza in riabilitazione ha avuto il compito di affrontare il suo passato, scrivendone, e gli è sembrato naturale scriverne nel formato che legge più spesso: una sceneggiatura.
La sfida della scrittura è stata inaspettatamente soddisfacente, dice. “Devo usare aspetti diversi di me rispetto a quando recito. Fare entrambe le cose contemporaneamente è stato impegnativo… e poi ho aggiunto anche un ulteriore livello, raccontando la mia storia personale”.
Har’el afferma che LaBeouf si è rivelato uno dei migliori scrittori che abbia incontrato. “La sua voce era così potente. Sono stata subito colpita dalla caratterizzazione dei personaggi, dalla lingua, dalla musicalità. Lui scrive per gli attori e non per il regista, per questo è stata una sfida trasportare la storia sullo schermo senza danneggiare i dialoghi eccezionali”.
La bozza che Har’el ha ricevuto all’inizio è stata la sceneggiatura di un cortometraggio ambientato in una stanza di un motel, che descriveva in dettaglio la relazione conflittuale tra un bambino che è il capofamiglia – ma che ha un disperato bisogno che suo padre faccia il capofamiglia – e un uomo, al contempo timoroso e pieno di risentimento per il suo successo del figlio.
“L’idea di entrare nel proprio trauma e interpretare il proprio padre come forma di terapia, era qualcosa di molto vicino al mio cuore”, dice Har’el. “Il film che abbiamo realizzato insieme prima di questo, LoveTrue, parlava del recitare i propri ricordi e traumi attraverso delle performance terapeutiche. In quel film, le persone recitavano scene con i loro io più giovani, chi interpreta il padre, recita al fianco di un altro attore che interpreta il suo io più giovane. È abbastanza spirituale ma abbiamo voluto che fosse anche emotivo e molto reale”.
Secondo LaBeouf, l’approccio di Har’el al cinema rispecchia certi aspetti della terapia della gestalt, in cui i pazienti usano i giochi di ruolo per risolvere i conflitti passati. Durante quella che sarebbe diventata una straordinaria collaborazione, LaBeouf e Har’el iniziarono a sviluppare la sceneggiatura iniziale. Le prime bozze di LaBeouf non includevano l’Otis adulto, ma Har’el gli consigliò che vedere il giovane crescere con un caos emotivo avrebbe dato al film un contesto più potente. Lo incoraggiò anche a includere il suo percorso di riabilitazione.
“Abbiamo iniziato a riscrivere – molto – penso che abbiamo buttato giù tra le 80 e 90 bozze”, ricorda la regista. “Era ancora in riabilitazione quando abbiamo iniziato, quindi lui mi inviava delle pagine e io prendevo degli appunti o riscrivevo qualcosa, gliele rispedivo indietro e quando mi svegliavo trovavo già altre tre bozze. Renderlo un esercizio creativo gli rendeva la terapia più accessibile e quindi ha iniziato a scrivere ferocemente”.
La creazione del ruolo di suo padre è stata la parte centrale del processo per LaBeouf. “È semplicemente venuto fuori da lui”, dice Har’el. “Ha lottato con quel personaggio perché voleva dargli il rispetto e l’onore che meritava, oltre a comprendere e perdonare suo padre. Shia ha avuto più difficoltà a scrivere Otis, in parte perché non voleva creare un ritratto lusinghiero di se stesso. Ma anche perché era difficile per lui provare empatia per il piccolo Otis. All’epoca era così giovane, ma non si vedeva come un bambino. Si sentiva già adulto, cosa che penso non sia insolita per i figli dei tossicodipendenti. Si è concentrato sul catturare quell’implicita attesa dell’età adulta che aveva plasmato la sua vita. Ha rivelato la vergogna e le violenze che aveva vissuto e la difficile relazione di amore-odio che aveva con suo padre”.
Il Cuore e l’Anima di una Storia
Har’el ha iniziato a mettere insieme un gruppo eclettico di ambiziosi produttori per realizzare la sua visione del film, tra cui Christopher Leggett, con cui ha lavorato per più di un decennio; Anita Gou, fondatrice della società di produzione Kindred Spirit e produttrice del film indipendente di successo The Farewell; Brian Kavanaugh-Jones di Automatik; e Daniela Taplin Lundberg, una dei produttori di Beasts of No Nation e di Harriet.
“Era già un po’ che Alma si stava interessando al mondo della sceneggiatura”, afferma Leggett. “Ha il dono di trovare la verità nel suo lavoro, usando il suo linguaggio poetico per andare dietro la maschera della percezione. Stava solo aspettando il progetto giusto”.
Kavanaugh-Jones ricorda di aver saputo solo che Har’el avesse una sceneggiatura scritta da LaBeouf che intendeva dirigere, quando ha iniziato a leggere Honey Boy. “Ho pianto tutto il tempo”, afferma il produttore. “Sembrava una bella storia universale e dovevo farla. Non ho mai visto persone lavorare così tanto per trovare il cuore e l’anima di una storia”.
La sceneggiatura combinava l’umanità con la nuda verità senza mai diventare autoindulgente, afferma il produttore. “Shia è così sincero, onesto e umano. Conosce i suoi difetti e i suoi limiti, e questo è il più autentico resoconto del successo e dell’insuccesso che io abbia mai visto. È incredibilmente sentimentale senza mai essere sdolcinato”.
Anche Lundberg è stata commossa dalla volontà di LaBeouf di condividere gli aspetti dolorosi della sua vita così pubblicamente. “Ci vuole molto coraggio per mettere sullo schermo i tuoi traumi personali del passato e le relazioni familiari”, afferma. “Ma Alma e Shia hanno sempre saputo in che direzione dovesse andare la sceneggiatura. Il processo creativo è stato fondamentale per lui per superare il suo comportamento autodistruttivo”.
Gou è stata colpita dall’approccio rispettoso di Har’el nei confronti dei personaggi – e degli attori – cosa che attribuisce al background della regista come documentarista. “È quasi materna, ma con un forte senso di stravaganza”, afferma Gou. “Attraverso danze delicate, porta la realtà e la verità nei suoi documentari e applica le stesse tecniche a questo film. Ci vogliono delle mani estremamente stabili per navigare nel mix di fiction e realtà”.
Har’el concorda sul fatto che il suo lavoro da documentarista le abbia dato un approccio non convenzionale al cinema narrativo, ma afferma anche di aver sempre adottato un forte approccio narrativo nei documentari. “La differenza più grande è stata la sceneggiatura di alcune scene e la mancanza di libertà che il lavoro narrativo ha rispetto a come lavoro nei documentari, in maniera totalmente autonoma e selvaggia. Ho sentito un’evoluzione naturale nel mio rapporto con Shia e le somiglianze sulla nostra infanzia e l’arte. Mi ha sfidato artisticamente ogni giorno, la cosa che mi ha spinto in avanti è che dovessimo fare questo film insieme e raccontare la nostra storia di figli di alcolisti, che è qualcosa che viene spesso raccontata solo dal punto di vista della dipendenza. Questa è più una storia sulle conseguenze della dipendenza e su come l’esprimere se stessi possa portare al perdono e all’amore”.
Il Figlio diventa il Padre
La figura del padre imperfetto di Honey Boy, James Lort, è un veterano problematico, ex detenuto, ex clown da rodeo e alcolizzato con un carattere irascibile – proprio com’era il padre di LaBeouf, Jeffrey LaBeouf. Per quanto estreme siano le sue imperfezioni, LaBeouf ha sia scritto che incarnato un personaggio la cui umanità è innegabile, creando un’inaspettata simpatia nei suoi confronti.
“Nonostante gli abusi emotivi e verbali che infligge a suo figlio, lo vedi lottare per essere un padre migliore e combattere i suoi demoni ogni giorno”, dice Lundberg. “Shia porta nel personaggio un tale carisma e umorismo che si è attratti da lui. Ci sono dei momenti in cui si odia James, ma non vorresti mai che fallisca. È una testimonianza della devozione di Shia verso suo padre”.
Con l’andatura dondolante, gli occhiali e sfoggiando lunghe basette e un’acconciatura anni ’80, LaBeouf si trasforma in un uomo comune, che potrebbe passare inosservato – cosa che spesso accade. Inizialmente, aveva immaginato un altro attore per il ruolo. “Pensavo che avrei interpretato Otis da grande, ma Alma ha detto di no”.
Secondo Har’el, “Se Shia non interpretasse suo padre, questo film sarebbe soltanto un melodramma biografico, piuttosto che un’esperienza psico-magico-catartica. Una delle cose più intelligenti che Shia ha fatto nella sua sceneggiatura è stato riconoscere le caratteristiche di se stesso che ricordano suo padre. Che abbia ereditato problemi legati all’alcolismo o sviluppato della rabbia, interpretando suo padre ne ha preso davvero coscienza, e in modo assolutamente brillante. È stato strabiliante osservare tutto ciò mentre stavamo girando. Non credo che avessi capito quante cose legate a suo padre lui combatta ogni giorno”.
Interpretare James, dice LaBeouf, gli ha dato la possibilità di imparare ad amare suo padre dall’interno. “Immagino di essermi preparato a questo per tutta la mia vita”, aggiunge. “La mia relazione con mio padre ha plasmato molto ciò che sono. Essere in grado di mettere sullo schermo un momento incredibilmente personale e doloroso della mia vita è uno dei più grandi successi della mia carriera. Non so che direzione prenderò dopo, ma sono orgoglioso di essere stato in grado di fare tutto ciò”.
Il produttore Leggett afferma di aver visto raramente un attore così determinato come LaBeouf. “Aveva assolutamente deciso di andare ovunque questo lo portasse. Per me, vederlo interpretare suo padre è stato così complesso. È diventato James. Ha portato empatia e comprensione, tornando indietro a quei ricordi e vivendoli dall’altra parte”.
Il meta-elemento di Honey Boy era essenziale per evitare che la storia diventasse un semplice film biografico, secondo Kavanaugh-Jones. “È incredibilmente bravo in questo. Ogni ripresa era diversa e ogni momento sembrava nuovo. Non so come sarebbe da un punto di vista emotivo rivivere una relazione così stimolante. Il dolore presente – e si spera la catarsi – era il più intenso e personale possibile”.
Sul set, LaBeouf ha posato rapidamente la penna dello scrittore e si è concentrato sul suo ruolo, dice Har’el. “Shia era umile e non voleva mai interferire con Lucas Hedges o Noah Jupe. Li ha supportati in ogni modo possibile: rispondendo a qualsiasi domanda avessero, facendoli entrare nella sua casa e nel suo armadio, ma anche incoraggiandoli a prendersi le proprie libertà e creare Otis insieme. In questo modo, Otis si è trasformato in lui”.
Otis x Due
LaBeouf ha preferito non essere presente quando venivano girate le scene in cui lui non appariva, e non ha visto gran parte del film fino a quando Har’el non gli ha mostrato il suo montaggio finale. “Era a nostra disposizione qualora volessimo chiedergli qualcosa, ma non ha mai cercato di controllare il modo in cui lo abbiamo ritratto. Il suo unico interesse era incarnare suo padre e cercare di capire cosa fosse successo tra loro”.
Mentre stava cercando un attore che assomigliasse a LaBeouf nella vita reale per interpretare l’Otis adulto, Har’el alla fine decise di fermarsi. “Sarebbe potuto diventare una sorta di riflesso narcisistico del vero Shia”, afferma. “Mi sentivo persa fino a quando non ho incontrato Lucas Hedges. In due minuti ho capito che era la risposta a tutto. Ha la stessa sete di verità di Shia e potrei dire che il suo interesse fosse autentico. Questo era una sorta di esorcismo artistico e Lucas aveva quella connessione mistica che bisogna avere con l’arte per partecipare a questo film. È davvero prodigioso”.
Hedges, il primo attore dopo LaBeouf ad essere scelto, si è guadagnato la reputazione di attore serio e ambizioso. Poco più che ventenne, è già apparso in film di successo come Tre manifesti a Ebbing, Missouri; Lady Bird; Ben is back; Boy Erased – Vite cancellate, per il quale ha ricevuto una nomination ai Golden Globe; e Manchester by the Sea, per il quale ha ricevuto una nomination agli Oscar→ come Miglior attore non protagonista.
“La presenza di Lucas ha elevato il progetto e averlo nel cast è stato un tale dono per il film”, afferma Lundberg. “Nelle mani di un attore meno abile, il suo ruolo avrebbe potuto essere oscurato dalla dinamica elettrica tra Shia e Noah. Invece, Lucas ha portato pathos, paura e, a volte, la dolce sincerità di un giovane che lotta per fare i conti chi è adesso e con il suo passato. Alla fine, vorresti solo abbracciarlo”.
All’inizio del film, l’ex bambino prodigio è già diventato una star adulta di film di successo, spiega Hedges. “Ha avuto una relazione con la sua co-protagonista, poi ha fatto schiantare la sua auto mentre era ubriaco e fatto. Lo iniziamo a conoscere mentre è in riabilitazione. La sua più grande paura a questo punto è chi potrebbe diventare senza tutta quella sua sofferenza”.
Hedges si è subito interessato al film non appena ha saputo che LaBeouf ne fosse coinvolto. “È un attore importante che ha avuto un’enorme influenza su di me”, afferma. “Sentivo come se avessi avuto già un rapporto intenso e complicato con lui prima ancora che ci incontrassimo! Poi ho fatto qualche ricerca su Alma e ne ero ancora più incuriosito. Quando l’ho incontrata, ho sentito con lei una connessione spirituale davvero potente. Abbiamo parlato del lavoro come mezzo per sentirsi e avvicinarsi a se stessi. Sapevo di voler fare parte di questo film”.
L’esperienza da documentarista di Har’el ha fatto sì che abbia una percezione particolarmente sviluppata di ciò che sembra naturale davanti la macchina da presa, dice l’attore. “È molto più interessata alla psicologia e alla realtà dei momenti che a cercare di creare grandi momenti di recitazione. Tutto il suo lavoro sfuma i confini tra reale e surreale, realtà e fantasia. Li considera ugualmente importanti e crede che la fantasia possa aumentare il livello di creatività. È il meglio di entrambi i mondi”.
Hedges afferma di aver trascorso ore a studiare LaBeouf, sia di persona che nei film, per avere un senso della sua fisicità e del suo lato emotivo – e quindi ha scartato tutto ciò riteneva irrilevante. “Ho dovuto capire bene cosa prendere di lui che avrebbe arricchito il personaggio e dove invece fidarmi del mio istinto. Otis sta ancora facendo i conti con il desiderio di piacere a suo padre, mentre cerca di farlo diventare il padre di cui ha bisogno”.
Noah Jupe, che si è fatto notare per il suo ruolo in A Quiet Place, interpreta Otis Lort all’età di dodici anni. È stato Kavanaugh-Jones, che aveva lavorato con Jupe nel film di fantascienza del 2018 The Titan, a suggerire a Har’el di incontrare il giovane attore. “Ha davvero un talento sconvolgente”, afferma il produttore. “Abbiamo fatto una grandissima ricerca per trovare il ragazzo giusto e lui ha lavorato duramente per ottenere il ruolo. Lui e Shia insieme sono sbalorditivi”.
Descritto da molti dei suoi colleghi come “la persona più matura sul set”, l’esperienza di Jupe come attore bambino è significativamente diversa da quella di LaBeouf. I suoi genitori, attori anche loro, lo hanno accompagnato sul set e, invece di rilassarsi con una bibita tra una ripresa e l’altra, Jupe studiava matematica e geografia con l’aiuto di un tutor.
“Noah è molto più maturo e saggio rispetto alla su età”, dice Gou. “Ha capito la complessità della storia e del ruolo. Lui e Shia hanno avuto una chimica fortissima fin da subito”. I due, insieme ad Hedges, hanno trascorso parecchio tempo insieme fuori dal set a conoscersi meglio. Jupe e la sua famiglia hanno persino vissuto con LaBeouf per un po’ e hanno legato guardando il baseball e imparando a giocare a Rummy e a Magic: l’Adunanza. “Non sono mai riuscito a batterlo, ma sono onorato di poterlo definire mio amico”, dice Jupe. “Ho imparato così tanto da lui sulla recitazione e mi sono sentito molto protetto da lui. È una delle persone più entusiasmanti, premurose, divertenti – soprattutto divertenti – che io abbia mai incontrato. Spero davvero che potremo lavorare di nuovo insieme”.
LaBeouf dice che in quanto a professionalità e capacità di improvvisazione, Jupe può eguagliare qualsiasi adulto con cui abbia lavorato. “Il ragazzo aveva l’abilità e la tecnica per eseguire 12 pagine di fila. Riusciva anche a starmi dietro quando uscivamo dalla sceneggiatura, cosa che abbiamo fatto spesso”.
Har’el stava pensando a un attore non professionista per il ruolo. Ma le sue riserve iniziali di lavorare con un professionista, in particolare un giovane attore britannico, sono scomparse quando Jupe ha fatto il provino. “Avevo i miei dubbi sul fatto che potesse interpretare in modo convincente un bambino americano trasandato, ma quando ha fatto il provino con Shia, sono diventati subito padre e figlio. Puoi fare delle conversazioni serie con lui su qualsiasi cosa e lui afferra tutto. Noah ha realizzato molti film di successo, ma penso che questo ruolo lo farà affermare come uno degli attori più forti nei prossimi decenni”.
La serietà e la maturità emotiva di Jupe sono evidenti quando parla di Otis e delle sue interazioni sullo schermo con suo padre. “C’è così tanto amore lì, ma è spinto in profondità nell’ombra della loro relazione”, osserva. “Tutto ciò che Otis vuole è che suo padre si comporti come un normale papà e magari gli mostri un po’ di affetto. Ma suo padre si sente un idiota a farlo”. “Alma si prende davvero cura dei suoi attori e impiega così tanto tempo a conoscerli”, aggiunge. “Ci ha fatto sentire tutti al nostro agio sul set. Ha sempre trovato il tempo per me. È davvero una regista straordinaria, una bellissima persona e un’amica per la vita”.
Nessuna Piccola Parte
Al suo memorabile debutto cinematografico, l’artista musicale FKA twigs conferisce una forza silenziosa, vulnerabilità e un momento materno al ruolo di Little Q, una prostituta adolescente che vive nello stesso complesso dei Lort. Come Otis, è troppo giovane per il mondo in cui si trova, e i due sviluppano un legame speciale che trascende lo squallore del motel. “Devo riconoscere ad Alma la sua apertura nel cercare diverse tipologie di persone per alcuni dei ruoli più piccoli”, afferma Kavanaugh-Jones. “Twigs è una persona eccezionalmente espressiva e un’incredibile artista. Alma le ha dato il giusto spazio per lavorare e lei è sbocciata”.
“È una cosa frequente nei film diretti da uomini trovare una separazione netta tra madre e puttana”, afferma Har’el. “Io ho provato ad avere un personaggio che fosse entrambe le cose. Twigs ha fatto un lavoro incredibile incarnando Little Q. Ha la capacità di essere eterea e molto forte allo stesso tempo”.
Altri ruoli secondari sono ricoperti da attori famosi, tra cui Martin Starr, Laura San Giacomo, Clifton Collins Jr. e il comico Byron Bowers nel ruolo del compagno di stanza dell’Otis adulto in riabilitazione. “Byron era un importante pezzo del puzzle quando stavamo definendo il cast”, dice Har’el. “Lui nasce dal programma televisivo ‘The Chi’ e questo è il suo primo film, ma le sue capacità di improvvisazione erano essenziali. Tutti loro hanno avuto una chimica particolare che è passata davvero sullo schermo e hanno offerto delle performance che hanno definito perfettamente il tono e il mondo che abbiamo creato”.
Un Senso di Luogo
La maggior parte dell’azione del film si svolge nella casa motel dei Lort o nel centro di riabilitazione di Otis. Lo scenografo JC Molina è stato determinante nel trovare modi di portare piccoli dettagli che rendessero familiare e vissuto ogni ambiente, secondo Har’el. “Non abbiamo mai usato niente di nuovo e c’era una tavolozza di colori a cui ci siamo attenuti”, afferma la regista. “Ho preparato molti moodboard e ho mostrato a Shia delle fotografie di ciò che stavamo cercando. Lui mi diceva se qualcosa non andava – se qualcosa sembrava troppo ricercata, per esempio. Volevo davvero ottenere il giusto tono socioeconomico di dove è cresciuto. Mi sono affidata molto alla mia esperienza nei documentari: seguire il mio istinto quando sento che le cose non mi aiutano”.
Dopo aver esplorato tutta Los Angeles, i film-makers si stabilirono nella Sun Valley, una comunità operaia nella parte nord-orientale della San Fernando Valley. “Quando siamo arrivati al motel, in realtà era rosa”, dice la regista. “Si chiama persino The Pink Motel. Abbiamo deciso di dipingerlo, cosa che non è stata così facile da fare con un budget così basso, ma JC c’è riuscito. Volevo che avesse i colori di una vecchia locandina del circo e sembrasse come far parte di James. Ho potuto vedere Shia e suo padre che vivevano lì”. Nella vita reale, il periodo di LaBeouf in riabilitazione lo ha portato in un umile centro a nord dello stato di New York. Har’el era determinata a trovare qualcosa che non assomigliasse affatto alle strutture di lusso in luoghi eleganti come Malibu, normalmente associati alle celebrità. “Ho cercato di rimanere fedele alle foto che Shia mi ha dato del centro di riabilitazione in cui ha trascorso del tempo. Volevo anche qualcosa che esistesse al di là di un luogo specifico, proprio per alcune delle idee più magiche che il film tratta, tra cui l’arte come medicina e l’immaginazione come speranza. Volevamo anche catturare il modo in cui lo facesse sentire in relazione ai suoi privilegi”.
Immagine Imperfetta
Trovare un Direttore della Fotografia in sintonia con il caratteristico stile visivo di Har’el è stato un fattore critico, afferma Kavanaugh-Jones. “Abbiamo trascorso molto tempo a cercare”, continua. “Alma sperava di lavorare con una donna che fosse bravissimo in questo e penso che Natasha Braier sia una delle dieci migliori al mondo. Lo hanno capito immediatamente”.
Quando Har’el incontrò Natasha, nativa di Buenos Aires, capì subito di aver trovato una collaboratrice su cui poter contare. Con un curriculum che include il film horror psicologico di Nicolas Winding Refn, The Neon Demon, era chiaro che avesse il tipo di immaginazione visiva e le capacità tecniche che la regista stava cercando. “Ci sono alcuni Direttori della Fotografia donne con cui ho parlato e con cui mi piacerebbe lavorare in futuro, ma Natasha non è stata la mia prima scelta, è stata la mia unica scelta”, afferma Har’el. “Guardare i suoi lavori precedenti mi ha convinto che possa fare qualsiasi cosa. Ho imparato così tanto da lei. Si avvicina a tutto ciò che fa con un occhio artistico e anche con una prospettiva psicologica”.
Braier, figlia di due psichiatri freudiani, afferma di essere affascinata dal processo terapeutico. “Sapere che Shia lo ha scritto in riabilitazione è stato davvero intrigante per me”, afferma Braier. “C’è un’emozione così intensa ovunque. Alma ha un approccio visivo molto forte nel modo in cui usa il linguaggio cinematografico. L’intero film è in qualche modo un esperimento folle e lei è un’ottima compagna per affrontare quest’avventura”.
Una delle richieste di Har’el era che la macchina da presa conferisse agli attori la libertà di essere spontanei. Soprattutto dentro la piccola stanza d’albergo, ci sono voluti una combinazione di preparazione meticolosa e una forte concentrazione per lasciare che le scene si svolgessero naturalmente. “Volevamo catturare qualcosa di molto reale e naturale, come si fa nei documentari”, afferma Braier.
“Con Noah e Shia, non era sempre possibile prevedere dove potessero andare, si potessero sedere o fermarsi in piedi. Li abbiamo assecondati e lasciato che gli attori si muovessero liberamente, mentre la macchina da presa li seguiva, senza alcuna previsione di dove sarebbe andata l’azione”.
Per riuscirci, Braier ha installato le luci in tutta la stanza, cercando di prepararsi a tutte le possibilità. “Non siamo riusciti a illuminare tutto a 360 gradi e mantenere un senso di naturalezza e realtà”, afferma. “Per questo ho creato un sistema con molte luci collegate in modalità wireless a trasmettitori, ricevitori e schede DMX e una radio che mi permettesse di comunicare con gli operatori nella stanza. Era come se la telecamera dovesse improvvisare insieme agli attori”.
Osservando il monitor, è stata in grado di regolare costantemente l’illuminazione per renderla più calda o più fredda, o creare contrasto, profondità e colore. “Era come una jam session”, dice. “Ho provato ad avere tante diverse possibilità pronte lì sul mio dimmer. Gli strumenti erano lì, pronti, e quindi ho dovuto agire sul momento. Ha funzionato davvero bene per lo stile di Alma, perché non le importa delle regole convenzionali del cinema”.
Una volta in sala di montaggio, Har’el ha scoperto che l’approccio lineare e cronologico della sceneggiatura alla storia non le sembrava soddisfacente. Ha riprese il girato e ha iniziato a costruire una narrazione più impressionistica con i montatori Monica Salazar e Dominic LaPerriere, iniziando la storia con l’Otis adulto e creando un montaggio con il materiale già esistente che dicesse al pubblico tutto ciò che avesse bisogno di conoscere sul personaggio in meno di due minuti.
“È una sequenza incredibile e in linea teorica avrei detto che non avrebbe mai funzionato”, afferma Lundberg. “Ma è perfetta. È un esempio di quanto lei sia audace e temeraria”. Mentre il film va avanti, Har’el passa da una sequenza temporale all’altra. “Ha lavorato a lungo e duramente sul finale”, afferma Lundberg. “È stato un passaggio davvero difficile ma lei ce l’ha fatta”.
Attingendo alla sua visione di Otis come Pinocchio, Har’el ha lavorato con il compositore Alex Somer (Captain Fantastic) per mettere insieme la colonna sonora del film. “È stato un partner geniale”, afferma. “Ci siamo lanciati insieme nel progetto e abbiamo fatto salire a bordo grandi musicisti come Zach Shields e Paul Corley. Volevo avere una colonna sonora che usasse diversi piccoli suoni ispirati a Pinocchio, alle marionette e al circo. Alex ha uno studio pieno di strani giocattoli e vecchi strumenti, quindi era un perfetto terreno di gioco. Cercare di finire il film in tempo per il Sundance è stato davvero impegnativo e gli sono grata per la sua devozione artistica”.
Andare Avanti
Nonostante il budget limitato, Har’el e LaBeouf avevano idee precise su ciò che volevano e non hanno mai accettato un no come risposta, afferma Kavanaugh-Jones. “Se non avessimo potuto dare loro esattamente quello che volevano, avrebbero cercato un altro modo per ottenerlo”, spiega il produttore. “Ogni aspetto è stato curato fino ai massimi livelli senza un eccessivo impiego di denaro. È molto raro realizzare un film così impegnativo e sentirsi come una famiglia, ma è successo. In fin dei conti, questo film è la dimostrazione di Alma e Shia”.
Il risultato di tutto quel duro lavoro è un film che va al di là della semplice storia di LaBeouf e di suo padre, secondo Har’el. “Se non sai nulla di Shia, puoi comunque guardare una storia di un padre e un figlio. Se conosci la storia di Shia, c’è un livello ulteriore che puoi goderti, ma che comunque non ti fa mai distogliere lo sguardo dalla storia padre/figlio”. C’erano così tanti aspetti insoliti nel film, dice Har’el, ma il compito più difficile era portare sia l’Otis giovane che l’Otis adulto in vita e renderli entrambi reali. “Fare ciò mentre mi occupavo anche dell’aspetto metacinematografico di questo film è stata la mia più grande sfida”, afferma la regista. “Secondo me non c’è verità senza riflessione sulla vita interiore di una persona. In tutti i miei film cerco di trovare simbolismi e immagini uniche e personali per ogni personaggio. Il mondo di Shia si è sempre ripercosso su di lui attraverso le parti che ha interpretato. C’è qualcosa di fiabesco nella storia della sua vita che si ricollega a tutto il mio lavoro precedente. Ho cercato di catturare ciò, mantenendo il suo modo di vedere la sua vita”.
Har’el afferma che uno dei temi più importanti del film sia il ruolo dell’espressione personale come medicina. “Tutti i temi di questo film sono alla base di ciò che mi ha permesso di sentirmi viva”, afferma. “Imparare ad esprimere la mia personalità mi ha permesso di perdonare coloro che mi ferivano e di capire cos’è l’amore. La mia famiglia ha vissuto all’ombra dell’alcolismo di mio padre per tutta la vita. Il mio amore per lui e per loro mi ha ispirato durante la realizzazione del film”.
Chiunque cerchi un racconto ammonitore su ciò che la dipendenza causa in una famiglia, dovrebbe cercare altrove, dice. “Se il film riuscisse a diventare un trampolino per far dialogare i figli di alcolisti, il mio sogno sarebbe realizzato. Vale sempre la pena parlare di famiglia, amore e dipendenza. E spero che molti figli di alcolisti e bambini che hanno subito qualsiasi tipo di abuso verbale o fisico guardino questo film. Ho voluto raccontare questa storia per tutti loro. Ma non direi mai a nessuno cosa sentire o cosa prendere dal film”.
“Quando penso a tutti e tre i miei lavori”, continua, “ci sono i temi della mascolinità, delle figure fondamentali delle nostre vite, degli effetti della dipendenza sui figli e la linea sottile tra l’essere noi stessi e l’agire per gli altri. Non ci sono soluzioni semplici per i traumi e la dipendenza – come io e Shia ci ripetevamo sempre – l’unica via d’uscita è attraverso. Ho scoperto nella mia vita che il perdono e l’accettazione attraverso la creatività e l’immaginazione sono l’unica via d’uscita. Penso di aver messo ciò in tutti i miei film finora e sembra che questo film mi abbia portato a una nuova fase di comunicare tutto ciò”.
LaBeouf ammette che è difficile spiegare cosa si provi a interpretare il proprio padre. “Ci sto ancora lavorando molto, ma fa tutto parte della mia riabilitazione e doveva essere il più onesto possibile. L’ho mostrato a mio padre quando lo avevamo finito e abbiamo avuto sicuramente diverse conversazioni difficili, ma siamo legati e continuiamo a lavorare su molte cose. Mi ha aiutato a capire perché ho fatto quello che ho fatto. Voglio continuare a crescere come artista e non essere definito dai media o da un personaggio”.
L’impegno di LaBeouf nel riconciliarsi con una relazione che definisce al contempo tossica e affettiva è tutt’altro che arrivato a una conclusione. “La storia parla di famiglia, amore e perdono”, afferma. “Il legame che si è formato durante il processo di realizzazione del film è stato fondamentale per creare qualcosa di autentico e intimo. Posso solo sperare che l’aver mostrato la mia vita e la mia storia agli altri possa aiutare qualcuno a capire che non è solo. Che ognuno ha una storia e una battaglia da vincere”.
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