Poster Florida

Florida (2015)

Floride
Locandina Florida
Florida (Floride) è un film del 2015 prodotto in Francia, di genere Commedia diretto da Philippe Le Guay. Il film dura circa 110 minuti. Il cast include Jean Rochefort, Sandrine Kiberlain, Laurent Lucas. In Italia, esce al cinema giovedì 5 Maggio 2016 distribuito da Academy Two.

FLORIDA è una commedia amara sull'avanzare dell'età e l'intermittenza della memoria. Protagonista Claude, un vitalissimo ottantenne che coinvolge nelle sue bizzarre vicende la figlia Carole. La Florida rappresenta un luogo ideale, dove si è protetti e dove nulla ci può accadere. È il luogo di pace, dove tutto quello che nella vita ci ferisce, cessa di farci male.

Info Tecniche e Distribuzione

Uscita al Cinema in Italia: giovedì 5 Maggio 2016
Uscita in Italia: 05/05/2016
Genere: Commedia
Nazione: Francia - 2015
Durata: 110 minuti
Formato: Colore
Produzione: F Comme Film
Distribuzione: Academy Two

Cast e personaggi

Regia: Philippe Le Guay

Cast Artistico e Ruoli:

Immagini

[Schermo Intero]

INTERVISTA A PHILIPPE LE GUAY

Come è nata l'idea di realizzare un film dal testo teatrale di Florian Zeller ?
Questa è la prima volta che adatto un'opera preesistente: solitamente lavoro sempre su soggetti originali. Impiego quasi un anno a sviluppare la sceneggiatura, è sempre lungo e complicato scrivere in solitudine e invece stavolta ho scoperto a teatro LE PERE, lo spettacolo di Florian Zeller.
Sono stato immediatamente sedotto dalla originalità della costruzione del testo.
La pièce comincia con un padre e sua figlia che dialogano in scena per una quindicina di minuti, in un'atmosfera di commedia piuttosto leggera. Buio, poi si passa alla scena successiva, e si ritrova lo stesso personaggio del padre insieme alla figlia… ma questa volta è interpretata da un'altra attrice. Ci si domanda allora se la prima attrice è sua figlia oppure no, si inizia a dubitare del personaggio che si è appena visto. Siamo confusi, dubitiamo di quello che vediamo, lentamente scopriamo che il protagonista della nostra storia sta perdendo la memoria! Florian Zeller ci fa entrare nella testa del suo protagonista. A teatro, il punto di vista è sempre quello dello spettatore e qui Zeller è riuscito aD adottare un punto di vista soggettivo… É un formidabile tour de force teatrale.

Come avete sviluppato la sceneggiatura con Jérôme Tonnerre ?
Non si tratta di un adattamento cinematografico del testo teatrale. I miei produttori, Jean-Louis Livie e Philippe Carcassonne, ci hanno incoraggiati a prendere le distanze dalla struttura del testo teatrale, e anche il drammaturgo Florian Zeller ci ha spinti nella stessa direzione. Al cinema, il campo/controcampo fa scattare immediatamente la soggettiva del protagonista. Basta passare dallo sguardo del personaggio a quello che sta osservando per rendere chiaro di chi sia il punto di vista. La struttura deve essere diversa e proporre uno spazio differente rispetto a quello dello spettacolo teatrale. Abbiamo cercato in svariate direzioni ed è Jérôme Tonnerre che ha avuto l'idea e ha immaginato il personaggio a bordo di un aereo. Senza dubbio partito per un ultimo viaggio, un andata senza ritorno. Ma dove va ? Cosa troverà alla fine del suo viaggio ? Il viaggio è stato la linea guida, sulla cui traiettoria si muove il film. Niente è più cinematografico, evidentemente, di un personaggio che viaggia da una direzione all'altra. Vorrei precisare che questo viaggio non ha nulla di fantasioso, o onirico, anche se lo svolgimento del racconto si rivela, diciamo, come un processo "mentale": siamo nella testa di un uomo. Capiamo rapidamente che quest'uomo ha un obiettivo, un' idea fissa: ricongiungersi con la figlia che vive in Florida. Improvvisamente appare la scritta " medico " sulla cartella e riconosciamo i sintomi della perdita di memoria. Non volevo fare la cronaca di una malattia. Per me il film è la storia di un uomo che va a trovare sua figlia in Florida…
Claude ha un'altra figlia con la quale invece è più severo…
Idealizza la figlia minore che vive all'altro capo del mondo e che gli invia una cartolina ogni sei mesi; mentre la maggiore che lo va a trovare quattro volte a settimana e si occupa di tutto ciò che lo riguarda, è perennemente maltrattata. É capitato a tutti di accorgersi che un padre o una madre, ingiustamente, non ama i suoi figli allo stesso modo. É una situazione crudele, ma può risultare anche comica da un certo punto di vista. Questa mescolanza di crudeltà e di humour è la nota predominante del film…

Come avete avuto l'idea di affidare il ruolo principale a Jean Rochefort ?
Il desiderio di lavorare con Jean è stato uno dei motivi che mi ha spinto a lavorare su questo film. Volevo rivederlo al cinema e offrirgli un ruolo a sua misura, o per meglio dire fuori misura. Questo ruolo di <<padre>> ha qualcosa di shakespeariano. Ma è anche un ruolo pieno di humour. Jean è un attore completo che incarna questi due aspetti. Possiede la leggerezza tipica delle commedie di Yves Robert o di Philippe De Broca e la parte misteriosa, la crudezza, e quasi una sorta di violenza. Penso a UN ÉTRANGE VOYAGE di Alain Cavalier, e soprattutto a IL TAMBURO DI LATTA di Schlondorff. Rochefort, come attore, favorisce questa mescolanza di toni e di generi.

Si è lasciato convincere facilmente ?
Non proprio. La prima volta che ha letto la sceneggiatura, ci ha detto che era << sul ciglio del consenso >>. Ma non disse di si per tanto. Jean pensava che il comportamento avesse una tonalità troppo sentimentale e dolce-amara. Contro ogni previsione ci ha suggerito di insistere sull'aspetto aggressivo del personaggio. Jean ha osservato persone affette dall' Alzheimer e ha capito quanto la confusione mentale possa generare una forma di aggressività.

Sandrine Kiberlain incarna la figlia meno prediletta di suo padre…
Per interpretare questa coppia padre-figlia, c'era bisogno di attori che fossero veramente complici nella vita. Sandrine Kiberlain e Jean Rochefort si conoscono da più di 15 anni, perchè il padre di Sandrine aveva scritto un racconto il cui ruolo principale era stato proposto a Jean. Per questioni di " date ", il progetto non è stato fatto, ma Sandrine e Jean sono rimasti amici. Hanno in comune un bello sguardo chiaro, qualcosa di spigoloso nel viso…
Ma soprattutto c'è in entrambi un non-conformismo, una fantasia, un'inclinazione alla libertà… nelle scelte stesse che fanno dei propri ruoli. Sandrine l'ha dimostrato in questi ultimi tempi: è duttile, si presta a ruoli molto differenti. Adoro di Sandrine la sua capacità di dare vita a un personaggio che riceve continue frecciate e non le restituisce. Carole ha una dimensione sacrificale, ma non è più una vittima passiva. É per scelta che alimenta
l'inganno si suo padre, lo protegge fino alla fine, ciò fa di lei una vera eroina. In LE DONNE DEL 6°PIANO, lei interpretava la donna trascurata da Fabrice Luchini, ma conservava intatta la sua lucidità. In questo film, il suo personaggio è ancorato alla realtà: ha un figlio, dirige una cartiera , è una donna che lotta da sola. Ha un incontro amoroso che la segna, ma che sarà polverizzato dalla presenza di suo padre…

La malattia del padre permette di evocare con il tempo un rapporto che non è più lineare e che offre più libertà narrativa.
Ci sono tre linee temporali nel film. Il viaggio in Florida, i due mesi che precedono questo viaggio e che ci informano sul personaggio di Claude. E poi ci sono questi sbalzi di memoria che sono come delle immagini mentali. Immagini legate a sensazioni, a ricordi nascosti. Per esempio, quando si infiamma per sbaglio un mucchio di fieno ; quando guarda, intirizzito, sua madre che sta suonando il piano, o durante la guerra, quando si sente minacciato. Tutto quello instaura un paesaggio mentale e sensoriale che arricchisce il personaggio di Jean. Adoro queste immagini impressioniste che ritroviamo nel cinema d'Alain Resnais e in particolare in MON ONCLE D'AMÉRIQUE. É sufficiente una tenda che si muove grazie a un soffio di vento per creare una rima visiva e collegare il presente con il passato…

Come avete lavorato sulla luce?
Con Jean-Claude Larrieu, il mio direttore della fotografia, volevamo compensare la violenza della perdita di memoria con un'immagine calda e splendente. Ci sono colori ovunque, nelle lampade arancio o nei vivi colori dei costumi. Spesso si associa la vecchiaia al grigio e alla monotonia. Nella vita, Jean Rochefort si veste come una tavolozza molto colorata e questa scelta è stata riproposta nel film. Con Elisabeth Tavernier che ha creato i costumi, avevamo l'immagine di David Hockney in testa, famoso per le sue tinte accese e per Jean sono stati fatti fabbricare gli stessi occhiali del pittore inglese…

Per la musica avete scelto Jorge Arriagada…
Jorge aveva composto la musica del mio primo film LES DEUX FRAGONARD. L'ho riscoperto grazie a LE DONNE DEL 6°PIANO e MOLIERE IN BICICLETTA. Adoro che nella sua musica ci sia la dimensione allo stesso tempo gioiosa e malinconica. Mi piace il fatto che siano presenti motivi orecchiabili che la gente può mettersi a canticchiare una volta uscita dalla sala. La musica doveva essere un prolungamento emozionale del personaggio, senza accentuare troppo la sua confusione mentale. In partenza, pensai a degli effetti di corde o ottoni, delle cose decostruite. E poi mi sono reso conto che la musica doveva farci entrare nel sogno del personaggio interpretato da Jean Rochefort.

Claude canta una canzone di Jean Sablon, " puisque vous partez en voyage"…
É una delle magiche coincidenze di questo film. Volevo un momento di complicità tra Claude e sua figlia, e Jean ha proposto questa canzone. Mi sono reso conto che quella canzone rifletteva il tema del viaggio in Florida. La destinazione del viaggio è nata quasi per caso, poi poco a poco mi sono accorto delle coincidenze. Il modello della macchina Florida, il succo d'arancia, Miami e le palme…la Florida diventa questo luogo mitico dove si è al sicuro, o dove niente può più aspettare. É il luogo della pacificazione, dove tutto ciò che ci ferisce nella vita smette di farci male. In fondo, la Florida, è un pò la sala del cinema, uno schermo-scrigno dove si possa sognare, dove le persone che amate sono sempre con voi…

INTERVISTA A JEAN ROCHEFORT

Perchè ha scelto di partecipare a questo film ?
Non è stata una scelta facile per me. Era una situazione imbarazzante alla mia età, ho alcuni amici che soffrono di questa malattia. Avevo molti dubbi e preoccupazioni relativi al soggetto. Ma ne abbiamo parlato molto con Philippe Le Guay e Jérôme Tonnerre, che sono venuti a trovarmi molto spesso durante l'anno e poco a poco, mi sono fatto convincere ad intraprendere questa avventura.

Dopo aver accettato di girare il film, ha sollevato delle obiezioni sulla sceneggiatura. Aveva suggerito di "ravvivare lo stufato della domenica". Quali erano i punti che secondo lei andavano rivisti ?
Desideravo che la sceneggiatura lavorasse più in profondità sulla psicologia del personaggio. Il senso estetico di Philippe è innegabile, ma volevo un pò più di sostanza. Non volevo che il personaggio fosse troppo << pulito>>. Non potevo immaginare questo ruolo, per esempio, senza la scena della pipì sulla macchina ! Quella scena per me è rappresentativa. Quando Claude fa pipì sulla macchina, dimostra come sia di fatto sorprendente: comincia a piangere perchè capisce, in quel preciso istante, che è rovinato. C'è un momento di forte presa di coscienza. La cosa più terrificante di questa malattia sono i momenti di lucidità.

Philippe Le Guay parla di una dimensione shakespeariana del suo personaggio.
Ci ho pensato, lo confesso. Volevo perfino che Claude risultasse affascinante per quanto fosse possibile! Volevo evitare a tutti i costi che risultasse un povero vecchio fastidioso. Questo ha contribuito a suscitare la gelosia di mia figlia che era abbastanza affascinata da questo padre che <<la rifiuta>>.

Si ha la sensazione che il personaggio che lei interpreta sia autorizzato a prendersi tutte le libertà, a correre tutti i rischi.
Quando si soffre di questa malattia a questo stadio, nulla è impossibile, la situazione può precipitare da un momento all'altro. Durante una scena, Claude, il mio personaggio, parla a Sandrine Kiberlain e ad Anamaria Marinca e improvvisamente, è colto da una collera improvvisa e chiede di essere lasciato in pace ! Perde così qualsiasi forma di buona condotta e di educazione. Improvvisamente, tira un urlo quasi animalesco e esclama : <<La pace !>> come una volpe presa in trappola.

Sembra quasi che il suo personaggio voglia far scontare chissà qualche colpa alla figlia…
Sul rapporto con le figlie la sceneggiatura rimane piuttosto misteriosa, cosa sa lui della loro vita ?
Sicuramente, non vuole avere una figlia troppo <<infermiera>>, è consapevole che non è nel suo carattere. E allo stesso tempo, non risparmia a sua figlia certe situazioni. Una scena, per esempio, mi ha molto colpito : quando la figlia lo spoglia ed è costretta a vederlo nudo. É come se crollasse il mondo.

Recita insieme a Sandrine Kiberlaine dopo 15 anni ?
Io e Sandrine ci assomigliamo. Suo padre ed io eravamo grandi amici. Suo padre aveva scritto uno spettacolo teatrale, pensando a me per il ruolo principale. Mi ricordo che mi chiese un consiglio e che aveva poi continuato a scrivere seguendo il mio suggerimento e che alla fine lo spettacolo fu un vero successo! All'ultimo momento, mi resi conto di essere troppo vecchio per il palcoscenico e per interpretare l'amante di Sandrine. C'è qualcosa che ci unisce con Sandrine : la capacità di ridere di noi stessi. É una benedizione.

Come è stato girare le scene con Anamaria Marinca ?
Sono rimasto davvero impressionato. L'avevo vista in " 4 mesi, 3 settimane, 2 giorni " , il film che ha vinto la Palma d'oro. Già dalle sue prime battute, ho capito di aver a che fare con un' attrice comica formidabile e che aveva ispirato Philippe, che aveva plasmato su di lei certi tratti del personaggio. Ci ha suggerito che tra i due potesse esserci una forma di seduzione e se lui non fosse stato malato forse sarebbe potuto accadere qualcosa.. Recitare con lei è magnifico! Lei e Sandrine sono due attrici straordinarie.

Che genere di regista è Philippe Le Guay ?
Philippe ha un grande senso estetico negli allestimenti e nel suo modo di girare, qualità che purtroppo sono sempre più rare. Mi ricorda il modo di lavorare di Bertrand Tavernier, ma con un tocco personale.
In partenza, ho dovuto adattarmi perchè si girava spesso con due telecamere, non ero abituato. É osservando quello che facciamo che possiamo migliorare. Anche la sceneggiatura subisce modifiche continue, la versione finale non è mai identica al testo originario.

INTERVISTA A SANDRINE KIBERLAIN

E la seconda volta che interpreta un film diretto da Philippe Le Guay. Cosa la incuriosisce del suo universo ?
Nel film LE DONNE DEL 6°PIANO, il mio personaggio mi era sembrato, in partenza, abbastanza piatto e distaccato, ma avevo intuito che Philippe voleva un'altra cosa e che potevo interpretare il personaggio in modo più lunatico, più sincero e più divertente. É questo ciò che mi piace di lui, questo insieme di spontaneità e voglia di far ridere, senza cercare forzatamente di piacere, e il suo modo di affrontare i temi che lo emozionano perchè toccano gli altri. Philippe è sia un ottimo attore che un ottimo spettatore. E quando lui ti sceglie per un film, è in prima fila : è ben disposto da subito, aperto verso ciò che gli viene proposto e ti incoraggia ad esprimere i tuoi aspetti più insoliti.

Cosa l'ha attratta in questo progetto?
FLORIDA affronta un tema molto delicato, insidioso, perchè racconta il percorso di un uomo che è arrivato alla fine della sua vita e il ruolo di sua figlia che trova normale dedicarsi a suo padre in quel momento della sua esistenza. Sono rimasta molto colpita da questo rapporto padre figlia e ho apprezzato il modo in cui Philippe ha trattato un soggetto così difficile e il pudore con cui ha evitato di appesantire o drammatizzare. La situazione era talmente chiara e forte che se si si davano troppe informazioni, si rischiava di nascondere la verità. In partenza, Carole, il mio personaggio, era più distaccata, più saccente e più seria. Ripensando al rapporto con mio padre, trovavo interessante che avesse un tono e un'ironia che non appartengono abitualmente al rapporto tra padri e figlie. E in queste sfumature sottili e quasi indicibili che siamo riusciti a trovare la vera complicità tra Claude e Carole.

La pièce di Florian Zeller vi ha aiutato a costruire il personaggio ?
Io mi fido della storia che mi raccontano e non sento il bisogno di documentarmi : il mio strumento, è il personaggio. Leggendo la sceneggiatura, ho subito adorato Carole, ma ho trovato che mancava di carattere. Abbiamo lavorato per farla assomigliare a suo padre che, invece, ha molto carattere ! Certo lei non sarà mai come lui, perchè lei è più ragionevole e posata, ha preso in mano le redini della fabbrica ma volevo che lei avesse dei tratti caratteriali simili a suo padre, che avesse lo stesso pudore e la stessa capacità di tenere a freno il rancore.

Perchè il suo personaggio accetta la verità raccontata dal padre senza protestare ?
Innanzitutto, lei non sa se suo padre ha dimenticato o vuole dimenticare tutto ciò che concerne la sorella. All'improvviso, sceglie di proteggere questa scelta o questa dimenticanza. Penso che sia una forma di rispetto. Anche se, a volte, la provoca, la mette alla prova per vedere se cede oppure no. Ma lei ha deciso di difendere la scelta fatta dal padre, totalmente, anche se questo le pesa. Maschera la sua sofferenza e comunque se dovesse esplodere, non sarebbe mai di fronte a suo padre: lei ha una dignità e un pudore che non le permettono di lasciarsi andare davanti a lui. É consapevole che suo padre sta invecchiando. Lo accudisce senza sosta a costo di farsi del male. Lei gli serve da "punching-ball", se ne rende conto ma lo accudisce comunque senza troppe storie. Riesce a mantenere il suo lavoro, a occuparsi del figlio e ad avere una relazione sentimentale, con molte difficoltà perchè suo padre cerca costantemente di avere un'influenza su di lei.

Come è stata diretta da Philippe Le Guay ?
Mi ha aiutato soprattutto la sua attenzione, è dentro la storia, innamorato dei suoi attori e cerca di rendere tutte le scene semplici. E' questa spesso la cosa più difficile : ci sono scene di una grande complessità ma lui pone attenzione anche ai minimi dettagli. É come se fosse uno spettatore in prima fila. Per lui è importante ogni piccola cosa, anche minima. In una scena del film parlo a Jean del mio fidanzato: mi confido con lui e gli confesso che era da tanto tempo che non provavo un sentimento così intenso. E lui non mi guarda, allora io allontano il mio sguardo. Philippe allora mi ha suggerito di raccontarlo a me stessa invece che a lui, giocando in anticipo sul fatto che sapevo per certo che non mi avrebbe ascoltato. Questo mi ha aiutato a capire che non è la stessa cosa monologare con se stessi o confidare ad un altro le informazioni sul proprio fidanzato. Philippe è bravo a creare un rapporto equilibrato e sincero fra i personaggi. Meglio ancora, recita le scene, ha il senso del ritmo, delle emozioni e dei silenzi, l'ho spesso visto in azione e recitava le battute di Jean e le mie meglio di noi.

Come è nato il suo rapporto con Jean Rochefort ?
Avevo presentato Jean a mio padre quando stava scrivendo "Le roman de Lulu", e parlammo a lungo se far interpretare a Jean uno dei ruoli principali. Mi ricordo che in quella occasione, Jean e io avevamo provato a interpretare un padre e una figlia… e dopo quella esperienza, Rochefort e mio padre sono diventati amici e Jean è sempre stato presente nella nostra vita, come un filo che non si spezza mai. Quando ho letto la sceneggiatura di FLORIDA, ho trovato straordinario che la vita ci riunisse su un progetto come questo. Abbiamo voluto riscoprire questo rapporto padre-figlia ed è stato molto naturale. Con Jean abbiamo in comune la capacità di lanciarsi nel gioco senza sapere dove approderemo. Aveva molti timori sulla sua interpretazione in questo film ma sia io che Carole, il mio personaggio abbiamo fatto il tifo per lui.

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