Fabrizio De André. Principe Libero (2017)
Fabrizio De André. Principe LiberoFabrizio De André. Principe Libero racconta la vita di uno dei più grandi poeti della musica italiana. Fin dall'adolescenza Fabrizio dimostra la sua curiosità speciale, il suo ardore di vita. Sempre in opposizione all'autorità, in famiglia e a scuola, Fabrizio sviluppa presto una grande sensibilità per le vite degli ultimi. Sentendosi a suo agio più con gli emarginati dei carruggi che nelle feste borghesi degli amici di famiglia. La sua costante irrequietezza trova finalmente un senso quando riceve in regalo dal padre la sua prima chitarra. È amore a prima vista. Nonostante questo Fabrizio dovrà superare un grande conflitto con sé stesso per accettare la sua vocazione e trasformarla nella sua professione, trovando per questo spesso rifugio nell'alcol. La continua ricerca di spazio e di tempo per coltivare la sua arte entrano presto in conflitto con i suoi doveri famigliari di marito di Puny e di padre di Cristiano. L'incontro umano ed artistico con Luigi Tenco sarà però fondamentale per lui: uno spazio di complicità nei rovelli dell'arte. Così come la collaborazione con il poeta Riccardo Mannerini. E non saranno gli unici: lungo la sua carriera Fabrizio collaborerà con alcuni fondamentali autori, poeti ed artisti del dopoguerra italiano. Tra gli altri, Paolo Villaggio, Fernanda Pivano e la PFM solo per citarne alcuni. L'incontro con Dori Ghezzi lo porterà a confrontarsi con le proprie paure e ad abbracciare l'amore, in un senso nuovo di libertà, nella campagna in Gallura, dove nascerà la seconda figlia, Luvi. E dove però si consuma anche la negazione di tutte le libertà, nella vicenda dei quattro mesi del sequestro. Anche in questo caso, De André, riuscirà a trasformare un evento drammatico in grande arte, regalandoci un capolavoro come Hotel Supramonte.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: martedì 23 Gennaio 2018Uscita in Italia: 23/01/2018
Genere: Biografia, Documentario
Nazione: Italia - 2017
Durata: N.d.
Formato: Colore
Produzione: Rai Fiction, Bibi Film
In HomeVideo: in Digitale da lunedì 9 Aprile 2018 e in DVD da mercoledì 28 Febbraio 2018 [scopri DVD e Blu-ray]
Recensioni redazione
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NOTE DI REGIA
Abbiamo cercato di raccontare circa quarant'anni della vita di Fabrizio De André. A parte la consapevolezza di affrontare un gigante, il tema vero era stabilire cosa ci interessasse raccontare di lui. Il centro del racconto doveva essere Fabrizio e la ricerca della propria libertà, personale e professionale. Le due cose sono sempre andate insieme e la cartina di tornasole è il rapporto con la propria famiglia, con il padre Giuseppe, in particolare, dall'infanzia in poi, e quindi con le sue mogli: Puny e Dori. La coerenza, un vero tratto distintivo per Fabrizio, che si consolida nella sua vicenda umana, attraverso confronti a volte dolorosi, si dichiara ed espleta nella sua indimenticabile produzione artistica. Su questo si è fermato il nostro sguardo: sul modo che aveva Fabrizio di affrontare il mondo, di osservarlo e, spesso, reinventando parole per descriverlo. La forma narrativa che ho scelto tenta di aderire il più possibile all'essenziale, alla sintesi, puntando con decisione, quando ci è riuscito, ad una certa eleganza. Inquadrature larghe dove poter immergere i personaggi raccontandone la personalità anche attraverso gli ambienti scelti, cercando di valorizzare la scenografia, gli arredi e i costumi che in un film storico hanno l'ambizione di restituire un tempo perduto. Sarebbe stato impossibile mettere insieme questo progetto senza il sostegno di Dori. Senza la sua verità e, a volte, la nostra verosimiglianza, questa storia non avrebbe potuto essere concepita e scritta insieme a Giordano Meacci e Francesca Serafini. Dori non ha solo contributo nella maniera più aperta possibile, ma ha partecipato seguendo ogni passo: dalla scrittura alla realizzazione del film. Ci ha dato i costumi di scena dei nostri attori, che spesso indossano gli abiti di Fabrizio e Dori. Ma soprattutto ci ha permesso di entrare nel mondo di Fabrizio, attraverso i suoi racconti e il suo modo di vedere e vivere la vita. Angelo Barbagallo mi ha aiutato a costruire un gruppo di lavoro che avesse nei professionisti che lo formavano delle persone con dei tratti comuni, umani e culturali, tali che fosse possibile arrivare, in brevissimo tempo, al centro di ogni scena: come fossimo una sola testa. A questo scopo vorrei citare la fotografia di Gogò Bianchi, che ha saputo interpretare la mia visione del film e offrirmi soluzioni sempre molto appropriate e creative. Con Rai Fiction il rapporto è stato di grande apertura e fiducia reciproca, questo ha permesso una collaborazione che si è rivelata fondamentale per la realizzazione di questo film. Ringrazio la direzione, le strutture e i produttori. Questa serie non sarebbe la stessa, o addirittura, non esisterebbe, senza la presenza di Luca Marinelli, che ci ha regalato un'interpretazione sorprendente, costruita sulla misura, lontana dall'emulazione. Luca non interpreta Fabrizio, lo rappresenta. Non avrei potuto volere di più. Il suo lavoro è impreziosito da altre interpretazioni fuori scala. In ordine sparso: Valentina Bellé, Elena Radonicich, Gianluca Gobbi, Davide Iacopini, Ennio Fantastichini, Matteo Martari, Tommaso Ragno fino ai ruoli più piccoli ma affrontati con passione e talento da tutti gli attori. Merito di un casting attentissimo. E così, almeno nelle intenzioni, siamo riusciti a portare a termine un progetto complesso, a lungo sognato e molto pensato. Spero di averlo fatto con il rispetto che ci siamo, tutti, prefissi. Ho avuto la fortuna e l'onore di poter raccontare le vicende di un essere vivente meraviglioso, profondo, fondamentale per molti di noi. Un essere vivente, appunto, mai scomparso davvero. Per me, oggi, Fabrizio è diventato un (vivissimo) organismo poetico, che si trasforma e si rinnova nella vita di coloro che lo ascoltano, lo amano e lo ameranno.
NOTE DEGLI SCENEGGIATORI
Nel novembre del 1992, dopo aver letto un nostro studio linguistico delle sue canzoni, Fabrizio De André decide d'incontrarci. E nella circostanza, per renderla definitivamente memorabile, accetta anche di regalarci una sua testimonianza da pubblicare nel libro (La lingua cantata) in cui poi sarebbe confluito il nostro saggio universitario. In quel contesto, Fabrizio ci raccontò di come le persone incontrate nella realtà, rielaborate in base alle sue esigenze artistiche, nelle canzoni diventavano personaggi: "Una memoria che mi arrivava già distorta quindi, proprio come la volevo, altrimenti mi sarebbe servita tutt'al più per la stesura di un articolo di cronaca". Quelle righe, subito condivise in complicità con Luca Facchini (che ha seguito e incoraggiato la scrittura), sono state la nostra bussola in questo lavoro. Fin dal primo giorno, non siamo stati mossi da un intento documentaristico ma piuttosto dalla volontà di dedicare a Fabrizio la nostra canzone, naturalmente eseguita sulla falsariga della sua biografia che grazie a Dori Ghezzi abbiamo potuto approfondire e scandagliare ben oltre la narrazione pubblica di questa icona del secondo Novecento. Abbiamo cercato, così, un Fabrizio tutto nostro, vicino a quello realmente esistito e che avevamo avuto la fortuna di incontrare, ma rivisitato secondo la lezione che avevamo appreso proprio da lui, anche quando parla di tradimento voluto per le sue traduzioni da Dylan e Cohen. Si è trattato in sostanza – per dirla con le parole di Attilio Bertolucci – di un racconto "inventato dal vero"; e trasformato poi, in fase produttiva, in un universo fittizio in cui Fabrizio ha la voce di Luca Marinelli e Dori gli occhi scuri di Valentina Bellè: anche queste scelte non casuali, per segnalare nettamente una distanza necessaria da una realtà nota a tutti – e in ogni caso irraggiungibile – che nessuno di noi voleva ridurre a un'imitazione che rischiava di diventare caricaturale, provando piuttosto a rielaborarla in qualcosa di dichiaratamente altro, come abbiamo poi esplicitato nell'ultima scena ambientata a teatro. Per onestà nei confronti dello spettatore, il gioco di finzione è svelato fin da subito, quando è il padre a regalargli la sua prima chitarra (nella realtà, regalo della madre, come Fabrizio ha dichiarato in un'intervista). Un gesto simbolico per sottolineare nel nostro racconto – incentrato sul conflitto costante del protagonista con tutte le forme di limitazione della sua libertà – l'importanza di questo rapporto e anche la sua specialità. Perché Giuseppe ha rappresentato sì per Fabrizio la prima forma di autorità con cui il suo spirito anarchico è entrato in contrasto, ma allo stesso tempo è stato anche l'uomo saggio e amorevole che ha sempre compreso e incoraggiato il talento del figlio. Per arrivare a questo, siamo partiti da un lavoro meticoloso di documentazione (con un'attenzione particolare alla famiglia: i genitori Luisa e Giuseppe; il fratello Mauro; la prima moglie Puny e il figlio Cristiano; e poi Dori, naturalmente, e la figlia Luvi), ma quel materiale, per forza di cose, una volta studiato imponeva delle scelte di carattere drammaturgico, portandoci a selezionare drasticamente tra gl'incontri importanti per Fabrizio sia privati sia professionali solo quelli che ci permettevano di raccontarlo nelle fasi determinanti delle sue scelte di vita. E di questa necessità abbiamo dovuto convincere Dori Ghezzi, cercando di superare le sue resistenze, dovute alle rinunce che le proponevamo, per lei tanto più dolorose da accettare perché pienamente consapevole dell'importanza che certi amici e tutti i collaboratori hanno avuto per il vero Fabrizio. E così, il nostro Paolo è il Paolo Villaggio del periodo genovese, e però assume anche su di sé la funzione narrativa di sintesi di tutte le frequentazioni di quegli anni; così come il nostro Luigi rappresenta Luigi Tenco ma anche gli altri amici artisti della cosiddetta "scuola genovese". O, per fare un altro esempio, Riccardo è il poeta Mannerini con cui Fabrizio ha ideato il suo primo concept album (Tutti morimmo a stento) e però anche il rappresentante dei grandi artisti che negli anni hanno collaborato con lui e che abbiamo scelto di non sacrificare riducendo i loro ruoli ai pochi minuti che avremmo avuto a disposizione se li avessimo messi in scena tutti. Una selezione che, procedendo per punti di svolta intorno al tema della libertà negata, ci ha dato modo – sia pure con qualche sfasatura ricercata – di attraversare gli anni incentrando l'attenzione su alcuni episodi cruciali: in un tempo narrativo ristretto nella prima parte (un romanzo di formazione a sé) e dilatato nella seconda, dove sono raccontati anche i mesi del sequestro in cui il tema esplode perché la libertà è violata del tutto (e dunque cambia anche il punto di vista: prima di allora, infatti, focalizzato esclusivamente sul personaggio di Fabrizio e in quella zona invece polifonico). Cercando in questo modo di evocare – evocare soltanto – le atmosfere e gli ambienti in cui Fabrizio si è formato (la Genova bene e quella dei caruggi), quelli che ha dovuto subire come imposizione (dagl'impegni legati al suo lavoro, alla forma più estrema nei mesi del rapimento), fino a quelli scelti con amore insieme a Dori (dalla Milano del "residence Ghezzi" alla campagna sarda della loro tenuta in Gallura). Gli ambienti in cui si è mosso l'uomo prima ancora che l'artista, in un racconto riluttante a ogni forma di agiografia – uno spettro costantemente seduto al tavolo di chi, come noi, ha sempre considerato Fabrizio De André il proprio Gesù Cristo personale e, alla maniera della sua Buona novella, si voleva cimentare in una versione apocrifa e umanissima – e in cui si è cercato di evitare ogni giudizio possibile sui personaggi, provando a tratteggiarli nella continua e sorprendente alternanza di cadute e di gocce di splendore. Così come Fabrizio ha sempre fatto nelle sue canzoni che – anche a non voler essere agiografici – possiamo tutti riconoscere come i suoi miracoli.
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info: 23/01/2018.
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