Essere Giorgio Strehler (2021)
Essere Giorgio StrehlerA 100 anni dalla nascita dell'artista, e dopo oltre un anno di chiusura di teatri e sale cinematografiche, Essere Giorgio Strehler guida all'interno di uno dei teatri più rivoluzionari della storia della cultura italiana, utilizzando lo stesso Strehler come guida d'eccezione.
"Sono Giorgio Strehler che vi parla, tra gli scettri e le corone, tra i ventagli e le spade…" Inizia così, con la voce di Giorgio Strehler che si rivolge direttamente allo spettatore, il documentario dedicato al centenario della nascita di questo artista di cui si è detto e scritto così tanto. E proprio perché in tante occasioni il suo lavoro è stato rievocato, studiato e commentato, il modo migliore per renderlo vivo ancora una volta è proprio dare a lui la parola: Essere Giorgio Strehler, è dunque un percorso inedito, ricostruito attraverso sue interviste inedite o raramente ascoltate, con un taglio poetico e personale. La sua voce è l'io narrante: gli altri interventi sono 'note a piè pagina' che riprendono le sue parole per approfondire o chiarire alcuni punti del suo percorso, senza mai interrompere il suo racconto. Scelta sottolineata anche dalla regia che ha evitato di inquadrare in primo piano gli intervistati, ma di ambientarli in luoghi o alle prese con materiali teatrali. E' uno Strehler inedito e più fragile, quello che ne esce, un uomo del suo tempo, ma sempre con una visione forte della cultura e della sua funzione in una democrazia.
Essere Giorgio Strehler è un documentario con un accesso unico alla vita del grande regista, la cui ricchezza di contenuti è rappresentata da un altrettanto ricco approccio visivo: archivi rari o inediti, riprese in 4K, interviste con figure chiave della cultura del nostro Paese, ricostruzioni di scenografie e illusioni di luci realizzate per questa produzione dagli stessi tecnici del Piccolo Teatro.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita in Italia: 13 Novembre 2021 su Sky Arte (TV) e NOWGenere: Documentario
Nazione: Italia - 2021
Durata: 75 minuti
Formato: Colore
Produzione: 3DProduzioni, Piccolo Teatro di Milano (in collaborazione con), Sky Arte (in collaborazione con), Comune di Trieste e il Museo Teatrale Carlo Schmidl di Trieste (in collaborazione con)
Soggetto:
Un documentario di Matteo Moneta e Gabriele Raimondi.
In HomeVideo: in Digitale da sabato 13 Novembre 2021
Cast e personaggi
Regia: Simona RisiFotografia: Lorenzo Giromini
Montaggio: Gabriele Raimondi
Produttori:
Didi Gnocchi (Produttore per 3D Produzioni)
Fonico di Mix: Damian Dininno | Assistente al montaggio: Laura Fezzardini | Color grading: Giulia Rossini.
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IL PROGETTO
TRATTAMENTO
Non un documentario su Strehler ma con Strehler. Il documentario raccontato in prima persona da Strehler senza l'uso di voce narrante. È proprio il regista triestino, fin dalla prima sequenza, a prenderci per mano e a guidarci nella sua biografia artistica e affettiva, grazie al rarissimo audio di una mostra a lui dedicata, quand'era ancora in vita:
.. Mi è stato chiesto di accompagnarvi nel teatro del passato: è il teatro dei ricordi, come se fuori della scena, il teatro fosse stato messo via in armadi ordinati… Vorrei che vi fermaste un momento a guardare questi costumi…
Mentre la camera si muove nel buio, tra oggetti di scena e costumi di spettacoli ormai entrati nel mondo del mito, Strehler ci introduce al suo mondo di sogno, legato alla poesia e all'infanzia, dove gli oggetti e la materia più semplice e ingenua, la carta, il legno, si fanno metafora, come lui stesso dirà lungo il corso del racconto.
È uno Strehler più personale di quello che siamo abituati a conoscere; non solo legato alla dimensione più intima, ma soprattutto attento alla dimensione interiore, a ciò che le diverse tappe della sua vita hanno significato per lui come uomo e artista.
Le sue parole sono accompagnate, come note a piè di pagina, dagli interventi di alcuni intervistati, scelti con cura e in numero limitato per accompagnare e far risuonare i pensieri del Maestro, illuminandone ulteriormente le pieghe più riposte.
Dopo il prologo suggestivo e onirico fra oggetti di scena e costumi immersi nel buio – una delle due dimensioni fondamentali della vita di Strehler, tutta giocata sulla continua tensione dialettica luce/buio, appunto -, Strehler ci porta nei luoghi della nascita e dell'infanzia, a Trieste, e alle immagini del mare e della luce triestina che resteranno sempre una fonte primaria di visioni a cui attingere per le scene dei suoi spettacoli.
Ci racconta la sua nascita a Barcola, la zona balneare della città, il suo amore per le barche, il nuoto e l'acqua, il suo elemento. Insieme alla scrittrice Cristina Battocletti, autrice della più recente e completa biografia strehleriana, ci muoviamo fra Piazza Unità d'Italia, il Molo Audace e il celebre Caffè degli Specchi, alla ricerca dei riverberi di luce, delle luminescenze lattee di albe e tramonti adriatici che poi ritroveremo – in dimensione sublimata, astratta, struggente – nelle scenografie dove non mancano mai le barche e nel disegno luci degli spettacoli dedicati a Goldoni, dalle Baruffe Chiozzotte al Campiello all'Arlecchino nella versione detta degli addii.
Il mare è un elemento per me essenziale, forse perché sono nato a Trieste, in una città di mare e ho vissuto tutta la mia infanzia sul mare… certamente non è un caso… certe illuminazioni, certi cieli, un certo modo di colorare le cose o di dare luce a determinati paesaggi teatrali, un certo continuo riferirsi ad elementi, che sono della vita, che sono delle nostre giornate, i tramonti le albe i soli , le lune, le notti sono molto presenti nei miei spettacoli…
È una famiglia cosmopolita, quella di Strehler: nonna materna francese, nonno sloveno, famiglia paterna austriaca. Radici estese che nei primi anni Novanta faranno di lui, in modo del tutto naturale, il padre dell'Unione dei Teatri d'Europa, una delle più notevoli espressioni culturali dell'Unione Europea nascente. La sua voce ci porta in una babele domestica di lingue, a tratti divertente, ma anche nella tragedia familiare: la morte del padre Bruno, quando Giorgio ha poco più di due anni, lo lascia privo di una grande fonte di affetto, e lo porta a trovare nel nonno Olimpio, musicista, impresario teatrale, antifascista, una figura di riferimento. La madre, violinista di fama, è spesso assente per lunghe tournée, e quando è a casa il piccolo Giorgio, nel buio della camera, trova sicurezza e un antidoto alle paure infantili proprio nel suono del violino nella stanza accanto, e nei piccoli passi di un porcospino domestico, Spiridione, che gli fa compagnia. Sono tutti episodi che Strehler racconta con calda partecipazione, talvolta con commozione, con gli occhi del bambino di allora. Un mondo magico e incantato, quello dell'infanzia, che saprà sempre rievocare nei suoi capolavori.
Ed è invece lo studioso triestino Roberto Canziani, fra i documenti preziosi del Civico Museo Teatrale Carlo Schmidl – le foto di famiglia, le lettere e gli appunti presi a mano – a introdurci al contesto storico di una città dalle identità fluide, che proprio per questo durante il fascismo sarà duramente colpita da politiche persecutorie verso le minoranze ebraiche e slovene. Alla morte del nonno Olimpio, quando Giorgio ha appena sette anni, la madre decide che dovranno trasferirsi a Milano. Sarà la fine dell'infanzia e l'inizio della sua missione teatrale.
A Milano, Strehler ragazzino è colpito da una vera e propria epifania teatrale. Vede per caso una messa in scena di un testo poco conosciuto di Goldoni, Una delle ultime sere di carnovale: è una rivelazione – racconta – tanto che quell'estate non vorrà seguire la madre in vacanza per poter andare ogni giorno a teatro. Si iscrive alla scuola dei Filodrammatici e poi, in un turbine crescente di eventi teatrali e politici, partecipa alla Resistenza e poi fugge in Svizzera condannato a morte in contumacia, sempre accompagnato da un teatrino portatile che ha costruito con forbici e cartone, e che illumina con pile elettriche e candele. Un oggetto prezioso che esiste ancora e che faremo rivivere nel buio con tutta la sua forza evocativa. Questo apprendistato, insieme alle prime regia, lo prepara all'evento chiave della sua vita: lo ritroviamo nel primo dopoguerra, insieme a Paolo Grassi, pronto a fondare il Piccolo Teatro.
Strehler rievoca la prima visita in via Rovello insieme a Grassi, in un mattino di sole. Si tratta di un momento storico, che nel ricordo assume i tratti della leggenda. Lui e l'amico sfondano la porta di quello che era stato prima un cinema e poi una caserma fascista, dove si torturavano i prigionieri politici. Si aggirano come spersi nell'oscurità, fra polvere e materiali sparsi in disordine, finché un meraviglioso raggio di luce proveniente dall'esterno colpisce all'improvviso il palcoscenico: è il segno che il destino ha ormai deciso per lui.
Emerge, nel richiamare alla mente quei primi anni di militanza teatrale, la forte dimensione etica che sempre muoverà lo Strehler artista. La sua concezione di un teatro umano, fatto per le persone, per rendere la società migliore:
Attraverso il teatro si sono dette le cose più alte sul destino dell'uomo, si sono fatte le ipotesi anche più alte. Si è parlato della bellezza, dell'essere uomo, come dell'orrore anche di essere uomo. Tutte queste cose, noi dobbiamo raccontarle e siamo noi attori, voi giovani e noi vecchi, che dobbiamo ancora fino all'ultimo, raccontarli alla gente perché la gente non si dimentichi di questa cosa meravigliosa, che è l'uomo. Quindi se noi non siamo pronti umanamente a fare del teatro, faremo del teatro che non ha niente a che vedere con l'umano, sarà in fondo, un teatro del disumano.
Alcuni degli artisti che l'hanno accompagnato in alcuni tratti di cammino, come le attrici Giulia Lazzarini e Ottavia Piccolo, e il regista Lluís Pasqual, che è stato a lungo suo assistente, ci parleranno del miracoloso equilibrio tra poesia e senso di giustizia sociale che Strehler è stato uno dei pochi artisti a realizzare con compiuta armonia, senza lasciar prevalere le pesantezze ideologiche, ponendo sempre l'uomo prima delle idee. E la bellezza prima della dottrina: nella teatralità inesauribile, dirompente e musicale e delle messinscena brechtiane, ad esempio, vedremo racchiusa la formula alchemica del teatro d'arte per tutti: cultura che educa divertendo, facendo sognare.
Il teatro, lo vediamo mano a mano che le stagioni del Piccolo si susseguono, per Strehler è la vita. Anzi, la sola vita.
Mi sono trovato in questo teatro, una sera seduto sdraiato, dentro a un giardino immaginario, che era il giardino del gabbiano di Cechov e mi sono sdraiato per terra, nel semibuio, non c'era nessuno, era finita la prova e guardavo in alto, questo teatro con questi alberi e mi figurano che questo fosse più bello in fondo, che stare in un prato con degli alberi veri…
Uno dei fili conduttori che infatti percorrono le parole Strehler, trasversalmente, è il sempre irrisolto conflitto tra la malia del teatro e il richiamo nostalgico della vita vera, della natura, dei rapporti con gli altri essere umani sempre lasciati sullo sfondo di un'esistenza tutta bruciata sul palcoscenico. Un teatro che è missione, prigione, croce e delizia. Una vita che, spinta ai margini, irrompe con la forza del mare, della luce, degli animali.
Ezio Frigerio, autore di alcune delle scenografie più celebri di spettacoli di Strehler e suo amico, e Franca Squarciapino, costumista premio Oscar, ci raccontano proprio quel lato così unico del Maestro: il suo disinteresse radicale per il mondo di fuori. Il suo chiudersi nel buio di stanze d'albergo – fossero a New York o in qualsiasi altro posto del mondo – per rifugiarsi nel suo teatro mentale, quasi che la varietà e il rumore del mondo potessero distoglierlo dalla purezza delle sue visioni, e dalla forza dei suoi sentimenti. Ma vedremo anche il rovescio di tutto ciò: ricreando alcuni dei suoi trucchi scenici più celebri – come il proiettore di luce puntato in un secchio d'acqua agitata – toccheremo con mano come il massimo della finzione scenica e dell artificialità, in Strehler, sapessero trasformarsi poi in un estremo di vita pura, in esperienze sensoriali assolute.
La sola forza vitale capace di distogliere Strehler dalla scena è quella dell'amore. Nelle storie appassionate e totalizzanti con le donne della sua vita ritrova un contatto fugace con il resto del mondo. Era un contatto – anch'esso – venato di teatralità, e segnato sempre dall'istinto del demiurgo che plasma la vita delle compagne, così come quella degli attori delle sue commedie. Ma resta un uomo che ha amato molto, senza riserva, e senza riserve è stato da tutte amato fino al suo ultimo respiro e anche oltre. Lo testimonia la moglie e attrice Andrea Jonasson, che ci dà un'immagine ancora vivissima di quel modo estremo di vivere le relazioni, un modo forse ancora d'altri tempi, uno dei tanti segni particolari di un gigante che incarna in sé l'intero Novecento.
Tutto ciò che restava della sua capacità di affezionarsi, Strehler lo riversò sui suoi grandi maestri, fossero essi viventi – come Brecht – o fratelli-padri attraverso i secoli, come Goldoni. In entrambi, e soprattutto nel veneziano, Strehler vedeva sé stesso: la dedizione al lavoro, la concezione totale del mestiere di spettacolo, di tradizione cinquecentesca, che abbraccia l'essere regista, attore, impresario, drammaturgo, musicista. E ancora, nella miseria degli ultimi anni di Goldoni, misconosciuto dalla sua stessa città, vedeva rifratti i suoi problemi degli ultimi anni con Milano, città che se da un lato lo ha fatto grande dall'altro continua a dovergli molto.
Goldoni, forse lo è ancora oggi, è veramente uno dei maestri più segreti, che io porto con me, voglio dire che nel mio lavoro teatrale, senza volerlo, quasi naturalmente, mi accorgo, che ho avuto come punto di riferimento la sua voce, una voce molto sommessa e che mi ha insegnato molte cose mi ha insegnato Amore, mi ha insegnato coraggio, mi ha insegnato perseveranza, mi ha insegnato anche una grande umiltà, mi ha riscaldato soprattutto il cuore.
Goldoni, il maestro, l'alter ego, l'uomo della scena che ad essa quasi tutto sacrifica, è una figura che ha anche un grande peso visivo nel documentario. La leggenda vivente dell'Arlecchino servitore di due padroni, sarà vista con gli occhi degli interpreti storici, rievocando le prime celebri trasferte negli Stati Uniti degli anni Cinquanta, ma anche con le parole di chi mette in scena oggi lo spettacolo-bandiera del Piccolo.
Negli ultimi anni, in mezzo a tante amarezze, legate ai suoi contrasti con il mondo della politica e alle difficoltà nel realizzare un nuovo teatro adatto alle sue esigenze artistiche, la scuola del Piccolo è per lui un modo di guardare al futuro in modo più sereno e costruttivo.
Voi fate parte di questa famiglia, di questo gruppo di teatro…
Nel rapporto con gli allievi del primo corso, del quale seguiamo la lezione inaugurale, c'è tutta l'urgenza che Strehler assegnava al lavoro di trasmissione del sapere teatrale: un dovere mai disgiunto – accanto alla sua proverbiale ruvidità – da una certa tenerezza verso i giovani.
Io credo che sia la cosa più appassionante e la cosa più utile e la cosa più giusta, potere dare quel poco che si è imparato nella vita del teatro, a degli altri molto più giovani di noi, che forse, io spero, continueranno a fare del teatro e a portare avanti il messaggio del Teatro nel mondo.
Se a revocare lo Strehler insegnante sarà il regista Stefano De Luca, allievo del primo corso e oggi incaricato dal Piccolo della messinscena attuale dell'Arlecchino, l'ex sovrintendente della Scala Carlo Fontana, ricostruisce per noi il contesto che vide Strehler in contrasto prima con il suo partito, i socialisti, poi con le giunte cittadine. Un amore – quello con Milano – che aveva avuto una prima incrinatura nel 1968, quando i giovani contestatori lo avevano invitato a "lasciare la poltrona" del Piccolo. Un'ingiustizia che ferì molto il regista. Lo stesso Strehler avvia la parte finale con alcune riflessioni toccanti sulla decadenza di Milano, su Tangentopoli, su come lui abbia sempre dedicato tutto all'arte, senza possedere nulla, una casa in affitto e dei libri…
La parte finale si apre con le parole pronunciate da Strehler durante il periodo di prova dell'opera mozartiana Così fan tutte, che non poté vedere in scena. Alle sue riflessioni malinconiche sul genio di Mozart si alterneranno le immagini della prima e dell'ultima prova, quella del 23 dicembre 1997, due giorni prima della morte il giorno di Natale. Chi c'era, ricorda la sua inusuale gentilezza, l'abbraccio dato a un giovane cantante che aveva sbagliato, il suo desiderio di una messinscena depurata da ogni riferimento reale, materiale, come un desiderio di avviarsi al nulla, di svanire.
Ascolteremo il racconto di chi seguì i funerali e l'omaggio oceanico di Milano al suo regista, fino all'epilogo finale, nel cimitero Sant'Anna di Trieste, dove tutto si chiude, come un cerchio.
Infine, la voce di Strehler, la stessa dell'inizio, ci porterà di nuovo nel buio, tra oggetti di scena, scenografie e costumi del Piccolo:
E così stiamo per lasciare la sala, noi ce ne andiamo. Ma i costumi, loro restano immobili e silenziosi qui… ma quello che noi abbiamo forse immaginato, facendone i protagonisti del nostro teatro della memoria, gli oggetti ed i fondali, i giardini e i palazzi, ricominciano a svanire a poco a poco, e svaniscono nel nulla i nostri fantasmi, i nostri sogni, e noi finché esistiamo nel breve giro da anni che ci sfugge, o negli spazi immisurabili che noi non conosciamo, noi possiamo conservarli accanto a noi, e così facendo li facciamo rivivere…
GLI ARCHIVI
Il documentario è costruito intorno a una serie di interviste registrate tra Parigi, Milano, Dusseldorf nel 1992. A questa importante testimonianza largamente inedita si intrecciano altri materiali d'archivio. In particolare, l'archivio del Piccolo Teatro ha raccolto negli anni fotografie, registrazioni di spettacoli e interventi pubblici di Giorgio Strehler. Ma soprattutto il Piccolo conserva oggetti di scena, costumi e oggetti personali il cui racconto evocativo sarà una delle chiavi visive del documentario. Dalle teche dell'Istituto Luce provengono altri filmati che permettono di ricostruire i primi anni dell'epopea artistica del Piccolo e del suo regista. Importante il contributo del Museo Teatrale Carlo Schmidl di Trieste che conserva documenti e fotografie che ripercorrono l'infanzia e la giovinezza di Strehler e la vita della sua famiglia di artisti.
extra dal pressbook del film
Eventi
Presentato alla 16a edizione della Festa del Cinema di Roma.
HomeVideo (beta)
info: 13 Novembre 2021 su Sky Arte (TV) e NOW.
Puoi vedere Essere Giorgio Strehler su queste piattaforme:
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