Cosmopolis (2012)
CosmopolisNew York è piombata nel caos, mentre l'epoca del capitalismo si avvicina alla conclusione. Eric Packer, un golden boy dell'alta finanza, entra in una limousine bianca. Mentre una visita del Presidente degli Stati Uniti paralizza Manhattan, Eric Packer ha un'ossessione: farsi tagliare i capelli dal suo barbiere, che si trova dall'altra parte della città. Durante la giornata, scoppia il caos e lui osserva impotente il crollo del suo impero. Inoltre, è sicuro che qualcuno voglia assassinarlo. Quando? Dove? Saranno le 24 ore più importanti della sua vita.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: venerdì 25 Maggio 2012Uscita in Italia: 25/05/2012
Genere: Drammatico
Nazione: Francia, Canada - 2012
Durata: N.d.
Formato: Colore
Produzione: Alfama Films, Prospero Pictures, Kinology
Distribuzione: 01 Distribution
Box Office: Italia: 750.833 euro
In HomeVideo: in DVD da martedì 4 Dicembre 2012 [scopri DVD e Blu-ray]
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Intervista a David Cronenberg, regista di Cosmopolis
Conosceva il romanzo di Don DeLillo?
No, non l'avevo letto. Paulo Branco e suo figlio Juan Paulo mi hanno proposto di adattarlo per il grande schermo. Lui mi ha detto che, secondo suo figlio, ero la persona giusta per dirigere la pellicola. Conoscevo altri libri di DeLillo, così come Paulo e i tanti film meravigliosi che aveva prodotto, quindi ho pensato che valesse la pena darci un'occhiata. Per me è stata un'esperienza anomala, visto che di solito porto avanti da solo i miei progetti, ma mi fido di loro e quindi ho accettato di valutare l'ipotesi. Due giorni dopo, lo avevo letto e ho chiamato Paulo per dirgli che avevo accettato l'incarico.
Voleva scrivere la sceneggiatura personalmente?
Assolutamente. E sa una cosa? Ci sono riuscito in sei giorni, una cosa che non mi era mai capitata prima. In effetti, ho iniziato a trascrivere tutti i dialoghi dal libro al computer, senza cambiare o aggiungere nulla. Mi ci sono voluti tre giorni e quando ho finito, mi sono chiesto se ci fosse sufficiente materiale per la pellicola. La risposta era positiva e ho passato i successivi tre giorni a riempire i vuoti tra i dialoghi, fino a quando non mi sono ritrovato con una sceneggiatura pronta. L'ho inviata a Paulo, che all'inizio pensava che stessi andando troppo di corsa, ma poi ha amato lo script e siamo andati avanti.
Cosa le ha fatto pensare che il romanzo potesse diventare un film e l'ha spinta a dirigerlo?
I dialoghi fantastici. DeLillo è famoso per questo e quelli di Cosmopolis sono particolarmente brillanti. Alcuni dialoghi vengono definiti 'pinteriani', insomma à la Harold Pinter, ma a mio avviso dovremmo parlare di dialoghi 'delilliani'. Peraltro, Pinter è un drammaturgo, è normale che sia un virtuoso dei dialoghi, ma nel campo dei romanzi, il lavoro di Don mostra una potenza espressiva eccezionale.
Qual è la sua impressione del mondo di Don DeLillo?
Ho letto diversi suoi libri, come Libra, Underworld, Cane che corre… Amo molto il suo lavoro, anche se è decisamente americano. Io non sono americano, ma canadese, una cosa molto diversa. Gli americani e gli europei ritengono che i canadesi siano semplicemente una versione più educata e sofisticata degli americani, ma non è così semplice. In Canada, non abbiamo avuto una rivoluzione, la schiavitù o una guerra civile. Qui, soltanto la polizia e l'esercito posseggono delle armi, non abbiamo il problema della violenza armata per mano dei civili e abbiamo un profondo senso della comunità, così come riteniamo necessario che ognuno riceva un salario minimo. E questo fa credere agli americani che siamo un Paese comunista! Nei libri di DeLillo è diverso, perché io posso cogliere la sua visione dell'America, lui la rende comprensibile e io posso identificarmi.
Il romanzo e la pellicola sono ambientati entrambi a New York, ma in maniera leggermente diversa. Il libro è molto accurato sui dettagli geografici, mentre la pellicola è più astratta.
Nel romanzo, la limousine di Eric Packer attraversa Manhattan dalla parte Est a quella Ovest lungo la 47a strada. Molti luoghi descritti nel libro non esistono più, questa New York in parte è ormai immaginaria. Anche se il libro è chiaramente ambientato a New York, si tratta di una visione molto soggettiva, perché siamo dentro la mente di Eric Packer. La sua versione della città ha poco a che fare con la realtà delle strade, lui non comprende bene la popolazione o la città stessa. Quindi, ho pensato che fosse legittimo puntare a una visione più astratta, anche se è veramente New York quella che vediamo attraverso i finestrini della macchina.
E' passato un decennio tra l'uscita del romanzo e la realizzazione del film. Ritiene che questo possa rappresentare un problema?
Non credo, perché il romanzo è sorprendentemente profetico. Mentre stavamo realizzando la pellicola, sono successe le cose descritte nel libro, per esempio Rupert Murdoch ha ricevuto una torta in faccia e dopo la conclusione delle riprese è nato il movimento "Occupy Wall Street". Ho dovuto cambiare pochissime cose per rendere la storia contemporanea, l'unica differenza è che abbiamo utilizzato lo Yuan al posto dello Yen. Non so se DeLillo abbia delle azioni, ma eventualmente dovrebbe acquistarle, perché possiede una percezione notevole di quello che sta avvenendo e dei cambiamenti in atto. Il film è contemporaneo, mentre il libro era profetico.
E' normale leggere un libro in maniera diversa quando sai che puoi portarlo al cinema…
Sì, è vero. Non mi era mai accaduto. Non leggo i libri pensando al fatto che possano diventare un film. Non è quello che cerco di solito, leggo molto perché mi piace, altrimenti verrebbe meno il piacere di farlo. Tuttavia, in questa occasione, mi sono ritrovato a fare due cose contemporaneamente, ossia essere il lettore di un ottimo romanzo e il regista che si chiede se c'è materiale adatto a una pellicola. Ovviamente, una volta che si parla di un adattamento, avviene una fusione tra la sensibilità di due autori, in questo caso quella di DeLillo e la mia. E' capitato lo stesso con Ballard o Stephen King. E' come fare un figlio, c'è bisogno di due persone e così il film diventa il frutto dei suoi 'genitori' o simile alla dialettica marxista. In effetti, è stato spontaneo pensare un po' a Marx mentre facevo la pellicola, anche soltanto perché si può sentire echeggiare la prima frase del Manifesto del partito comunista, "Uno spettro si aggira per l'Europa"…
Ma ora non stiamo parlando dell'Europa, ma del mondo…
Certo, ma qui c'era un argomento importante e che non avevo mai affrontato prima: il denaro. Il potere dei soldi, il modo in cui influenza il mondo. Per affrontarlo, non dovevo svolgere delle ricerche nel mondo della finanza. I suoi rappresentanti sono ovunque, in televisione, nei documentari e nei giornali. Loro agiscono e parlano proprio come descritto da DeLillo, i loro comportamenti sono uguali a quelli di Eric Packer. Per me, il riferimento a Marx non è casuale. Nel Manifesto del partito comunista, Marx parla del modernismo, di un'epoca in cui il capitalismo avrà raggiunto un tale livello di espansione che la società andrà troppo velocemente per le persone e in cui domineranno le cose intangibili e imprevedibili. Nel 1848! E' esattamente quello che vediamo nel film. Spesso mi chiedo cosa avrebbe pensato Karl Marx della pellicola, perché il film mostra tante cose che lui aveva previsto.
Cosa intende per 'riempire i vuoti' tra i dialoghi?
Dopo tre giorni, i miei dialoghi si trovavano in una sorta di 'limbo', quindi dovevo capire cosa accadeva nella limousine. Per questo, dovevo descriverla nei minimi dettagli. Dove è seduto Eric? Dove stanno gli altri? Cosa sta accadendo nelle strade? In che posto avviene l'attacco con la torta alla crema? E così via. Si tratta di decisioni pratiche, come scegliere gli ambienti e gli oggetti di scena, ma sono proprio questi gli aspetti che danno vita a una pellicola. Non ho mai scritto una sceneggiatura per un altro regista, quindi quando scrivo ho sempre in mente il modo di dirigerla. Per me, una sceneggiatura è anche un piano d'azione per la troupe e gli attori, così come uno strumento produttivo. Devi pensare sempre a tutto, le informazioni di cui avranno bisogno lo scenografo sul set, l'attrezzista e l'ideatrice dei costumi. O quali sono le conseguenze economiche di alcune scelte e così via.
Tra i cambiamenti che ha fatto, c'è la scena alla fine del libro, in cui Eric Packer si ritrova su un set cinematografico…
Sì, non appena l'ho letta ho pensato che non avveniva veramente, ma soltanto nella mente di Packer. Non ci credo. E non riuscivo a vedermi mentre riprendevo decine di corpi nudi in una strada di New York. Sono molto scettico sui film nei film. Può essere interessante, ma solo quando ha un senso. E' uno dei cambiamenti principali che ho effettuato nel libro, assieme alla signora con le buste, la senzatetto che trovano dentro la macchina una volta usciti dal rave. Ho girato la sequenza, ma in seguito ho pensato che la situazione fosse artificiale e improbabile, quindi l'ho tagliata al montaggio.
Ovviamente, lei ha anche tagliato i capitoli in cui Benno Levin entra nella storia, prima dell'incontro finale…
Non avrebbero funzionato nel film. Avremmo avuto bisogno di una voce off o di uno di quegli stratagemmi che spesso forniscono risultati pessimi. Ho preferito salvare tutto per l'incontro tra lui e Packer, la lunghissima sequenza finale: 20 minuti. 20 minuti di dialoghi! E' una di quelle scelte che devi fare per trasformare un romanzo in un film. Tuttavia, quando una sceneggiatura è terminata, non so che tipo di film farò. Spesso mi chiedono se il risultato finale ha superato le mie aspettative, ma io non mi faccio mai delle attese all'inizio. Sarebbe assurdo pensare a un modello ideale, cercando di seguirlo il più fedelmente possibile. Sono i tanti passi nella realizzazione di una pellicola che la rendono quello che è alla fine. E va tutto a vantaggio del film. E' per questo che non preparo mai degli storyboard, perché poi si tenta di ricreare quanto disegnato. Non è la mia idea di cinema. Ho bisogno di essere sorpreso, da me stesso e dagli altri, iniziando ovviamente dagli attori. Ma anche con Peter Suschitzky, il direttore della fotografia con cui lavoro dal 1987, cerchiamo sempre di fare nuove cose e di sorprenderci a vicenda. In questo modo, tutto risulta più divertente.
Come ha scelto le location?
Curiosamente, la 47a strada a New York assomiglia ad alcune strade di Toronto. Abbiamo creato gli ambienti della pellicola mettendo assieme alcuni luoghi di New York e altri di Toronto, in cui abbiamo girato gli interni. Non potevamo fare tutto il film dentro una vera limousine, dovevamo ricreare alcune scene in studio, in modo da poter avere maggiore libertà di movimento per la cinepresa. Quindi, quello che si vede sullo sfondo, dietro ai finestrini della macchina, sono quasi sempre riprese col trasparente, uno schermo in cui sono retroproiettate delle immagini. L'elemento principale è la limousine, che rappresenta più uno spazio mentale che una vettura. Stare dentro la limousine significa entrare nella testa di Eric Packer. E' questo che conta.
Dentro la limousine 'proustata'. Questo termine non appare nella traduzione francese…
Veramente? E' presente nel romanzo ed è un neologismo inventato da DeLillo, come riferimento a Proust, che aveva la sua stanza rivestita di sughero. DeLillo ha inventato il verbo 'proustare'. Non sono sicuro che tante persone coglieranno il riferimento, ma non voglio spiegarlo, anche se penso che la parola susciti alcune domande e rappresenti una distorsione. Abbiamo riflettuto molto su come dovesse essere l'interno della vettura, che dal di fuori sembra una normale limousine. Il trono in cui siede Packer non è molto plausibile, ma simboleggia il suo potere, il rapporto predeterminato tra il padrone e i suoi ospiti. Molti elementi derivano dal libro, compreso il pavimento di marmo.
Nel libro, ci sono degli schermi in cui lui si vede nel futuro. Lei non ha mantenuto questo elemento…
Ci ho provato, abbiamo girato delle scene in cui lui si vede nel futuro, ma sembravano false, come se fossero una rappresentazione finta. Penso che le possibilità fossero due: o sottolinei molto questo elemento o lasci perdere. Se Eric Packer vede nel futuro, diventa una caratteristica importante del personaggio e in un certo senso avevo già affrontato questo aspetto ne La zona morta. Abbiamo mantenuto soltanto una frase legata a questo concetto delle profezie, "perché vedo delle cose che non sono ancora avvenute?". E' legato al fatto che lui è un miliardario.
Come è stata la fase di casting?
Decisamente interessante. Come avvenuto già per A Dangerous Method, gli attori non erano quelli a cui avevo pensato all'inizio. In entrambi i casi, si è trattato di reinventare la pellicola. Per Cosmopolis, Colin Farrell doveva incarnare il ruolo principale, mentre Marion Cotillard era stata scelta per interpretare Elise, la moglie di Eric Packer. In seguito, Farrell aveva un altro progetto di lavoro e Marion Cotillard è rimasta incinta. Quindi, ho cambiato la sceneggiatura, adattandola a un attore più giovane, cosa che la rendeva più fedele al libro, e ovviamente sua moglie doveva essere più giovane. In questo modo, il risultato è migliore. Il problema è che se hai preso degli accordi per i finanziamenti basandoti sul nome di un attore e questo abbandona il progetto, diventa un inconveniente economico, più che artistico. Ma questo non è stato un gran problema per noi.
Ha pensato subito a Robert Pattinson?
Sì. Il suo lavoro su Twilight è interessante, anche se limitato a un particolare ambito. Ho anche visto Little Ashes e Remember Me, che mi hanno convinto che potesse incarnare Eric Packer. E' un ruolo difficile, lui appare in ogni inquadratura, come non penso mi sia capitato in nessun film che avevo diretto. La scelta di un attore è una questione di intuito, non ci sono regole o istruzioni precise da seguire.
Per questa pellicola ha collaborato nuovamente con persone con cui aveva già lavorato spesso, come Peter Suschitzky o il compositore Howard Shore, che ha scritto le musiche di tutti i suoi film, a cominciare da Brood – La covata malefica, 33 anni fa. In questa occasione, aveva delle richieste speciali per le musiche?
Howard Shore è stata una delle prime persone a cui ho inviato la sceneggiatura. Per prima cosa, c'era già della musica al suo interno, tra cui canzoni del rapper Sufi Brutha Fez o composizioni di Erik Satie. Inoltre, c'erano tantissimi dialoghi, che rendevano difficile inserire le musiche, in particolare quando i dialoghi sono sottili e non puoi certo mettere delle trombe in sottofondo. Avevamo bisogno di musiche discrete, ma comunque in grado di fornire alcuni toni particolari. Howard ha lavorato con la band canadese dei Metric e con la cantante Emily Haines. Lei utilizza la sua voce come uno strumento, in maniera sottile e perfetta per soddisfare le nostre necessità.
Lei ha insistito molto sul fatto che gli attori pronunciassero le battute proprio come erano scritte…
Sì, è così. Si può realizzare un film con l'idea di far improvvisare gli attori, tanti grandi registi sono in grado di riuscirci, ma io avevo un punto di vista diverso. Non credo che sia compito degli attori scrivere i dialoghi, in particolare per questo film, considerando che i dialoghi di Don DeLillo erano la ragione per cui volevo realizzare la pellicola. Detto questo, gli attori avevano comunque un grande margine d'azione, considerando che il tono e il ritmo della discussione erano compito loro. E' stato molto interessante il lavoro di Robert Pattinson, perché molti personaggi entrano nella limousine e quindi ci sono vari attori. Così, lui doveva recitare in maniera diversa a seconda di chi aveva di fronte.
Ha tentato di girare il film rispettando l'ordine cronologico delle scene?
Il più possibile, per esempio con quasi tutte le scene nella limousine. Paul Giamatti è arrivato alla fine e l'ultima scena che abbiamo girato era anche l'ultima del film. Talvolta, c'erano dei problemi pratici, ma sono riuscito a seguire maggiormente l'ordine cronologico rispetto ai miei film precedenti. Considerando che la storia si svolge soltanto in un giorno, ma ha un'evoluzione complessa, lavorare in questo modo rappresentava la scelta migliore.
Intervista a Robert Pattinson, protagonista di Cosmopolis
Conosceva già il romanzo di Don DeLillo?
No, ma avevo letto altri suoi romanzi. Ho letto prima la sceneggiatura che David Cronenberg mi aveva inviato e poi il libro. Lo script è veramente fedele, a un livello che sembrava impossibile raggiungere, per un romanzo che sembrava impossibile adattare. Ma anche prima di leggere il libro, quello che mi aveva impressionato maggiormente della sceneggiatura era il ritmo rapido e la tensione incessante.
Cos'è che le interessava maggiormente della pellicola?
Cronenberg, ovviamente! Ho recitato in pochi film e nessuno di questi si avvicinava alle attese che avevo di girare con lui. Non sono rimasto deluso… Sapevo che sarebbe stato molto creativo e che l'esperienza sarebbe risultata magnifica. Ero affascinato dalla sceneggiatura, che sembrava un poema lungo e anche misterioso. Normalmente, quando leggi una sceneggiatura, sai rapidamente di cosa parla, dove sta andando, come si concluderà, tanto da capire anche se potrebbero esserci delle sorprese inattese e sofisticate nella trama. In questa occasione, era diverso, perché più la leggevo, meno riuscivo a capire in che direzione sarebbe andata e più avevo voglia di parteciparvi. Non rientra in nessun genere, fa storia a sé.
Quando ha letto la sceneggiatura per la prima volta, si vedeva nei panni del personaggio e riusciva a immaginare il suo aspetto?
Assolutamente no. La prima volta che ho parlato con David, abbiamo discusso proprio di questo, il fatto di non riuscire a visualizzare nulla. Lui ha pensato che fosse una cosa positiva. Inoltre, credo che a quel punto neanche lui ci stesse riflettendo molto. Tutto si è evoluto in maniera progressiva, iniziando dal testo, per poi proseguire con le tante scelte visive che hanno dato forma alla pellicola. E' un procedimento vitale. Anche durante la prima settimana di riprese, ci chiedevamo ancora quale sarebbe stato l'aspetto della pellicola una volta terminata. Era affascinante, sembrava che il film prendesse forma in maniera autonoma.
Ora che avete terminato il lavoro, il film è molto diverso dalla sceneggiatura o al contrario siete rimasti fedeli a quello che era scritto?
E' difficile dirlo, perché il film lavora su tanti livelli diversi. L'ho visto in due occasioni e la prima volta ero stupito dall'aspetto di farsa, che avevo notato già durante le riprese, ma che qui traspariva con grande evidenza. Nella seconda occasione, l'importanza della posta in gioco diventava l'elemento fondamentale. In entrambi i casi, c'era un pubblico a vederlo, ma le reazioni erano molto variegate, dalle risate alla tensione sul lato dark che è presente. Nonostante la sua complessità, io ero stupito dal modo in cui affronta un'ampia gamma di emozioni.
Secondo lei, chi è Eric Packer? Come lo descriverebbe?
Per me, Eric pensa di appartenere a un'altra realtà, come se fosse nato su un altro pianeta e cercasse di scoprire in quale realtà dovrebbe vivere. In effetti, lui non comprende il mondo come è veramente.
Tuttavia, capisce il mondo abbastanza per diventare ricco.
Certo, ma in maniera molto astratta. Le operazioni bancarie e azionarie sono attività particolari, in cui è stato bravo non tanto perché è uno specialista o una mente geniale, ma per via del suo istinto misterioso e sfruttando algoritmi simili a formule magiche. Come si può vedere nel film, così come nel libro, il suo approccio verso i dati economici tende a proiettarlo nel futuro, tanto che non è più in grado di vivere nel presente. Probabilmente, lui comprende il funzionamento del mondo reale, ma soltanto in maniera particolare e oscura.
Ne ha parlato con David Cronenberg?
Un po' sì, ma lui voleva che io cercassi qualcosa di inspiegabile e incomprensibile. Gli piaceva quando recitavo senza sapere quello che stavo facendo, tanto che, non appena sentiva che stavo trovando un legame di causa ed effetto o una spiegazione logica al comportamento di Eric, lui smetteva di girare. E' stato una maniera strana di lavorare, interamente basata sulle sensazioni, più che sulle idee.
Come si è preparato per il ruolo?
David non ama fare delle prove. Non abbiamo parlato molto della pellicola prima delle riprese e ho incontrato gli altri attori direttamente sul set, mentre giravamo. Li scoprivo mentre entravano nella limousine di Eric Packer ed è stato piacevole. Dall'inizio delle riprese, ho vissuto dentro il film e nella vettura. Ero sempre lì, era diventata la mia casa e ospitavo gli altri attori in questo spazio personale, mentre ero al posto di comando e tutti mi facevano visita. Abituarmi a questo ambiente era decisamente piacevole. Tutti gli altri dovevano adattarsi a quello che sostanzialmente era il mio mondo.
Ha fornito dei suggerimento sull'aspetto o sul guardaroba del personaggio?
Sì, ma lui doveva avere un aspetto neutrale, quindi abbiamo cercato di evitare gli stereotipi dei ricchi uomini d'affari e operatori di borsa. L'unica discussione è stata sulla scelta degli occhiali da sole all'inizio, io ne ho cercato un paio anonimi, che non rivelassero nulla del personaggio.
Che differenza c'è quando si girano le scene seguendo il più possibile l'ordine cronologico della storia?
E' veramente importante e produce un effetto cumulativo, che fornisce una struttura precisa alla pellicola. All'inizio, nessuno conosce veramente quale sarà il tono dell'intera pellicola. Forse David lo sapeva, ma comunque non ce l'ha detto. Per la troupe, è un effetto cumulativo, mentre il personaggio rivela sempre più cose di sé e quindi lentamente dà vita all'identità della pellicola. Inoltre, questo consente al personaggio di sciogliersi, mentre la sua vita sta andando a pezzi.
Una particolarità del ruolo è che, uno alla volta, lei incontra tanti attori
diversi. Come è andata?
Quando ho accettato di partecipare alla pellicola, l'unico attore a bordo era Paul Giamatti, che a mio avviso è stato magnifico. Poi, vedere apparire Juliette Binoche, Samantha Morton e Mathieu Amalric è risultato incredibile e inquietante. Ognuno di loro forniva qualcosa di diverso, ma non è stato semplice, perché David si aspetta che gli attori cambino modo di recitare e che abbandonino le abitudini che hanno. Per loro è stata una sfida, per cui avevano pochissimo tempo. Per quanto mi riguarda, ho avuto il tempo di ambientarmi in questo mondo e seguirne il ritmo, ma gli altri dovevano integrarsi immediatamente. In realtà, alcuni hanno fatto delle cose molto creative mentre giravamo, in particolare Juliette Binoche, che ha mostrato una gamma incredibile di opzioni recitative.
Secondo lei, ci sono stati vari stili di recitazione, soprattutto considerando le diverse nazionalità coinvolte, o tutti seguivano un modello suggerito da Cronenberg?
No, c'erano molte sensibilità diverse e credo che David cercasse proprio questo. Paradossalmente, questa diversità è enfatizzata da tutti i personaggi americani, con l'eccezione di Mathieu Amalric. Queste differenze erano coerenti con New York, una città in cui tutti sembrano provenire da un luogo diverso e dove per molti l'inglese non è la madrelingua. Ovviamente, la pellicola non punta sul realismo, anche per quanto riguarda la descrizione di New York, e non insiste mai su una location precisa. Ma avere degli attori con origini diverse rispecchia New York, oltre a contribuire alla stranezza e alla sensazione astratta fornita dalla pellicola.
Per quanto la riguarda, aveva dei riferimenti, magari degli attori a cui ispirarsi?
In realtà, è avvenuto il contrario, ho cercato di evitare ogni riferimento. In particolare, non volevo ricordare al pubblico nessun altro film su Wall Street, gli uomini d'affari, i banchieri ricchi, ecc. Si trattava soprattutto di trovare la mentalità giusta, piuttosto che affidarsi al già visto o agli effetti di recitazione.
Si ricorda se Cronenberg aveva delle richieste particolari, per cui si è concentrato su alcuni punti quando avete lavorato insieme?
Lui insisteva molto sul rispetto dei dialoghi e non tollerava variazioni. La sceneggiatura punta molto sul ritmo, quindi dovevamo rispettarla. Cronenberg era molto sicuro, quindi ha fatto pochissimi ciak, una scelta che mi ha impressionato. Il primo giorno di Paul Giamatti sul set, lui ha pronunciato un lungo monologo senza prendere fiato. Erano le frasi più lunghe della pellicola e David le ha girate in un'unica inquadratura. Una volta finito, siamo passati ad altro. Io ero eccitato dall'interpretazione di Paul, dall'abilità di David e dalla sicurezza che mostrava su come era venuta la ripresa.
Le piace lavorare in questo modo, recitando dei dialoghi proprio come sono stati scritti?
Cronenberg ha creato qualcosa a cui non ero abituato, esattamente la ragione per cui volevo fare questo film. Non mi è mai stato chiesto nulla del genere, di solito le sceneggiature non vengono seguite alla lettera, sono soltanto una base e gli attori dovrebbero farle proprie. Nelle pellicole a cui avevo lavorato in precedenza, i dialoghi erano flessibili, ma in questo caso, era come partecipare a una rappresentazione teatrale. Quando interpreti Shakespeare, non puoi cambiare le battute.
Peraltro, la limousine rappresenta una sorta di palcoscenico…
Assolutamente. E in un ambiente del genere, si può girare una scena o l'altra, quindi devi essere pronto. Ho passato molto tempo a imparare tutte le battute ed è stata la prima volta che mi ricapitava da quando avevo iniziato a lavorare come attore teatrale, molto tempo fa. Si crea una tensione importante e tu devi rimanere vigile, una cosa che mi ha aiutato molto. Ho dovuto condurre una vita da recluso durante le riprese per conoscere il ruolo, ricordarmi decine di pagine e rimanere concentrato. Tuttavia, è stata una sensazione piacevole. E' meglio che in molti altri set, in cui tutto è spezzettato.
Qual è stata l'aspetto più difficile delle riprese?
E' stato complicato interpretare un personaggio che non vive un'evoluzione evidente, né segue un percorso prevedibile. In realtà, lo fa, ma è un'evoluzione pazzesca, che non avviene nel modo in cui cambiano normalmente i personaggi. David è riuscito a controllare completamente questa dimensione. Non ho mai lavorato con un regista che possiede un tale controllo del suo film, che si considera a capo di ogni suo aspetto, sapendo esattamente quello che vuole e ogni tappa di questo percorso. All'inizio, l'ho trovato scomodo, ma piano piano ho preso sempre più fiducia e mi sono rilassato.
HomeVideo (beta)
info: 25/05/2012.
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