All Is Lost - Tutto è perduto (2013)
All Is LostDurante un viaggio solitario sull'oceano indiano, un uomo di cui non conosciamo il nome (Redford) si sveglia di soprassalto per scoprire che il suo yacht di 39 piedi sta prendendo acqua dopo una collisione con un container abbandonato alla deriva sul mare. Con gli strumenti di navigazione e la radio fuori uso, l'uomo si dirige a sua insaputa verso una violenta tempesta. Sebbene sia riuscito a tamponare la falla nello scafo, nonostante la sua sagacia di marinaio e una forza fisica che non si addice alla sua età, l'uomo riesce solo a malapena a sopravvivere alla tempesta. Col solo uso di un sestante e di carte nautiche per seguire la sua deriva, è costretto a affidarsi alle correnti dell'oceano per portarlo verso un rotta commerciale di navigazione nella speranza di incrociare una nave di passaggio. Ma con il sole che non da tregua, con gli squali che gli girano intorno e con le poche scorte che stanno per esaurirsi, il pur sempre ingegnoso navigante ben presto si trova faccia a faccia con la sua mortalità.
Info Tecniche e Distribuzione
Uscita al Cinema in Italia: giovedì 6 Febbraio 2014Uscita in Italia: 06/02/2014
Data di Uscita USA: venerdì 18 Ottobre 2013
Prima Uscita: 18/10/2013 (USA)
Genere: Azione, Thriller
Nazione: USA - 2013
Durata: 106 minuti
Formato: Colore
Produzione: Before The Door Pictures, Washington Square Films, Black Bear Pictures, Treehouse Pictures
Distribuzione: Universal Pictures
Budget: 9.000.000 dollari (stimato)
Box Office: USA: 4.971.000 dollari | Italia: 131.930 euro
Note:
Presentato al Festival di Torino 2013.
In HomeVideo: in DVD da mercoledì 4 Giugno 2014 [scopri DVD e Blu-ray]
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Il regista J.C. Chandor sapeva di voler fare un thriller sul mare aperto molto prima che il suo debutto come sceneggiatore e regista di "Margin Call" ricevesse una candidatura all'Oscar per Miglior Adattamento di una Sceneggiatura. Ma gli sono serviti sei anni prima di arrivare finalmente all'incredibile idea originale di All Is Lost, una tormentata avventura marina che si svolge interamente sull'oceano e che presenta un solo protagonista senza nome – e quasi muto.
"È la storia molto semplice di un tipo avanti con gli anni che esce per un viaggio su una barca a vela per quattro e cinque mesi, " dice Chandor. "Interviene il destino, la barca ha un incidente, e di fatto lo seguiamo in un viaggio di otto giorni mentre lotta per la propria sopravvivenza".
La sceneggiatura di Chandor somiglia poco ad un tipico copione cinematografico. Invece delle solite 120 pagine, era di più o meno 30 pagine. E consisteva solo di descrizioni, senza alcun dialogo. Infatti, quando Neal Dodson – produttore di "Margin Call" – prese in mano il minuto fascicolo, chiese a Chandor quando avrebbe ricevuto il resto della sceneggiatura.
"J.C. rispose che quelle pagine erano l'intero copione, io rimasi sia atterrito che eccitato," ricorda Dodson. "Il primo film che facemmo insieme era tutto imperniato sul dialogo, e questo chiaramente non lo era per nulla. Devo ammettere che il mio primo pensiero fu 'non so come diavolo facciamo a trovare finanziamento per questa cosa' – perché è abbastanza audace e piuttosto coraggiosa".
La collega produttrice Anna Gerb ("Margin Call") ricorda di aver letto il copione sul patio di casa alla presenza di Chandor, e di essere rimasta colpita dall'intensità viscerale del suo impatto.
"Lo lessi e guardai J.C e gli dissi, 'Wow. Ho il mal di mare,'" ricorda. "Come produttore mi piace essere in controllo. Essere nel mezzo dell'oceano su una barca a vela, e mettermi in una situazione dove sono in balia dell'universo, è qualcosa che proprio non potrei immaginare".
Chandor, dal canto suo, era intimamente a suo agio con il mondo delle barche a vela.
"Sebbene non abbia mai salpato un oceano da solo, l'andare a vela è qualcosa intorno alla quale sono cresciuto" dice, "così conoscevo il ventaglio delle tecniche con cui stavo lavorando".
Chandor dice che l'assoluta semplicità della storia – e le difficoltà cinematografiche che presentava – lo attiravano a fare il film. La storia ha degli echi del romanzo di Ernest Hemingway "Il Vecchio e il Mare", e come descrive Dodson " è un action movie esistenziale di un uomo perso in mare, in lotta contro gli elementi e contro se stesso".
Un momento fondamentale del passaggio del film dalla sceneggiatura allo schermo è stato naturalmente ingaggiare nel ruolo del protagonista Robert Redford ("La Stangata" (The Sting)) per due volte vincitore del premio Oscar. L'esemplare attore, regista e creatore di Sundance aveva incontrato Chandor e ne era stato colpito quando "Margin Call" debuttò al Sundance Film Festival nel 2011.
"Mi piacque J.C. Chandor," ricorda Redford. "Lui rappresentava per me, proprio la persona che vogliamo appoggiare. Aveva una visione, era una voce nuova sull'orizzonte e raccontava la sua storia in una maniera veramente speciale".
Quando Chander disse a Dodson di voler impiegare Redford nel ruolo dell'unico protagonista del film che nel copione è semplicemente chiamato "il Nostro Uomo", il produttore sapeva che sarebbe stata una cosa improbabile.
"Io dissi 'Senti, quando riceve quel copione di 30 pagine, lui dirà una di due cose," ricorda Dodson. "O dice 'Diavolo si, questo è formidabile,' oppure dirà 'Per qual motivo al mondo dovrei fare una cosa simile? Non ho niente da provare. Perché dovrei sottopormi a questo?' Ma per nostra grande, grande fortuna, disse di si".
Da parte sua, Redford era attirato dall'originalità del progetto che lui descrive come la storia di un uomo che fa "un viaggio da finimondo e riceve un finimondo di botte".
"Il copione mi piacque veramente perché era differente," dice Redford. "Era coraggioso. Era eccentrico, e non c'era dialogo. Capii che J.C. sarebbe stato capace di realizzare quella visione, anche se non tutto era spiegato. Ma ero convinto che lui sapesse quello che faceva, che ce l'aveva tutto nella sua testa. Sapevo che avrei appoggiato quella visione anche non sapendo tutto, e che quella per me era interessante e valida".
Un po' sorprendentemente, Redford dice di non essere bombardato dalle richieste per recitare nei film dei registi indipendenti che lui promuove. Infatti, è proprio l'opposto.
"C'è qualcosa di abbastanza ironico in questo, in tutti questi anni da quando ho iniziato Sundance e il Sundance Film Festival, nessuno dei reguisti che ho promosso mi ha mai assunto,' dice, e poi aggiunge scherzando: "Non mi hanno mai offerto una parte! Fino a J.C.".
Dopo essersi assicurati la partecipazione dell'unico protagonista, i produttori si sono messi a lavorare sulla lista delle cose necessarie per girare il film. In cima alla lista: un po' di barche e un posto dove affondarle. In conclusione, la storia di un uomo e della sua barca ha richiesto tre barche – precisamente tre Cal yacht da 39 piedi. Mentre tutte e tre funzionano come la barca del Nostro Uomo, la Virginia Jean, ognuna delle tre barche è stata usata per uno scopo differente: una era per le scene in esterno e per il viaggio in alto mare, un'altra era per le riprese ravvicinate all'interno della barca, e la terza per gli effetti speciali.
Trovare tre barche uguali è stato una prova non facile, comunque, dice John Goldsmith, il production designer i cui crediti includono "Non è un paese per vecchi" (No Country for Old Men) e "L'ultimo Samurai" (The Last Samurai). "Le abbiamo scovate e acquistate in tempi e in porti diversi. Le abbiamo dovute importare tutte e tre, e quello già per se è stata una complessa faccenda logistica. Penso che si fosse già due settimane nella fase preparatoria prima di averle tutte e tre, l'una a fianco dell'altra, pronte per poterci lavorare".
Una volta in loro possesso, i filmmakers hanno messo le barche sotto torchio – e molto di più. "Sostanzialmente abbiamo fatto tutto quello che si può fare a una barca in un film," dice Chandor. "L'abbiamo affondata, riportata in vita, l'abbiamo fatta salpare, e poi le abbiamo fatto affrontare una tempesta gigantesca, l'abbiamo capovolta e di nuovo affondata. Credo che sia fondamentale avere una conoscenza profonda di come queste barche funzionano, di come vanno a vela, di come affondano, e anche di tutti quei differenti tipi di elementi di navigazione che abbiamo usato per portare avanti la storia".
Chandor e Goldsmith hanno collaborato strettamente per congegnare una specie di storia per la barca stessa, e questo è stato utile per dar forma alla storia del personaggio di Redford.
"J.C. e io abbiamo avuto delle fantastiche discussioni riguardo a cosa volevamo raccontare del Nostro Uomo che potesse essere espressa tramite la sua barca," ricorda Goldsmith. "Quale passato ha avuto? È un militare? È un uomo d'affari? È un padre di famiglia?".
Goldsmith dice che Chandor gli dette dettagliate note per guidare la realizzazione del progetto. Per esempio, il regista gli disse di immaginare che il personaggio di Redford avesse comprato la barca quando aveva cinquantuno anni, sei anni dopo la costruzione della barca. Dieci anni dopo, la manutenzione della barca potrebbe essere stata trascurata a causa della recessione economica degli anni novanta. Costruendo il passato del "Nostro Uomo" con ancora maggior dettaglio, Chandor immaginò che il personaggio di Redford sarebbe andato in pensione sei anni dopo l'acquisto della barca e che allora avrebbe investito circa 20.000 dollari per rimodernarla.
"Così forse scelse certe cose come dei cuscini, logori, e li fece rifoderare," spiega Goldsmith. "Forse revisionò gli oblò, oppure qualche strumentazione elettronica. Sicché in questa barca c'è questa idea di un accumulamento di tempo e di passato. Ma non è un completo rifacimento. Non è una ristrutturazione. Perciò con l'allestimento siamo stati molto attenti a non esagerare e rimanere, per così dire, quieti".
Data la solitaria natura del film, Chandor, talvolta, ha lasciato che la macchina da presa indugiasse su Redford per gustare le sue quiete, semplici attività in un modo raramente visto in un film.
"È raro vedere qualcuno pensare," osserva Dodson. "I film sono per la maggior parte molto 'tagliuzzati', e mi piacciono quei film. Ma questo non è uno di quei film. È vero, ci sono sequenze di azione, ma la macchina da presa si trattiene su di lui per un po'. L'osserviamo mentre mangia un barattolo di zuppa, e l'osserviamo che beve un bicchiere di bourbon, e l'osserviamo mentre cucina, e mentre sta in piedi nella pioggia".
In una scena memorabile, il marinaio è con l'acqua fino al petto mentre raccoglie provviste dalla barca che sta lentamente inabissandosi. Poi si ferma, di fronte allo specchio, e – probabilmente per l'ultima volta della sua vita – si rade.
"Uno lotta contro le avversità nelle maniere più strane," dice Redford. "Ma quando le avversità sono così sovrastanti, uno cerca di ricreare una qualche forma di normalità nella propria vita, anche se questo può sembrare strano".
Altre scene sono state molto estenuanti per l'attore che è conosciuto per fare molte delle sue acrobazie: dall'arrampicarsi sull'albero della barca a vela – di 65 piedi – all'essere trascinato dietro la barca, al nuotare sott'acqua fra le vele sommerse. E poi c'è la scena iniziale in cui la barca a vela entra in collisione con il container e il Nostro Uomo salta dall'una all'altro.
"Abbiamo sbattuto una barca con lui dentro contro il lato di un container – questo e' nel film," dice Dodson. "C'è quest'enorme colpo, e questo è Redford che, in effetti, sbatte contro il fianco della barca e lui non ha avuto problemi. L'abbiamo messo in una scialuppa di salvataggio e l'abbiamo rovesciato su e giù e dentro e fuori, e lui non ha obiettato".
"Ogni volta che faceva le sue acrobazie, era avvincente e eccitante, però ci metteva anche un po' di paura," aggiunge Gerb. "Ma lui è in perfetta forma fisica. Adora l'acqua e adora nuotare. Il suo fisico è stato messo molte volte alla prova in questo film. Anche rimanere bagnato tutto il giorno è estenuante e fisicamente debilitante per qualsiasi attore. Ma il suo spirito e la sua comprensione della visione di questo film hanno avuto il sopravvento. Ogni giorno che è venuto sul set, si è dato completamente alla realizzazione di questo film".
Da parte sua, Redford dice di essersi molto divertito a lavorare con il regista, a cui riconosce l'avergli estratto il meglio delle sue capacità di attore.
"Faccio questo a causa di J.C.," dice Redford. "Lui mi piace. Lui ha uno spirito gioioso e un'indole meravigliosa. Ma la cosa più incredibile è la sua mente. Ha una mente mercuriale che trovo veramente affascinante. Penso che avrà successo, perché sa cosa vuole, sa come ottenerlo, e rimane sempre sciolto durante tutta l'operazione, e questo mi pare meraviglioso. Lui è molto istintivo, ha un'idea di quello che vuole fare, e sono convinto che sia capace di realizzarla".
L'uso degli effetti digitali impiegati da Chandor si è in larga misura limitato al potenziare gli sfondi, il cielo e le onde che circondavano la barca e assalivano il personaggio di Redord. Tutto il lavoro degli effetti visivi è stato gestito da un team della compagnia SPIN VFX di Toronto, sotto la supervisione di Chandor e del consumato coordinatore degli effetti visivi Robert Munroe (X-Men).
Le riprese sull'acqua sono notoriamente difficoltose e così è stato per All Is Lost, in cui non c'è neanche una scena girata sulla terra ferma. Le riprese sono state girate in diversi parti dell'oceano Pacifico e nei Caraibi, incluso a largo di Ensenada, in Mexico, a circa 80 miglia a sud di San Diego. A un certo punto Redford è approdato da quelle parti con la Virginia Jean che aveva su un fianco un buco rattoppato.
"Fu straordinario vedere la reazione dei veri marinai nel porto," dice Gerb. "Guardavano la nostra barca, che evidentemente aveva sostenuto un'incredibile incidente. Aveva una troupe cinematografica appesa di lato e Robert Redford al timone".
Le riprese della vita marina – che includono banchi di pesci piccoli, yellowtail, barracuda, e anche stupende e terrificanti riprese del turbinio di dozzine di squali – sono state eseguite alle Bahamas, al largo di Nassau e Lyford Cay, dove una completa troupe di cameramen si è immersa a più di 20 metri per catturare le immagini dei pesci.
Per le sequenze che comportavano le enormi navi container, la troupe ha filmato sull'oceano nei dintorni di Los Angeles – fuori del porto di Long Beach, a sud, e più a nord vicino all'isola di Catalina.
Ma l'oceano aperto non è il posto per affondare senza rischi una barca. Per quelle scene e per alcune altre, come l'iniziale collisione fra la barca e il container, i filmmakers hanno fatto ricorso ai bacini cinematografici più grandi del mondo. Il complesso dei Baja Studios, che si trova a Rosarito Beach nella Baja Peninsula in Messico, fu, di fatto, costruito dal niente da James Cameron, che aveva bisogno di un ambiente acquatico su misura per filmare gli spettacolari effetti nautici per "Titanic". In effetti, alcuni elementi della troupe di All Is Lost avevano anche lavorato sul "Titanic", compresa la line producer Luisa Gomez da Silva, che lavora a tempo pieno presso il complesso dei Baja Studios e si considera parte della "generazione del "Titanic"".
I filmmakers hanno usato tre enormi vasche per differenti aspetti delle riprese, compresa la più grande piscina al mondo per riprese in esterni che è collocata proprio sull'oceano e il cui orizzonte si estende all'infinito.
"È grande quanto tre campi da football e crea l'illusione di un vero oceano," dice Gerb. "Queste vasche imitano danno l'impressione del mare aperto, ma in un ambiente controllato dove senza rischi abbiano potuto realizzare un sacco di acrobazie e effetti speciali. È veramente l'unico posto al mondo in cui avremmo potuto girare questo film".
All'inizio, Chandor e Goldsmith credevano che con le tre barche a loro disposizione avrebbero avuto tutto ciò che era necessario, ma una sequenza particolarmente drammatica, in cui la Virginia Jean, sbattuta dalla tempesta, si capovolge e si raddrizza diverse volte, ha richiesto della straordinaria creatività. Sebbene i filmmakers avessero pensato che per girare quest'acrobazia di un ripetuto ribaltamento subacqueo avrebbero potuto usare la barca degli effetti speciali, dopo diverse prove si resero conto che era necessario proteggere Redford in modo più adeguato. Perciò, a questo scopo, diversi reparti hanno collaborato insieme per costruire una struttura speciale.
In modo analogo, il responsabile degli effetti speciali Brendon O'Dell (Training Day) ha dovuto trovare delle soluzioni creative per simulare il violento movimento della barca nella tempesta. "Normalmente, in un film di grosso budget, si costruirebbe una complessa struttura giroscopica da poter muovere la barca in qualsiasi direzione," dice. "Ma questo sarebbe stato molto caro e avrebbe richiesto molto tempo, così abbiamo dovuto ripensare la nostra strategia".
Invece, il team di O'Dell ha impiegato semplici attrezzature e cilindri idraulici, in concomitanza con la naturale tendenza della barca a galleggiare sull'acqua. "Semplicemente si tirava giù la prua della barca con un cilindro e con l'altro si alzava la poppa, e viceversa," dice. "E così anche per i due fianchi. Ha funzionato molto bene".
Le complesse riprese hanno richiesto più di sette settimane di meticolosa preparazione – insolito per un piccolo film indipendente. "Abbiamo dovuto elaborare un programma che tenesse conto delle scene bagnate, delle scene asciutte, delle scene di tempesta, con tre barche, tre piscine e un teatro di posa, notte e giorno, scene acrobatiche, riprese per effetti speciali e riprese senza effetti speciali", dice Dodson. "È stato molto più complicato di qualsiasi cosa cui ho lavorato fino ad ora, e enormemente complesso per riprese durate 30 giorni col nostro budget".
Il produttore dice che la troupe ha lavorato non seguendo il copione, ma una grande mappa nella stanza principale delle riunioni sulla quale l'intero film era schematizzato a bozzetti.
"Veramente non avevamo neanche le pagine 'strappate' del copione", dice, riferendosi agli stampati giornalieri di solito utilizzati dagli attori. "Si usava lo stampato dei bozzetti del giorno – si seguiva quei bozzetti e li filmavamo".
Per filmare All is LostChandor si è rivolto non a uno, ma a due direttori della fotografia – Frank G. DeMarco e il fotografo subacqueo Peter Zuccarini. Per DeMarco, la problematicità di fotografare un film senza dialogo non era senza lati positivi.
"Una cosa interessante è che in un film con minor dialogo puoi fare molte più riprese", dice DeMarco, che ha anche lavorato con il regista sul film "Margin Call". "L'altra cosa interessante è che, come in un film muto, il regista talvolta può dirigere l'attore durante la ripresa. J.C. poteva in effetti dire, 'Bob, ora ricorda questo, e poi fai quello, e agguanta quello, e guarda là', mentre la macchina da presa girava".
DeMarco aggiunge che filmare degli interni nell'angusto spazio della cabina della barca è stato non facile – per esempio, come quando Redford si è dovuto torcere di fronte alla macchina da presa e passare sopra le spalle di DeMarco, o durante riprese molto ravvicinate.
"Abbiamo filmato con obiettivi grandangolari, e questo è stato di grande aiuto", ricorda DeMarco. "Abbiamo impiegato molta luce naturale. In sostanza, l'abbiamo semplicemente fatto funzionare".
Se nella troupe alcuni si sono trovati a disagio alle prese con l'acqua, altri si sono trovati molto a loro agio – e nessuno più di Zuccarini, i cui crediti spaziano da documentari a basso costo sul surfing al blockbuster marittimo "La maledizione della prima Luna" (Pirates of the Caribbean: The Curse of the Black Pearl).
"Lui e il suo team sanno come infilarsi nelle loro mute subacquee, sigillare le cineprese, equilibrare il loro peso e il loro respiro, e nuotare dentro e sotto l'acqua facendo delle riprese da non credere", dice Dodson.
Con il novero di difficoltà che avevano a che fare con l'acqua, All Is Lost era un progetto irresistibile, dice Zuccarini. "Sono specializzato nel piazzare la macchina da presa in posti che sono molto bagnati. Così quando ho visto che fin dall'inizio del copione c'era acqua che entrava nella barca, che lui è sommerso nell'acqua, che l'acqua gli schizza in faccia, che le onde si scaricano su di lui – lo ammetto, ero piuttosto eccitato".
Ad aumentare le difficoltà della produzione, il montatore Pete Beaudreau ("Margin Call") doveva fare un montaggio preliminare sul luogo del set per accertarsi che la produzione avesse filmato ciò di cui aveva bisogno. Dopo una partenza un po' turbolente, dice di essersi abituato a quella pratica.
"Siccome potevo avere tutto il materiale così prontamente, alla fine della giornata potevo mostrare a J.C. quello che aveva girato la mattina, tutto messo insieme", dice Beaudreau. "E se pensava che qualcosa gli era sfuggito, potevamo andare la mattina dopo e riprenderlo".
In un film così privo di dialogo, la colonna sonora ha assunto speciale importanza. Chandor si è rivolto all'affermato cantante-compositore Ebert, leader del complesso Edward Sharpe and the Magnetic Zeros, per comporre la colonna sonora del film – il suo primo progetto di questo tipo.
"In un certo senso fu scioccante," dice Ebert. "È incredibile che J.C. avesse quel tipo di fiducia in qualcuno che non aveva mai composto per un film".
Ebert dice Chandor all'inizio gli chiese di generare materiale molto attenuati, ronzii e basse note estese per la durate delle scene. Gli chiese specificamente anche di evitare l'uso del pianoforte. Quello fu difficile per il compositore, che aveva già scritto dei pezzi per pianoforte, ma compresi il ragionamento di Chandor.
"Il pianoforte ha un'intrinseca emozione", dice. "Non volevamo niente che fosse 'emozione in scatola' o 'tensione in scatola'. Ma alla fine ho cominciato a rischiare di più e dopo un po' di avanti e indietro con J.C., abbiamo raggiunto questo punto di mezzo che mi pare perfetto".
Ebert dice di aver impiegato diversi strumenti incluso un sintetizzatore, campane di cristallo, e campane tibetane. Ha anche impiegato campionature orchestrali, che per la maggior parte sono state poi rimpiazzate da musicisti che utilizzavano strumenti veri. Altre con il volte è arrivato a dei temi che ha poi imitato con campionature di flauti o altri strumenti prima di farli eseguire a dei grandi musicisti. Seth Ford-Young, il bassista dei Magnetic Zeros ha anche fornito certi suoni che imitavano i richiami di balene e di altri mammiferi marini.
"La più grande difficoltà è stata riuscire a mantenersi su quella linea sottile che separa verità e melodramma", dice Ebert. "Non vuoi tirare né troppo corto né troppo lungo. Vuoi centrare l'emozione con precisione. Qualsiasi altra cosa sarebbe non rendergli giustizia".
Per Ebert, All Is Lost è un film fondamentalmente emotivo, con un'enorme posta in gioco, e gli è parso che fosse questo che la sua musica doveva esprimere.
"Si tratta della bellezza", dice. "È emotivo come tutto quello che accompagna la vita e la morte, niente di meno. Penso che sia il soggetto principale dell'umanità – ed è qualcosa da cui probabilmente vuoi stare alla larga perché potrebbe essere troppo melodrammatico. Ma questo tipo è in mezzo ad un oceano su una zattera. La musica è emotiva perché la cosa è emotiva. Abbiamo seguito il senso del film".
Il compito di costruire un forte ambiente sonoro per un film in alto mare e quasi senza dialogo è spettato al team, vincitore dell'Oscar, che ha lavorato a successi quali "Salvate il soldato Ryan" (Saving Private Ryan) e "Jurassic Park", Richard Hymns e Gary Rydstrom, insieme ai colleghi Steve Boeddeker e Brandon Proctor, del famoso SkyWalker Sound di Marin County. Loro avevano già lavorato con Redford come regista e hanno ben gradito la possibilità di lavorare di nuovo con lui.
In qualche modo, All Is Lost è un tributo all'apparentemente illimitata ingegnosità e alla tenacia di un uomo, con il personaggio di Redford che semplicemente si rifiuta di accettare la sconfitta.
"Questo personaggio continua ad andare oltre il punto in cui alcuni si arrenderebbero e direbbero 'È troppo", dice Redford. "'Sono fuori dal mondo nel mezzo del nulla. Non c'è' nessuno qui ad aiutarmi e penso di aver fatto tutto quello che è stato possibile fare. Perché non arrendersi?'".
Per rispondere a quella domanda, Redford fa riferimento a un film precedente in cui solitudine e primitiva semplicità hanno qualcosa in comune con All Is Lost e nel quale l'attore interpreta la parte di un altro uomo solitario che lotta contro la natura e contro se stesso.
"Ho pensato a "Corvo Rosso non avrai il mio scalpo!" (Jeremiah Johnson), al film e al personaggio, soprattutto perché fui io a sviluppare quel progetto", dice Redford del film del 1972. "Poteva scegliere fra arrendersi o continuare ma lui continua, perché non c'è altro. E questo film, credo, suggerisce la stessa cosa. Lui semplicemente non si arrende perché non c'è altro da fare. Qualcuno non farebbe così, ma lui si".
E' in quei momenti di massima drammaticità che il Nostro Uomo effettivamente rompe il suo lungo silenzio e dice una parola o due – con grande effetto.
"C'è una scena in cui finalmente si sente l'iconica voce di Robert Redford", dice Gerb. "Veramente non c'è un vero e proprio dialogo nel film, ma in questo momento, per un molto breve secondo, lui dice qualcosa. E sentire la sua voce, e come'è espressa, è così forte, perché tutti noi conosciamo quella voce. E quando viene fuori, ed è questa battuta minuscola, ma per me è un momento molto toccante".
Per Dodson, è proprio il desiderio di sopravvivenza – anche quando tutto sembra perduto – che arriva al cuore del significato del film.
"È un film sul perché si continua lottare ", dice Dodson. "È un film sul perché si cerca di vivere – su perché si lotta contro la morte quando sembra ovvio che è il nostro momento di andarcene. Rispondere a quella domanda, che riguarda gli esseri umani, è qualcosa che filosofi, la religione e grandi pensatori hanno cercato di fare da quando gli esseri umani sono stati sulla terra. Credo che questo film cerchi di porre quell'eterna domanda in una maniera nuova. E personalmente, sono molto più interessato a vedere e a fare film che pongono delle domande piuttosto di film che si propongono di risponderle".
E ciò fa di questo un film come nessun altro, dice il produttore.
"Non penso che un film come questo si sia mai visto prima", dice Dodson. "È una visione molto singolare. Si tratta di guardare un tipo – un maestro della sua arte – che interpreta un personaggio nel corso di 90 minuti. Ed è un'avventura. Ma la domanda esistenziale al suo interno, penso che per pubblico avrà anche un maggior impatto".
Da parte sua, Chandor dice di sperare che il pubblico si veda riflesso nella lotta del coraggioso sopravvissuto interpretato da Redford.
"Quello che spero", rivela Chandor, "è che il personaggio diventi un veicolo in cui gli spettatori vedano se stessi o parte di se stessi. Che lui diventi la personificazione di alcune delle loro speranze, dei loro interessi, dei loro sogni, delle loro preoccupazioni, delle loro paure – di tutte quelle caratteristiche fondamentali dell'umanità. Non è qualcosa che voglio esporre troppo esplicitamente, ma in una certa misura, spero che lui possa diventare una specie di specchio. E se ho fatto bene il mio lavoro, il film, come il viaggio del Nostro Uomo, sarà esaltante e terrificante e, spero, emozionante e indimenticabile".
HomeVideo (beta)
info: 06/02/2014.
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