Arriva in libreria grazie a Edizioni E/O il bellissimo 'Dopo l'onda', capolavoro di Sandrine Collette che si basa sulla tensione dell'attesa e su un senso impellente di pericolo e devastazione
Immaginate un vulcano.
Immaginate che una parete di questo vulcano crolli, e precipiti nelle profondità del mare, creando un'onda anomala. Non proprio uno tsunami, ma un muro d'acqua incontrollato che si dirige a velocità verso una città a valle, dove la vita scorre come sempre.
Immaginate quello che avviene Dopo L'Onda.
Immaginate il silenzio, lo sciabordio delle onde che si infrangono al di sopra di quella che una vita era una città.
Immaginate l'acqua salata a perdita d'occhio, come un confine in movimento che non racconta altro che l'immensità dei cambiamenti che un'onda, da sola, è riuscita a creare.
Adesso immaginate che in questa distesa sorga una collina.
Una collina un po' più alta di quelle che ormai si sono perse nelle profondità della nuova geografia del mondo.
E immaginate che, su questa collina, inerpicata come una creatura che cerca salvezza, ci sia una casa. Una sola cosa, sopravvissuta alla devastazione solo per la fortuna di essere stata costruita un po' in alto rispetto alle altre. E immaginate, in questa casa, l'esistenza di una famiglia, composta da due genitori e nove bambini.
Questo è l'assunto principale da cui parte il bellissimo romanzo di Sandrine Collette, appena arrivato in libreria grazie a Edizioni E/O. L'assunto in cui una famiglia particolarmente numerosa si trova a vivere nel dubbio di essere l'unico nucleo di esseri umani sopravvissuti ad un'onda che sembrava avere la forza di distruggere tutto, compresa la speranza. Una speranza che si affievolisce sempre di più, man mano che l'acqua del mare ricomincia a salire e le provviste alimentari a scarseggiare. Ed è da questa minaccia lenta ma inesorabile che si snoda il carattere più inquietante del libro, con un alto tasso di tensione che quasi obbliga il lettore a procedere con la lettura, nel disperato bisogno di scoprire come procederà il tentativo di sopravvivere.
Perché l famiglia al centro di questo racconto ha a disposizione una barca con la quale cercare di allontanarsi dalla casa che ormai sembra sul punto di annegare e muoversi verso le cosiddette acque alte. Ma c'è un problema: nella barca non c'è spazio per tutti e così i due genitori, malgrado tutto, saranno costretti a scegliere l'inenarrabile. Abbandonare alcuni dei propri figli, condannandoli ad una morte che, seppur non certa, appare incredibilmente probabile.
E a questo punto il romanzo si spezza, inerpicandosi su due sentieri: da una parte l'avventura dei genitori con i figli rimasti che cercano di sopravvivere quel tanto che basta per trovare una terra e tornare indietro a prendere coloro che si sono lasciati indietro, e i tre bambini che si svegliano una mattina scoprendosi orfani pur senza esserlo, con davanti agli occhi un orizzonte fatto di acqua che sale e tempeste che arrivano all'improvviso. E mille altre pericoli a cui non sono preparati.
Sandrine Collette scrive un libro magnifico, che riesce ad intrattenere grazie all'uso sapiente di una tensione che si basa tutta sull'attesa. Lo spettatore, grazie ad una proiezione empatica, si trova a vivere ora con i bambini rimasti nella casa sulla collina, ora con i genitori che vedono minacce arrivare tanto dal mare, quanto dal cielo. E in questa proiezione lo spettatore si trova quasi a guardare l'orizzonte a sua volta, in attesa dell'ennesimo tiro mancino di un destino che non solo sembra crudele, ma anche beffardo, quasi si divertisse a spingere verso il male e gli incidenti. Il senso di attesa, dunque, trasuda da ogni pagina, come se ci fosse una sorta di conto alla rovescia che ci prepara al peggio o che, comunque, ci ricorda che niente è finito e che tutto, quindi, può ancora accadere.
A metà strada tra un contemporary e un distopico catastrofico, Dopo L'Onda ha anche il merito di appoggiarsi su una scrittura solida e consapevole. Non solo per l'uso dl ritmo di cui abbiamo già parlato in merito alla narrazione, ma anche per l'attenzione che viene data a tantissimi dettagli. Basti pensare anche alla scelta di alcuni nomi: Louie, derivativo di Luigi, che deriva da una forma germanica che significa famoso guerriero è il personaggio che più di tutti combatte, inventa e resiste. Perrine, versione france di Pietra, è la roccia intorno a cui i superstiti si aggregano per poter aggiungere un altro giorno al terno al lotto della sopravvivenza. Poi c'è Noé, di chiaro rimando biblico da non avere bisogno nemmeno di spiegazioni. Non in un libro in cui un'onda ha distrutto tutto e in cui le tempeste la fanno più o meno da padrone.
Ma al di là dei (molti!)pregi a livello stilistico e strutturale, ciò che rende terribilmente meraviglioso questo romanzo è da ricercare all'interno della storia che l'autrice ha deciso di mettere per iscritto. Dopo L'Onda potrebbe apparire semplicemente come una lettura di intrattenimento che si basa solo sulla costruzione della tensione in una data situazione di pericolo. In realtà, tra le pagine crude e schiette di Sandrine Collette si nasconde in bella vista molto altro. Questo romanzo è un romanzo che parla di amore e di famiglia: quest'ultima intesa sia come porto sicuro che come condanna. Un rifugio in cui nascondersi e in cui sperare che ci siano sempre altri a risolvere i nostri problemi. Ma anche una specie di maledizione, un qualcosa che è in grado di prenderti la pelle e strappartela. Qualcosa che, se non fai attenzione, ti spinge alla follia.
Dopo L'onda però parla anche della difficoltà di restare umani, un tema che è sempre più caldo e attuale in un contesto sociale come quello che tutti noi stiamo affrontando, quando l'odio sembra ormai dettare le regole del vivere comune. Perché quando il mondo cambia e crolla e modifica ogni punto di riferimento – non solo geografico, ma anche e soprattutto emotivo – l'umanità è forse il primo istinto che se ne va. Rimane l'animale, rimane la parte più istintiva, quella che digrigna i denti, salutando per sempre la razionalità. La sfida di Suzanne Collette sta proprio in questo lasso: in quel momento burrascoso in cui l'umano rischia di scivolare nel mostruoso. E l'autrice è abile a danzare su questo equilibrio sempre più precario. Gli uomini – in senso generale – del suo libro non diventano (quasi) mai delle vere e proprie bestie come, ad esempio, vedevamo in La Strada di Cormac Mccarthy, ma sono in quel buco nero oltre il quale non c'è più luce, ma solo annientamento. È come se l'autrice avesse voluto immortalare sulla pagina l'ultimo step, l'ultima speranza.
Altro – ed ultimo – elemento positivo di questa lettura magnifica su cui ci soffermeremo in questa seda è la scelta – tutt'altro che scontata – che l'autrice fa di non risparmiare niente allo spettatore. Nessun colpo di scena devastante, nessun errore umano, nessuna fragilità. Il mare diventa un mostro affamato, le onde i suoi denti aguzzi macchiati di sangue. E il lettore si trova trascinato in balia di un oceano che non danza sotto i suoi piedi, ma di sicuro mette a soqquadro il suo stomaco. Meraviglioso.
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