Bianca Nappi
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Intervista a Bianca Nappi, a Venezia 71 per ‘Short skin’


Intervista a Bianca Nappi, che con Short Skin, opera prima di Duccio Chiarini, partecipa al Festival del Cinema di Venezia 2014.

Abbiamo avuto il piacere di intervistare Bianca Nappi, che con Short Skin, opera prima di Duccio Chiarini, parteciperà alla 71a edizione del Festival del Cinema di Venezia tra il 29 e il 31 agosto 2014.

Short Skin, è uno dei tre progetti, tra dodici selezionati da tutto il mondo, del 2o Biennale College – Cinema, realizzato dalla Biennale di Venezia in partnership con Gucci: Duccio Chiarini ha avuto così la possibilità di realizzare il suo primo lungometraggio a micro-budget, tramite un contributo di 150.000 euro. Short Skin narra la storia di Edoardo, un ragazzino di 17 anni, che deve affrontare una situazione fisica molto particolare, che gli ha impedito finora di avere qualsiasi tipo di esperienza sessuale, sia con se stesso che con le ragazze. È estate ed Edoardo e il suo miglior amico affrontano un rito di passaggio fondamentale, ossia cercare di perdere la verginità. Ma è proprio durante questo periodo che Edoardo scopre che la vita, così come il sesso, è molto complicata da affrontare, e questo non solo per i suoi problemi personali, ma anche per quanto riguarda quelli della sua famiglia. Questa è la storia di come si scende a patti con le proprie paure, diventando così uomini.
Bianca Nappi è l'unico personaggio femminile del film e interpreta la mamma di Edoardo.

D.: Cominciamo subito dalle novità. Il tuo ultimo progetto, Short Skin, l'opera prima di Duccio Chiarini, ha vinto la Biennale College del 2014 e sarà presentato alla 71esima Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Ci puoi parlare di questo progetto e di come è stato farne parte?

"Short skin" è un film di formazione, una commedia delicata sul tema del diventare adulti e affrontare le proprie paure. Conoscevo già da qualche anno il regista, Duccio Chiarini, di cui avevo apprezzato molto il documentario "Hit the road nonna!", dedicato appunto alla vita di sua nonna; per cui quando mi ha proposto il ruolo di Daniela, la mamma del protagonista Edoardo, ne sono stata felice. Ho trovato la sceneggiatura molto bella e lavorarci è stato intenso e divertente al tempo stesso. Inoltre è stata la prima volta in cui al cinema mi è stato affidato un ruolo più drammatico e per me è stata una bella sfida.

D.: Nel film tu interpreti l'unico personaggio femminile, in un mondo di ragazzi alla ricerca della propria identità e della propria realizzazione. Come ti sei approcciata a questo ruolo?

Preciso che nel film il mio è l'unico ruolo femminile adulto, ma ci sono molti altri bellissimi ruoli femminili interpretati da giovanissime attrici. Il mio personaggio, Daniela, è quello di una donna che forse si è lasciata un po' andare e che ha col figlio un rapporto molto stretto, quasi simbiotico; anche per lei, come per Edoardo, non saranno poche le sfide da affrontare per vincere le proprie paure e per imparare ad affrontare con più coraggio la vita.

D.: Con Un giorno perfetto di Ferzan Ozpetek ti era già stata data l'occasione di vivere da vicino le atmosfere uniche del Lido di Venezia e della sua Mostra. Questa volta, con un'opera prima come Short Skin forse le emozioni saranno ancora più intense… Questo grazie anche a Biennale College, che quest'anno è alla sua seconda edizione. Cosa ne pensi di questo "laboratorio" che mira a dar voce agli esordienti e ai giovani?

Credo che il laboratorio di Biennnale college sia una delle cose più interessanti che un festival possa fare per promuovere nuovi artisti, che ovviamente fanno sempre più fatica a trovare uno spazio e una produzione; inoltre l'idea di partenza, ossia quella di fare un film con budget di 150.000 euro, è perfettamente in linea con i tempi economici che stiamo vivendo ed è un modo per dimostrare che, se si ha una storia forte, si può realizzare un ottimo film anche con pochissimo.

D.: Uno dei registi a cui sei più legata è, naturalmente, Ferzan Ozpetek, che ti ha tenuto un po' sotto la sua ala, permettendoti anche di spiccare il proverbiale volo. C'è qualche altro regista, oggi, con cui sogneresti di lavorare, sia in Italia che all'estero?

Sono veramente molti i registi in Italia con cui credo varrebbe la pena di lavorare; i primi che mi vengono in mente sono Virzì, Garrone, ma ci sono anche molti giovani con cui sarebbe bello fare un percorso insieme. Le opere prime ad esempio, sono un ottimo terreno di crescita artistica anche per un attore, quindi spero di poterne fare presto altre. Fra i registi stranieri che dire? Potendo pensare in libertà, direi sicuramente Almodovar, ma anche Fatih Akin, con cui ho già lavorato molti anni fa e con cui mi piacerebbe moltissimo tornare a collaborare.

D.: In America, al momento, stiamo assistendo ad una vera e propria epoca d'oro della televisione. E anche in Italia abbiamo prodotti di altissimo livello, pensati e scritti appositamente per la televisione, come ad esempio l'ultimo fenomeno Gomorra. Se tu potessi scegliere una serie televisiva – una qualunque – a cui partecipare, quale sarebbe?

Direi senza dubbio Gomorra o una serie pensata e realizzata con la stessa intelligenza. La televisione, fatta in un certo modo, si eleva infatti dall'essere puro intrattenimento e in casi come questi vale davvero la pena farla.

D.: C'è qualche attrice a cui ti ispiri? Qualche modello femminile – anche al di fuori del mondo televisivo e/o cinematografico – a cui ti senti vicina o a cui vorresti assomigliare in qualche modo?

Non c'è mai stata un'attrice di riferimento vero e proprio, pur avendo ovviamente delle attrici che stimo particolarmente; diciamo che ho sempre cercato e cerco di trovare il mio personale "stile". In generale poi, ho sempre subito il fascino di quelle donne anticonformiste e libere, capaci di percorrere nuove strade senza perdere la propria identità di donna; fra tutte, mi viene in mente la splendida Alda Merini, un'artista coraggiosissima e di grande sensibilità.

D.: Hai iniziato a lavorare molto giovane: a 13 anni eri già in numerose compagnie e, crescendo, si può dire che non ti sei mai fermata. Che cosa hai imparato in questi lunghi anni di lavoro?

Che ogni volta si ricomincia e che mai nulla deve essere dato per scontato! Credo che questo sia l'aspetto più complesso ma al tempo stesso più bello dell'essere un attore; anche se acquisti negli anni delle sicurezze, ogni volta devi essere pronto a perderle e a cercarne di nuove, perché proprio di questo è fatto il nostro lavoro: sperimentazione continua.

D.: Una delle tue passioni è l'astrologia; tanto che hai una rubrica sia su Ladyblitz che sull' Huffington Post. Ci puoi dire cosa ti attrae tanto di questa materia? Perché la maggior parte delle persone sono sempre pronte a puntare il dito contro l'astrologia, ma poi nessuno rinuncia ad un'occhiatina al proprio oroscopo settimanale …

Ho sempre vissuto l'astrologia come hobby e credo sia soprattutto un bellissimo gioco, attraverso il quale si può parlare di se stessi; quasi per caso mi è stata offerta la possibilità di curare due rubriche e naturalmente ho accettato, perché mi piace scrivere e perché credo che attraverso l'astrologia sia possibile parlare anche di altre cose. Pochi sanno infatti che l'astrologia non è altro che la "sintesi" di una serie millenaria di conoscenze astronomiche, culturali, agricole e questo è l'aspetto che più di tutti mi affascina.  

D.: Tu sei una di quelle che, nell'immaginario collettivo, può essere considerata una vera e propria attrice. Con una gavetta lunga, un bagaglio teatrale alle spalle e molta esperienza, sia in ambito televisivo che cinematografico. Per questo, c'è qualche consiglio che ti sentiresti di dare a chi cerca di fare questo mestiere?

È sempre difficile dare consigli perché in questo lavoro credo che non ci siano regole precise; sicuramente, se si vuole provare a fare questo mestiere in modo serio e duraturo, è fondamentale mettersi alla prova il più presto possibile e chiedersi con onestà se si hanno davvero i requisiti giusti, sia artistici che umani, per poterlo fare. Spesso infatti molti ragazzi iniziano pensando a questo lavoro in maniera troppo romantica, e poi restano delusi dalla realtà, che è sicuramente più faticosa.

D.: Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi progetti futuri?

A settembre parteciperò alla mise en espace "Sedici feriti" di Eliam Kraiem con la regia di Fabiana Iacozzilli, all'interno di "In cerca d'autore", rassegna di drammaturgia internazionale, presso il Teatro Quarticciolo di Roma.
A dicembre riprenderò con molto piacere "Some girls", uno spettacolo di Neil LaBute  con la regia di Marcello Cotugno, prodotto dal teatro Bellini di Napoli; è la storia di un ragazzo che, prima di sposarsi, decide di andare a trovare le sue ex, un po' per chiedere scusa dei suoi errori passati, un po' alla ricerca forse di una scusa per non sposarsi… Io interpreto Tyler, una "femme fatale" in realtà molto ingenua, ed è un personaggio che non vedo l'ora di ricominciare a recitare!

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