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Green Border, Agnieszka Holland ricattata in Polonia

Agnieszka Holland, regista del film 'Green Border', premiato a Venezia 80, è ora costretta a girare sotto scorta in Polonia. Ecco perché

Green Border è stato uno dei film più potenti dell’80a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Il film di Agnieszka Holland si concentra sul confine tra Bielorussia e Polonia e, nello specifico, pone l’accento su un gruppo di rifugiati siriani e un insegnante dell’Afghanistan, mostrando quello che avviene nella cosiddetta zona rossa. Green Border è un film crudo e durissimo, che non a caso ha vinto il Premio Speciale della Giuria al Festival di Venezia, grazie alla decisione della regia capitana dal regista Damien Chazelle.

Per Agnieszka Holland, però, la vittoria in un festival tanto antico e prestigioso come quello di Venezia le si è ritorta contro. Come riporta Deadline, infatti, la regista è stata costretta a ingaggiare una scorta attiva ventiquattro ore su ventiquattro per il suo ritorno in Polonia, dove ha accompagnato l’uscita ufficiale del suo film nelle sale del paese natio. Questa decisione è stata presa alla luce di alcuni ricatti politici e vere e proprie campagne d’odio online che hanno preso di mira la regista. Una situazione tutt’altro che facile, che la stessa Agnieszka Holland ha commentato ai microfoni di Deadline, asserendo:

“La situazione è dinamica e in continuo mutamento. Sto cercando di rimanere lucida con la mente, ma è molto pericoloso. La campagna potrebbe provocare della vera violenza, non solo quella verbale. Basta che solo una persona deragli per prenderla seriamente.”

Cosa sta succedendo alla regista di Green Border?

Ciò che ha posto Agnieszka Holland un bersaglio per l’odio polacco è stata proprio la scelta della regista di portare sul grande schermo quello che si può considerare un punto debole della Polonia, ossia il suo governo anti-immigranti. La pellicola mostra le guardie di confine polacche che rigettano persone esauste, disperate, senza una speranza nel paese natale. La pellicola, dunque, punta il dito contro una sorta di de-umanizzazione, cercando proprio in questo sentimento le ragioni di una politica anti-immigrazione che non riguarda solo la Polonia, ma anche il resto del mondo. In questo senso, dunque, potremmo dire che Green Border è un film scomodo, un film che mostra una realtà che forse i potenti e le autorità non vogliono vedere proprio perché li mette di fronte alla loro “mostruosità”, al loro non essere più in grado di vedere l’umanità, ma solo numeri in movimento.

Holland ha anche detto che i partiti collegati al governo che ora la starebbe ricattando hanno preso una copia del film e hanno creato dei video che mettono in luce solo la violenza polacca al confine, quando il lungometraggio, invece, affronta la questione da numerosi punti di vista. Lo ha spiegato la stessa regista quando ha detto:

“È davvero pieno di sfumature. Mostra uno o due atti di comportamento sadico, sì, ma il resto rappresenta persone regolari che sono intrappolate in una specie di limbo morale. Mostra anche la grandezza di quei polacchi che stanno salvando la vita delle persone, senza preoccuparsi del colore della loro pelle o dei rischi che corrono facendolo. Loro (il governo, ndr) sono colpevoli e perciò vogliono nasconderlo e usarlo poi per scopi elettorali.”

La Holland, originaria di Varsavia e di 74 anni non è nuova ai ricatti politici, al punto da essere stata costretta ad abbandonare la Polonia all’inizio degli anni Ottanta, quando il suo lavoro la mise dalla parte sbagliata del governo comunista dell’epoca. A questo riguardo, la regista ha spiegato:

“Ho vissuto una vita lunga e sono stata attaccata da diversi regimi, ma niente è comparabile a questo. Mi stanno paragonando, me e il film, alla propaganda nazista, a Leni Riefenstahl, a Hitler, a Stalin.”

Alla regista è andato il sostegno dell’ambiente cinematografico europeo, statunitense e del Nord America.

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